Nuova Repubblica - anno V - n. 16 - 21 aprile 1957

(159) nuova repubblica 3 "PIANO :FANFANI,, ALLA SCO_PERTA DEI TALENTI ILCARROZZONE DELLE BORS l'n viano come cp,èllo fanfani, cli apertur·a ad una maggiore circolazione di studenti dalle elementari all'università, è soltan– to un espediente demagogico e rischia di perpetuare un clima di concessioni economiche in, cambio di, concessioni politiche di G. Intendevamo prendere anche noi posiziorie sul di.,egno di legge Fanfani per il diritto allo studio. E' uscito, pro– prio it1 questi gìorni, il nuovo periodico dell'UGI Unione Goliardica, d"al quale preferiamo riportare l'inchiesta di Gianluigl Berardi e Gino Maiocchi. In questo modo in– tendiamo contribuire a far· conoscere negli ambienti ~el– la scuola e della politica una iniziativa studentesca che merit4 il plit ampio successo. Unione Goliardica. diretta d~ Gerardo Mombe/li, ha sede in Roma, in via della Vite 14, L A PROPOSTA di legge 19 luglio 1956, firmala tra gli altri dagli onorevoli Fanfani, Rumor, Piccioni e Cui rappresenta, a dieci anni daaa Resistenza, il più importante tentativo del partito di maggioranza di impostare un piano pluriennale per l'attuazione (almeno parziale) di quell'articolo 34 della Carta Costituzionale che garantisce ai giovani capaci, .ma privi di mezzi, il diritto di raggiungere i più alti gradi dell'istruzione. Vale quindi la pena di esaminarlo attentamente per stabilire, dalle sue linee generali, con quale impegno la demo– crazia cristiana si ponga di fronte ad uno dei problemi centrali della vita democratica del paese, l'allargamento ai ceti meno abbienti della possibilità non solo di divenire classe politica dirigente (il che normalmente avviene per altre vie) ma anche di entrare effettivamente nella dire– zione degli organismi privati e statali in cui si esprime e si concreta la ricerca scientifica ed il progresso tecnico, di fronte al probléma di spezzare la catena dell'eredita– rietà di piccole éli{es oligarchiche come unico mezzo di ricambio all'interno degli ordini professiorÌali, e di fronte a quello di un effettivo sfru~tamento positivo d.i capacità oggi disperse molto spesso nella durezza della lotta per la sopravvivenza. Ad una p1·ima visione i dati !oi:niti dal testo del progetto sembrano in certa misura discor– dare dal tono ottimistico delle relazioni illustrative pub– blicate con esso, tono il cui senso è racchiuso nel fre– quente ritornare delraurea massima evangelica che pre– scrive lo sfruttamento di tutti i talenti disponibili. Apprezzabili sono in ogni caso alcuni criteri fonda– mentali: la larghezza nella entità delle borse (stabilita in L. 140.000 per le medie inferiori, in L. 240.000 per quelle superiori ed in L. 350.000 per la Università), condizione importante della loro utitità effettiva, il fatto che esse non vadano a beneficio dei già iscritti ai vari ordini di scuole, ma siano riservate a chi, terminate le elementari (o Ie medie) vorrebbe iscriversi al corso scolastico supe– riorè ma non può per le condizioni in cui è costretto a vivere (metodo di estrazione che permette un recupero dei moltissimi studenti che si disperdono ogni anno al termine di un ciclo di studi; si pensi che nel '51 gli iscritti alla V elementare erano in Italia 716.190 e quelli del 6.o anno - l.a media, VI postelementare, etc. - 339.354) (I). Così ci sembra positivo il !atto che la somma da spendere venga inserita totalmente nel Bilancio della P.I. senza prevedere un contributo diretto dei singoli ,Enti locali, poiché questo fatto avvantaggia obbiettivamente (anche se, come vedremo, solo formalmente) le Province ed i Cotnuni più poveri, evidentemente danneggiati se si fosse adottato il tradizionale sistema· del contributo sta– tale come integrativo di uno sforzo finanziario in qualche modo gravante sul loro bilancio. A questo punto il d·iscorso deve tuttavia divenire limi– tativo e assai polemico poiché necessariamente esso coin– volge la inadeguatezza del piano prospettalo, la sua astrattezza. dalla situazione reale della scuola e della società italiana, lo stesso fatto che gli strumenti di attua– zione previsti nel testo finiscono per essere in contrasto con i criteri generali che, nelle intenzioni espresse dai firmatari, vi presiederebbero, la rigidità, infine, discrimi– natoria di esso, e le scarse garanzie di funzionalità delle prove di concorso in esso previste. Alla luce di questa indagine più minuta il progetto si rivela come un pallia- ,tivo di scarsa efficacia nei riguardi di un problema che, come centrale delle stesse possibilità di sussistenza della democrazia in Italia, del suo sviluppo e del progresso