Nuova Repubblica - anno V - n. 10 - 10 marzo 1957

(155) nuova repubblica 3 PER UN NUOVOORIEN'fAlllENTO DELLA POLITICAINTERNAZIONALE SENSO UNICO A PALAZZO ,CfflGI Dietro la politica estera di Palazzo Chigi c'è staia, in questo dopoguçrra, l'ostinala volon'à di consid~rarc l' evol– versi dei rapporti iutcrnazionali in funzione della situazione interna italia:ta, Da qui deriva la sfasatura della impostazione attuale, di una politica viziata dalla preoccupazione -di evitare ·scelte e responsabilità troppo precise di U N ESAME critico f:_ delle proposte per una politica estera italiana non possono prescindere da una valutazione di quella che è attualmente la posi– zione del nostro paese nei rapporti intérnazionali. Con particolare riguardo ai due eventi che hanno polarizzato l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale negli ultimi mesi: la crisi delle democrazie popolari dell'Europa orien– tale, e l'intervento anglo-americano in Egittto. E' evidente, valida restando la condanna dell'inter– vento sovietico in Ungheria, che vi è stata una sfasatura nell'atteggiamento italiano nelle due questioni: nel senso cioè che abbiamo agito da « lancia spezzata >> dell'Occi– dente nell'a polemica contro l'Unione Sovietica per i fatti d'Ungheria, mentre abbiamo cercato di trovare tutti gli alibi possibili, e per di più. sul piano morale, alla azione degli anglo-francesi in Egitto. Molti motivi, certo; possono aver contribuito a una tale impostazione: può_ esservi stato un « gioco delle parti » alle Nazioni Unite; o fors'anche una iniziativa personale del nostro _tappresentante all'ONU, che ebbe a pronunciare, nei primi giorni della crisi, un discorso di particolare violenza verbale sul caso ungherese; può esservi stata la legittima preoccupazione del ministro Martino di non intaccare ulteriormente la già compro– messa colfaborazione europea. e atlantica. Ma non vi è dubbio sul fatto che il nostro atteg'giamento attuale si inserisca con tutta logica nello sviluppo della politica este1~a postbellica dell'Italia. Sta di fatto che la tra~edia ungherese appartiene a un processo, quello della trasformazione delle strutture socialiste nell'Europa e nel mondo, che sfugge alle no– stre possibilità di intervent.o. I fatti di Budapest sono stati il tragico sviluppo di una situazione squilibrata da dieci anni di errori degli stalinisti ungheresi, che hanno firiito per trasformare la legittima insofferenza della po– polazione in una rivolta furiosa, che non poteva essere arrestata a quel punto di. equilibrio - il comunismo na– zio.nale - che era stato possibile trovare per la Polonia. Per contro, quanto è avvenuto a Suez ci riguarda ben più da vicino. E', questa, una crisi di ampie propor– zioni che si è aperta e che tocca il nostro paese, non certo soltanto per le immediate conseguenze di car3t– tere economico. Gli errori dèlla politica anglo-francese, non sanati dalla successiva parziale accettazione del– l'intervento delle Nazioni Unite, le reazioni dei paesi arabi, l'assenza della politica americana, cui solo sul piano psicologico si è posto rimedio con la cosiddetta « dottrina Eisenhower», l'intervento dell'Unione Sovie– tica nel Medio Oriente sono tutti problemi di troppo vasto respiro per poter essere risolti soltanto con un generico appello alla solidarietà dell'Occidente. Né del resto, al punto in cui siamo, bastano le riforme interne, sul tipo di quelle proposte. dai Tre Saggi, a sanare la crisi della cooperazione atlantica, di una organizzazione, si badi bene, che è stata la ((grande assente » delle ultime crisi. La sfasatura, che abbiamo rilevato .nella imposta– zione attuale della politica estera italiana deriva dunque da ragioni ben profonde: deriva da quello che possiamo definire il (< senso unico)) dei nostri rapporti con l'estero in questo dopoguerra: l'aver considerato cioè l'evolversi dei raj::)porti internazionali prevalenteme~te il) funzione• della situazione interna .. italiana. Nel 1948 il colpo di stato di Praga e la dichiarazione tripartita su Trieste furono tra i più validi sostegni della vittoria democri– stiana. Ben difficilmente, le prossime elezioni politiche· si sottrarranno all'ipoteca· dei .fatti d'Ungheria. In tàl modo si continua a evadere una valutazione d_ella situa– zione internazionale che ci ,porti finalmente a definire una politica estera capace di inserirsi nel processo politico e storico che è in corso. Poiché per paesi come il nostro la sola possibilità