Nuova Repubblica - anno IV - n. 50 - 9 dicembre 1956

(140) nuova repubblica 3 RILANCIO DEL S O C I A L. I S M. O M.ONDIALE LA VIA DEL CONSENSO Edifìcare il socialismo col consenso anzichè con la violenza implica egualmente formidabili difficolti,, di fronte alle quali ogni partito socialista parlamentare è fortemente tentato di abbandonare la lotta e di accontentarsi di quelle riforme marginali che sono realizzabili nell'ambito del sistema capitalistico Nere>1>1ilà rlrl di>1nrmo I N OGNI caso è indispensabile lavorare attivamente per il disarmo, sia per le sempre più terrificanti prospettive di una guerra fatta coi mezzi moderni, sia a causa del costo costantemente crescente degli arma– menti moderni, che costituiscono un peso insostenibile per l'econorriia di ogni paese veramente armato, eccezion fatta per gli Stati Uniti. L'Unione Sovietica non ha ra– gioni meno fotti della Gran Bretagna e della Francia per favorire il disarmo, che offre la prospettiva di un rapido aumento del livello di vita nel popolo russo che da lungo tempo pazienta. Per la Gran Bretagna, esso è la condizione necessaria per metter fine alle con– tinue crisi dell'economia inglese e per stabilizzare la bilancia dei pagamenti senza una caduta del livello di vita. Il disarmo è inoltre la condizione indispensabile per l'unificazione tedesca, che sarà impossibile fino a che la Germania dell'est e la Germania dell'ovest sa– ranno allineate su opposti fronti della guerra fredda. Io sono convinto, non solo in quanto socialista, ma anche sul piano di un elementare buon senso, che la decisione di riarmare la Germania occidentale è stato un ma– dornale errore, cui è assolutamente necessario porre rimedio: ma vi sono poche possibilità ormai di rime– diarvi se non addivenendo contemporaneamente ad un accordo per la riduzione delle forze armate da parte di entrambi i contendenti. Col disarmo - anche un parziale disarmo - si ot– terrebbe quella distensione necessaria per. abbattere la cortina di ferro che divide l'·Europa e per render possi– bile che il movimento già in corso verso una più stretta in– tegrazione economica e politica dell'occidente europeo, si estenda all'intero continente. Inoltre una distensione tra i due blocchi di potenze contribuirebbe a diminuire la diffidenza asiatica verso l'imperialismo occidentale, diffidenza che il SEATO e il trattato di Bagdad del Medio Oriente hanno gravemente acutizzato. Per il so– cialismo come movimento mondiale, rappresenta un van– taggio superiore a qualsiasi altro il metter fine al si– stema dei blocchi di potenza rivali che si preparano alla guerra generale. Invero, se questo non sarà otte– nuto, il socialismo non-comunista rimarrà senza capa– cità di presa, mentre il comunismo approfitterà della sua impotenza per sottomettere i popoli sofferenti dei paesi sottosviluppati, ai quali il socialismo non-comu– nista non sarà capace di offrire un aiuto effettivo nella loro lotta per l'autodeterminazione e per la libertà eco– nomica. IV ILCUHIINO DEL SOCIALISMO Quando il regime socialista viene instaurato per ef– fetto di un'azione rivoluzionaria, il nuovo governo di una società così rapidamente trasformata deve imme– diatamente attuare una tale quantità di cose che non può sperare di farle bene e nell'ordine giusto. Questo è specialmente vero se la società di cui si tratta è stata fortemente sconvolta durante la lotta per il µotere o in conseguenza di una guerra. Così in Russia i comu– nisti si trovarono ad essere eredi di una società che era stata disintegrata nelle fondamenta da tre anni di guerra europea e dallo sconvolgimento che accompagnò la rivoluzione del marzo 1917. La produzione industriale era precipitéltà a un livello bassissimo; le comunica– zioni distrutte; gli approvvigionamenti per le città dispe– ratamente scarsi: e larghe zone del vasto paese erano cccupate dai nemici o controllate da amministratori locali e regionali che si curavano poco del g.9verno centrale o addirittura erano in armi contro di esso. Analogamente in Cina i comunisti s'impadronirono del potere dopo la lunga Jottn contro gli invasori giapponesi, seguita dalla guerra civHe contro Ciang Kai-shek e il Kuomintang; e il nuovo governo dovette affrontare ·immensi problemi di tra~formazione e di riassestamento nel campo sociale ed economico. Tutte e due queste rivoluzioni furono, si sa, comu• nis<e; ma qualsiasi governo 1 comunista o socialista de– mocratico, avrebbe dovuto in quelle circostanze far fronte ad una massa travolgente di difficili problemi che do– vevano essere risolti in qualche modo con la massima rapidità e in maniera tale da evitare al popolo sempli– cemente la fame. Così in Russia i bolscevichi, sebbene volessero la proprietà collettivizzata della terra e la coltivazione