l'ordine civile - anno II - n. 17 - 1 settembre 1960

Peguy e la La figura di Pèguy è, per molti aspetti, una figura chiave, nella storia cristiana della Francia contemporanea. Il suo significato ,sta nel,l'esser ·posta come una trasversale all'interno della divisione postrivoluzionaria francese, in par– tito dell'ordine e della rivoluzione, ,di correre all'interno ,di ambedue le -tradizioni, pezzandole ed unendole al medesimo tempo. Il suo senso della tradizione, della famiglia, -della città, lo avvicinano alla destra, ed in mo-do particolare all'Action Française : ma il suo senso del valore civico della Repubblica, il suo senso del valore della verità e quindi della libertà lo rendono irriduci.\Jile ad essa, e· lo avvicinano alla migliore tradizione repubblican . Quest'uomo, che -sente il Medioevo e la Fr.ancia -cristiana, con un vigore inegua·glia·bile, è l'uomo che celebra i comu~· nard,i, quest'uomo C'he parte, in nome -della Francia, per la guerra del '14, dicendo .di sperare di ,((refaire '93 », è un sin– ·golare -segno di contraddizione, in un ·paese così ben diviso. Ed è •proprio per •questo che Pèguy è, neHa sua essenza, già una figura postmoderna, al di fuori ed al di -sopra della grande contestazione tra Fede ed umanesimo, tra Chiesa e società civile, tra ordine di natura e-d ordine- di grazia, •che fu il segno ed il destino dei tempi moderni. Quali sono le ragioni di questa singolare riuscita? Per .quale via sotterranea ~èguy è riuscito a riunire due filoni così diversi, a comprendere la verità della Tradizione e quella della Rivoluzione, a unire la verità cattolica e le speranze moderne? Due ci sembrano le vie: il senso della classicità ,da un lato ( Omero, Sofocle, Corneille e, nella ·-sua interpretazione, Hugo) ed il senso del Medioevo ( ,S. Giovanna d'Arco, S. Luigi, JoinviUe). Non si sottolineerà mai abbastanza il valore d·ella vera comp-rensione del mondo classico alla autentica comprensione del -Cristianesimo: un rapporto errato con la classicità~diventa inevitabilmente, prima o poi, una ,ferita a•l -senso della fede. E questo, sia c-he, instaurando una contrapposizione tra classicità e Cristianesimo, si scelga l'uno Ò l'altro dei due te•r– mini: se si sceglie •il Cristianesimo, si cade nella contra-ppo– sizione tra. Fede e ragione, tra natura e grazia, tra Chiesa e ordine civile, •cioè si accentua è -si svolge la posizione prote– stantica aU'inifinito .. Se s-i sceglie la classicità, si ca•de o nella posizione umanistico-neopagana o in quella razionalista mo– derna. Il .pensiero cristiano ha più volte rilevato questo sin– golare rapporto, sia nella forma della meditazione della fun– zione pedagogica della sapienza greca, sia sf• quello del de– stino cristiano di Roma. Esso potrebbe essere me·glio inteso se si approfondisse il. concetto di sostituzione dei -Gen_tili ai Giudei, insegnata da tutto il Nuovo Testamento e -svolta in forma spirituale da S. Paolo. Il Regno .di Dio ·è tolto ai ·Giudei e dato ai Gentili. La gentilità in quanto aspirazione religio-sa, sapienza filosofica, valore civile, è ·espressa rlai ·Greci e dai Romani, che sono il fiore della paganità, preparati da secoli a « dare corpo >> alla Chiesa di Cristo. Così come ,Israele e la sua storia ,danno -cor– po al Cristo, così la Grecia e Roma danno corpo alla Chiesa : e come il volto d'Israele è perenne nella Chiesa nel volto stesso del suo Signore, così il legato, ,lo stile, la cultura, la forma della Grecia e -di Roma è perenne nel 1 Corpus Christia– norum. La sapienza della Grecia e di Roma sono state incor– porate, purificate ed eternate nella Chiesa universale, sì che è nella loro forma umana, espressione più alta e ma·ggiore della pienezza dei ·tempi, vertice massimo a cui la paganità a V . ' c1tta antica di Domenico Petri come tale può giungere, che la Chiesa di Dio assume forma e cittadinanza .sulla terra. E la più alta paganità, •che -Grecia e Roma hanno -espresso, è il termine medio tra la Chiesa e la ·grande paganità ehe copre la faccia della terra. Pè.guy ,ha intuito questa verità con una chiarezza radiosa: « Uno dei -più grandi mi.steri mistici - mi si ,permetterà di unire ,questi due termini --.