Nuova Repubblica - anno III - n. 20 - 24 luglio 1955

Bit- 4 \imi, quello dell'artigianato, ,per. il q~1ale la· 1·egione ha tentato di fare quel poco,che· po_t~va, e· il grande problema di 9arbonia, la città delle m.iniere che no.!I ~i sa per _quanto e in che modo potrà ancora vivere. C'è la condizione so– ,i_ale e morale d~lla rnl!_~gior P,art;e della g,ioventù sarda, ~he non sa m_ai come e di che cosa·. vivrà, ()he intanto fugge dalle campagne· pe~ andàre a ceicare un P!6colp sa– Jario dello stato o una 'paga qualsiasi nelle miniere estere; ed è h gioventù che dovrebbe continuo're il IM;oro· della agricoltura e della .pastorizia, che pure sono quasi le' uni– che fonti di prQd11r.ione deÌla Sarde,gna. L'industrializza– zione è ancora di là da venire e c'è da chiedersi che cosa faral)no nei prossimi anni· i ·sàrdi, pure così pochi come sono, in una tena gt"ancle quasi quanto la Sicilia, quando Ja pastorizia e l'agricoltura saranno ancora più dissestate. Figuriamoçi se una sitnazione di questo genere può essete affrontata con criteri di ordinaria amministrazione, o con èriteri di semplice « solidarietà> paternalistica. Questa può essere sufficiente solo per il riordinamento di un istituto di benelìcenza, non per portare la Sardegna a un livello di vita degno di un popolo ci,·ile. RAFFAELLO MARCIII CANTO SARDO L'estro dei poeti popolari sardi è tradizionalmente molto sensibile ai motivi politici e si può dire che non ci sia avve– nimento pubblico, grande o piccolo, che non trovi immediata corrispondeza di canto. E cosi anche il gesto d1 protesta anti– governativa, compiuto nel mese scorso dall'avvocato Corrias con le sue dimissioni da presidente della Regione, ha trovato subito i suoi poeti: uno di questi è Giovanni Saba Spano, piccolo com– merciante di Nuoro, che dopo la prima guerra mondiale seguì il movimento autonomista e progressista del Partito sardo d'azione e ne interpretò gli spiriti e i caratteri come un antico aedo. ln gòi I tristu, penosu abbandonu sun' c11st11stel'l'as nostra, desoladas a 81' destini, inMro abbandonadas, sempr' isperende 'e cambia1·e in bonu. Es' sl, 1natessi 1nusica,2 su. sonu comente 3 « sas epoc«s passadas e si riz,iti' su propriti tonu in S,wclig11<1 in tottu 8"8 contrndu.t. F'iòrin' sas ginestras pm/mnadas, su 1nudèju, sa rn,urta 'oga,n' su v1·ore 4 ca sa., ca.mpagnas sun' disabitadc,s. Sa·rdignci, terrn nobile e d'onore, viegada, continu a8servilida a unu cane rnala., ch'es' tulo1'e. A .;os sardos negaclu ana 5 sa vida chi pro stt viùs .,,. vidn l'i8tèntan(1,0 11111rta .,a =ente, vivende avvilida. So-• ch'as elett11 7 e chi ti rappresèntana non ti tenen', Sardigna, intr' 'e .,u. coro, cle tene pagu o nudcla si nd'ammèntana,8 vensan' ebbìa a s'i11teressu. insoro o e in cust' ultirntt tenipus si sun.' b~"dos , 10 tra issos 1>uru accanidos che Moro. Che miu taz" 11 de lupos /amìdos an.1 curht 1 2 JJro si sèzzere in s'isca,~nu. e co·tnodos si sun' bene- sezzìdo11, dae su. viùs. 1ninore a su piùs 1nannu. 13 ca non connòschene it'es' 14 suUerenzia tto' an' tfrnore o nche colàren s' annit. 15 S 11 Sarclu coccollòi 1 6 es' de passenzia, cando z,. 'àntan' leàndel" 11 in gin, bi Cl'ede' ch'est 1 s un'arca de sièn:.:ia. Como prepàrnn' nurra., rn de papiru: 7Jè.Ysabinessi 20 a sas eleziones ~i no, vove,·os sarclos « peddi=ònes ,,21 den' esala.re s'urtiniu respint. T. m. GIOVANNI SABA SPANO O) cosl. (2) E' (sempre) la stessa musica. (3) (è) come. (4) il cisto, 11 mirto (soltanto) fioriscono. (5) hanno. (6) l'he per lo più stentano la loro vita. (,17) Quelli che hai letto. (8) di te poco o niente si ricordano. (9) pensano solt.anto al proprio interesse. (10) visti. (11) come un branco. 