Nuova Repubblica - anno V - n. 21 - 26 maggio 1957

1Hì4) m,111111 rermbblica SE'l"l'E UIOHNI NEL MONDO IL TURNO l)I PELLA S AREBBE stato legittimo sperare che, dopo lél iunga permanenza dell'on. Gaetano Martino al ministero degli esteri, la direzione della nostra politica estera venisse finalmente affidata a un uomo competente e d'i– dee larghe, capace di ricostituire quell'unità diplomatica e:.11·opea, la cui carenza e la cui mancanza sono state al– ru1·igine di molte delle disavventure dello sC0.!.'S0 anno. Purtroppo, con la nomina dell'on. Pella a Palazzo Ch:gi, dove avrà inoltre l'autorità che ·gli deriva in seno al gabinetto Zoli dalla carica di vice presidente del con– siglio, si cade dalla padella nella brace, ossia si è quasi costretti a rimpiangere la sostituzione del deboie, passivo, ma cauto Martino, col volubile, facilone e incau~o Pell4, il cui precedente passaggio per lo stesso dicastero rimar– rà sempre segnato a lettere di fuoco dall'utilizzazion~. nel solenne discorso del Campidoglio, della lettera apocrifa di Lincoln a Mazzini. Non si può contestare all'on. Pella una certa volontà di affrontare di petto i problemi più attuali della nostra politica estera: gli spetta senza dubbio il merito di aver riproposto al paese la questione di Trieste e di averla egli stesso esaminata con un certo realismo. Ma, al limite, questo realismo finisce per essere condizionato dal desi– derio di essere approvato dalla gente benpensante, dai nazionalisti moderati, desiderio che. in un ministro degli esteri da governo monocolore, rischia di confondersi con le posizioni nazionaliste più grette. Nella nuova edizione della politica estera pelliana, questa potrebbe tuttavia sfuggire ad alcune delle ipote– che cui dovette sottostare nel corso del primo esoerimen– to Pella. Non vi è più nessuna questione di Trieste da risolvere; l'Italia è stata ammessa all'ONU; Òi colonie, per fortuna, non abbiamo da imbarazzarci. I problemi di politica estera in cui sia in giuoco un interesse esclu– sivamente nazionale, rivestono quasi tutti un carattere essenzialmente economico. In quanto alle questioni più prettamente politiche o riguardanti la nostra ~'.curezza, l'interesse italiano si confonde generalmente con quello di molte altre nazioni europee. · Su questi problemi, tuttavia, il predecessore di Pella a Palazzo Chigi non seppe mai identificare con chiarezza la linea di divisione fra l'interesse delle naziO!li demo– cratiche europee e quello degli Stati Uniti. Egli partiva dal rigido presupposto che, fino a quando non fossero state superate, d'accordo fra tutte le grandi potenze del mondo, tutte le conseguenze della guerra fred:ia, l'inte– resse dell'Europa occidentale si sarebbe identificato in maniera assoluta con quello americano: qualunque ini– ziativa mirante a distinguere interessi, se non contra– stanti, per lo meno non perfettamente identici, fra le nozioni democratiche europee e gli Stati Uniti, avrebbe quindi danneggiato tale identità sostanziale nei confron– ti dei terzi e in particolare del blocco orientale. Questa identificazione dell'interesse europeo e italia– no con qualunQue atto della politica americana ci ha forse permesso di evitare, per puro caso, a causa det!a nostra passività, nella vertenza relativa al canale' di Suez, la partecipazione all'avventura anglo-francese. Ma ha •avu– to tuttavia altre conseguenze assai nefaste, delle quali paghiamo tuttora i danni. Nello « Standing Group » della NATO, per esempio, che è il comitato che pren<le le ini– ziative più impegnative della politica atlantica, noi non siamo rappresentati, mentre vi è rappresentata la Ger– mania, pur essendo Questa nazione stata ammessa nella NATO molto tempo dopo di noi. A causa della politica di Palazzo Chigi, l'Italia è con– siderata dalle altre potenze europee come una propag– gine americana e perciò non viene considerata come ti– pica rappresentante di un interesse distinto da quello americano e non viene chiamata a discutere con gli Stati Uniti, a nome dell'Europa, gl'interessi comuni o diver– genti fra Europa e Stati Uniti. Sarà Pella capace di rovesciare questa situazione, senza cadere nell'estremo opposto, ossia in quakhe forma di nazionalismo tipicamente campan·ilista, che ci aìiene– rebbe le simpatie di tutte le altre nazioni come accadde sovente, nel passato, quando i nostri ministri d 0 gli esteri andarono a reclamare le ex colonie