Nuova Repubblica - anno V - n. 16 - 21 aprile 1957

2 IL VECCHIO E I SA-t\.G.G I C REDIAMO dt non sbagha1e, se pe~si~mo i:he il '' popolo tedesco ascolti p1u volentlen un C;:in- celhere, dalle cui espressioni si s~rigiona la saggezza della vecchiaia >>. E' uno .dei ran -~omme:lt~ apparsi in Germania in favore a.ella_ insolente 11~posta _ d1 Adenauer ai dotti di Gottinga; 11 giornale ~he l ha _µi..:.~ blicata ha la sua sede nella piazza Martm _Lute10 d1 Dusseldorf, s'intitola Handdsblatt, ed ~spr_1me ~e~z~ infingimenti il sentimento del grosso cap1tailsmo ~nou · striale della Renania. · _. In linea generale, a parte questa o poche altre voci della destra tedesca, nella controversia fra A~en-Juer <: i fisici l'opinione- pubblica tedesca si è pronu1:z1ata per 1 fisici. Era tro~po chiaro che questi ave_vano ricondt 1 lt-:> la discussione sulle armi nucleari, dal piano senza sfuma– ture della Realpolitk (e della concorrenza con ~a Gr?n Bretagna, come si manifestò con la pronta. reaz10:1e oel governo tedesco alla pubblicazione del « Libro bianco>~ inglese), dalla assoluta noncuranza di un pro~~~1:1:1 dl ragione e di umanità, a quello delle responsab1dl<i. mo– rale, della coscienza universale, del d~v_ere della sc~enza di prendere posizione dinanzi alla pohhca. La coscu:nza tede&ca ha dato tali prove di efferatezza nel pen°:<l-o hitleriano che si è portati, erroneamente, a pensarla in– sensibile ~d una impostazione ideologica di qu~sto pro– blema. Invece, per la sua capacità di drammat1zza~·e l_e idee generali, è forse la più indi~~ta .. Del resto. 1 di– ciotto di Gottinga non dicevano p1u d1 quanto e con– tenuto nel testamento di Einstein, e di quanto viene lan– ciato dalla campagna pervicace di Bertrand Russell. La brutalità di Adenauer è apparsa nella chiar~ su~ incomprensione del linguaggio dei suoi interlocutori. Gh parlavano dei destini dell'umanità e del. pop?l_o tedesco, rispondeva con gli argomeriti dell'equilibrio _m1htare_della NATO; sollevavano una questione di cosc1e~~a, nspon– deva che, essendo in gioco un problema pol1t1co,_quest~ esorbitava dalla loro pertinenza:. come se l.:. _cosc~enza _s1 dividesse, alla stregua di ogni buona 01~ga111zzaz1one, m compartimenti di diversa, impenetrabile compe~enza: Adenauer non ha neppure immaginato che taluno de1 suoi interlocutori, Heisenberg, l'inventore del principio di i~– determinazione bastasse ad affacciare da solo, nel di– scorso sulle a~mi nucleari, il sospetto di una inser– zione .delPinfinito: nel suo calcolo preciso di ciò che deve spettare alla Germania, se anche gli altri, nella concor– renza per l'armamento nucleare,. lo vogliono. Quest'~omo che si dice tormentato dal problema nucleare << g1orn_o e notte» non ha forse di queste intuizioni. Ecco perche, ci sembra, la « conferenza nucleaJ:e » con· i fi_sic! di Got– tinga doveva, com'è accaduto, concludersi m modo elusivo. . Da un lato, infatti, Adenauer ha assicurato gli scien– ziati tedeschi che non verrà chiesta la loro collabora– zione per la produzione di qrmi nucleari, anche ~attich~, che la Germania non sarebbe chiamata a fabbricare: 11 che lascia dubbiosi, sia perché di recente il governo te– desco ha proprio avanzato la prospettiva di produrre « pezzi » o « parti » di armamento ato~ico, ~ia perché la questione suscitata dai dotti di Gottm~a nguardava, comunque, il « possesso » di tali congegni, e non solo Ja loro produzione. Dall'altro, si è prodotto un ac~ordo accademico tra governo e fisici, per un_ appell? d1re.tto alla limitazione degli armamenti nucleari: che e_ pers1~0 mortificante per i dotti di Gottinga, in quanto li associa alla· « tattica del paravento» dietro la quale il govern~ tedesco prepara la sua politica di riarmo globale, a _di– spetto Qello stesso trattato di Parigi. A nostro av-:1so, la dichiarazione del 18 non meritava questa conclus10ne ironica. La Germania saprà distinguere, saprà conti– nuare a capirli? PIERACClJVI E' scomparso, all'età di 92 anni, ii compagno prof. Gcte– tcl'no Pieruccini. IUustre studioso di patologia ereditaria e di 11112dici'na del lavoro, militante socialista fin dalle prime bnttaglie politich.e, assess~e nella prima cimministrazione popolare fiorentina, d.epwtato di Firenze, antifascistct