02) sono corsi. (13) dal più piccolo al più grande. (14) che cos'è. (15) di non poter tra– .scorrere l'annata. (16) incolto. (17) per prenderlo. (18) crede di essere. (19) mucchi .. (20) rifletti .a.Imeno. (21) « pell\ti» (vestiti di J)elli), \' Olivetti Lettera 22 In auto e in treno in aereo e in albergo sulle ginocchia, sul tavolo d'un bar, , esatta e leggera scriverà la vostra corrispondenza gli appunti di viaggio n CO i ricordi delle vacanze. , miova ,1~publllit11 E L ·E -Z I O _N I A L.t.A 0,L I V}~ T TI di PINO T A G LIA ..Z 0 UCC H I P RIMA DELLE ELEZIONI il gioco era _chiaro. ia FlOM avrebbe mantenuto all'incirca le ·posi,iioni dello· scorso anno ( G se.ggi tra gli operai, un seggio tra gli impiegati, su 10 e 3 rispettivamente): la CISL av,·ebbe ceduto un seggio trn gli operai e la UIL sa• rcbbe sparita. « Co,nunità di Fabbrica> avrebbe dunque avuto dai 2 ai 3 seggi tra gli ope,·ai e un seggio tra gli impiegati. Le previsioni si sono avverate, contando i seggi, con uno scarto di un seggio a danno della CGIL. Ciò che conta però è il numero dei voli ottenuti, diluito poi in s~de di utilizzazione dei resti. Era anche chiaro come sarebbe stato condotto il gioco. La FIOM avrebbe manovrato per non cadere in qualche riconoscimento indiretto del nuovo sindacato comunital'io. La CJSL - ad evitare un confrontò dannoso - avrebbe tentato di «scomunicare> la nuova formazione, affiancata dalla UlL, che dopo aver fedelmente servito la direzione per diversi anni, si vedeva soppiantata bruscamente. Ma, senza la FIOM, ttitto si su ,·ebbe ,·idotto a mosse provoca• to,·ie ed appelli ad una clemocm,,ia cislina che, senza guardie padronali, non riscuote molto credito. Pel'Cbé? Anzitutto perché, pur essendo «Comunità> tutt'altro che sce\Ta di dipendenze discutibili, dietro ad essa sta la realtà concreta di un migliaio di iscritti da conquistare, non da eliminare dalla competizione eletto. raie. Secondo: pe,·ché la maggiornnza della massa operaia alla Olivetti è ancora a metà contadina e legata perciò ad una menta liti, calcolatrice di piccoli proprietari. Terzo: perché la FIOl\f aveva molte carte al suo gioco ed ayeva interesse a giocarle da sola, riconoscendo, tra l'altro, che il problema è di sostanza sindacale. Rischi non ne mancavano. Il primo era che il presti– gio del Presidente giocasse un po' troppo come fattore extra-sindacale. Il secondo, che ad un'affermazione comu– nitaria cori'Ìsponclesse un batiage della stampa in caccia cli affermazioni « democmtiche » e cli sconlìtte CGIL. Ma e1·a anche evidente che dall'altrn parte non si correvano rischi minori e che, n,algrado tutto, la massa era ancora largamente orientabile. Invece si ebbe, ad un certo mo– mento, la netta impressione che la FIOM avesse gettato le proprie carte (programma, proposta cli lista unica, dimostrazione delle dipendenze ciel nuovo sindacato, ri– chiesta che questo, in forza dell'accordo interconfederale, . i presentasse come li. ta cli indipendenti abbandonando la prq.eria denominazione, appoggio da parte di grnppi para– siodàèali) per puntare sul tavolo della CISL. La lista di « Comunità » non riuscì a ragginngere il Comitato Eletto– rale e - benché non 1nancassero ragioni per un rifiuto della lista a viso aperto e con moli\'azioni stringenti - par. ve a tutti che la lotta elello,·ale