Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

i fossili divennero oggetto di una precisa indagine naturalistica, smarrendo i significati allegorici e simbolici e le proprietà magiche e curative loro attribuite nei lapidari. Petrografi e zoografi, anche se insistevano sulla grande somiglianza dei fossili con gli animali e le piante ancora viventi, non si posero il problema di comprendere la loro "vera natura" e furono concordi nel catalogarli fra le «pietre figurate» dette anche lusus naturae. Le dispute che si configurarono in questo periodo riguardavano, caso mai, il diverso modo in cui si riteneva che i fossili si fossero prodotti dal terreno. Al pari di ogni altro «prodotto della natura» essi venivano ordinati sistematicamente e le meticolose descrizioni delle caratteristiche esterne furono favorite dall'avvento della stampa iconografica. Era infatti ancora carente un linguaggio tecnico che potesse essere inteso e adottato universalmente per la comprensione delle caratteristiche morfologiche degli oggetti discussi nel testo. L'immagine che riproduceva le forme della natura, imitandole fedelmente, permetteva di colmare questa lacuna e accentuava l'intento scientifico dell'autore allontanandolo dai naturalisti dell'età classica, relatori, spesso assai fantasiosi, su uomini animali e piante di terre lontane. L'ormai consolidata attenzione prestata alla morfologia, l'influenza del pensiero filosofico di Bacone e della «nuova scienza» di Galileo, con l'introduzione del microscopio nell'osservazione biologica, permisero un approfondimento degli studi di anatomia animale e vegetale che spostò l'interesse e la speculazione verso il dettaglio e la minuzia. In questo contesto i naturalisti poterono finalmente dare alla questione dell'origine dei fossili un'impostazione concreta. In effetti, furono proprio le accurate dissezioni anatomiche compiute da «ittologi» su 125

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