Nuova Repubblica - anno III - n. 14 - 12 giugno 1955

8 4 LAVOUO E SINDACATI UNA LEGGE NON .L?\.PPJ_J_ICATA N UOVA REPUBBLICA, nello scorso autunno, sollevò il problema del sussidio di disoccupazione ai brac-' cianti agricoli. E lo sollevò al momento opportuno, perchè si era allora alle soglie dell'inverno, stagione che non consente se non un lavoro estremamente ridotto nel settore ag,·icolo. Le organizzazioni sindacali hanno invece lasciato trascorrere un'altra invernata senza che i brac– cianti godessero del sussidio che una legge, votata dal Par– lamento sin dal lontano 1949, prevede a loro favore. Solo nn paio di mesi fa, per iniziativa della CISL, hanno richiesto l' applicazione della predetta legge. Meglio tardi che mai! Vonii dire che i braccianti, se tutto andrà bene, potranno contare, quando nel prossimo inverno rimar– i-anno senza lavoro, sul sussidio di disoccupazione. Questo problema, assieme alla rivendicazione relativa all'aun1ento degli assegni familiari e a quella concernente il l'innovo dei contratti nazionali, è stata la causa del re– cente sciope,·o agricolo, proclamato per due giorni dalla CGlL e ad Òltrnnza dalla CISL e dalla ÙIL. ·Per altrn queste due ultime, di fronte alle vaghe e generiche assicurazioni date dal ministro Vigorelli nel corso della prima giornata di agitazione, hanno deciso di invitare i lavoratori a riprendere subito il lavoro, al mezzogiorno del 31 maggio (la cessazione dello sciopero da parte della CGI L era prevista per la mezzanotte dello stesso giorno!). L'on. Vigorelli si è.tuttavia limitato a dfre che avrebbe interposto i suoi buoni auspici perchè la legge. t,·ovasse e.,ecutività, e perchè gli agrari accettassero di trattare. Propa·io così: la legge c'è, ma il potern esecutivo non la mette in atto. E' vero che il testo legislativo tJl'evecle una 1·egolamentazione n1inisteriale, n1a non è meno vero che, in sei anni, il tempo per emanare la necessaria regola– mentar.ione non sarebbe mancato nemmeno al più sfati– cato dei ministri. In vel'ità le· ragioni dell'inerzia sono da 1·icercare nel fatto che gli agricoltori hanno sempre imposto al governo la loro vo1ontà antisociale, che il governo, nolente o volente, ha sempre subita. E le assicurazioni del– l'on. Vigol'elli, in contrasto con il volere del conte Gaetani, pa·esidente della Confagricoltura, non possono convincere nessuno. Troppa poca stima dei dirigenti della CJSL e della UlL avremmo se pensassimo che danno credito ai vaniloqui del ministro socialdemocratico. Gli è piutto– sto che, non avendo aderito allo sciopero la OGlL, se non per quarantotto ore, non avrebbero saputo come farlo reggere a tempo indeterminato. La CGIL ha respinto la tesi oltranzista per una serie cli valide ragioni, ma soprat- D ELLO SCIOPERO dei professori è stato scritto su queste colonne dal punto di vista sindacale e da quello i:norale; vorrei qui considerare il significf!,to polilico d'alcuni aspetti della vicenda. · Poichè nessuno che conosca e comprenda i problemi e la situazione della nostra scuola può disconoscere che la protesta degli insegnanti si basava su cli una triste i-ealtii cli mortificazione economica e sociale, e tale 1·ealtà e~sa mirava a rimontare quanto più rapidamente possibile, nell'interesse proprio e della scuola, era ovvio che un ministro dell'istruzione ne approfittasse come di un'occa– sione per imporre al consiglio dei ministri il problema e la necessità di risolverlo. Doveva approfittarne subito, fin dalle prime avvisaglie, senza aspettare la terza fase del– ragitazione; doveva chiedere le decisioni necessarie a im– pedire o, almeno, a render meno grave l'agitazione e su quella richiesta gio~are, magari, anche il suo posto. Ermini non ha fatto nulla di tutto questo. Dopo aver cominciato la sua carriera di ministro con dichiarazioni avventate sulla crisi economica degli insegnanti e sulla ne– cessiti,. cli grandi rimedi per 1·isolverla - avventate, dico, non per sè, ma rispetto alla nessuna fede che vi ha poi tenuto - egli s'è subito ritrattato di fronte alle prime difficoltà, o, forse, ai primi rimbrotti ricevuti da chi di do– vere e, al momento buono, invece di farsi interprete presso il Tesoro e il governo delle esigenze degli insegnanti, che erano poi