si fosse ridotta ad un gioco a nasconcler,llllO. Tutto, da allora, si è impemiato su questo fatto. E' stato 11bbastanza facile ai comunitari gridare allo scan– dalo e alla liberti, conculcata e fa,·e del vittimismo. E' sta– to difficile dimostrare il contrario e presentare l'accetta– zione di una lista che non porta il nome di « Comunità» come una vittoria anziché come una sconlìtta. La CISL– ha preso in mano il gioco rifiutando ogni visione reali– stica degli indipendenti comunita,·i (che è uscita poi come « Autonomia Aziendale>, cioè con un nome addirittma prestigioso e in circostanze tali che questo fatto, dapprima rifiutato dai comunitari alla Fl.O111, è apparso poi una vittoria), e giocando sul cavillo procedurale del consenso UJL, di un sindacato, cioè, che non esisteva più. Si sono uditi, a quanto pare, sindacalisti CISL che, giocando su vere o presunte « correnti > all'inlemo deila Direzione, pro– mettevano !"estromissione del P,·csidente ;. con le reazioni che faciln1ente si io1n1aginano A RRIVATl CON lL FIATO CORTO alle elezioni, dopo aYer convinto buona parte dei dipendenti che tutto era provocato dalla paura e che perciò « gli altri» dove– vano essere forti, Cl SL e FJOM hanno visto montare i vo• ti dei comunitari oltre le più teme,·arie speranze dei di,i– genti di «Oomuniti1>. Per render i conto della qualità della affermazione comunitaria, basta confrontare i risultati della Olivetti con quelli ottenuti alla Chatillon negli stessi giorni. Là, malgrado le pressioni padronali ormai solite, la CGlL ha migliorato le prop1·ie posizioni e i comunitari sono pas• sati, per il rotto della cnffiA, ad un seggio per gli operai. Sono d\mque di fronte FJ OM e « Comunità» e dov,·à passare ·un anno p,·ima che la competizione si ripeta. Un anno durante il quale o la FJOM fa tesoro dell'espe,·ienza e s\'Olge una autocritica in profondità ò è meglio che si prepari ad una ripetizione, in peggio, dei risultati di que– st'anno. D'altra parte « Comunilù > si è gonfiata di voti oltre le prop1·ie possibilitii. Fondata su programmi generici e sol– tanto limitatamente arditi; affidata ad nomini volenterosi rna inesperti; legata ad un movimento politico piuttosto fumoso, essa è minacciata dalla quantiti1 e dalla qualità dei voti raccolti. Voli in gran parte opportunisti, che chie– dono il proprio controvalore a breve scadenza e che mi– nacciano di impedi,·e alla nuova (ormazione di farsi rego– larmente le ossa. In un anno di vita sindacale, seguita con accortezza e con spregiudicato coraggio - chiudendosi cioè in una posizione di rninoranza critica e con1battiva e 1·ifiuta11do ogni sorla di alleanze - la FIOM ha tulle ., )f poiÌsil:iilità 'di logora,·e. « Com·u~ità > e di ricondlll'lt\ ai suoi· limiti naturali, assorbendo· quella eccedenza di _voti che i c_omunltari stessi riconoscono di avere avuto. · Bisogna però l'iconosce1·e a « Comunit..: > una funz1one innegabile: essa ha posto I', con la sua sola presenza con– tinua a porre, il problema della politica sindacale della CClL. ·La vera crisi del sindacalismo italiano - e con ciò mi riferisco anche alla CISL e alla UlL - non è stata rh·elala alla FIAT n;rn. alla Olivetti: Là il jJ1'oblema è stato mascherato proprio da quell'intervento padronale che voleva precipitarla. E' possibile cioè sostenere che si è avuto nn crollo per fattori extra-sindacali, in bnona parte a caratte,·e purnmente politico e in parte poliziesco, di. fronte ai quali la CGT.L può pretendere una posizione di vittima