italiane? Sarà capace di infondere alla politica estera italiana que!Jo spirito europeo che ha avuto l'occasione di ,:ono– scere da vicino, in questi anni, dopo il suo precedente passaggio per Palazzo Chigi, alla presidenzà di un ·istitu- zione europea'? · I suoi precedenti- come ministr.o degli esteri. e le sue simpatie, in politica interna, per i gruppi nazior..nlisti del nostro paese e per le loro demagogiche rivend;cazioni, permetterebbero di dubitarne. La sua presen~a in un go– verno monocolore che, il più delle volte, qualora riesca c1 ottenere la fiducia delle due Camere, ·sarà cm.. :,ret~o a completare la maggioranza relativa democrist:z.na con i voti delle destre, accresce questi dubbi. Ma non si può fondare un giudizio di condanna ~:,:;elu– sivamente sull'esperienza passata o su inte:izi::mi non ancora espresse. Bisogna quindi attendere i pr:mi atti del nuovo governo, in questo come in altri campi, per et:primere un giudìzio. Ma, non è consentito di avere molte speranze che la politica estera italiana s1 3vvi• de– clsamente su un piano d'indipendenza, nel qu2dr,) Ji una solidarietà d!p1omatica europea. PAOLO VITTORELLI 5 IL CONFESSORE DI MARIANNA - Creda a mc, ci vuole il monocoforc {Dis. di IJi11() /J1J~d11J Cl~fl POTE~Zfl EIJROP di FRA.Nço1s FEJTO I L FATTO che Mao Tsé Toung abbia accettato da parte del governo polacco l'invito ad andare in un prossimo futuro a Varsavia conferma l'impressione che Pechino ponga un interesse tutto particolare nel· successo dell'esperimento Gomulka e che consideri que– sto esperimento come un attendibile test della perfetti– bilità dell'internazionalismo comunista. Questa è perlo– meno l'opinione che ha espresso la maggioranza dei giornalisti polacchi, di ritorno a Varsavia dall'aver ac– compagnato in Cina il presidente Cyrankievicz. Si sa che l'idea di una trasformazione del BlucC(• so– cialista in una specie di commonweatth, in cui •·egemo– nia sovietica sarebbe sostituita da una direzio11e collet· tiva, è stata lf\!j:.C~ta da Mao Tsè-Toung fin dall'·1utunno 1954, alrindom•ahi- della visita di Krusciov, Bulganin e Mikoyan a Pechino. I recenti sviluppi hÒ.nno ;:!,mostrato che malgrado gli scacchi subìti da Mo$ca in :c:1:gwto a questa politica, che implica ugualmente una c·eaa dose di liberalizzazione interna, Pechino non pensa affatto cii rinunziare alia sua idea. Chou En-Lai ha dichiarato in una recente intervista accordata al giornale Népszabadsng (Ungheria) che la principale conclusione tratta dai go– verno cinese dagli avvenimenti ungheresi erct ta necessi– tà della buona amministrazione degli affari interni da parte del partito. E' stato a causa dei molteplici mostruo si errori commessi che il popolo ungnerèse si è .:ibellato. L'insurrezione di ottobre lungi dal giustificare un ritor– no ai metodi staliniani condanna definitivamente questi metodi. Di conseguenza, pur condannando le deviazioni che mettono in dubbio il monopolio politico del partito, la direzione comunista cinese appoggia con tutto il suo peso i riformisti che tendono a ricreare l'internazionali– smo proletario e ad allargare }a base popolare de: regimi comunisti per mezzo di importanti concessioni. Con questa teoria Chou En-Lai è riuscito nel gennaio scorso a persuadere Gomulka della necessità di accor– da1·si con Mosca e di mostr~rsi indulgente nei riguardi di certe esigenze ideologiche del Kremlino. E già fin da allora si disegnò la prospettiva di un asse Pechino-Var– savia che si è concretizzata ne11a dichiarazione comune firmata il 12 aprile a Pechino da Cyrankievicz e Mao Tsè-Toung. Certamente questa dichiarazione, come i co– municati precedenti dello stesso tipo, sottolinea la ne– cessità di mantenere il patto di Varsavia. Ma è il primo comunicato firmato tra due paesi del Blocco in cui si cer– cherebbe invano una qualsivoglia riaffermnzione del ruolo dirigente dell'Unione sovietica. Per Pechino e Var– savia l'URSS ha cessato di essere lo Stato Guida. Il co– municato dice che idee e fini comuni uniscono stretta– mente t'URSS, la Polonici e la Cinu popolare e gii altri paesi socialisti. I due pcirtiti sono decisi a fare tutto il necessa·rio per costantemente rafforzare lei soUdarietà tra i paesi socialisti sulla base d•2i principi rnnrxisti-leninisti deU'internaziona.lismo proletario e deU'eguaglianza t-ra i popoli. Mao Tsé-Toung si recherà dunque a Varsavia nella veste di campione di un internazionalismo