affidata alle collettività contadine, furono obbligati a consentire, ed anche a incitare i contadini a prendere la terra e a dividerla · in lotti individuali, perchè questa era la sola strada possibile per avere alla di G. D. H. COLE svelta i rifornimenti necessari ad evitare la catastrofe assoluta. Fatto quésto, rimaneva il difficilissimo problema di portare gli alimenti dalle campagne alle città; e questo problema si dovette risolvere sul momento ordi– nando requisizioni di viveri 1 spesso eseguite in'giusta• mente e fortemente malviste dai contadini. Codeste re~ quisizioni avrebbero potuto far trovare il governo di fronte ad una vera e propria resistenza dei contadini, se le forze conttCrri voluzionarie non se li fossero ini– micati ancor di più 1 cercando di toglier loro le terre per restituirle ai vecchi proprietari terrieri. Le dillirollà della ediHr.aiione soeinlista Cito questo esempio per dimostrare che un governo rivoluzionario che sale al potere in una società scon– volta, non può seguire la politica che preferirebbe, se non in quanto possa conciliarsi coi bisogni immediati della popolazione. Altrettanto può dirsi anche per l'in– dustria, che deve essere mantenuta in piedi fino a che ci sia il tempo di progettare e organizzare un nuovo sistema. Anche se tutte le imprese industriali d'impor– tanza sono dichiarate di proprietà pubblica, questo nòn risolve il problema di far fronte alla loro immediata direzione; e nella prima fase la maggior parte dei vecchi dirigenti devono essere lasciati ai propri postl, se sono disposti a starci, affiancati da comitati improvvisati in rappresentanza dei lavoratori, a condizioni che coinvol– gono una enorme quantità di problemi, dal decidere chi ha il diritto di dare ordini, all'assicurare i riforni– menti necessari del materiale, al distribuire i prodotti dove siano maggiormente necessari. In Russia queste immense difficoltà furono rese ancora maggiori dopo il 1917 dalla continuazione della guerra civile e dall'in– tervento straniero. Passarono degli anni prima che i bol– scevichi fossero in grado di riorganizzare in modo siste– matico l'ap1t<trato produttiVo, e questo scopo fu infine raggiunto solo dopo una lotta interna con la cosiddetta « opposizione operaia » dalla quale uscirono quasi di– strutti i gruppi di controllo nel partito comunista. Fare una rivoluzione è veramente un difficilissimo e spiacevolissimo compito, soprattutto in un paese che ha sofferto la devastazione della guerra e della guerra civile; e nessuno, che sia in grado di ragionare, desi– dererebbe attuare il socialismo colla rivoluzione nel caso che esso possa essere edificato con mezzi pacifici. In Russia e in Cina è chiaro che non si poteva; e molto del male che è stato iatto ·dai rivolÙzionari in ambedue questi paesi deve essere riguardato come conseguenza delle condizioni terribilmente difficili colle quali essi si sono trovati a dover combattere, piuttosto che di una deliberata intenzione di far male. Gli atti di violenza e di brutalità che contrassegnano ambedue le rivoluzioni sono · stati largamente il risultato di queste difficoltà e insieme delle tradizioni di crudeltà e di abitudine alla sofferenza che caratterizzarono queste due società sotto i loro pre– cedenti regimi; ed è irrealistico pensare che tutte e due queste rivoluzioni avrebbero potuto trionfare in diverse condizioni. E' tuttavia altrettanto vero che la filosofia comuhista legittimò moltissimi atti di violenza non/ ne– cessari e sicuramente dannosi, specialmente contro i so– cialisti che si opponevano a questa filosofia e che osta– colarono molte delle misure comuniste; ed è anche vero che, poco .dopo, i comunisti vittoriosi vennero a con-, ftitto tra loro e cominciarcno ad usare la violenza l'uno alle spese delraltro, pri'ma verso Trotsky ed i suoi sostenitori, e più tardi in una serie di processi di tra– dimento, preparati di lunga mano 1 nei quali, uno dopo l'altro, i capi della rivoluzione trovarono immatura fine. Queste azioni, compiute specialmente sotto Stalin, gettarono grande discredito sulla rivoluzione russa agli occhi dei socialisti degli altri paesi; ed i comunisti russi furono sciaguratamente imitati, su larga scala, nei paesi che dopo il 1945 passarono sotto il controllo comunista. Questi eccessi furono al tempo stesso non necessari e nocivi alla causa rivoluzionaria; ed è completamente ille– gittimo giustific.arli con il pretestq, della necèssità rivolu– zionaria. Fino ad un certo punto, essi furono senza dub– bio effetto di isterismo; ma furono stimolati dalla fede comunista nella dittatura di partito e nel controllo cen– tralizzato e dalla applicazione fanatica della disciplina di partito come parte integrale dei cfedo comunista. Nessun socialista colla