Nuova Repubblica - anno IV - n. 14 - 1 aprile 1956

6 PROCESSO ALLA SCUOLA TECNICA E POLITICA L'approfo 1 1dimenlo tecnico dei mali della nostra scuola e dei possib~li ri1ne– di è una necessità che impone un impegno collettivo. Ma tale sforzo può re-– stare accademico se non si contribuisca nello stesso tempo a determinare lo schierame,;to politico necessario a trasformare la soeieti, e quindi la_ scuol;t A seguito dell'ar~icolo di Giulio Chiarugi sul convegno degli 11Anuci del Mondo», apparso nel n. 12 di Nuova Repubblica, abbiamo ricevuto due interventi dei compagni Visalberghi e Rodelli, che qui pubblichiamo. Ad essi facciamo seguire una noto. di chiarimento dello stesso Chiarugi. Caro Cod·ignofo, l'articolo di Giulio Chiarugi « Processo alla· scuola>, apparso su Nuova Uep1ibblico, mi ha lasciatO la bocca amara. A me ern. µ11 ..so, e l'a,·evo anche voluto dichiarare pubblicamente in unn lettera. aperta al direttore del Mondo, che il conV<~gno romano degli « Amici del Mon– do> sui problemi della scuola. avesse segnato al suo at– tivo un punJo importante: una làrga intesa fra !aie.i non solo negativa. e polemica (in chiave anticlericale), ma positiva e cosll'Uttiva; Chiarugi invece, fatta eccezione pc,· la relazione di Lamberto Borghi e, a quanto serobra, anche per le posizioni da me sostenute in alcuni inter– venti, non vede in tutto il resto che « un utile contributo tecnico, sfasato sul pia110 politico e sociale quanto pas~d– bilo di involu7.ioni reazionarie,. Se Chiarugi ha ragione. io non sono altro· che nn ingenuo, pl'ivo del tutto di sen– sibilità politica. E devo dirti che, dopo letto il suo arti– colo, ho intrnttenuto ·8eriarnente quest'ipotesi e m_i sono ripassato mentalmente in rnssegna, sulla scorta degli ap– punti presi, tutte le pl'incipali asser.-.ioni fatte dai vari orn– tori durante le duo giornate çlel convegno romano. Ed ecco le conclusioni nlle quali sono pet·venuto. La relazione Borghi è stata, senza dubbio, un contri– buto meditato, documontato e organico circa le me.te a -lnnga scadenza d1'l perscguirn pe1· un rinnovamento demo– et·atico delle strutture scolastiche del nostl'h paese. Non conosco nessun documento italiano ad essa parngonabile, ed avrebbe ragione il Chian1gi a dichiararla tale « che· giustifiCR bene un convCgno anche, da sola 1>, se ciò non volesse implicare un suo sostanziale isolamento nella sede in cui fu tenuta. l\la stiamo ai fatti, che sono questi: I) la relazione Borghi trovò amplissimi consensi e nessun sostanziale dissenso; 2) nelle altre relazioni e negli inte1·– venti a proposito delle altre relazioni non emerse come largamente condivisu ne:-:.suna posizione• in contrasto con le prospetl.ive a lungo tonnine indicate da Borghi (salvo queJJa che vorrebbe introdurre il « nmnen1s clansus ~ nel– le universittl, di cni dirò più avanti). E' la prima volta, nella ventina di convegni e congressi sui i.,roblemi della scuola a cui ho partecipato dalla :iberazione in poi, che vedo passare del tutto incontrastata ed anzi largamente appoggiata la. tesi della scuola media triennale « unicissi– ma> senza latino. Quando io la sostenni, alla radio nel primo dopoguerru. un bel po' di colleghi ed amici mi tol– sero il salt1to o giù di lì. A me sembra, ingenuamente, che .il valore di un convegno sta nelle proposte concrete che vi emergono con ampio consenso, non nelle piccole stonature e dissonan:;,;e che si possono cogliere qua e h\. E' ve1·0 che nella rela;r,ione Piccardi ci fu un RCCenno, ver– so la fine, al fallimento dell'istruzione tecnico-professionale che sarebbe stato sernpre provocato, da noi, dalla deplo– revole « corsa nl titolo >, avvelenatrice délla nostra vita scolastica. Fui proprio io a denunciare l'unilateralità cli una tale conce;r,ione, ~iacché ·il fallimento dell'istruzione tecnico-pro[essionale è anche dovt1to alla precoce specia– lizza.