Nuova Repubblica - anno V - n. 16 - 21 aprile 1957

(159) nuova repubblica DECADENZA _ Falaòge, Falangina, Fafangetta (Dis. di Di110 IJoschi} SETTE GIORNI NEL- MONDO LACRISIGI()RDANA L E VICENDE della politica interna giordana d1 que– sti ultimi gio;·ni non si possono arbitrariamente isolare dalla cornice internazionale nella quale si sono svolte, e in particolare dalla posizione che è ve– nuto assumendo questo paese dal giorno in cui, circa un anno fa, re Hussein decise di esonerare il tondatore e comandante della Legione araba, Glubb Pascià, e di co– mi:iciare in questo modo a spezzare i vincoli che lega– vano ancora il regno hascemita al sistema di sicurezza britanrlico nel Medio Oriente. Il vecchio progetto caldeggiato da Abdullah, nonno dell'attuale sovrano de!Ja' Giordania, di formare un grande regno hascemita, comprendente la stessa Gior– dania, l'lrak e la Siria, pur essendo ormai tramontato 1 ha, però, sempre continuato a ispirare le simpatie inter– nazionali della dinastia giordana, che ha, così, fino a tempi recenti, guardato più verso Occidente e il blocco delle potenze di Bagdad che verso l'Egitto e il blocco neutralista formato dal governo del, Cairo. La Giordania è stata tuttavia sempre di più condi– zionata, negli ultimi dieci anni, dalle conseguenze della fine del mandato britannico in Palestina. La maggior fetta di territorio arabo della Palestina fu infatti an– nessa, al momento della spartizione, alla Transgiorda– nia, che aveva per sovrano l'emiro Abdullah, e quello stato, il quale abbracciò così le due rive del fiume Gior– dano, divenne da allora il nuovo regno di Giordania. L'annessione di una larga fetta di territorio pale– stinese ai territori dell'emiro Abdullah costrinse la Trans– giordania ad avere una parte di primo piano nel con– flitto delle nazioni arabe contro il nuovo stato d'Israele, sebbene l'influenza inglese e la scarsa potenza eco– nomica dello stato giordano suggerissero ad Abdullah e al suo consigliere militare inglese, Glubb Pascià, di rifuggire da atti di ostilità del tipo di quelli compiuti dai « fedaye~n », armati e ispirati dall'Egitto, al confine fra Israele ed Egitto. Unica questione grave fra Gior– dania e lsTaele fu quella dello sfruttamento del fiume Giordano, che tuttora non è :ITisolta, nonostante l'inte– ressamento delle Nazioni Unite. Costretto in tal modo a dare la massima solidarietà alla politica anti-israeliana della Lega araba patroci– nata dall'Egitto, la Giordania poteva difficilmente sfug– gire alla sempre più forte influenza diplomatica e stra– tegica del governo del Cairo e quindi anche agli atti della sua politica estera che non erano collegati alla questione israeliana. A questa influenza si devono fare risalire il rifiuto della Giordania di aderire al Patto di Bagdad, l'elimi– nazione di Glubb Pascià e infine, un mese fa, la de– nuncia concordata del patto di alleanza anglo-giordano, denuncia che ha posto formalmente fine ai vincoli che legavano la Giordania alla Gran Bretagna dalla costi– tuzione dello stato sotto mandato britannico della Trans– giordania, dopo la prima guerra mondiale. In pari tempo, la Giordania aveva dovuto accettare l'unifica- zione delle sue forze armate con quelle egiziane e si– riane sotto il comando di un generale egiziano Ciò nonostante, quando Israele attaccò l'Egitto,_ la Giordania (c.~e del resto le altre nazioni della Lega araba) ricorse" àd ogni mezzo per evitare di essere coin– volta nelle ostilità, benché i trattati che la legavano all'Egitto l'impegnassero a un immediato intervento mi– litare al suo fianco. Le ostilità fra Israele ed Egitto per– misero però alla s'iria d'inviare in territorio giordano un contingente, delle proprie trupi,e, che vi si trova tut– tora, contingente che ha senza dubbio influito sulla po– litica interna giordana, specialmente da quando la mag– gioranza parlamentare di sinistra emersa dalle ultime elezioni' politiche giordane (maggioranza di 21 deputati su 40), ha impresso un corso più accèntuatamenté neu– tralista alla politica estera del paese ---{ lo ha allineato di– plomaticamente sulle posizioni dei suoi due alleati, la . Siria e l'Egitto·, che nel frattempo si orientavano sempre più fortemente in senso filosovietico. La crisi che' ha déterminato l'intervento di re Hus– sein e la soluzione di compromesso prov'v'.isoriamente raggiunta fra la corona e gli esponenti dei partiti na– zionalisti è collegata a due fatti diplomatici recenti: la decisione del precedente governo Nabulsi di stabilire re"tazioni diplomatiche con l'URSS e il SUQ rifiuto di mandare un invito formale al rappresentante del pre– sidente Eisenhower nel Medio Oriente, on. Richards, il quale sta facendo il giro di tutti i paesi di questa zona per cercare di ottenerne l'adesione alla .,dottrina di Eisenhower. In parole povere, nel corso di questa evo– luzione, spesso non tranquilla, della politica · interna giordana e delle alleanze di questo paese con gli altri paesi del Medio Oriente, si è inserito il più ampio giuoco diplomatico del conflitto tra Stati Uniti ed URSS pe'r a.ttirare nel proprio girone i vari paesi del Medio Oriente, conflitto che sta mettendo in crisi la politica in– terna di molte nazioni arabe, compresa la Siria e l'Arabia Saudita. Sarebbe quindi errore giudicare la crisi giordana esclusivamente come un conflitto interno, in cui l'atto di re Hussein ha un carattere tipicamente autocratico e mira, oltre che a salvare la corona, anche ad evitare o a promuovere determinati impegni internazionali. Sugli aspetti puramente arabi della questio~e gior– dana si sono dunque inserite le rivalità russo-americane, che fanno anche delle questioni interne giordane un elemento del più ampio conflitto, di carattere aperta– mente imperialistico, che si agita in questa zona. La vera indipendenza di questo paese arabo - come della maggior parte dei suoi vicini - non dipende quindi solamente da questa o quella soluzione della sua crisi interna (le soluzioni autocratiche essendo evidentemente sempre le peggiori) ma da un'esclusione delle mire im– perialisticfie delle grandi potenze su tutta la zona del Medio Oriente.