l'ordine civile - anno II - n. 10 - 15 maggio 1960

l'ordine civile opporsi ad ogni giurisdizionalismo co– me ad ogni clericalismo i>. ( op. -cit., pàg. 354). « ..... Dormiente la questione roma- na..... diventava possibile una collabo- razione con i cattolici sul piano della difesa dell'ordine, un graduale assorbi– mento delle falangi cattoliche nei bloc– chi costituzionali. Nulla più e nulla meno ». ( op. cit., pag. 363-364). « ..... ostile ad un partito cattolico ..... 11w non ostile alle alleanze caso per caso, ad alleanze negoziate discretamen– te, sotto banco, fra prefetti e vescovi ..... senza ipoteche pesanti, senza implica– zioni o deviazioni confessionali ». ( op. cit., pag. 365). I capitoli del libro documentano l'impegno giolittiano a realizzare tali direttive. Vengono assecondate le dichiarate tendenze conciliatoriste di Tittoni, che si pone come nesso di unione tra i mo– derati lombardi ed i cattolici dell'alta J talia, alla silenziosa ma tenace resi– stenza opposta al radicalismo anticleri– cale rli Sacchi e Credaro nei gabinetti che lo videro presidente del Consiglio. Vengono trasmesse direttive ai "suoi" pref ett:i - intese a soUolineare la ne– cessità di superare la vecchia equazio– ne crispina estremisti-clericalj, -, alla intolleranza manifesta per il socialismo podrecchiano e per il radicalismo sta– tolatrico di '/Jtforri (" capellano della estre11ia "). Vengono svolte accorte manovre in– tese ad insabbiare tutte le leggi divor– ziste ed anticongregazioniste presentate da uomini delle sue frazioni di mag– gioranza, alla politica dei " tunnel " auraverso i quali si formavano le al– leanze amministrative e politiche fra cattolici e modemti. Ma in tale linea di politica ecclesia– stica che, come detto, era una delle basì sulle quali poggiava il disegno politico generale di Giolitti, era il germe del decadimento e del fallimento del suo tentativo di avviare il corso delle cose politiche in Italia su di un binario che voleva concludere nella edificazione di una società nazionale ordinata ed aper– ta a.Zprogresso moderno. Perché la sua politica ecclesiastica trovava radice in una concezione della storia intesa « ..... come soluzione di problemi e non come fissazione di mete, della storia come paziente ricerca di compromessi e non co·m•ebrillante anto– logia di conquiste J>,( op. -cit., pag. 359). Concezione dunque in virtù della quale tutte le componenti della storia giocano un ruolo strumentale -che si esaurisce sempre nel processo storico; processo storico visto in chiave positi– vista, come un progresso costante ed inarrestabile verso forme superiori di organizzazione civile e sociale della col– lettività nazionale sotto la spinta della ragione so'vrana, che derime tutti i con– trasti ed annulla tutte le cintitesi. bibliotecagi obianco Una visione della storia che non con– sidera ed elimina da se ogni elemento che sfugga ad ogni inquadramento ra– zionale, anzi sperimentale. Una visione della storia, dunque, che non poteva sentire, anticipare e capire il vafore ed il peso di quelle forze e di quegli eventi che di lì a poco in Italia, in Europa e ne-l mondo avrebbero tra– volto i principi e le istituzioni alle qua– li Giolitti, nel suo fondamentale otti– mismo - e la cosa parrà strana attri– buita ad un uomo che abitualmente viene presentato per un pessimista ad oltranza e per 1tn scettico - attribuiva un valpre essenziale e definitivo che non avevano e non potevano avere. Perché, a dirla con il Fischer, la sto– ria non si muove seco-ndo una retta di cosfante ascesa; perché il terreno con– quistato da una generazione può essere perduto dalla generazione successiva. Una tale visione della storia non po– teva che portarlo ad una sostanziale incomprensione della dimensione reale dei problemi connessi alla presenza dei cattolici nella vita del paese. Perché in tale visione il cattolicesimo diveniva pur esso una componente del– la storia che si esauriva nella storia; ed in quanto tale lo statista piemon– tese contava di costringerlo entro sche– mi pre-costituiti, che fissavano obbiet– tivi definitivi sul piano delle istituzioni