Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

Tuttavia «natura infausta» è soltanto il primo membro della opposizione. Proprio via muscae, la dialettica del racconto, che è appunto il suo essere racconto, ricompone l'antitesi: e l'oggetto di fobia, decedendo dalla sua prima catalogazione, si farà simbolo della natura letificante, libidicamente satisfattiva: prima col permettere a Hanold un accesso al reale (quando colpirà con violenza una mosca sulla mano di Zoe/Gradiva, ricavandone un senso di calore e non di freddo mortale); poi, quando fungerà da pretesto erotico a Hanold stesso, per scoccare un bacio sulla guancia e sulla bocca di Zoe (la trasformazione della natura è annunciata dal tono «trionfante» del grido: «C'è ancora la mosca!»). La mosca non è una mosca, ma una fossetta seducente sulla guancia femminile. È stato sottolineato che quel lieve incavo della carne (come del resto l'altro incavo nella pietra determinato da milioni di mani succedutesi nel tempo, da cui resta affascinato Hanold durante i suoi vagabondaggi fra le rovine di Pompei - e che introduce un'ulteriore opposizione, latente: pietra, cenere, rovine, bassorilievo [di Gradiva] vs animali, fiori, corpo femminile, Zoe...), come pure la bocca, allude a un vuoto, a una mancanza, a qualche cosa che non c'è. Ma allora, come dimenticare che Hanold, arrivato a Pompei, gettando un primo sgÙardo agli scavi e al paesaggio circostante, continua a provare uno «struggimento», «perché gli mancava qualcosa»: «neppure la natura era in grado di offrirgli quello che gli mancava dentro». Sarà appena il caso di osservare l'anomalia-ma è proprio un'anomalia? - per cui un vuoto si sutura per virtù di un altro vuoto. 117

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==