• rAOLO VITTORELLI I LETTERA DA MADRID VERSO IL25 LUGLI SPAGNOLO di R. ALVAREZ MESA N ONOSTANTE il terrore, le repressioni e le delustoni, i lavoratori spagnoli hanno dimostrato di essere decisi a continuare una lotta che non pu'ò ormai essere paralizzata da parziali concessioni né da nuov~ minacce. Lo sciopero contrastato con ogni mezzo e infine vittorioso, della miniera Maria Luisa a o•viedo, la recente· . distribuzione di manifestini di protesta a Madrid, provano che le proteste dei mesi scorsi non erano un episodio isolato. La stessa ostentata « opposizion~ » di alcuni ambienti ultraconservatori significa questo: disperando ormai nel regime attuale, la reazione spagnola cerca una nuova formula di governo. I monarchici da una parte, dall'altra i falangisti e in mezzo l'oscuro potere dell'Opus Dei, sono concordi nel non volere una soluzion-e effettivamente democratica, anc·he se i monarchici ostentano - dopo 20 anni di fronte unico antipopolare - la loro tardiva ri– pugnanza per il totalitarismo fascista; anche se la Falange– avvolge in retoriche affermazioili di sinistra il proprio fallimento, e tra l'altro riçorda molte cose che in passato aveva preferito far dimenticare, e rinfaccia ai monarchici il loro atteggiamento reazionario. A1l'intern0 di un governo rimpastato ma non rinno-,. vato, l'Opus Dei e le cricche militari intrigano per la successione. Perché è ormai chiaro a tutti, nella Spagna del '57, che una successione è aperta, e che il regimé •i· non può sopravvivere. Tutti i reazionari non irresponsa– bili tendono chiaramente non all'impossibile conserva, zione di un regime ormai condannato ma alla sua. liqui– dazione «pacifica», al1a transizione a freddo ad un altro governo· che possa consolidare più efficacemente il do– minio della reazione. E' assai grave che in quest'opera il conservatorismo spagnolo abbia trÙvato l'alleanza del partito comunista. Con una dichiarazione del 9 febbraio_ l'ufficio politico del PC spagnolo si preoccupa di garantire il carattere « paci..: fico >> della trasformazione, invocando un ·governo « di transizione)), a direzione liberale, cioè conservatrice. Il PC propone dunque una generale « riconciliazione tra gli spagnoli )) 1 riconciliazione che dovrebbe avvenire con tutti i reazionari che si propongono un problema solo, quello di evitare l'ingresso· dei lavoratori nella vita del paese. Mentre il governo dell'URSS non ritira le sue offerte di restituzione dell'oro della Repubblica Spagnola - e Franco sta facendo costruire a Madrid un apposito edi- . ficio dove custodirlo - il PC non rinuncia dunque a gio– care in Ispagna la carta del 25 luglio e si dichiara pronto a sostenere un governo « di transizione>> che non po– trebbe essere. che un governo di salvataggio della rea– zione. E, quel che è peggio, accusa nello stesso tempo come « complici del fascismo» gli anarchici e i socialisti del POUM, diffama le correnti socialdemocratiche, non deplora neanche formalmente gli insulti lanciati per anni a quegli stessi militanti del PC che nel corso della guerra civile o in seguito ad essa hanno rotto con la direzione stalinista. Il partito comunista riaffer-ma il suo proposito di facilitare ogni iniziativa che possa contribuire ad allontanare dal potere il generale Franco e a facilitare il passaggio pacifico a un regime di democrazia. Per _gli stalinisti spagnoli insomma non ci ...sarebbe ness,un bisogno di usare la violenza contro un governo come quello di Franco, ben disposto, secondo loro opinione, a cedere pacificamente il potere! P6sizioni come queste disarmano Je forze popolari e .fanno subire ai lavoratori la direzione di forze reazio– narie che oggi si fingono antifranchiste, come i monar– chici. Non si deve dimenticare che i monarchici spagnoh non furono mai liberali. La nostalgia della monarchia assoluta permea tutta la tradizione della destra spagnola, dal rancore sanfedista che armò la guerriglia del carli– smo fino al colto qualunquismo del pur esiliato Salvador de Madariaga, che non rifugge dall'apologia della Inqui– sizione. Se oggi ciuesti signori fingono di non volere la dittat~ra è perché solo così essi sperano di salvare l-::> stat? reazionario, con o senza Franco. Non in una unità nazionale che rafforzi la reazione può sperare oggi il popolo di Spagna: non unità di op– pressi e di opprèssori, rinuncia alla rivoluzione per colla– borare con la reazione; ma unità popolare, riconciliazione di tutti gli antifascisti, unità della Spagna democratica e rivoluzionaTia contro la Spagna nera, borbonica, mili+:-,– rista e clericale.

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