l'ordine civile - anno I - n. 9 - 1 novembre 1959

NOTE :CRISTIANESIMO Religione e potenza Se tra i 1 l mo·dello e la sua realizza– zione c'è sempre un doloroso spazio vuoto, che ·deve essere riempito dallo sforzo di ogni giorno, tra il modello che è proposto al cristiano e la capacità dei cristiani 1 di compiutamente incarnarlo lo spazio che separa è enorme. Guar– dare gli sforzi ,di venti secoli, e trovar– li così ina-deguati da spiegare se non giustificare l'affermazione cli Berdiaev secondo la quale la storia •del cristia– nesimo « è stata un fallimento comple– to », è uno spettacofo che scoraggia•, o piuttosto che spaventa. Ma si tratta di uno scoraggiamento e di una. paura ne– cessar,i, a:l di qua •dei quali c'è soltanto la strada sdrucciolevole dell'ottimis~o ingenuo, che è l'antitesi ,della Croce. Al di là, •c'è una rinnovata coscienza cri– stiana, che vive .il dramma estremo -del dolore e della gioia, •del peccato e della grazia, del giudizio e ,della miseri– cordia. Un penoso tentativo di giustificazio– ne è quello che ci induce a considerare la nostra incapacità e la nostra insuffi– cienza come occasionali imperfezioni, già sapute e scontate in partenza; come se il nostro modo di essere cr.istiani, in qualche modo in sè perfetto, trovasse poi, esplicando•si nella vita quotidiana e nella storia, ostacoli che nascono dal– la intrinseca sordità •della materia, dal– le imperfezioni che, per essere natural– mente e fatalmente connesse con « l'at- . . . . . tuaz1one pra-t1ca », non toccano m1n1- mamente la validità e la forza di ciò che è interiore né la chiarezza 1 dei « principi ». ·In realtà, la nostra impo- ' :tenza, o insufficienza, « pratica », non è che l'incarnazione della nostra steri– lità, od ottusità, spirituale, che ci porta ad adagiarci nei luoghi comuni e a ri– fiutare le -domande ultime-, che sono le domande davvero cristiane. Non è tanto vero èhe il mondo è sor– do al nostro cristianesimo, quanto è ve– ro che i 1 l nostro Cl"istianesimo è muto. I grandi rinnovamenti della cristia• nità sono avvenuti, come per il france– •scanesimo, nel segno del « ritorno alle origini », di un -sincero confronto fra ,quello che doveva essere e quello che è stato, di una sofferta ricerca delle stan– chezze -che hanno vi•a via snaturato la nostra vocazione. La cristianità testimo– nia oggi una perdita del c< tono >> e ,del– la •c< forza >> intimi, che si rivela attra– verso lo stesso riostro linguaggio. Una testimonianza che è forse più grave, in -definitiva, ·di quel che •sarebbe quella manifestata dalla perdita •di una fedeltà programmatica o di principio, perchè bib11otecag1noo1anco ' E COMMENTI è una testimonianza che si 1·ifà a radici meno evidenti proprio perchè più pro- fonde. • La v1s10ne della realtà oggi domi– nante propone l'immagine cli una vita priva -di qualunque certezza e di qua– lunque chiarézza, che non sa donde vierie nè dove va, una perpetua e fatal– mente insoddisfatta ricerca, un caos do– ve la presenza dell'uomo è solo un in– cidente, un caso fortuito. La visione cri– stiana oppone, oggi come ieri, una vita ,certa e chiara, dove la presenza del– l'uomo è stabile e garantita per l'eter– nità, una verità valida sempre, che ri– sponde a tutte le domande passa te, pre– senti e future. 1 Ma la -certezza del cri– stiano viene ormai presentata come un semplice dato, immune da problemi, senza lotta acquisito e senza lotta con– servato. La poderosa fede che domina la storia porta invece ,sempre il segno di una enorme tensione. Dobbiamo di– re, allora, che la nostra certezza e la nostra siourezza sono inautentiche, e che giustamente la fede appare agli uo– mini come un assurdo tetto d'oro, dove tutto è liscio e tutto è consolante; men– tre la fede autentica è la sommità cli una difficile speranza, ed ha una vera solidità perchè ha fondamenta profon– de: il lungo dolore