Nuova Repubblica - anno V - n. 1 - 6 gennaio 1957

(144) nuova repubblica LE'l'TEUA DA PARIGf TUTTO VA BEN ... di GIUSEPPE ANDRICH I L GRl\NbE~ pànico · è passato. L'olio lo zucchero il s~1e ~o_nQ, tornati a fave la loro ~ppar"izione s~gli scaffali ·dei droghieri. Un grande magazzino di ..Stra– sburgo ha esposto addirittura dei cartelli in cui dice: « Riprendiamo lo zucchero che av_ete comprato il mese scorso allo stesso prezzo di vendita. Il massimo riserbo è ·assicurato». ·Non si tratta di pura generosità. Molta gente' aveva fatto tali spese, che si è trovata senza più soldi per pas– sare delle buone feste. Il previdente magazzino di Stra– sburgo è venuto loro in aiU.to. Quel che manca, è sem.pre la' berlzina, naturalmente; per creare un· po' d'euforia, il governo ha sospeso fino a_ metà gennaio parte dei suoi prÒvvedimenti restrittivi. Ma per dopo il. 15 gen~aio si annunciano nuove e più severe restrizioni. I ristoranti, del resto, hanno annunciato dei menus fan– tastici (da 1500 franchi tutto compreso a 10.000 franchi bevande escluse) per i due reveWons di Natale e di fine d'anno: paté con tartufi e anatra all'arancio. Son piatti di gusto dis_cutibile per n.oi italiani, ma per i fran– cesi sono il noll plus ultra. Del resto, gli innumerevoli venditori di generi alimentari it3Uani e i non meno in– numerevoli ristor.antl italiani di Parigi (parecchie cen– tiOaia ...) sono stati, in condizione di soddisfare tutti i capricci degli itali.ani che desideravano non abbandonare le loro tradizioni culinarie. InsolTirria tutto va bene, come va bene dopo una crisi, u~a paura, catastrofe; cioè, se proprio non va bene, va certo meglio, o meno peggio. E il meno peggio è sovente migliore del bene. S~iricomincia a sperare, a far progetti, e si leggono il meno possibile i giornali, per non gua– starsi :il sangue. per via della solita pagina sugli orrori ungheresi,. ·e per via dell'altra, sui trionfi algerini e l'ul– timo quarto d'ora di Lacoste, con un numero sempre rilevante di morti. Per gli arabi il numero è anzi pre– cisato a qualche centinaio qu~tidiano, per gli -europei si Sa che le perdite sono debolissime ... Guy Mollet ha avuto una serie di voti di fiducia. Strana fiducia, però. Edgar Faure, il suo predecessore, ha tenuto un lungo discorso all'assemblea per assicurare che avrebbe votata la fiducia an.che lui, ma negando la minima fiducia a Mollet e al suo governo, che da un anno quasi accumulano catastrofi. e spropositi. Tanto che. Mol– let stesso ha dovuto dire: - Ma allora, perché. mi vo– tate questa fiducia? Mendès France ha votato contro il goVerno. E' la prima volta che l'ex presidente si schiera contro il go– verno di cui fece parte all'inizio della legislatura. Egli attende la sua ora, e forse essa non è lontana. Non si parla più di De Gaulle, il salvatore. Il che non vuol dire che il generale si sia definitivamente messo a ri– poso. Ma pare non si voglia muovere se prima non gli modificano la costituzione (quella dell'a F-rancia, non la sua). Per il momento, se crisi ci sarà, Mollet pensa di poter risolverla lui, tirando nel ministero parecchi cam– pioni del centro e della destra (che non si chiama destra, ricordatelo bene!). Pleven, Schumann sembrano ben di– sposti a collaborare. E chissà che così la politica di questo governo modificato sia meno disastrosa. Perché non c'è peggior politica di destra di quella fatta da un governo di sinistra! Il professor Mandouze è stato messo in libertà prov– visoria; è un professore universitario, cristiano all~antica, che ha insegnato molti anni ad ·Algeri e aveva molte amicizie e contatti con !''elemento ·indigeno, e s'era fatto jntermediario di proposte tra gov. rno e organismi cosid– detti ribelli. Parecchi membri del governo erano · in rapporto con lui. Ma un bel giorno lo arrestano per di– sfattismo! Colpi