per– seguitnto, sindaco di Firenze della Liberazione, senatorie della prima legislatu.ra repttbbLicana, fu capolista del PSU alle amm.inistrative del '51 e si schierò nel 1953 contro la legge maggioritaria com•z candidato di Unità popolare. Niente può illust:rcire il. suo cara.ttere più della vita integerrima e delle baVtctglie intransigentemente com– battute: è vissuto s,zmpre serenamente e semplicemente, nwi abbandonandosi ai rancori e mai piegandosi di fronte alle minacce e alle percosse. Ha voluto raggiungere l'estTemo riposo in silenzio, senza rancori né distinzioni di soTta. Nel prossimo nume·ro iUustrey,zmo più am.piam.ente la vita e le opere di Gaetano Pieraccini, men.tre espriniiamo fin d'ora U nostro cordoglio alla famiglia. NUOVA REPUBBLICA (159) nuova tcpubblic11 Una coltura peril socialismo (continuaz. da pag. l) comunista e quelJa democratico-libertaria del socialismo; ·. né può dirsi che questo confine coincida puramente• e semplicemente coi partiti che alle due diverse conce– zioni si richiamano: poiché è visibilissima la presenza nel mondo comunista (nazionale e internazionale) di ten– denze che mirano a rompere lo schema universalistico del partito come unica possibile espressione di classe (e quindi - in sede internazionale - dello Stato guida che, avendo attuato strutture ·socialistiche, impersona in sé ogni possibile politica socialista) e cercano - ben oltre la tattica dei « fronti » e delle Unità fittizie - una reale possibilità di dialogo con altri; come è visibilissima la permanenza nel socialismo democratico d 0 incrosta– zioni ideologiche contraddittorie col carattere di aper– tura, di dialogo, di offerta e ricerca di esperienze, che dovrebb"essergli proprio. Per la posizione politica tutta particolare tenuta dal PSI in molti anni il fenomeno della contraddittorietà delle due posi~ioni giustapposte si è manifestato in questo partito con caratteri particolarmente evidenti. Una tradi– zione ideologica insufficientemente verificata sul piano politico e ris3lente al primo dopoguerra, una eccessiva fiducia in essa e quindi una sostanziale pigrizia nella ricerca di nuove vie nel secondo dopogue·rra, infine l'istinto della difesa emergente dopo il '47 che rese possibile l'ap– plicazione al partito di moduli organizzativi validi per una politica di tipo comunista ma evidentemente artificiosi per una politica socialista d'ispirazione diversa, hanno fi– nito per determinare una contraddizione fra struttura e politica, cioè fra fini e mezzi, che si è oggi rivelata pa– tente dopo la «svolta» di Venezia. E' infatti evidente che la linea di Venezia (accolta, si badi bene, dalla grande maggioranza del partito, almeno come indica 4 zione programmatica e come direttiva di lavoro) ha si– gnificato una scelta non dubbia sul piano politico, alla quale per altro non si è apprestato tempestivamente lo strumento organizzativo, culturale ed ideologico adeguato. La frattura avvenuta a fine di congresso non è stata tanto l'effetto di umi lotta personale di tendenze, quanto la manifestazione appunto di questa contraddizione im– plicita, che non poteva non determinare un conflitto fra i portatori di una concezione politica « aperta >> e i di– fensori dello strumento partitico necessariamente legato, per sua natura stessa, ad una politica << chiusa » (si può osservare, per incidenza, che l'incapacità di Basso di affermare una sua posizione originale nel corso del con– gresso fu determinata i0, sostanza proprio dalla impossi– bilità di far coincidere una concezione << paraleninista >) del partito con una politica di assimilazione democratica, e di al~~ativa valida così per i socialisti come per altre forze). ,._ 11 problema è dunque politico e culturale insieme. Poiché è evidente che mentre la concezione « chiusa » mira alla formazione di militanti fedeli, formati rigida– mente intorno ad una unica sorgente ideologica, e su– bordina la stessa formazione della cultura alla preve_ntiva accettazione di una stretta unità di partito e ideologia; la concezione << aperta )> non pretende di offrire delle im– postazioni ideologiche rigide ed esclusive, ma ammette la confluenza di varianti ideologiche e di radici cul– turali diverse nell'alveo di una p.olitica più ampia