-.ione che essa implica, ed al fatto che impedisce del tutto o limita enormemente {soprattutto dopo la riforma Gentile) le ulteriori pl'OSpettive di formazione universi– taria. Ma I)iccardi, nella sna replica, aderì esplicitamente alle rnie proposte per una 1·iqualificazion'"e ad alto livello, e senza chiusum di sor-ta, degli studi non specificamente pre-universitari. (.Preferisco non citare a memoria, la prova di quanto asserisco la si avrà alla pubblicaz"ionc degli atti, ch'è imminente). Insomma Piccardi, se ba avuto pl'esente anzitutto la neccssitù di una seria prepara.-.ione professio– nale e civica che venga incontro alle urgenti esigenze della produzione economica e della convivenza politica, non ha detto assolutamente nulla che implicasse una qualsiasi for– ma di determinisrno classista nell'avviamento alle diverse funiioni sociali. Perchò allora. dobbiamo !are un processo alle intenzioni? Forse per il solo fatto che egli auspica l'introduzione del « numerus clausns, nelle universiU1? Su questo punto, effettivamente, -il congrflsso si trovò diviso. Ma io stesso, che del « numerus clausus » mi di– mostrai, se ben ricordo, il più accanito avvers1rio, mi guar– derei bene dal farne una specie di « instantia crucis> per determinare se una qualunque posizione P, reazionaria o progressista. E tanto meno mi sentirei autorizzato, su tali o consimili basi, ad affel'mare, come disinvoltamente fa il Chian1gi, che « il Piccardi potrebbe divenire ... un vel'O e pl'Oprio Gentile, mutati.s 1nutandis, della. civilb't delle macchine». Ma che d.iamine ! Abbiamo proprio perd11to la testa? In un paese dove i veri fascisti sono autorizzati a ridersi della « imbelle democrazia:., ch'è davvero im– belle giacché avendo per principale moderatore un ex-pro– fessore di diritto corporativo tollera con graziosa beni– gnità i rigurgit.i acidi degli immarcescibili, che son poi apo1ogia cli reati fra i più atroci, o reati essi stessi, ln un paese dove i magistrati dibattono con tutta serietà. pe1· quali ruai ragioni Galbiati non abbia eroicamente im– boccato la strada dell'alto tradimento, in un cosiffr1tto paese proprio noi, liberi democratici di sinistra, dobbia– mo· dedicarci al passn.tempo sottilmente intell~ttuale cli in– dividuare sintomi segreti della lebbra fascista( ché la po– litica scolastica di Gentile fu fascismo solido e massic- • cio, rra le poche cose del tempo che hon fossero di carta– pesta) nei nostri compagni cli lotta più sori ed onesti? .l\Ja i comunisti almeno avevano ulla giustificazione poli– tica o pseudopolitica nelle loro brilla.nti riduzioni al mi– nimo denominatore fascista di tuttè le posizioni diver– genti dalle loro {ora hanno cambiato tattica.) ; noi non avremmo che povere giustificazioni psicologiche, che vor– rei chiamare il « complesso del frazionismo». E' 'tm male elio chi viene dal pa..t:ito d'azione conosce bene, ma che quanti almeno se ne sono vaccinati dovri;bbero fare ·ogni sfon·,o pcrchè non s'attacchi ai giovani. Ma affrontiamola, questa famosa faccenda del < nu– merus clausus >: io mi sento di affermare, e sfìdo ·chiun– que a dimostrare il contrario 1 Che quando Picca1-di ne. invoca l'introduzione, lo fa. in base unicam3nte alla con– siderazione che segue: « rn Italia le possibilità di studio universitario serio sono limitate e solo con enoi:me spesa, difficile ft chiedet·si con urgenza quando la 8_cuola dell'ob– bligo è ancora nello stflto deplorevole in cui è, potrebbe– l'O essern aumentate in rnoclo adeguato. Perniò bisogna li– mitare anche il numero degli studenti, scegliendo quelli soltanto che hanno reali attitudini e ~ca,-tando tutti i mediocri 1>. Dimostrare, come io ho tentato di fare, che in pratica la sele.