del fascismo .di fabbrica e .identilìcare i risultali con l'ondata rea,.ionaria che percorre il paese. Li,, in alt,·e pal'Ole, la CCJ.L è i,n ottin1e condizioni per iclentifìcru·si con il movin1onto operaio n1igl_iore, pressato da vicino ùa una politica reazionaria. L'autocritica è necessaria ma solo in quanto il sindacato non ha saputo opporre una resi– stenza maggiore a forze ben definite e indiscutibilmente di destrn. Qua, alla Olivetti, malg1·ado le apparenze - che, per la presenza di un sindacato parn-padronale, potrebbero fare apparire peggiori le cose - il problema non è sna– turalo da alcuno di questi fattori e si presenta nei suoi tern,ini ròali, sociologici ed economici. Qua è il sindacato che ha fallito. Anche la pretesa simpatia spontanea per un sindacato che, emanazione del Presidente, può appa– rire gonfio di facili g1iadagni non è sufficiente a spiegare le perdite e il complesso di inferiorità che si è improvvisa– mente manifestato. Non si può nemmeno dire, infatti, che la crisi sia · stata 1·ivelata all'impl'Ovviso. Da tempo era chial'O eh.e la C.J. dell'Olivetti non funziona,·a, oltre cl~e per molti ·mo• tivi reperibili anche altl'OYe, p<;.r il fatto che in una fab• brica. moderna, dove i problemi di organizzazione si pon– gono finalmente in termini modemi, e dove perciò la ne• cessità di lottare per fa vita delle rappresentanze operaie o per un n1inimo di condizioni di Javoro non si verifica, la politica tradizionale del sindacato italiano è insuffi– ciente. Problema ideologico, dunque, e progl'ammalico. Abbia– mo Yisto alle elezioni della Olivetti nn p1·og1·amma FlOl\f stentato, pl'aticamente amministrativo, con gli stessi ter• mini - e perciò la stessa mentalità - usati per situa– zioni bon cli,·e,-se. Verrebbe cioè da pensare che si possa opera1·e solo in condizioni «dure»; come pel' la CISL la condizione necessaria. per l'esistenza· è una direzione crn– clamente anti-comunista (e si conoscono le lamentele di ra,~presentanti CISL cil'Ca nn preteso lìlo-e.omunismo della Direzione Oli\,etti e la loro speranza di un mutamento cli rotta, a costo di perclel'e tutte. le provvidenze sociali, discutibili ma certamente avanzate). Ma se la CISL - pedina po!Jtica, insieme alla UJL, in nn grnnde gioco per niente sindacale o sindacale solo di seconda mano - deve puntare su questi motivi poli– tici, la COlL deve invece riportare le soluzioni sul loro tel'l'eno naturale, abbandonando - almeno come tavolo principale - le rappezzature politiche e giuridiche. Non si combatte, ad esempio, il monopolio italiano - con quali altre soluzioni? - con gli slogan ciel « controllo democratico>. Non si lotta per la libertà nelle fabbriche con la sola invocazione della Costituzione. Non si fa, in definili\'8, della lotta socialista e specialmente della lotta sindacale, rinfacciando alla borglwsia il tradimento delle sue posizioni naturali e riprendendo queste come temi di a;r,ione. Non si trasferisce, specialn1ente, una in1postazione del genere in campo sindacale, do,·e essa non trova alcuna traduzione in temi di lotta immediata ed ò del tutto estra– nea alla natura dei problemi aziendali e alia'struttura del– razienda medesima. Ma è logico: l'adozione di questi temi, sotto il velo di una tattica astuta, è un sintomo di insuffi– cienZ<a pl'ogramn1atica e questa stef:.sa insufricieny,a si rivela doYe non di parole si tralla ma di decisioni e di pro– grarnmi. MOTORI POMPE VENTILATORI

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