di testa coi quali il governo vuol di tanto in tanto dare l'impressione di essere un governo forte! Forte e abile. I salari non saranno aumentati per- · chè il livello dei prezzi dei 213 articoli considerati come base della vita media del francese·. non arriverà a quel fa– tidico punto in cui, per legge, i salari dovrebbero aumen– tare. Così, mentre tutto rincara, jl vino corrente è ri– bassato di quattro franchi al litro (da 61 a 57). Il governo ha rinunciato all'imposta che ne ricavava (20 miliardi circa) per influire per- questa via sul livello medio, che sta gonfiandosi. Il gov:erno getta zavorra. Domani, quando si faranno i conti, si vedrà a quali rucchi ha dato origine questo livello dei prezzi che re– gola il 'livello dei salari. Mollet è contento, e sono contenti Pineau e Lacoste; anche il partito è contento e trova che la politica del governo è proprio quella di un governo socialista. L'In– ternazionale? Che se ne stia zitta, e venga a scuola a Parigi! 5 .:i ~\ ("~ . - I \ " . ' . <f ) ,r._ ...... :,>'.(, fu~~r ~1= -~ I ~ I I - . illl~~i!ff} ' l J1l1i\[ _,__•1 \ I' - - ~ ~ - - - -~~ a;.~ ·r (l~e v«cw,ze romane di Pi11ewl} (DJS. tli Gay) ((Qui la benzina non è razionata >> SETTE GIORNI NEL MONDO Lfl FORZfl DELL' OPl~IO~ I L NUOVO anno si è aperto con prospettive molto meno ottimistiche dell'anno che lo ha preceduto. Krusciov t~sse di nuovo le lpdi di Stalin e dello stalinismo, ln particolare nel campo dell'azione inter– nazion,ale, e afferma che « quando si tratta di combat– tere l'imperialismo siamo tutti stalinisti»; Eisenhower si prepara a.~anciare, sia pure nel quadro di una po– litica di maggiore responsabilità, una « dottrina di Eisenhower » per• il Medio Oriente, che vorrebbe ricor– d~re la « dottrina di Truman » sulla Grecia e la Tur– chia di dieci anni fa, giustificata dall'inizio della guerra fredda; la Francia e la Gran Bretagna, non liberatesi ancora dall'ipoteca dell'azione militare in Egitto, sono incapaci per il momento d'iniziative mediatrici. TuttO farebbe dunque pensare all'inevitabilità di un ritorno della guerra fredda. Eppure ci si rifiuta di credere che la guerra fredda sia inevitabile. Si è convinti che la guerra è evitabile. Le dichiarazioni dei dirigenti delle due maggiori po– tenze, la carenza delle nazioni sulle quali ricadrebbe naturalmente_ il compito di impedire gli urti fra queste potenze non riescono a creare quel sel1so di pànico che si ebbe dieci anni fa, quando, dopo le prime avvisaglie della guerra fredd_a, si cominciò a entrare in quella fase che rischiqva di diventare· ad ogni momento di guerra guerreggiata, con il colpo di stato di Praga del febbraio 1948, con il blocco di Berlino, alcuni mesi do– po, con l'aggravarsi Progressivo della situazione in Estremo Oriente, fino allo scoppio della guerra in Co– rea, con le ultime fasi drammatiche della guerra d'In– docina, che precedettero il ritorno alla distensione. Questo rifiuto popolare della guerra fredda è in parte il prodotto di un'incoscienza collettiva di fronte al moltiplicarsi dei pericoli, di un a·ppigliars1 per qual– siasi lato a tutti quei motivi artificiali di ottimismo che permettono di dimenticare o di trascurare dei pericoli pur tuttavia reali; rria è pure il prodotto di qualcosa di più sano, di più vivo, è il prodotto del superamento di molte delle cause materiali di disagio economico e di crisi internazionale che alimentarono i conflitti di dieci anni fa, della nuova forza che, in ui:i'Europa più stabile, l'opinione pubblica sente di avere riacquistato. Dieci anni fa, la sorte della pace era interamente nelle mani di due o tre uomini, Stalin, Truman e forse Churchill o Attlee. Oggi, quantunque non si possa an– cora affermare il contrario, si può tuttavia affermare -che gli uomini' che governano le grandi potenze deb– bono fare i conti con la