le e igenze della scuola, ha preferito farsi in– terprete presso gli inseg11anti delle esigenze del Tesoro e dell'incomprensione del governo. E quando ha visto che gli insegnanti erano più fermi di lui e, col loro atteggia– mento, gli davano un'implicita lezione, ha fatto della cosa una mediocre questione di disciplina e di .prestigio, s'è aclontato, ha perso le staffe, è ricorso a metodi di banale furberia propagandistica., vantando concessioni che non ea·ano tali, giocando sulle cifre, coinvolgendo nella que– slione insegnanti universitari e maestri, non perchè fosse necessa,·io coinvolgerli e nemmeno per approfittare dell'oc– casione per risolvere anche i l0ro problemi, ma soltanto per evitare la soluzione del problema postogli davanti e por farsi demagogicamente degli alleati. Alla fine s'è messo a ideare forme d'esami e di scrutini campate in aria o basate stil presupposto che le leggi dello Stato e le diverse categorie degli uomini della scuola - tranne quella, pro– terva, ùegli ins~gnanti medi - siano tutte ai suoi ordini. Mnlinconiche con tatar.ioni rese più tristi. dalla co'\si- tutto ·perchè sarebbe stata l'amica a pagare l'errore di uno sciopero a oltranza, sotto j[ profìlo organizzativo. Lo sciopero ad oltranza è, si badi bene, un fatto ri'vo– luzionario sindacalmente supea·ato. Esso non regge più come strumento di lotta operaia. Ed è perfettamente lo– gico· che sia così se si pen ·a alla complessità della mo– derna economia, allo sviluppo dei mezzi tecnici, all'inter– dipendenza dei settori produttivi e dei fenomeni sociali. Andava bene quaranta o cinquanta anni fa, quando, ad esempio, in agricoltura non si conosceva l'uso delle mieti– trici. Non si può, comunque, usa,·e di un mezzo così peri– coloso, per ottenere il sussidio di disoccupazione e poi, in sede politica, appoggiare il governo che non vuole nè la riforma agraria, nè la rifom1a dei patti agrari. Tanto più che, come sostenevamo qualche mese fa nelle colonne di questo giornale, in agricoltura, orina.i, i probletni sinda– cali non possono venir risolti se non nell'ambito più vasto delle riforme delle strntture economiche. E i problemi sin– dacali sono, nella loro essenzA., problemi politici veri e propri, chè il tenore di vita, addirittura primitivo, delle masse bracciantili (più di due milioni!) è questione che non può essere che alleviata da un miglioramento delle forme cli previdenza. Bisogna decidersi ad intaccare - me– diante un'opera di governo democraticamente conseguente - la rendita fondiaria che opprime non solo il lavoratore dei campi, ma an<:he lo stesso affittua.rio e lo stesso con– duttore. Bisogna promuovere una politica agraria d'inve– stimenti, tale da consentire un aumento della produzione e della ricchezza. Bisogna fa,·e propa·io quello che il governo non pare intenr.ionato di fare. La ClSL e la UIL e, in fondo, la stessa CGIL danno prova cli non averlo capito, per cui stanno a farsi la concorrenza con mille astuzie e con mille dispetti, ment,·e gli agrari ciel sud e delle isole con– ducono le loro tene con i cr·iteri più avvilenti dello sfrnt– tamento, cercando di trarre dal minimo sforzo il massimo rendimento. Quanto poi allo sciopero ad oltranza nella campagne, subito rientrato, va detto che la CISL e la UIL non avrebbero potuto sostenel'lo, prima di tutto perchè l'orga– nizzazione comunista detiene il monopolio organizzativo delle zone ove i lavoratori scioperano e che sono quelle delle grandi aziende capitalistiche, in secondo luogo perchè la CJSL e la UIL non dispongono di un attivismo ca– pillare, indispensabile a qualsiasi agitar.ione agricola. Se il sindacato cattolico è forte in molle zone, cioè in quelle dominate dalla piccola impresa e dall'economia artigia– nale, fra i braccianti della provincia di Pavia, di Vercelli, di Cremona, di Mantova, di Fenara, la CISL - almeno sino ad oggi - conta un po' pochino. Giorni fa, un articolo ne La Giustizia di un non meglio identificato Gattamorta ci comunicava che le « libere e democratiche organizzazioni sindacali (leggasi CISL e UIL) avevano deciso di 1;>roclamare lo sciopero dei braccianti ad oltranza>. Commentammo subito: « Mol– to rumore per nulla! ». E' infatti vero che la CGIL da sola non è più in grado di