dal quale lo « sciovinismo di grande potenza>> sarà escluso. Al tempo st~sso la sua visita confermerà la politica di presenza della Cina in Europa già annunciata nel recente giro di Chou En-Lai lungo la Vistola. Ha, in questo modo, la Cina fissato i punti principali del suo lavoro futuro? E' certo che la mediocrità e la divisione interna nell'èquipe dirigente sovietica attuale assicurano ai dirigenti cinesi un campo di azione insperato all'interno del mondo co– munista, le cui conseguenze si faranno inevitabilmente sentire anche all'esterno del Blocco. Conviene pure rilevare che parallelamente all'inten– sificazione della sua azione diplomatica all'interno del Blocco comunista il governo cinese mantiene la sua « li– nea» di liberalizzazione e combatte i ter~.tativi di r:stali– nizzazione. Un lungo editoriale pubblicato nel QuoLidict– no del popolo di Pechino, il 10 aprile u.s., stigmatizzava l'intervento di un gruppo di ufficiali del dipartimento po– litico dell'esercito, diretto da Chen Chi-Toung, i qualt in una lettera aperta inviata recentemente al giornale. ave– vano qualificata « pericolosa » la politica d1 tolleranza inaugurata dall'ultimo congresso del Partito. Il giornale sottolinea che autorizzando le diverse tendenze dello soi– rito a manifestarsi liberamente il partito non mette ;f– ratto in pratica una « tattica di espedienti transitori » ma una politica et lunga scadenza che mira allo sviluppo del– la cultura e della scienza. Come nel campo dell'a,gricol– tura e dell'industria anche nel campo della cultura il partito intende perseguire una politica di aperta coope– razione con gli elementi non comunisti e di origine bor– ghese. Que1:,ta presa di posizione di Pechino acquista 11 suo pieno significato quando la Si paragoni ai recenti di– scorsi di Scepilov, che intendono rimettere in vigore cene idee settarie e dogmatiche di Zdanov. · « Il mondo comunista di oggi non ha più che Lln solo teorico degno di questo nome - Mao Tsé Toung >> af– fermava di recente una personalità comunista francese di ritorno da un viaggio neJla Cina e nell'URSS. Il rap– porto presentato dal capo della Cina popolare alla «Con– ferenza suprema dello Stato» del febbraio us. e di cui con qnalche ritardo il Quotidi.ano del popolo di Pe– chino ha riVelato nell'editoriale del 13 aprile alcune '.dee direttive, sembra confermare questa opinione. Questo rapporto mostra in elTetti un Mao preoccupato di H– berarsi dei clichés staliniani e di riallacciarsi a Lenin, e particolarmente al Lenin agile e pragmatico della NEP. L'argomento del rapporto di Mao Tsé-Toung è Gn problema teorico che, anche prima della morte di St.:1- lin si veda la famosa polemica tra quest'ultimo e Ya– roschenkko), ha preoccupato gli ideologi sovietici e che i recenti avvenimenti della Polonia e dell'Ungheria han– no reso di bruciante attualità: che cosa s1 deve pensare dei contrasti, conflitti e antagonismi che sorgono all"in– terno del partito comunista? Questi contrasti hanno o no diritto all'esistenza in uno stato proletario, control– lato da un partito che per definizione non può agire che nell'interesse della cbsse pperaia e dell'intero popolo lavoratore? Ogni opposizione, ogni scontento che si ma– nifesti in queste condizioni nei riguardi del partito n0n sarà necessariamente di ispirazione reazionaria? E' noto che tutto l'apparato ideologico creato da Sta– lin si basava sull'idea che non esistevano e non avrebbe– ro potuto esistere nell'URSS altri oppositori all'infuori di quelli che contrapponevano al nuovo stato socialista gli stati capitalisti circostanti e, nell'interno del paese, alla quasi totalità del popolo le vestigia del passato. Nel 1930 (all'indomani cioé delle più sanguinose epurazioni) egli affermava davanti al XVIII congresso del Part!to comunista: La funzione di repressione cill'interno del paese è divenuta superflua, è sparita, poiché io sfrutta– mento è stq,to soppresso, gli sfruttatori non esistono più, e non c'è più nessuno da reprimere.. Ora il com.p'ito es– senziaie del nostro Stato all'interno del paes e consi ste nel fare un lavoro pacifi,.co di organizzazione econ.om ·ica, di ctllturet e di educazione. Per quello che conc ern-.z l'es er– cito, i nostri organi punitivi e i servizi di i.nfonnazione, le loro a.rmi sono dirette non più verso l'interno del pctese (segue a pag. 6, 2.a col.)

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