Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

L'alternativa era però ancora più radicale: fra una concezione della natura come una serie di forme immutabili e come un ordine di strutture permanenti, e un'immagine della natura come processo che si svolge nel tempo. Si poteva cioè credere che i fossili confermassero sostanzialmente il racconto biblico del diluvio, ma si poteva anche dubitare che dall'Arca di Noè fosse uscita una coppia di ogni specie esistente prima di quella grande catastrofe e pensare invece (come farà, ma solo alla fine del '700 [1778], Buffon) che quelle strane «pietrificazioni», quelle ossa che non appartenevano agli animali esistenti, fossero imperfetti documenti di un archivio inesplorato in cui era registrata la storia della terra. Al di là dunque dell'individuazione dei fossili come componenti organiche della natura, la storia dei fossili è il luogo di una frattura irreversibile fra una concezione statica della natura e il sorgere dell'interpretazione «meccanica» dei fatti naturali, seppure - almeno per quanto noi ci occuperemo - ancora nell'intento di accordare i principi della nascente «filosofia meccanica» con il disegno del mondo ordinato da Dio1 . II "Quanto più i mezzi, co' quali si imita, son lontani dalle cose da imitarsi, tanto più l'imitazione è meravigliosa" Galileo Galilei A questo punto, fra Natura e Disegno, non può stupire che la più veemente dissertazione secentesca sull'origine organica dei fossili, congegnata proprio a partire dalla somiglianza morfologica fra le glossopetre (lingue di pietra)2 e i denti di squalo, sia appartenuta al pittore messinese Agostino Scilla. Non si pensi comunque che l'opera di Agostino Scilla, pur costruendo la sua speculazione su 127

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