-.ione si opererebbe piuttosto secondo il censo che secondo l'attitudine ed il merito, è un'impresa tutt'altro che facile. I.o ho usato persino l'argomento del crescente nume1·0 di ]c.,;ioni private che già oggi si irn– pa1-tiscono e, livello 11,nivers·itario, nrn capisco che ima persona seria ed onesta stenti a credere che un tale feno– meno potrebbe veramente deformare una selezione operata nel grado più alto degli studi e così decisiwt. Tralasciando tutti gli argoment.i minol'i, in un senso e noll'altro, con– fenno la mia convinzione dell'inopportunità cli introdurre il « numerus clausns >, mà" clornando se è Cjuesta una questione per cui meriti lancial'e anatemi, o non piuttosto 11n problema da st.ucliaré con ogni cnra, possibilmente unche in mòdo sperimentale. Cl~oi la relaziono Calogero fosse in cont1·asto con quelll.t Borghi, è itt•gomento pa1·ticolan11ente carv ai co- . munisti {emerse giit al convegno, e lo sviluppò la Bertoni– Jovine sull'Unità). Anche qui, stiamo ai fatti: Calogero si ò sforzato, per otto pagine della .sna relazione, di mo– strare egli stesso i limiti ciel suo tema, chiarendo in tutti· i modi che le sue « ril'orQ:ie senza spesa> non do,·evano pe1· nulla ·preSiudicme le « riforme con spesa» auspicate d~1 Borghi. Dopo cli che stava ai Nilici l'onere della. pi-ovn. del contrnrio. Naturalmente, quest'onern nessuno so rè accollato. Chitnngi crede di aver eletto tntto quando ha qualificato ç]i « illuministic9'"> il < fronte dell'intelligen– Y-a » in cui spera Calogei-o, ec:f ha rincarato la dose met– tendo un « (sic!) » trn parentesi a suggello di una tanta enol'mità. Ma guarda! «-Illuminismo> e « intelligen1,a > puz:;,;ano di laicismo astratto, non è vero? Sperare in una Iiberali.-.zazione dell'insegnamento, aver fiducia cioè negli insegnamenti e negli allievi, è roba dn ridere. Dobbiamo rispettare il testo di Stato che insegni i nefasti del fa– scismo e i meriti della democrnzia {o magari quanto sia più soa·ve l'aspersorio ciel rnanganello). Dobbiamo rim– polpare i vecchi programmi agginngondo tanta educazione civica, e magari lo studio ciel testo costitutivo della NATO. Questo sarà p1·ogresso, ma <'hieclere libertà di d.iscussione e di svolgimento di progi·ammi nella scuola, ohibò!, è roba cl11bakunìnisti inanciditi. O si ha paura con ciò che gli insegnanti cattolici insegneranno solo S. Tommaso? Questi laici che tutto aspettano, riForme e programmi, dallo Stato, e ripudiano ogni cornggiosa azione autonoma di rinnovamento e liberalizzazione dell'insegnamento, mi fan sempre pens~ne a quel eletto inglese, su chi tenta di sollevarsi tirandosi sn per i lacci delle scarpe! Certo che le proposte cli Calogero, per fan;i pili concrete, debbono inserirsi in un piano di autogoverno progressivo della scuoln, per cui gli i9segnanti più dinamici possano esser cli stimolo morale agli altri, e ne \·engnno altresì utiliz– zate le energie vive degli allievi (è un piano che può cominciare a funzionare anche sc1w,a sanzioni ufficiali, dovunque ci siano consigli cÌei professo1·i efficienti e VO" Jentel'osi). Ma perchè mai sottiliz;1,are sui dettagh, de– nunciando contrasti dOVfl c'è sostanziale unità? Un im– portante convegno laico concòrcla. {con Padesione anche comunista) su importanti