Nuova Repubblica - anno V - n. 24 - 16 giugno 1957

( 167) .nuova repubblica 3 DEV IAZION IS!IO DI DESTRA E OPPORTUNISMO L'IPOCRITA NAGY- Menlre il giornale di Kadar, forse in preparazione del processo, dipinge Nagy come un maeslro d'ipocrisia e cerca d'infanrnrlo con la pubblicazione delle sue ·"con!'ess;oni,, la pe_rsonaliLà di Nagy appare sempre pii, chiara- 1').enle queila di un uomo di pensiero, fornilo di grande lucidità mentale ma di non allrnllanta ·energia politica di U N « MAESTRO d'ipocrisia», ecco la qualifica data dal giornale di Radar f,{épszabadsàg a Imre Nagy, senza dubPio l'uomo più sincero e più aperto di tutta la storia contemporanea ungherese. In realtà, tutti coloro che l'hanno avvicinato sono unanimi nel ritenere che la qualità che ha fatto completamente difetto al vinto del novembre 1956 era l'arte della manovra, Ja capacità di nascondere il giuoco, di preparare il colpo - quel minimo insomma di cattiva fede e di ipocrisia • senza Ja quale non vi è uomo politico. lmre Nagy è uno degli esempi più adatti ad illustrare la giustezza della tesi di Machiavelli - che l'onestà non è una virtù poli– ticfl, soprattutto se, portata all'estremo, diviene ostacolo all'azione. Ora,. Imre Nagy aveva sempre avuto troppi scrupoli per essere efficace· n.ell'azione. Egli è un ideali– sta dilettante, smarrito nella jungla comunista. Fino all'ultimo istante, egli ha voluto attenersi alle regole del Partito, agli statuti del Partito, vietando ogni orga– nizzazione di frazibne; eppure aveva pagato di persona ·per sapere che i suoi avversari, i Ràkosi e i GerO, non avevano affatto rispettato quegli stessi statuti.· La dire– zione del partito ungherese, il governo ungherese, non erano più, dp. diversi anni, che una sola cospirazione protetta dalla politica, allo Scopo di tenere· lontano dalle leve di comando chiunque non facesse parte della gang. Nagy lo sapeva bene; i suoi amici, Losonczy, Cime, Haraszti, glielo avevano ricordato alla vigilia degli av– venimenti; egli non poteva ignorare neppure che l'unica salvezza per il socialismo in Ungheria stava nelle spe– ranze di democratizzazione éhe egli aveva suscitato e che i suoi amici scrittori, giornalisti, economisti, avevano propagato. Questi amici, il mattino del 23 ottobre, anda– rono a trovarlo per supplicarlo di mettersi risolutamente alla testa P,el movimento popolare suscitato dagli stu– denti, di p\oclamare il suo pi·ogramffiél--:::.. idéntico a quello di Gomulka -, di mostrarsi qual'era, un patriota socialista. Ho avuto queste notizie direttamente da una persona che assistette a questo colloquio. lmre Nagy rifiutò. « Non agirò contro il Comitato Centrale. E' il C. C. che deve chiamarmi. Finiranno col capire». E' anche vero che, messo sull'avvertita da un membro del Comi– tato Centrale, Imre MezO, segretario del Comitato del Partito dì Budapest, sull'intenzione di GerO di p~·ovocare dei disordini per meglio schiacciare l'opposizione (questo fallo, riferito per la prima volta su Esprit del mr.se di aprile, è orma1 confermato), Nagy volle evitaré tutto quello che avrebbe potuto fornire un pretesto al suo accanito nemico. Ritorniamo alla Népszabadsàg di Kadar. Egli non ha davvero scrupoli sui mezzi da adoprare quando si tratti di diffamare, di gettare il discredito sui suoi avversari. Qualche settimana fa, per diffamare Anna Kethly, il solo ministro del governo Nagy che si trovi in Occidente (si era recata a Vienna prima del secondo intervento sovietico e non le fu più possibile riprendere il suo po– sto), Kadar ebbe la bassezza di far riprodurre dal suo giornale la « confessione » che fu estorta a questa eroica militante dall'A VO nel 1950, confessione in cui essa ri– conosceva (come lo stesso Kadar, nella stessa epoca e per le medesime ragioni, aveva riconosciuto - ma di ciò non si parla) di essere statà una spia al soldo del Ser– vizio