propria opinione pubblica, an– che nell'Unione Sovietica e nelle democrazie popolari (specialmente in queste ultime, come hanno dimostra– to i fatti di Polonia e d'Ung,heria), e soprattutto con I.e potenze (< non allineate », come piace a Nehru di de– finire la posizione del suo paese. Il New York Times ricordava infatti recentemente, a proposito della visita di Nehru a Washington, che il capo del governo indiano è forse l'uomo di stato stra– niero che ha avuto accoglienze più entusiastiche, sia nel suo viaggio a Mosca del 1955 che in quello negli Stati Uniti della fine de1 1956, e che queste accoglienze -sono state « un'indicazione dell'impOrtanza ·conferita ·a Nehru e al suo paese sia a Washington che a Mosca~>– Dieci anni fa, continua il grande giornale americano, l'India era una colonia britannica e il suo capo era in carcere. Oggi, con il suo «non-allineamento», che è se– guito èla quasi tutti i "paesi indipendenti afro-asiatici, Nehru è diventato l'esponente ufficiosQ di tutti questi paesi e « per queste ragioni l~appoggio di Nehru riveste un valore incalcolabile sia per Mosca che per Wa– shingtoh ». Le accoglienze tributate a Nehru sono l'indice di due fenomeni: in primo luogo, l'importanza che le gran– di potenze dei due bloc0hi conferiscono a quelle cc non allineate ». Basta ricordare,. in questo senso, anche se si riscontrano ora molti segni di mutamento, le con– cessioni di Mosca a Belgrado, per ottenere l'appoggio di una nazione relativamente piccoli e· di scarso peso militare, ma che ha avuto la forza di uscfre da uno dei due blocchi e di continuare a non allinearsi ·con nessun blocco. Ma vi è, in secondo luogo, un altro· -fenomeno, non meno importante del primo: la gente, -in Russia e in America, considera Nehru come l'uomo della pace, l'uo– mo che incarna la resistenza passiva alla guerra, il ri– fiuto di un allineamento che è già uno schieramento di battaglia per una guerra futura, e acclama in lui questa funzione. Non si può chiedere evidentemente ai russi o agli americani di « non allinearsi » con se stessi. Ma l'am– mirazione e la stima che suscita chi non si allinea con loro è un sintomo importa·nte, il quale permette di ca– pire che anche l'opinione (e una gran parte dei diri– ·genti), negli Stati Uniti e nell'Unione Sovietica, si at– tende e spera che le altre nazioni riescano a spezzare la dialettica fatale dei due blocchi di potenze. Questo è forse il nuovo fatto positivo che permette di sperare che la nuova guerra fredda, nonostante tutti i fatti che contribuiscono a crearla, finalmente non ci sia. Ma non è un fatto che si può attendere passiva– mente. Non è un fatto di saggezza individuale dei capi, ma di saggezza collettiva e di coraggio politico delle grandi masse che formano l'opinione pubblica. E' una vera e propria lotta di grandi masse, un'azione di cia– scuno dei milioni d'individui che comporlgono l'opinio– ne pubblica, per dimostrare a quei due o tre grandi uomini che, sul sentiero di guerra, essi si trovèrebbero soli, senza le nazioni amiche e finalmente senza le loro stesse nazioni. Fra le forze che operano sulla scena internazionale, comincia dunque ad agire oggi la grande forza dell'opi– nione, paralizzata dieci anni fa dalla paura e rinvigorita oggi dalla consapevolezza che perfino le dittature de– vono fare i conti con lei. Di questa forza, ciascuno di noi fa parte, con maggiore o minor peso, e questo ci consente · di agire, nei limiti del nostro peso, sapendo che, anche nelle situazioni più disperate, non vi è più nessuna soluzione che sia fatale; nè la guerra fredda, n·è la guerra vera e propria. E' un fatto nuovo ·che spiega anche .una certa spensieratezza: la progressiva sostituzio-:- ne, al regno delia fatalità, del regno della libertà. · PAOLO VITTORELLJ

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