riforme a lungo termine, su ul'genti nccessitù immediate (la bcllissin1a relazione Za– notti-Bianco carne mai la si dimentica?), su certe irri– nunciabili pregiudiziali cli flon-confessionalismo, su alcu– ne pos.i:,;ibilità dì libernlizzm-;ione dell'insegnamento, ed ec– co che anziché rileva're e chiarire il fondamentale portato politico di una tale concordan~a, effettivamente traducibile anche in termini di peso parlamentare a. dispetto della diffiden;r,a cattolica, ci si impegna con dialettica bizantina ad allargare ogni minima crepa! .Altro che « Impegno col- · Jettivo > ! {E' il titolo che tu, caro Codign-0la, hai voluto dare a un mio pi·ecoclente articolo cli analoga materia). Non vorrei si trnttasse cli una quulche fo1·ma di « com- (104) nu11va repubbliéa plesso della bandiern >, per usare del titolo di un altro editoriale recente, d'inequivoco significato. Sia chiaro che le sintetiche o acute analisi del Chia– rugi circa lo sfondo storico dei nostri problemi scolas~ic.i. mi trovano totalmente consenziente, non meno che le prospettfre finalistiche che sottendono le sue nrgomen– tazioni. La mia amnrezza viene dal Yeclerlo çosì pronto ad attaccar briga per un nonnulla, o per men che nulla, contro coloro proprio che ci son pili vicini. Per me la grossa delusione· provocatflmi dal convegno romano degli «-Amici del Mondo», è sfata la constatar,ione che dietro .le aperture « sociali li dei cattolici permane sempre il pili deciso « integralismo» confessionale. Ma fortunatamente in· campo laicò, di là da ogni « complesso della bandiera i– vedo finalmente: e per la prima volta, profilarsi una. so– stanziale, puntuale e positiva capacità e volonh\ d'intesa. In questo riesame della questione partivo, come fho detto, dall'ipotesi che il mio fosse ingenuo ottimismo. Non esclu– do che lo sia, ma, vivaddio, preferisco aspettare di scot~ tarmi piuttosto che aver parn·a dell'acqua f1·edda. E credo che chiunque militi in Unità popolare debba ·proprio per abito costitutivo cominciare col dar fiducia agli altri, almeno fino a pl'Ova contral'ia. Tuo Aldo Vi1wlberghi • Caro Codignofo, ho potuto scqnere le pagine delle boz~e di stampa del volumetto « Processo alla Scuola», contenente tre rela– zioni presentate al convegno degli « Amici del Mondo> tenutosi recentemente a Roma. Quel che· ne ha scr·itto Cbiarugi su N. R. {n. J 2) è sostanzialmente vero {anche se detto in modo un po' brnsco), ma non del tutto g.iusto. Vero che il pròblem11 della scuola ita.liuna va posto SH, un l)itmo di rinnovamento sociale e che la pl'Oblematica dei 1netodi e degli strumenti educativi non riesce a crea.re un nuovo equilibrio tl'a foì·ze interne ed esterne alla scuola. ed è destinata ad essel'e somrne1·sa se non s'inqnacl!'a nel p1·oposito di rninseri1·e In scuola nel!~ vita del paese facen– done uno strumento democratico di pi-osperitù sociale e civile, se - come dice Chian1gi con un'espres::;ione troppo compendiaria che può essere fraintesa - non si definisce e la posizione politico l> della scuola nella società naY-ionale. Da questo punto cli vista una sola relazione era va• licia, la relazione Borghi. Che tlltto il 1·esto possa « essere al'Chiviuto come un utile contributo tecnico, sfasato sul piano politico e sociale quanto passibile cli involuzioni reazional'ie » può essern anche vero, ma non è giusto sot– tolinearlo, per un motivo - di1'Ò così - psicologico, per– ché non si eroi cioè l'nbitt1dine di innal;r,aw rnul'i dove altri aprn una ~nestra. · Il metodo laico che noi propugirnmo va riempito di tutti i suoi co11tent1li sociali morali e civil' esso non è una sterile