Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

racconto di forme della natura (animali, piante) non come mezzo di imitazione della realtà, ma come funzione per manifestare un senso altro (intermittente, alternativo?) dentro il senso continuo della diegesi. È quanto ho inteso poco più sopra, usando la formula di significanti della natura. Uno di essi, forse il principale, è rappresentato dalle mosche. Freud, nel suo commento a Gradiva, sottolinea, attraverso il.collegamento con le coppie in viaggio di nozze, insopportabilmente espansive («e sembravano anch'esse [le mosche] dire, nella loro lingua: "August, amor mio" e "Mia dolce Grete"» chiosa con acredine il racconto), il valore di veicolo e spia di un'«avversione per l'erotismo» che riveste quest'altrimenti inconcepibile entomofobia. L'intollerabilità del coito, di ogni coito (di ogni scena primaria!) investe di fatto la natura, il suo ordine, si esala nell'epifonema: «e riconobbe in tali animaletti una prova irrefutabile contro l'esistenza di un ordine razionale dell'universo...» Il citato Bellemin-Noel non ha esitazione ad appuntare alla musca domestica communis, almeno per ciò che attiene a Gradiva, un cartiglio: quello di oggetto fobico - emblema della immaftrisable obscénité nella natura. Questo punto è importante perché, di là dalle ovvie implicazioni di clinica psicoanalitica, illumina un altro momento di svolta nella raffigurazione che il racconto fa della natura e del compito che le assegna. S'è vista già la coppia oppositiva patiens/agens: qui la natura si propone come infausta, con carattere totalmente dannatorio («essa paralizzava, sconvolgeva, e insieme distruggeva l'essenza stessa spirituale dell'uomo»). Non per nulla il cananeo Baal Zebub detiene il titolo di «signore delle mosche». 116

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==