d'informazioni segreto inglese. Per diffamare Imte Nagy, forse per preparare il suo processo, la Népszabadsàg ha dissotterrato dagli archivi del comitato centrale d~l partito molti documenti inediti: fra gli altri, le auto-critiche di Nagy, molto anteriori ai recenti avvenimenti, e di cui la prima risale al 1930. Lo scopo di questa operazione non è affatto dissimulato: si tratta di mostrare ai militanti tra i quali Nagy, mal– grado tutto, conserva molti simpatizzanti, che il suo « op– portunismo piccolo borghese» non data da ieri, che, a più riprese, nel corso della sua lunga carriera di mili– tante, Nagy sarebbe stato portato a ritornare su se stes– so, a riconoscere le sue deviazioni nei confronti della linea del Partito. Più di una volta lmre Nagy aveva fatto i suoi « mea culpa» promettendo di correggersi, di ri– parare ai suoi errori. Ora queste promesse, mai mante– nute, dice il giornale, sono la prova di un· uomo profon– damente falso, ipocrita, che non ha avuto mai altro scopo che quello di ingannare il Partito. Come· abbiamo detto, la prima « auto-critica» di Nagy, citata dalla Népszabadsàg, risale al marzo 1930. In quel– l'epoca il partito comunista ungherese lavorava nell'il– legalità. La sua direzione, sotto Béla Kun, aveva la re– putazione di essere, in tutta l'Internazionale, la più set– taria; si opponeva in ogni occasione, con tutto l'accani– mento possibile, a qualsiasi politica di unità di azione coi socialisti o con g1i agrari. Il nemico numero uno per i comunisti ,ungheresi era e restava la socialdemocrazia. Soltanto dopo seguiva la reazione hortista. Ora la Nép– szabUicl.Sàg rivela che dal 193() Imre Nagy pensava a una F R AN·ç O~ S FEJTO politica più larga, più popolare, specialmente di apertura verso i contadini. A un membro del comitato centrale che gli rimproverava di avere delle' opinioni contrarie a quel– le del Komintern, Nagy rispondeva: « Non mi metterò sull'attenti dav:anti a tutto quello che si dice al Komin– tern ». Crimine di lesa maestà! 11 colpevole ne dovette rispondere davanti al congresso segreto del Partito che si tenne a Mosca. Messo in minoranza dal Congresso, spinto dai suoi compagni del ·c. C. a sottomettersi alla <C linea » e a riconoscersi colpevole, secondo le regole del Partito, Imre Nagy si rassegnò. Ecco Ja sua « con– fessione», riportata dal Népszabadsàg: « Ho già dimo– strato a più ripre~ che non mi ostino in convinzioni inesatte, opportuniste, quando mi si provi la loro ine– sattezza. E' vero che ho detto a Vienna chè non mi sarei messo sull'attenti davanti aWlnternazionale. Riconosco che questo era un atteggiamento indegno di un bolsce– vico. Non cerco di giustificarmi ma credete pure che io non ho voluto dire con questo che non avrei eseguito se non a certe condizioni le decisioni dell'Internazionale. Bene, se volete: io mi metto sull'attenti davanti all'In- ternazionale ... ». , - « Uno dei compiti principali dell'Internazionale co– munista e del Partito comunista ungherese - prose– guiva Nagy - è lottate còntro i deviazionismi di destra. Ora questo pericolo di deviazione sono fo che l'ho rap– presentato in una certa misura in seno al partito. Ma credete pure che non sarà difficilè lottare contro le mie opinioni opportuniste, perchè anch'io voglio lottare con– tro di esse. Si tratta sblamente di combattere questa battaglia con armi ideologiche. Anch'io desidero liberar– mi delle mie idee opportuniste. E' tutto quello che ho voluto dire>>. C'è da temei;e che la pubbjJEazione di questo docu– mento raggiunga il fine opposto a quello desiderato da Kadar. Potrebbe rafforzare il prestigio di Nagy. Giac– chè per lo meno nessuno si ingannerà· sul suo accento. E' l'accento~. un uomo che crede, che mantiene tutte le sue illusion'i sul Partito, anche se ha già dei dubbi sulla politica da seguire. E' l'accento di un ingenuo che si la– scia manovrare dai "furbi, dai tecnici specializzati nel risvegliare il sentimento di colpa. Ma il testo mostra anche che Imre Nagy aveva- veramente della costanza nelle sue idee. Le sue .idee del 1930, quelle idee « inesat– te, opportuniste ecc. », non sono forse le stesse per le quali fu silurato nel 1955 e che l'hanno condotto in pri– gione nel 1956? La « deviazione di destra»! Bisognereb– be pur spiegarsi un giorno a fondo. Riparlare di Buka– rin, rifare il suo processo. Perchè sC fratta sempre della sola tendenza comunista rivolÙzionaria ch,e mira al so– cialismo non. attraverso la cospirazione, non · attraverso il terrore, non per mezzo dei cannoni e dei carri armati della cosidetta armata liberatrice, ma con la forza delle idee, facendo ·proprie le aspirazioni sociali politiche na– zionali dei popoli. Quello che lo stalinismo ha persegui– tato, condannato durante 25 anni, quello che i carri ar– mati di Z.ukov hanno schiacciato in Ungheria, è questo idealismo marxista, questo utopismo (ma ogni rivolu– zione non è forse utopistica?), di cui Imre Nagy, questo dottrinario venuto al comunismo per amore del popolo, è uno dei rappresentanti più simpatici. p ASSIAMO al secondo documento pubblicato dalla Népszabadsàg. Si tratta di un'auto-critica pronunciata da Nagy davanti al Comitato Centrale nel settembre 1949. Ricordiamo che a quell'epoca Imre Nagy si trova– va una volta ancora in disaccordo con· la « ·linea >) rap– presentata da Rakosi e GerO. Prima, perchè fu il solo membro del Pofitburo, insieme con Joseph Révai, a vo– tare contro la esecuzione çli Rajk (fu il Politburo infatti a pronµnciare la condanna a morte; il Tribunale non fu che una parata). In seguito, perchè disapprovò la po– litica della collettivizzazione, per la quale il Partito co– munista ungherese aveva ricevuto istruzioni formali da Mosca. In un memorandum sottoposto al comitato cen– trale, e di cui si parla nell'autocritica, lmre Nagy pre– vedeva che la collettivizzazione, in nessun modo pre– parata, avrebbe provocato un disastro economico. Que– sta presa di posizione gli valse l'espulsione dal Politburo. Ed ecco che, secondo il «rito», Nagy era chiamato a in– chinarsi dinanzi alla giustezza di questa decisione. Que– sto è quanto egli dichiarò allora, secondo la Népszabad– sàg »: « Miei cari compagni del Comitato Centrale. Riguar– do alla mia deviazione opportunistica di destra, deside– ro innanzi tutto precisare che accetto la proposta che mi concerne, presentata dal Politburo al Comitato Cen– trale. « Questo io tengo, prima di tutto, a dirvi, giacchè nel mio discorso mi limiterò a criticare i miei errori più gravi. Ora io non voglio che qualcuno dei miei compagni sia portato a pénsare che desidero diss;mulare i miei errori o che mi ostino in ess1... » « Il problema centrale, decisivo, intorno al quale si sono cr-istallizzati i miei errori, il problema che costitui– sce la sostanza della mia deviazione opportunista, è l'orientamento che io ho volLito dare all'organizzazione agricola ungherese. Su questo problema fondamenta1e .io sono giunto, attraversO tutta una serie di errori e di opi– ni.._onisbagliate, a un punto di vista •contrario, diametral– mente opposto, alla linea del Partito». « Il mio errore si spiega ·so'prattutto con la mia er– ronea concezione della natura stessa della democrazia popolare. Nel dicembre 1947, il Partito ha elaborato i principi generali della nostra politica economica. Con– trariamente a questi principi io ho definito, per mio conto, \a struttura 'economica della democrazia popo– lare, come un "capitalismo di Stato". Ora se è vero che quello che è in funzione da ·noi è un capitalismo di Stato, allora la prospettiva dell'evoluzione che ne con– seguirebbe non potrebbe essere, 4 in nessuna branca del– l'economia, agricoJtura compresa, altro che una prÒ– spettiva capitalista, non-socialista ». « Tutti i, miei errori