come- sul piano sociale. E' forse una aderenza a tale visione della storia che ha porta"to Giovanni Spadolini a male interpretare l'atteg– giamento di S. Pio X e della Chiesa nel periodo considerato, quando egli alf erma che « ..... Giolitti credette di avere - ed in parte e-bbe - un gran– de alleato in Pio X: il Papa che aveva fustigato .la democrazia cristiana mur– riana, scompaginato le organizzazioni cattolico-sociali, sciolto l'Opera dei Congressi..... condannato la Lega De– mocratica Naziona·le, sbandato le fa~ langi del modernismo J>, ( op. cill., pag. 365), Quasi a dire che l'azione del gran– de pontefice fosse guidata da nn ob– biettivo inteso ad attestare la Chiesa su posizioni temporali -definitive, ca– ratterizzate da un finalismo storico assoluto, coincidente con una partico– lare scelta di .ordine civile e sociale da considerarsi l'optimum realizzabile per la Chiesa nel mondo. La lotta del Papa agli errori di Murri, del modernismo e dei loro de– rit>ati aveva ben altro fine che non fos– se quello che si proponeva lo statista piemontese, muoveva da una visione della storia in antitesi radicale con quella sopra delineata, ancomta aUa più pura ed alta tradizione della dot– trina e del dogma catt'olico. La lotta alla democrazia cristiana ed al modernismo, la sua ostilità al far– marsi di organizzazioni cattoliche aven– ti un sostrato che ne finalizzava ed pag. 19 istituzionalizzava l'impegno nella storia entro schemi rigidi e definitivi - pur .~enza che questo volesse significare per i cattolici veto ad impegnarsi in quant,o tali sul terreno politico e sociale - altro non era se non un richiamo pa– terno, ma duro ed intransigente allo stesso tempo, per tutto quanto potesse deviare i credenti dal mirare al solo ecl unico obbiettivo che ad essi impone il considerarsi membri della Chiesa. Il richiamo alla fragilità delle (,Ose e delle istituzioni umane, e alla nec~s– sità di lottare contro la tent;azione e la vanità di conseguire nella storia obbiet– tivi di per/ ezione assoluta; il richia– mo alla necessità di valutare il valore delle istituzioni civili e sociali solamen– te sul metro della possibilità che esse offrono all'uomo ed al credente di bene operare ,( criterio che sempre finisce per coincidere con il progresso civile e sociale della collettività); il richia– mo, infine, alla racliccile contrapposi– zione fra la dottrina autentica della Chiesa e la sostanza del pensiero mo– derno che. ponendo l'uomo al centro dell'universo, con/ inava nella sfera del– la soggettività lo spirito religioso, e po– neva alla base della società civile il solo impegno della ragione : tuUo ciò ap– parteneva ed appartiene alla sostanza della Chiesa. Abbiamo fatto cenno all'inizio della attualità e della modernità dell'insegna– mento anche politico - oltre che di pensiero e di dottrina - di S. Pio X, che lo studio di Giovanni Spaclolini pone in risalto anche se lo stesso non debba considerarsi oggeuo specifico del suo lavoro. Attualità che gli deriva dalla possi– bilità che viene data di constatare a quali risultati abbia portato la devia– zione dello spirito di queU'insegnmnen– /.o che si è manifestata nel campo delle I orze cattoliche in Italia, nel quadro della " rivincita " dello spirito demo– cratico-cri stiano. I "cappellani de.lle estreme " vanno moltiplicandosi, gli istituti storici ven– gono mitizzati, così come gli ordina– menti sociali, per se stessi. Si fa strada ogni giorno cli più la tentazione del compromesso fra la dot– trina e le ideologie derivanti dal pen– siero moderno. quando ,le stesse vengo– no a contrasto con essa. Non siamo ancora al t:ent:at,ivoaper/,o e sistematico di operare il compromes– so, ma in molti affiorano le più chiare premesse. I nostri non sono gizidizi astratti ma constatazioni la cui documenazione è alla portata di tutti. La storia di questa deviazione è an– cora tutta da scrivere, ma diventa sem– pre più urgente affrontare tale argo– mento : la cosa dovrà essere fatta con obbiettività, con l'animo sgombro da prevenzioni e riserve di part:e. L. A.

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