testa sulle spalle vorrà mai desiderare di vedere questi oì-rod ripetersi in altri paesi; e i russi stessi danno segno di essersene accorti. Ma è importante distinguere tra errori che fu difficile evitare in una situazione rivoluzionaria in paesi non preparati a trasformazioni pacifiche ed err0ri che furono l'effetto di_ idee false e pervertite; e ment~·e si può giu- stificare ed anche difendere quello che fu necessario per il trionfo della rivoluzione, si devon condannare inequì– vocabilm(;!:nte le perversioni. E' anche necessario stare in guardia contro il contagio delle false teorie che furono invocate . per giustificare codeste perversioni, e tener bene in mente che la violenza e la crudeltà sono sempre un male, e che il ricorso ad esse, anche se possa essere talvolta inevitabile, danneggia necessariamente la ri– voluzione ovunque vengano usate, e debbono per lo meno essere tenute entro i limiti più ristretti. I JIN'iroli del riformismo Quando si tenti invece di avahzare suJla via del so– cialismo in un paese che ha raggiunto un certo livello di libertà politica e civile e le cui istituzioni lasciano la strada aperta in qualche modo a pacifiche trasfor– mazioni, le difficoltà non sono meno formidabili, anche se di natura del tutto diversa. Le rivoluzioni sono sem– pre opera di minoranze, anche se una maggioranza vi consente. Ma il tentativo di avanzare verso il socia– lismo con mezzi parlamentari implica la conquista del consenso effettivo della maggioranza di un intero elet– torato, un largo settore del quale porta ben scarso interesse alle cose politiche. L'esperienza insegna che è già difficile assicurare l'appoggio costante della maggio– ranza ad una politica di riforme sociali, che sono an– cora ben lontane dal socialismo; sarà ovviamente molto più difficile· conquistare una maggioranza per una po– litica che implica un cambiamento rà.dicale del sistema sociale, specialmente se il regime esistente è di ordi– naria amministrazione, non troppo opprimente per la maggior parte delle persone e non minacciato da un crollo immediato. Di fronte ad una situazione di questo tipo, ogni partito socialista parlamentare è fortemente tentato di abbandonare o posporre indefinitamente il tentat-i.vo di istaurare il socialismo, e di accontentarsi di quelle riforme che possono essere raggiunte entro l'am– bito del capitalismo, senza un attacco frontale alle fon– damenta del sistema capitalistico. Questo, ad esempio, sembra essere accaduto nella Svezia, sotto una lunga successione di governi nei quali il partito socialista è stato talvolta solo, talvolta in coalizione con altri partiti. Le riforme che possono essere attuate nell'ambito del capitalismo, sempre nei paesi più avanzati e governati democraticamente, non devono in nessun caso essere di– Sprezzate. Ma non sono socialismo, e possono perfino in certi casi inframettere ostacoli al progresso del socialismo, rendendo coloro che ne sono beneficati meno scontenti e meno desiderosi perciò di un cambiamento radicale. Si tratta tuttavia di un rischio che ·deve essere affrontatb da coloro che cercano di istaurare il socialismo cori mezzi parlamentari; giacchè è chiaro che il socialismò non può essere raggiunto con tali mezzi se una· mag– gioranza degli elettori non sià pronta a dargli almeriò un tiepido appoggio, votando per i socialisti contro i lor0 oppositori, i quali saranno, nella maggior parte dE:i caSì, contrari tanto a una politica di riforma progressivà, quanto al socialismo stesso. L'edificazione socialista hl queste condizioni non potrà probabilmente essere attuata che quando le riforme sociali siano già state attuate, nei limiti del possibile, neJl'ambito capitalistico; di modo che i socialisti saranno obbligati ad attaccare il capi– talismo alle fondamenta per poter fare progredire le riforme, o addirittura per difendere le riforme già attuale. Credo che in Inghilterra siamo ormai a questo punto. In ogni caso, il partito laburista trova ora evi.:. dente difficoltà nel preparare un programma efficace di ulteriori riforme, che possa essere attuato senza un attacco diretto ai cardini della potenza capitalistica; mentre i conservatori stanno facendo del loro meglio per minare alcune delle riforme introdotte dal governo laburista tra il 1945 e il 1950. In questa situazione il partito laburista è costretto a -scegliere tr'a una politica socialista molto più drastica, abbandonando il terreno del riformismo, o una efficiente risposta da dare a colorò che sostengono che la riforma è già andata troppo innanzi. L'ECO DELLA STAMPA UFFICIO DI RITAGLI DA GIORNALI E RIVISTI! Direttore: Umberto Frugfuele Milano, Via G. Compagnon1 28 Corrisp. Casella Postale 3549 Telegr. Ecostampa

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