tecnico ed economico della nostra società, va affrontato, ove si decida di farlo, alla radice, con mezzi drastici e risolutivi. Non di questo carattere sono testimonianza i modesti (relativamente all'ampiezza del problema) pre– ventivi del progetto Fanfani; a questo proposito possono essere importanti aJcune cifre. Il progetto di legge pre– vede che nel 1971-72, data in cui la spesa si consoliderà al suo massimo, il programma di borse ·di studio graverà sul bilancio della P.I. di una cifra annua di 11 miliardi e 400 milioni, mentre fruiranno delle borse di studio (ammesso - dice non senza intenziòne la relazione illu– strativa - che nessuno degli assistiti perda mai il diritto a fruirne, cioè non scenda mai Sotto alJa media dei 7/J0 necessaria per mantenere la borsa - per essere ammessi al concorso ne serve invece una di 8/10) 40.000 studenti di scuole secondarie e 12.000 universitari. Se si BERARDI e G. MAIOCCI-ll pensa che· lo stato di previsione per la spesa del mini– stero della P.I. per l'esercizio finanziario~ 1955-56 preve– deva un totale di circa 259 miliardi, si può già avere una · idea dell'entità di questa spesa, mas$ima e da raggiun– gere (solo nel caso specificato sopra del continuarsi del godimento da parte di tutti coloro che ne fruiscono, e il tono della relazione illustrativa sembra voler tran– quillizzare gli onorevoli colleghi sul fatto che ciò - è facile da prevedere - non si verificherà) solo fra 15 anni. Ma più significativo sembra fare un paragone tra ta cifra dei borsisti ipotetici per le medie inferiori e quella dei ragazzi italiani tra gli 11 ed i 14 anni che attual– mente (secondo dati comunicali nella relazione Borghi al Convegno sulia Scuola degli ar'nici del Mondo) non sono iscritti né alla scuola media unica ~1é alle scuole ed ai corsi di avviamento professionale. Questo numero era, per il 1955 di circa l milione e mezzo di giovani, cui va sottratto un certo numero di « rita.rdatari », ancora frequentanti la scuola elementare, numero che in nessun caso potrebbe suQerare tuttavia i 350.000-450.000 studenti. Restano all'incirca 1.100.000 ragazzi a disposizione dei quali sarebbero le 9,000 borse (3.000 ogni anno) del piano in esame. Ma la statistica è ancora poco indicativa, poiché la situazione è senz'altro più grave. Infatti il nume1·0 di l milione e 100 mHa è stato raggiunto sottraendo a quello dei ragazzi italiani in età tra gli 11 ed i 14 anni quello degli iscritti a qualsiasi ordine di scuole. Ma la verità è che buona parte di questi 1.100.000 ragazzi non ha mai frequentaio una scuola. E' inutile riprendere qui i dati deJl'evasione dall'obbligo scolastico, che si calcola essere nel sud diffusa al 25% dei ragazzi nell!età sco– lare (2), poiché si viene in questo modo sì a toccare il problema più grave di tutta la scuola italiana, e preli– minare ad ogni altro, ma si sfugge in parte a quello con– creto della possibilità, per chi a_bbia iniziato gli studi, e dimostri capacità, di giungere al livello più alto dell'istru– zione. Resta comunque inteso che è demagogico e sempre in larga misura discriminatorio il porsi il problema del diritto allo studio soltanto in questa seconda accezione. E' neceh:u:io per la scuola italiana un piano organiéo di sviluppò, poichè il diritto effettivo allo studio e l'au– mento delle qualificate capacità di lavoro passa, come suo primo momento, attraverso una effettiva obbligato– rietà della scuola elementare. E per essa sono centinaia i miliardi da spendere, e da spendere presto. Ma pure limitandosi al senso più ristretto della lezione costitu– zionale, il piano previsto non serve che in minima parte a garantire l'effettiva possibilità di proseguire gli studi, per chi, avendoJi iniziati, abbia le capacità ma non i mezzi per continuarli. La statistica già citata rivela come nel 1950-51 il passaggio tra il V e i(VI anno di scolarità segni una brusca diminllzione del numero degli studenti, esattamente di 376.836, da cui si può sottrarre un numero di circa 50.000 studenti come quello probabile dei respinti agli esami di licenza e di ammissione (nel 1951 furono circa 51.000). Resta un salto di 320.000 studenti, per cui, calcolato che i veramente capaci non superin9 il 50% (è un calcolo di pura probabilità) le 3.000 borse di studio disponibili significherebbero Ja possibilità d,i continuare gli studi per il 2% di essi. Si può obiettare a questo cal– colo che non si è tenuto conto in esso del fatto che le borse vanno ai soli « privi di mezzi» tra i capaci, ma tenuto conto del fatto che, salvo che nelle campagne, chi appena ne abbia possibilità cerca generalmente di avviare i figli promettenti almeno