l'ordine civile - anno I - n. 9 - 1 novembre 1959

l'ordine civile za del territorio e del tutto •incapaci di una gestione frutti– fera del territorio medesimo. , Questo è il principio che legittimò la colonizzazione del– l'America, dell'Australia e di gran parte dell'Africa da parte degli europei, eome legittimò altri grandi spostamenti di. po– poli nella storia del genere umano. Ora la Palestina del secolo XX non era certa~ente uno spazio vuoto: .nè gli 1 arabi poteva.no essere in qualche mbdo considerati come un popolo precivil!!. Se dunque esisteva, certamente un legittimo diritto di Israele cioè di una collet– tività çhiaranÌente 'dotata di autonorµia nazionale, ad avere un proprio territorio, era pur chiaro che la Palestina non costituiva per Israele oggetto legittimo di conquista e di pos– liesso. La conquista della Palestina da parte di 1sraele era dun– que un atto ingiusto dal' •punto di vista della legge naturale. Gli arabi palestinesi erano perciò lesi nel diritto ~l pro– prio territorio. Inoltre il mezzo usato fu a sua volta un ~eù:o illecito: perchè consistette in una vera e propria guerra· non dichiarata. Il te'rritorio palestinese venne occupato gradual– mente mediante il contratto privato di compra e vendita. 1 lnoltre la conquista ftella Palestina da parte di Israele fu una vera e propria violazione del diritto internazionale . • La dichiarazione Balfour non aveva altro valore che quello di una dichiarazione di politica del governo britan: nico. Questi inoltre era in ·Palestina per mandato della So– cietà delle nazioni e derivava i suoi poteri dalla Lèga : non poteva quindi disporre con atto Ùnilatèrale di un territorio su cui non esercitava propria sovranità. I diritti sovrani sulla Palestina, cessati quelli dell'Impero turco, erano passati alla S.d.N. e poi all'ONU. L'ONU era dunque nel suo pieno di– ritto nel rivolgere agli. ebrei e agli arabi il suo progetto di spartizione che teneva già conto, su un piano di stato di neces• sità, del fatto compiuto degli Ebrei. Nè Israele nè gli arabi accettarono il piano dell'ONU: e Israele riuscì a fissare i suoi confini con la forza delle armi. Era certo difficile che l'opinione pubblica mondiale fosse disposta a sostenere un diretto intervento in Palestina a so- 11tegno del piano dell'ONU. Bisognava anche tener conto del mostruoso tentativo di genocidio compiuto dal nazismo contro la nazione èbraica e ehe si esprimeva nell'assassinio di 6 mi– lioni di uomini: un atto tra i più barbari che la storia umana ricordi. , La reazione araba era dÙnque inevitabile. Non reagire avrebbe signi,ficato decadere dal livello di popolo civile. La conseguenza deHa conquista ebraica fu un forte risveglio na-– zionale dei popoli arabi. Se tutto il mondo arabo è stato -preso da un sobbalzo di coscienz'a politica eosì marcato e generale, questo è dovuto certamente sia~al clima dei nuovi 'tempi, sia all'umiliazione della guerra e della sconfitta del '47. Era mi– nor umiliazione essere colonizzati dalla Francia,,e dall'In– ghilterra che scacciati da chi non era ancora Stato èd era, fino due anni prima, il popolo più perseguitato della terra. La debolezza araba appariva: in tgtta la sua deprimente realtà. Avvenimenti di grande rilievo sono dunque accaduti in conseguenza di quel fatto, apparentemente modesto, comè l'in– sediamento di due milioni di ebrei in Palestiua. La situazione in Palestina rimane una soluzione ,di ten– sione. Per quanto sia doloroso a dirsi e, per quanto ci deb– bano essere cari i figli di Abramo secondo la carne ( caris– simi propter fratres, dice S. .Paolo a noi cristiani o figli della civiltà cristiana), e per quanto grande sia il doloroso debito che lega i popoli europei per gli orribili crimini perpetrati contro Israele da Stati europei non possiamo non riconoscere che la presente posizione dello Stato d'Israele è una posizione· non moralmente nè giuridicamente legittima. Abbfamo già esaminato altra volta i limiti e gli errori dell'ideologia sioni– sta, che ha presieduto alla fondazione dello Stato di Israele. E abbiamo rilevato come la sua dottrina sia per lo meno agno- 11tica, se non addirittura francamente atea. In essa la Bibbi1t e Ge_rusalemme non ,ha ahro significato che quello di uno cc instrumentum regni ». Ora se questa· ideologia continua -ad accentuare il suo peso sugli ebrei della Palestina, se il mito dello Stato nazio– n1tle ebraico continua