- è la necessità di Roma nella disposizione provvidenziale di Dio. Ci voleva la volta e l'im– pero, -la testuggine ed il vallum, ,~er far sì che ,il mondo cri– stiano ,prendesse :quella forma temporale che -doveva ricevere e -custodire. Ci voleva il prefetto •perché ci fosse il vescovo ... No~ .soltanto Virgilio, non .soltanto il mondo ·greco sono stati ver.sati in questa forma terrena, ·C'he il .soldato romano aveva precostituito, -ma ·gli stessi apostoli vi sono stati versati. E' una cosa sconvolgente il destinò di ·Roma sul piano spirituale: voglio dire ,questo incredibile !bisogno del -temporale che è stato lasciato allo spirituale, questa incapacità assoluta dello· spirituale, di far•e a meno del temporale. Bisognava che la città antica fosse la culla temporale della città di Dio, biso– gnava ohe l'impero fosse il mondo e la oµlla temporale della Cristianità. E non soltanto questo: bisognava che la più gran– de creazione spirituale che mai si sia verificata al mondo, subisse costanteme{lte non soltanto questo a·ppoggio, ma anche questa forma ,li caratteristico ritardo, di impiglio, che è il segno del temporale. Questa sorta -di irreversibilità si è estesa allo spirituale. ,( L'A rgent suite - Oeuvres de Charles Pèguy, ed. de la ·Pléiade, vol. l,II, p. 1164). Temporale, spirituale, sono le espressioni che dovevano esser rese celebri non cl.aPèguy, ma da Maritain: espressioni imprecise, ma chiare nel linguaggio poetico di un Pèguy' ( e di un Pèguy catecumenò, come fu sempre), meno nel linguaggio teologico di Maritain: ma che dicono cose cristiane, autenti– camente e profondamente cristiane in Pèguy, mentre non sono più tali in Maritain. Perché Pèguy ha descritto benissimo questa irreversi 1 hi– lità .che è la caratteristica dell'umano, di chi non ha per sé, come dimensione 1 propr~a, né l'eternità div-ina né l'evo ange– lico, ma il tempo umano. In questa irreversibilità, nel dram– ma del tempo che fugge portando con sé gli atti e la vita umana, resi immutabili ed irreversibili, dall'inarrestabile mo– vimento del •tempo. P.èguy ha colto il -segreto della cosciente superiorità del– l'uomo antieo sul dio olimpico, -della condizione umana su quella olimpica, e la grand-e sproporzione tra ,il mondo greco, la sua bellezza, la sua sapienza ed i suoi dei. •«Si può dire che il mondo antico non ha ~vuto gli dei eh~ ·merit~va )>. Essi non avevano né la dimensione di ,Dio né ·quella d·ell'uomo. Questo Pèguy aveva ·inteso: hddove per Maritain il <e temporale », la storia umana, non :è altro che un abito vec• chio che la Chiesa può mutare secondo i tempi. e le mode. Lo zelante tomista C'he Pèguy ebbe di fronte, era ben nel pro.fondo, nel senso profondo della ,parola, un « moderno, >) ! -Con Maritain comincia una nuova generazione, per dir così, di errori. Dopo avere, per tre secoli, dal giansenismo in poi, assunta forma d,i errore filosofico e di impugnazione· di– retta del do·gma cattolico, a partire da Mai-itain l'-errore ritor– na alle antiche forme, si rifà teologo e ridiventa intra cat– tolico. Quale fosse la nuova genealogia dell'errore, Pèguy aveva colto con spirituale intelligenza -e chiarezza. « Un Dio uomo. Un uomo Dio. Negare l'una o l'altra parte è negare tutto, è smontare il meraviglioso apparecchio. Negare il -cielo non è tanto pericoloso. E' un'eresia grosso– lana, senza avvenire. Ma è negare la terra che è veramente

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