Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

unitamente vedere, perché l'aver goduto ed osservato molte galanterie nelle gioie o pietre, dallaNatura dipinte, in molte Gallerie e sentendone poi le relazioni o, per dir meglio, !'esagerazioni, m'è rimasto un giusto motivo di non fidarmi mai delle parole di chi che sia. Dico in verità · - prosegue Scilla - che le cose rinomate che ho veduto, non m'hanno fatto spezie alcuna che potesse persuadermi a stimarle puntuali più di quello che noi ci contentiamo di raffigurarle [...] ma sarebbe pazzia così l'affermarle perfetti disegni delle cose che rappresentano, come anche l'averle per impressioni ivi insinuate per altre simili cose, essendo realmente faccende e operazioni del caso, favorite dalla nostra determinazione, la quale più ad una cosa che ad un'altra cosa le rassomiglia» (pp. 49-50). Non si può affidarci, sostiene Scilla, a ciò che sembra; il disegno - ad esempio - di un graspo d'uva ha comportato «un particolare ritratto di ogni granelo» pur essendo fra loro somiglianti, e così la Palla Marina o il Falco «somigliano più alla castagna che a un graspo d'uva[...] ma non già che siano istessissimi nel disegno», assurto a espressione di verità. In una splendida coordinazione oculo-manuale il disegno esprime, orbato di ogni elemento fantastico o aggiuntivo o allegorico che caratterizzava le rappresentazioni naturali dei secoli precedenti, la ricerca della più astratta somiglianza con la natura, producendone una copia fedele. La dimostrazione serrata e polemica dell'origine organica dei fossili fu infatti tradotta da Scilla, a mo' di vocabolario visivo, in tavole scientifiche. «Io n'esporrò alcuni in disegno[...] per dar campo co' disegni ad ogn'occhio di riscontrarne l'istessità delle parti per poterne, dopo, comprendere la verità che pretendo far conoscere» (p. SO). Ma rovesciando, il disegno che Scilla mostra all'interlocutore melitense, volutamente innominato schermo per il suo dialogo con la natura, appartiene alla Natura stessa che 135

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