di rin– novamento strutturale. Il gertèrico, ciqè il riformismo spicciolo degli avvocaticchi, le chiacchiere insulse e la approssimazione, sono Certamente il pericolo di questa ·seconda concezione: ma la speranza di superare questo pericolo attraverso un'indagine <<scienti-fica» della dia– lettica sociale si è rivelata utopistica, allorché questa pretesa <<scienza» ha voluto diventare (<dottrina», e da ricerca spontanea ed autonoma si è trasformata in teo– logia imposta, come ogni teologia, con spirito insoffe– rente e con metodo settario. La questione è dunque quella, .a questo punto, non di salvaguardare ed tmporre la 1< scienza » già bell'e fatta, ma di salvaguardare la autonomia e la libertà della ricerca scientifica nell'ambito sociale, e di verificare l'azione politica non sul modulo di una <1 scienza sociale » già approntata, ma sul modulo della ricerca continuamente rinnovata, pienamente autonoma, e quindi effettivamente produttiva. P ER POTERE cointeressare politicamente dei ricercatori disinteressati di verità, per potere, in altra parole, met– tere a servizio di una politica socialista i risultati di moderne ricerche sociologiche ed economiche, non c'è dunque altra Via che garantire ai ricercatori la propria autonomia culturale, ed approntare strumenti idon~i ed efficaci a tradurre in azione politica i risultati piu ag– giornati e plausibili dell'indagine. Il che significa, in poche parole, non strumentalizzare la cultura a fini par– titici (i cui risultati, come l'esperienza comunista c'inse– gna, non possono che essere qu~lli di una cultura con– venzionale e di una sostanziale sudditanza della ricerca alle esige~ze immediate dell'azione politica), ma spin– gere e stimolare la cultura e la ricerca ad espandersi n~l proprio ambito in piena autonomia, rendendola tutt~v1~ cosciente di quel fine politico generale, intorno a cm si tratta di concentrare il massimo di forze (non soltanto politiche appunto, ma anche culturali). E' nata dal dibattito intorno a: questi problemi l'esi– genza (figlia jmmediata della nuova proposta politica del PSI al paese) di una vita culturale della sinistra italiana che non fosse accademica (cioè semplice denuncia di mali ed eventuale proposta di rimedi) e neppure strumentale (giustificazione culturale a post-zriori dell'azione poli– tica), ma contribuisse come le è possibile, cioè nell'aro- bito che le è proprio, alla fondazione di una politica efficiente ed originnle della sinistra italiana: politica che, per le ragioni accennate dianzi, non può appoggiarsi se noQ, ad una posizione socialista « aperta >), ma non tra– sformistica, e quindi - nella situazione italiana - pur con tutte le sue gravi deOcienze, al PSI. Si è giunti così alla proposta delle creazione di un ente culturale, al quote il PSI partecipa ma che non è semplice filiazione del PSI, diretto allo scopo di· sollecitare i vari nuclei di ric2rca ideologica, sociologica, tecnico-scientifica a lavorare in reciproca collaborazione e in opportuno coordinamento, a.i fini di una politica organica di trasformazione sociale di cui artefice politico principale dev'essere H PSI (con la collaborazione, beninteso, di altre forze politiche). In so– stanza, si tratta di dare una dimensione culturale all'af– fermazione politica di alternativa: la quale rischia di· mantenersi astratta od effimera, se non si fonda su un certo nucleo di scelte economiche, di verifiche sperimen– tali, di confronti e di ricerche, che sono appunto mancate fino ad oggi quasi completamente nel settore socialista. lmpegno di difficoltà fin troppo evidente; 1:1-aper que– sto stesso ·motivo particolarmente attraente: che vuol rag– giungere scopi diversi e vuol sollecitare l'interesse di fol'ze diverse il cui coordinamento « ad unum » è appunto la questio~e più difficile da superare. Ciò è apparso evide:-.te nel dibattito di domenica scorsa, in sede di approvazione dello statuto del Centro, il quale dovrebbe essere c.osti– tuito come punto d"incontro di più centri, ciascuno dei quali autonomo rispetto agli altri, e forniti tutti di propri organi democratici di controllo, che. si riassumono in un unico organo assembleare nazionale. Primo punto da su– perare: il pericolo di trasformare questo centi:o