Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

lentemente sulla terra durante i temporali e fattesi materia nel rumore incandescente del tuono, Agostino Scilla si ritrovò, circondato dal suo bestiario di pietra, di fronte agli enigmi del tempo «distruggitore delle cose». «Furono dunque - conclude - quelle sì fatte conchiglie animate nelle acque, ed or corrotte, scherzo del tempo, non di natura; e quel che resta di fortissimo sasso configurato, un tempo fu molle fango [...] che ricevette l'impressione della figura delle conchiglie» (p. 84). Guardare, osservare: minuscoli pezzetti, forme in miniatura, piccoli esseri che rivelano «mirabile struttura delle parti e delle membra». La metodologia operativa di Scilla denota un uso consapevole dell'occhio già considerato come strumento al quale Scilla aggiunge, permeandone l'opera, l'artifizio dell'occhialetto. È difficile stabilire con certezza se l'occhialetto rammentato da Scilla sia stato in realtà una semplice lente o un vero e proprio microscopio. Nel nostro caso quello che interessa è che da «oculorum auxilium», come la definì il Petrarca rimarcandone il valore di estensione e potenziamento della facoltà visiva dell'uomo9 , la lente si fa artifizio, in grado cioè - come si trova nel Vocabolario del disegno di Filippo Baldinucci - di far «apparire gli oggetti, ancorché lontani, maggiori assai di quello, che sono, ed alla proposizione della maggiore o minore sfera, a cui risponde la centina, sulla quale sono lavorati, ricevono la virtù di ingrandire più o meno oggetti sopra l'esser loro naturale»10 • Pensare, dunque, l'occhialino di Scilla come semplice estensione d'organo lo riduce in una strettoia ormai superata tra strumento di osservazione e strumento di «misura». È infatti solo attraverso la misurazione, la sistematizzazione, che la codificazione delle osservazioni e una sintesi di quanto l'espe132

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