pregiudiziAlo. Ma appunto pel' questo bisogna praticarlo fin · d'ora. A me pare che il convegno degli « Amici del ]Honch.1 > nvl'ebbe potuto essere meno « sfasa– to,, alrneno da questo punto cli vista, se avesse chiarito che nepput·e le « viJ'om1e senza spese» si possono fa.re senza una spesa. La spesn è il prezzo di tllltl, lotta - es– senziale per le sorti della clemoc1·azia. in Italia - da in– gaggia1·e subito per opera cli gruppi attivi contro il con– formismo imperante e contro !"invadenza clericale: prima che sia troppo ta1·di. Cordialmente, tuo Luigi Rodelli Se Aldo Vùwlberyhi è voluto intervenire a rip1'endere wi m,io vre.'mnto « cornple8so della bandiera», non sono cel'to io n dolermene. Infatti non avevo intenz·ione di re– spinoere le proposte del « vroces.'Jo alla scuola> e di ri{i.u– lore fo convergen::(, delle forze di UP con quelle radicali pe,· questa vrecisa battaglù,. 'l'anto è vero che, in un articolo depositato in redazione da diversi giorni e che s7jero com– vc,ia. tra ·breve, cito prop,-io Visa!.berghi, per l'« impégno collettivo> n~cessario al /mccesso delle com.uni aspirazioni. Se l'andamento del convegno ha •voslp in r·ilievo la relazione di LarnbeJ'to Borghi più. di qi~anto abbiano fatto lo Scalfari e il ·Calogero nei loro ,·esoconti, ne sono vel'a– mente lieto. Un documento di tale portata, destinato a r·imanere ve,· lunga· pe:::;a come punto di 1·iferimento fon• dam.entale, me1'ita qnesto ed altri riconoscim.enti. Le mie osse,·vazioni non debbono intenderai assoluta– mente come rifiuto a collaborare o, pe(J(JÌO,come miscono– scimento del ruolo dell'« intelligenza» e dell'« iniziative, dei sinool.i » per detenninnre fo riforma. Però l'« intelligenza>, 1>eressere veramente tale, non deve isolarsi dalle forze po– litiche e sociali, s ì bene accompagnarle con diuturna ed umile sollecitudi.ne nei loro interessi e nel loro cammino. Guido Calogero, invece, vropuona l'estmnei tà di c erte questioni agii schieramenti ideologici e va ,rlamenta.ri, e vuole <juesti ultimi sostituiti con « fronti dell' intelligçnza ». Questo m.i sembra jrancmnente assurdo, prodotto del pe(J• oiore illuminismo. Accetto, quindi, come vregiudiziale l'<impegno col/et• tivo > proposto da Visal1>erghi, il cui articolo pubblicato tempo fa su NR mi trova del tutto concorde. ~J.1ra l'altro~ quando militavo ancora attivamente nel movimento stu– dentesco, ho se1npre considernto le posizioni di Pc,~lo Ungm·i, alle quali non risparmiavo certo critiche vivac-i, come sostanzialm.ente 7>ositive e suscettibili di consentire tm.a.collabornzfone dialettica vermnente 1n·oduttiva. Diverso, invece, il disco1'SO sul «fascismo>. Non mi so(Jno assolutamente di considerare Leopoldo Picca.rdi un «fascista>. Si 7>uòessere, infatti, gentiliani nello svirito e buoni democratici nel metodo politico. La lettura del testo scritto della relazione Piccardi pot1·à illuminarmeno gli r1,.ypettipositivi, ch e i gio rnali hanfto tenuto nell'omhra. Ma l'opposizione a.l « num.el 'us clausus » è, almeno per me, una vera e propria « i nstantia crucis li, sulla quale non sono d·isposto assolutamente a tmnsigere. Sul metro del « nu– merus claiistts » si misurnno, infatti, i ?)tmti di vista e le 1·eali intenzionl di qua.riti varlano di scuola e di società.. Una misura del genere è illiberale e antisociale., senza teni.a d·i equivoco o di eccezione. Per l'« u.nitù la.i-ca» di tutte le forze vossibili bisogria avere il coraggio di dire chi"ra1nente, non ta.nto du dòve si parte, quanto, soprnttutto, verso dove ci si vuole dirigere. G, C.

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