di ricerche in organismo di massa, in cui pochi «esperti» abbiano praticamente il compito di << propagandare» alle masse alcune verità. Si tratta, al contrario, di aprire questi cen– tri di ricerca esclusivamente ad elementi persqnalmente qualificati alla ricerca tecnico-scientifica nei vari campi che possono essere in qualsiasi modo utili o necessari ad una politica di intervento socialista; e determinare con– dizioni idonee affinchè l'autonomia della ricerca sia asso– lutamente garantita, e i risultati di essa siano portati alla comunità semplicemente appunto come e< risultati di lavoro)>. Di qui la necessità non soltanto di formare << équipes ,> omogenee (sia orizzontalmente, cioè per com– petenza, che verticalmente, cioè attraverso la collabora– zione di diversi gruppi territoriali) ma di riconoscere cit– tàdinanza a quelle che spontaneamente si sono formate o si formeranno intorno ad affinità ct·impostazione, di re– ciproca stima, di unità di lavoro. Organizzazione non soltanto decentrata, ma istituzionalmente autonomistica: il gruppo a) che. è formato di elementi che vivono in diverse città e sta lavorando intorno, p. es., ai rapporti fra nuova sti·uttura tecnologica delle fabbriche ed atione ~in– dacale, deve operare in piena autonomia, quanto il grup– po b) che s'interessa ai problemi dei rapporti fra tecnica e scuola. Questa assoluta e piena autonomia dei singoli gruppi di lavoro deve ritrovarsi in unità nelle assemblee locali e nazionali dei Circoli, dove i risultati delle singole ricerche vengono portate al livello del dibattito generale e possono costituire occasione anche di prese di posizione dell'intero Centro. • U N DISSIDIO più profondo si è manifestato fra coloro che intendevano la funzione del Centro come camera di coordinamento del lavoro di gruppi ideologicamente impegnati, e continuafnente portati a verificare le condi– zioni di una politica socialista al livello di base delle fabbriche e dei lavoratori; e coloro che vi vedevano piut– tosto un centro studi, destinato ad offrire soluzioni tecniche ad una dirigenza politica esterna, o addirittura il supporto di un cc gabinetto ombra >>, cioè un organo capace di ela– borare anche sul piano della tecnica legislativa i prov– vedimenti che un partito socialista diventato partito di governo dovrebbe assumere; e coloro infine che alla de– finizione di <(società fabiana » potevan sembrare di dare un'interpretazione accademica, come di centro di studi e di ricerche alquanto staccato dalle urgenze politiche. Ma nessuna di queste tendenze potrebbe legittimamente iden– tifiC:are e riassumere la funzione che il Centro studi so– cialisti dev'essere in grado di esercitare: funzione che è quella di raccogliere intorno ad uno strumento po– litico quanto più è possibile di qualificazione intellettuale e culturale, sia al fine di un aggiornamento ideologico, sia a quello di ricerche sociologiche, economiche e giuridiche, sia a quello della formazione di un « corpus» d'iniziative legislative per il domani (e, quando possibile, per l'oggi). La natura particolare del Centro, la sua efficacia, non può derivare da un'artificiosa scelta fra queste tesi, ma dal metodo di lavoro che vi è garantito. Se si saprà usarne non come lo strumento culturale di un partito (e quindi al suo servizio) ma come il supporto scientifico-culturale di una più ampia politica (che ne determina le condizioni di sviluppo, e ne viene determinato solo nei limiti di una generale accettazione della necessità di un intervento di trasformazione delle strutture sociali), esso potrà diven– tare un fatto nuovo, d'importanza non secondaria, per lo sviluppo della sinistra e del paese: potrà finalmente of– frire una via di sbocco, e di utilizzazione politica nell'in– teresse collettivo, deile tante forze qualificate, tecniche ed intellettuali, che da anni sono praticamente estranee alla determinazione delle condizioni di battaglia politica delle sinistre. Certamente, esse hanno bisogno di essere riammesse, per un tramite idoneo, in questa battaglia; ma è altrettanto certo che di esse i politici ~hanno ancor più bisogno 1 pena la permanente sterilità della loro azione. TRISTANO CODIGNOLA

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