possono dunque essere riassunti in questo, che invece di dirigere l'agricoltura verso la collettivizzazione, versp la trasformazione socialista, la creazione di grarydi proprietà collettivistiche, io avr~i voluto sostenere' lo sviluppo della piccola proprietà agri– cola, il che equivarrebbe, come noi sappiamo, a soste– nere il capitalismo nella campagna ». « Il mio opportunismo si rivelava anche nel fatto che pur· rimproverando nel mio memorandum alla direzio'ne del partito di essere "di sinistra e settaria", pur cer– cando di elaborare le basi ideologiche della lotta contrq il se~a::~smo di sinis~ra, \o n~n mi &ono affatto preoccu– pato del pericolo di destra, quando avrei dovuto sapere 1 che in questo momento è esso che costituisce per noi la minaccia più grave ... >>-; « Inoltre il mio opportunismo si manifestava non so– lamente nei miei lavo,ri teorici ma anche nel mio at– teggiamento, nel mio stile di lavoro. Infatti io non ho preso parte al lavoro del Partito in tutta la misura delle mie capacità, per i compiti che mi ~rano stati as::;;e--.. gnati. Mi sono ritirato, messo da parte, sono rimasto passivo, çosa che ha creato l'impressione nel partito, ma anche al di fuori di esso, di una opposizione. E tutto questo atteggiamento opportunista mi ha inevitabilmen– te condotto a separarmi dal Partito. Ecco dunque la fonte principale di tutti i miei errori opportunisti, persistentj; giacchè colui che si allontana dal Partito, arriva a se– pararsi dal Partito; cumulando errori su errori, si lascia scivolare sulla china dell'opportunismo ... >>. Pover'uomo! Una volta ancora quei manovratori, in– triganti, ed opportunisti senza principi che erano Ra– kòsi e GerO lo- avevano costretto a ripudiare, a qualifi– care d'opportunismo quello ch"e non ·era (tutti gli unghe– resi Io riconosceranno) che la fedeltà ai principi e la via della moderazione. Su quest'ultimo punto, è inutile i"– sistere. Nel 1949, sul problema della politica agraria è stato Imre Nagy che ha visto giusto, non i suoi av– versari cominformisti. La collettivizzazione, che non era stata in nessun modo preparata, giustificata, alla quale tutti, i contadini ungheresi erano contrari, si rivelò nel 1952 un enorme fallimento, la causa principale della de– cadenza dell'agricoltura, fino ad allora fiorente, del pae– se. Seguendo la politica preconizzata fin dal 1949 da Nagy, si sarebbe potuto evitare all'Ungheria il disastro economico del 1952-1953 del quale siamo ancora lontani dal poter valutare tutti gli effetti. Dunque, se fino ad 'ora solamente qualche raro iniziato era al corrente della posizione assunta da Nagy fino dal 1949, adesso, grazie al giornale di Kadar, tutti ne sono informati. Nello stes– so tempo nuovi elementi si sono aggiunti ad illuminare la person 1 alità di Nagy. Appare più chfaramente la pa·s– sività del suo carattere - quella mollezza che ·contrasta stranamente con la costanza delle sue idee. Si vede che questo militante, questo leader rivoluzionario era io– nanzi tutto un uomo di pensiero, un uomo di studio, un saggio. Nella sua qualità di esperto, il migliore del Par– tito ungherese, in materia agraria, di economista oculato (nori dimentichiamo ch'egli fu l'autore della grande ri– forma agraria del 1945), Nagy credeva che il suo com– pito principale fosse quello. di dare consigli al Bureau Politico. Si teneva volontariamente in disparté dalle lotte di gruppi e di persone che dominavano la vita del Comitato Centrale; ma in questi ambienti non si amano i solitari, gli eremiti. Si vuole spiarsi, sorvegliarsi a vi– cenda. Non si crede alla discrezione, all'onestà. Nessuno voleva credere che Nagy non avesse altra ambizione che ·di dare dei buoni consigli agli uomini di azione. Si s-Ù.bodorava in luì l'eretico. E in un certo senso egli lo (segue a pttg. 5, 3.a Co!.)

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