indisturbato il suo cammino, ignorando uui i 1ravi problemi che suse-ita sia dentro che fuori del pag. 5 popolo ebreo, sia dentro che fuori i confini della Palestina, allora la tensione non può che aumentare nel Mediterraneo orientale: con tutte le ripercussioni mondiali ehe questo deli– cato settore è destinato a suscitare. H problema di Israele è tro-ppo grave e complesso per e.!sere risolto attraverso l'eliminazione della diaspora ed un suo colossale risucchio nello Stato. Anche se questo non si vuole, il principio' dello Stato nazionale ebraico lo implica per principio. Che si voglia fondare una presenza d'Israele in .Palestina e che questo . avvenga nel quadro di una esistenza politica autonoma, ·questo può e11sere aecettato, anche se rim·angono le riserve suH'origine del fatto e sui mezzi che vi hanno pre- 11ieduto. Israele ha un legame storico con la Pale,stina che Cristiani e MuSl\llma:O:inon possono non ricono,scere. Ma questo' significa ridimensionare chiaramente la pre– sente ideologia di Eretz lsrael e di conseguenza il suo ap– pello panebraico. Significa porre un limite alle sue di,mensioni politiche ideali che oggi come oggi appaiono indefinite, sino a comprendervi moralmente tutti gli ebrei. Significa non ca– pire le· preoccupazioni arabe che nascono piuttosto da questa indefinitezza delle ambizioni di Eretz Israel che dalla sua att~ale coiisistenza. Significa in sostanza superare l'ideologia sionista e -dare a Israele un significato ed una motivazione non sionisti. Noi non vogliamo approvare nessuna discriminazione etnica, politica o religiosa : ma se_il mondo sovietico a-prisse ora le frontiere ai suoi ebrei, che situazione creerebbe in Palestina questa nuova possente ondata _di immigr·ati? , -In realtà il singolare significato storico della Palestina e la sua presente situazione politica fanno sempre più pen– sare che essà non trovi stabile assetto politico se non in un ordill'amento _che si fondi direttamente sul diritto interna- zion·ale, ____ _ _ ----- Gerusalemme, ciuà-:-deCRellavide, città-dei-Ministeri della fede cristiana, appartiene a tutta_ la civiltà umana:· e solo la civiltà umana, attraverso l'organizzazione :internazi'o– nale, può esercitare legittimi poteri sovrani in Gerusalemme. La ·Palestina deve ripetere il suo assetto ·definitivo da _ un accordo internazionale garantito dalla società internazio– nale. Questa ci pare l'unica possibilità di avviare la Palestina a.d una stabile pace. •Questa ci pare anch_e l'unica via per sta– bilire l'indipendenza e l'appartenenza al mondo inti~ro di Gerusalemme che è 1'uni5!a ,condizione che si confaccia a Ull'a tale città. Ed il momento per affrontare tale questione è ora. Ora in cui la pressione araba è momentaneamente attutita e la RAU è disposta alla trattativa: ora, in cui Israele non ha ancora iniziato il ,pieno rilancio di una linea politica che utilizzi tutti i vantaggi della distensione, della divisione araba e delle ,difficoltà della RAU con Mosca. Questo è il momento per saggiare veramente che cosa è Eretz lsrael. Bisognerà sapere se ci troviamo ,di fronte à uno St-ato con reali obiettivi di espansione e -di egemonia o di– nanzi a una comumta pacifica che conosce i limiti della sua Jituazione e decisa a limitare i legittimi diritti degli altri popoli. Il nostro paese non può essere indifferente dinanzi a que– !lto problema. C'è un limite alla politica del piede di casa :· il limite in cui essa sconfina nell'abulia, nell'indifferenz·a, nell'abdi~azione ..S~ non abbiamo intere~si -di potenza abbiamo interessi morali e civili -che non si possono dimenticare. , Noi abbi•amo criticato, oltre che la politica generale, la politica estera del governo Fanfani neHa sua condotta estrin– seca e spettacolare che la rendeva piuttosto strumento di poli– tica personale che di oggettiva diplomazia.- Ma queHa politica conteneva qualcosa di giusto: cioè riproponeva la presenza dell'ltali-a nel Mediterraneo orientale, come paese vitalmente interessato ad una situazione di equilibrio e di pace in quel settore. Non eeiste ne11suna ragione relativa all'unità nazionale o alla solidarietà atlantica che impedisce ·al nostro g,over~o' di avere una politica mediootj.entale, tendente ad esercitare le necessarie pressioni per porie finalmente Ara·bi ed Israeliani attorno ad un tavolo, \!lotto l'egida dell'ONU.

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