di supplire allo scarso peso politico effettivo è la capacità di ·intendere quanto avviene in– torno a noi e di scegliere a tempo la via da seguire. Le riforme di struttura all'interno di un paese si fanno anche attraverso una politica estera intelligente e pro– gressiva. Questo << senso unico» della politica estera ita1iana r.on esclude che, nell'ambito del suo sviluppo, possano disting1:1ersi al:.:.;.mi tempi successivi: VlTTORIO ORI LIA 1) Il periodo del reinserimento dell'Italia nena co– munità internazionale (1945-47). Si concluse, in sostanza, con J'approvazione del trattato di pqce del 10 febbraio 194.7 da parte del parlamento italiano, coincidendo tale approvazione con la rottura del governo di tipo· cielleni– stico e con il passaggio delle sinistre all'opposizione. Esi– genza fondamentale di allora era stata quella di evitare all'Italia un lungo periòdo di minorità politica interna– zionale, come nel caso della Germania o dell'Austria. Il fatto che l'Italia fosse stata occupata dalle forze anglo-americane, l'appoggio dato dall'Unione Sovietica alle aspirazioni jugoslave su Trieste, furono elementi decisivi nella definizione del nostro indirizzo. L'europei– smo di Sforza, sinceramente sentito, ma forse non intera– mente sensibile alla evoluzione economica e sociale in corso nel n?str~ continente e nel mondo, fu il veicolo naturale e ,anche un metodo diplomatico valido attra– verso cui vennero soddisfatte le preférenze occidentau' della maggioranza della opinione pubblica italiana e insieme si estrinsecarono la condanna dell'esasperato nazionalismo fascista e le vaghe aspirazioni ·alla unifica– zione del continente europeo. Benché la nostra politica estera portasse già in sé, come inevitabile conseguenza, i propri sviluppi futuri, rimane tuttavia vero che essa ottenne abbastanza rapidamente la riclassificaziÒne for– male, se non sostanziale, .-dell'Italia sul piano interna– zionale. 2,) Il pÙiodo atlantico-europeista (1948-54'). E' que– sto il periodo in cui la politica della cooperazione occi– dentale e dell'europeismo Venne dimostrando·· 1a realtà dei suoi limiti, pur in una situazibne internazionale obbli– gata. Da un lato l'europeismo, nòn essendo riuscito per la immaturità generale a trasferirsi dal piano della aspi– razione inteK'tY.ualistica a quello della volontà di massa, finì per div'entare appanpaggio degli interessi costituiti, che videro saggiamente in lesso~ un colllodo schema per la difesa delle proprie posizioni di privilegio, pur attra– verso qualche inevitabile concessione agli obblighi della modernità delle attrezzature: e così da Sforza si passò a Pella e Malagodi come campioni dell'europeismo, allo stesso modo cbe, sul piano internazionale, si passò da Monnet a René Mayer. D'altra parte la cooperazione atlantica, iniziatasi con vasto respiro economico e sociale ... ~ih'epoca del piano Marshall, si venne definendo via via come una pura e semplice alleanza politica militare in funzi,one antisovie– tica e anticomunista. Ciò avvenne in parte per il premere di. una situazione internazionale ·assai tesa e. caratteriz– zata da crisi ricorre~ti tra Oriente ~ Occidente, ma in parte anche per l'azione limitatrice svolta dagli interessi nazionali dei singoli Stati membri dell'alleanza atlantica e, d'altro canto, per la componente anticomun·ista e in sostanza conservatrice delle loro politiche. Malgrado Ie ripetute affermazioni sulia necessità di dare sviluppo ai postula'ti dell'articolo 2. del Patto, que·sto processo limi– tativo, che inaridiva in .s_ostanza la cooperazione ·ocd– dentale con la sovrapposizione della prassi dell'atlanti– smo militare ai concetti bas~ della comunità atlantica e dell'europeismo, fu sottoscritto in pieno dal governo• ita– liano. La crisi dell'europeismo, svuotatosi completamente di significato autonomo, sboccò in modo definitivo nel ri– fiuto della CED da parte dell'Assemblea nazionale fran– cese; mentre nel parlamento" italiano sembrava esistere unauna maggioranza favorevole alla approvazione del Trattçito. 