dell'uomo, tanto grande da esigere la consolazione. Il nostro linguagg.io ha, insensibil– mente, perso e dimenticato molte delle parole -di ·Gesù 1 Cristo. ,n tema del– l'cc amore », che nelle pagine •del Van– gelo è costantemente vicino a:l tema del cc giudizio ,, sul c< mondo ,>, in modo ta– le che un termine non si può intendere senza l'altro, oggi, isolato in una pu– rezza quintessenziale, è fuggito verso l'astratto fino al punto di confondersi, per troppi ormai, con un ·atteggiamento vagamente filantropico. L'iceamore l> •del cristiano è -Dio (cc Deus charitas est ,>, secondo la parola di S. Giovanni), vo– lontà che crea e che redime ( c< Amor sive voluntas », secondo la parola di S. Agostino). Se la potenza creatrice e redentrice trasforma il mondo, l'impre– ciso e indefinito sentimento della « fra– tellanza umana ,> è un pigro i•deale del cc mondo », di :questa realtà c·he vedia– mo, perpetua~ente oscillante fra un piccolo bene e un grande male, in una « relatività ,, ,di valore che è la nega– zione deWassoluto cli Dio. La religione ·di· Cristo, che spaven– .tava l'uhbidienza alla c< necessità l> dei greci, il senso ,di sicurezza degli ebrei e l'equilibrio dei romani con la sua po– tenza trasformatrice, appare oggi ai più come una oasi ·per i -deboli e per i r.i– nunciat·ari. Questo ci accusa, questo è ciò che non sare·bbe mai dovuto acca– dere, ·questo è. il segno di una tiepidezza che, come è sc1·itto nell'Apocalisse, è peggiore, agli occhi 1 di Dio, della stes– sa freddezza. Per la via di questo ,de– potenziamento nella viva coscienza dei contenuti del messaggio cristiano è av– venuto il ,depotenziamento nella con– creta efficacia della nostra azione nella storia. Per questo, senza comprendere l'esigenza •di un rinnovamento, di un diffi•cile rinnovamento che superi le inerzie della nostra stanchezza, è vano appellarsi ai mezzi e alle modalità, ac– cusare gli strumenti anzichè il nostro cuore. ·Il linguaggio •del -cristiano è cc sì, sì, no, no ll, un linguaggio scarno che par– la di cose grandi e non abusa di sfu– mature. Le molte parole, i,l lento o af– fannoso girogavare intorno a mi.Ile que– stioni parziali, ,documentano il nostro allontanamento dal ·« porro unum ,> che ci è stato comandato. ·Bisogna rinnova– re il no'Stro cuore con la volontà ,di cose grandi e nuove. Noi siamo fermi mentre essere cristiani significa ·essere in cam– mino, noi abbiamo il culto di ciò che è vecchio mentre essere cristiani signifi– ca vivere nella speranza di ciò che è nuovo, •di una novità• primordiale ed eterna. POLITICA INTERNA Oltre un congresso· Il congresso di Firenze è finito. Non vi è in realtà nessun oggettivo commen– to politico da fare, perchè a Firenze non si è discusso di· alcun sostanziale problema politico. Prendendo le parole come suonano, le divergenze politiche fra dorotei, fan– fani.ani, primaveristi, sindacalisti, ecc. sono di sfumature. Le ·divisioni democristiane non so 1 no politiche, sono personali; perciò sono grav1ssune e -difficilmente mediabili. Non ci aspettavamo che i due tronconi di Iniziativa democratica, che avevano per quattro anni gestito insieme il par– tito, si gettassero l'una contro l'altra quasi· d'improvviso praticando un bloc– caggio -di voti durissimo e monopoliz– zando il gioco politico sino a riuscire ad escludere praticamente le minoranze. La bonomia e il silenzio doroteo copri– vano, lo riconosciamo, un notevole la– voro d'apparato; ma se questo è valso a portar voti, non ha giovato alla chia– rezza ed alla vei·ità . ·Così paradossalmente è riuscito ad cc Iniziativa democratica >> divisa, quel– lo che non è riuscito ad cc Iniziativa de– ni.ocratica l> unita, il monopolio della D.C. o almeno -del Consiglio nazionale. Le minoranze certo non spariscono, ma esse vengono -spinte ad operare su

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