alle scuole professio– nali (di tipo àgrario od industriale), si vede che dimi– nuendo ulteriormente il numero base da cui siamo partiti si può giungere al massimo a credere che le borse rap– presentino una possibilità di continuare gli studi per il .6%, nel caso più ottimistico, dei capaci e meritevoli di disagiata condizione che abbiano compiuto il cbrso degli studi elementari. Ma giova qui ripetere che non tutti i capaci riescono a concludere gli studi elementari e non soltanto per la misera situazione delle famiglie. Si pensi che il piano Fanfani non tocca minimamente i 153.827 alunni che frequentano le 5.827 scuole elementari con corsi che si interrompono alla terza ed i 150.073 alunni che freciuen{ano quelle (4.290) con corsi interrotti all'a quarta (3), soprattutto scuole montane o rurali. Il numero degli alunni delle elementari esclusi così in par– tenza. dalla possibilità d1 godere delle borse prospettate da Questa legge, sebbene capaci e sebbene residenti in zo'ne di cui si può a buon diritto pensare che non posseg-. gano scuole medie (posto che neppure vi è completo il ciclo delle elementari), assomma così a 363.900, cioè ad una percentuale assai elevala di scolari italiani. Questa ultima considerazione ripropone qui con la massima ur– genza la tesi che. ove si voglia parlare dell'art. 34 della Costituzione, e di attuazione di ·esso, o almeno ove si voglia affrontare il problema che esso pone, nòn si può limitarsi a tracciare un piano che, se attuato, rischia di creare ona ulteriore situazione di privilegio (con tutte !e conseguenze che si possono immaginare rispetto all'attri– buzione delle borse, sui cui criteri precisi - svolgimento dei concorsi, norme per la nomina dei membri delle commissioni, etc. - la legge sorvola, rimandando ad un regolamento che sarà deciso, dopo l'entrata in Vigore della stessa - ed anche a questo proposito sono da esprimere le più ampie riserve -- dal ministro della P.I. « sentilo il parere del Consiglio superiore della P.I. »). Si tratta in sostanza di capire e di far capire molto recisamente che un piano «verticale» di questo tipo (di apertura ad una maggior circolazione di studenti dalle elementari all'Università) è soltanto un espediente dema .. gogico e crea le possibilità per il perpetuarsi di un clima di concessioni economiche in cambio di concessioni poli– tiche, per l'accentuarsi di un regime·di sottogoverno e per una possibile accentuata discriminazione, se va scisso da talune garanzie in sede di attuazione dei concorsi e se. è isolato da un contemporaneo e necessario piano << oriz– zontale>), che permetta effettivamente al maggior numero possibile di energie e di intelligenze disponibili di libe-. rarsi, partecipando su un piede di eguaglianza all'istru– zione elementare. Bisogna costruire, contemporaneamente ed in fretta, diecine di migliaia dj aule, istituire nuove. classi, aumentare il numero di maestri, e w2l frut.le1npo istituire borse di studio cm.che per gli scolari, capaci ma privi di. mezzi, costretti dalla mancanza deltci scuotei cid interrom.pere i propri. studi alla terza ed alla q1iarta etem,znta-re. , Non sembra poi molto lontano il pericolo involutivo di' un possibile uso discriminatorio di questo strumento di legge, anzi impellente, se si riflette per esempio che, in Italia, i comuni ·privi di scuole superiori sono circa 6.600 (4). In definitiva delle 2.000 borse di studio poste in palio per esse, ogni anno ce ne sarà una a dispo~izione di ogni 3 comuni (ammesso che in ognuno di° essi - e la previsione non pecca per eccesso - esistano studenti capaci e privi di mezzi). L'effettiva grandissima possi– bilità di un sicuro avanzamento sociale. garantita alle. stesse famiglie di candidati dalla sicurezza che le borse, ove il merito non venisse meno, saranno conservate sino all'Università, provocherà necessariamente una vera e propria « corsa ai posti disponibili » attuata probabil– mente con vari e non sempre correttissimi mezzi. (1) Dati pubblicati in appendice alla relazione Borghi (<cRiforme e spese n) tenuta al 3.o Convegno degli Amici del Mondo. Processo alla scuolct, Laterza, Bari. 1956. (2) Anna LorenzeUo, studio cil. in Rocco Sco(ellaro; « Scuole di Basilicata)). Nord e Sud, I, 1, dic. 1954, p<tg. 85. · (3) Amiuctrio statistico dell'istruzione itaUa11<t, 1955, pag_ 71. Citato anche da L. Borghi, a,·t. cit. (4) Vedi Proposta di legge Fanfnni, elc.: te~lo della relazione alla proposta di legge (« L'istrnzione ai· merite– voli n. Doc111nen.ti, Ed. 5 Lune. 1956, pag. 18). E la piccola macchina per l"ur. licio e per lo studio privato. 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