3) IL periodo che va dal 1954 ad oggi. Questo pe– riodo: che coincide con la presenza al ministero degli esteri dell'on. Martino, è stato caratterizzato dal perma– nere in esso di strutture risalenti agli indirizzi dei pe– riodi precedenti e insieme dal faticoso e comunque solo parziale riconoscimento del mutare della situazione inter– nazionale. Nessur:i progresso è stato fatto per quanto ri– guardava i rapporti con i .paesi dell'Europa orientale, pur in fase di destalinizzazione; e si è stati prontissimi a ri– piegare sulla tradizionale polemica anticomunista quando, •a seguito dei fatti d'Ungheria, si è presentata la possi– bilità che la «destalinizzazione)> dei paesi comunisti su– bisse un arresto. Per contro, di fronte alla sempre più evidente crisi della organizzazione atlantica, ·si è preferito ripiegare sulle riforme interne del Patto, affidato alle cure del Comitato dei Tre Saggi, di cui uno appunto fu l'on. Mar– tino:· e si è continuato a considerare la cooperazione atlantica nel senso tradizionale, e l'europeismo di tipo• tecnocratico (alla CECA) come l'unico quadro entro cul potesse svolgersi una politica estera italiarla. Poco, di conseguenza, è stato fatto per riconoscere alcune realtà, pur fondamentali, dei rapporti interna– zionali degli anni più recenti: la tendenza al raggiungj– mento di un equilibrio bilaterale da parte degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica e la importanza· crescente. almeno se proiettata nel futuro, dei popoli e degli Stati ex coloniali. Né alcuria iniziativa è stata presa, ad esem– pio, nei· confronti della Cina comunista. Ulla politica dunque piena di remore, di indecisioni. di fughe dalle responsabilità, nel cui contesto si è inse– rita la sfasatura che abbiamo sopra avvertito nella pii:i recente azione del governo italiano. Nella questione cÌi Suez si è avuto bensì all'inizio un abbozzo di posizione propria, ma mal motivata e viziata, come del resto quell'a nordamericana, dalla preoccupazione di evitare scelte 1 ,e responsabilità troppo precise. ILCONGRESSO DIVENEZIA E UN I T A' POPO L A RE A conclusione della seduta del 24 febbraio , u. s., la direzione di UP ha diramato il se• guente comunicato alla stampa. La Direzione nazionale di Unità popolare ha con– fermato, nella sua seduta di ieri, -il favorevole giudizio già espresso dall'Esecutivo nazionale sull'esito del Congresso di Venezia. L'azione po1itica del PSI nei prossimi mesi dovrà giustificare nei ·fatti l'attesa fi– duciosa che intorno ad esso è determinata in larga parte del paese, e fugare ogni residuo di diffidefi.za determinata dal modo con cui - nell'ultima fas~ con– gressuale - si è arrivati alla formazione della nuova Direzione. · A giudizio di Unità popolare, l'azione diretta a rac– cogliere intorno ad un piano di politica socialista forze altamente qualificate deve essere sviluppata in estensione e ln profondità, realizzando iniziative per– manenti ·che consentano di mettere a disposizione di un'attiva politica d'intervento socialista la più valida collaborazione scientifica e tecnica, in modo da creare un collegamento organico fra i ceti intellettuali e le masse del lavoro che il PSI si appresta a rappresen– tare con maggiore efficacia. ·Per questa via, non soltanto si mobiliteranno per un'alternativa di progresso molte forze preziose finora politicamente inerti, ma si concreteranno le condizioni· di una programmazione politica, cui il PSI deve at– tendere - come deciso dal Congresso di Venezia - con l'9rganica collaborazione degli uomini e dei grup– pi che gli sono vicini. Prenderà co:ll piet:lo rilievo sia il significato della candidatura posta a Vènezia dal PSI com.e partito che intende guidare un'alternativa democratica, sia il contenuto sostanziale della politica di Unità socialista, che è improcrastinabile. E poichè di fronte alle resistenze della socialdemocrazia, il PSI deve allargare la sua sfera di influenza democratica, la riforma statutaria, avviata a Venezia; rappresenta anche uno $lrumento di apertura ed un ulteriore mezzo di pressione politica di fronte alle resistenze pretestuose della socialdemocrazia. Ghe il centrismo sia una fase morta dell'evoluzione politica italiana lo afferma oggi esplicitamente anche un partito della coalizione quadripartita, il PRI. Ma la via d'uscita, diretta alla creazione d'una alterna– tiva valida, non può che passare per i socialisti. Tanto più il PSI saprà· esprimere da se stesso le esigenze .del paese verso un rinnovamento profondo con metodi democratici, tai:i,to più esso affretterà la presa di. co– scienza del PSDI, costringendolo ad accettare a sua volta una nuova fase di sviluppo politico. L'unifica– zione socialista sarà tanto più vic,ina, quanto più il PSI si mostrerà capace, nella sua politica concreta, di allargamento democratico e di concreta capacità d'alternativa. ROMA, 25 febbraio 1957

RkJQdWJsaXNoZXIy