promuovere un'agitazione, ma è ancor più vero che nessuna agitazione è possibile senza la C<:;lÌL. . IL CAPOLEGA SCUOLA AM1\BA dcrazione che il ministro Ermini può avere, forse, ag– giunto una sua nota personale di minore intelligenza o di maggiore faziosità, ma che il suo atteggiamento corri– sponde, in complesso, a quello che tutta una serie di mi– nistri, democristiani o meno, va tenendo dai tempi in cui l'on. Gonella eludeva continuamente le più legittime e moderate richieste degli insegnanti, approfittando del fatto che la corrente di maggioranza del loro sindacato gli era politicamente affine e non gli voleva creare troppi imba– razzi. Non è certo conseguenza dell' azione d' Ermini la condizione d' inferiorità. sociale anche rispetto agli stessi statali, la quasi proletarizzazione, com' è stato detto con termine molto efficace, degli insegnanti medi. E' una con– seguenza del fatto che proprio la scuola media, più della elementare e della universitaria, è soggetta alla concor– renza della scuola clericale alla quale vanno da un pezzo le simpatie dei ministri. MA C'E' UN ALTRO aspetto, pi,, generale, della que- stione. Il sistema dei bassi stipendi è stato aggra– va.to, per gli uomini della scuola, dall'incuria dei nùnistri e dall' incapacità sindacale dimostrata negli anni prece– denti dagli interessati; ma è un sistema generale, adottato dal governo per tutta la pubblica amministrazione. A ripa– rame le conseguenze non c'erano che due vie per gli im– piegati: quella cli rifarsi con mezzi meno leciti o illeciti addirittura o quella della protesta aperta dello sciopero. Il governo ha avviato esso stesso gli impiegati sulla pri– ina via. Che cos'è, infatti, il pagare ciel lavoro straordina.1-io che notoriamente non si fa, il compensare in misura spropor– zionata certo lavoro di commissioni, il tollera.re che l'or– dine delle pratiche sia soggetto non solo a raccomandazioni, ma alle mance e alle bustarelle? In queste iniziative e in queste tolleranze del governo v'è evidentemente la preoc– cupazione d'accaparrarsi una devozione che s'ottiene, di solito, molto meglio con le disparità• del trattamento e con _la connivenza nella corruzione che non per la via maestra d'un trattamento eguale ed egualmente decoros,o per tut!i. mwi·a repubblica Scelta respon D TSCUTENDO DELLA CRJ SI che da tempo investe l'organizzazione dei lavorato~i, molti credono di po– terne attribuire la responsabilità maggiore all'uno o all'altro sindacato o partito politico, e non al lavoratore. Ora, se la democrazia è scelta responsabile, e se il la– voratore è degno cli essa, e quindi è in grado di scegliea·e in modo autonomo, non si comprende come si possa ascri– vere ad altri, prima che a lui, gli errori e le debolezze rile– vabili nella difesa dei suoi interessi. Sotto questo aspetto, io ritengo che l'esito delle recenti votazioni delle Commissioni Interne non debba essere in– terpretato solo come un pericolo, ma che esso provi una ce,-ta volontà innovatrice dei lavoratori, la ricerca di nuovi sviluppi. Chi è stato in Commissione Interna, ed ha espe– rimentato il settarismo della maggior parte dei membri della CG] L, vede in queste elezioni anche il segno di una ribellione e di una presa di coscienza. Non già che la crisi sindacale sia in questo momento risolta, ma il tentativo di nuove esperienze è segno cli vita più attiva e indipendente. Per uscire decisamente dalla crisi occorre però affron– tare e risolvel'0 su nuove basi la rappresentanza dei lavo– rntori nellp ar.iende. Chi ha vissuto da vicino le vicende di Commissione Interna ha constatato quanto questo istituto abbia pe,·so di efficienza e di prestigio. La. sua decadenza è principalmente attribuibile ali' impreparazione dei suoi membri e per il resto alla posizione d'inferiorità in cui essi si trovano cli fronte alla cli;·ezione d'impresa. E' 01·mai una comune esperienza che gli uomini della C.I. non si rinnovano o si rinnovano male. Ad ogni elezione si ripete la caccia ai pochissimi candidati disponibili, che in definitiva sono quasi sempre gli stessi: per lo più lavo– ratori spinti da. una ingenua ambizione o succubi della cor• • rente sindacale a cui appartengono. Quelli più idonei al mandato vi rinunciano per salva– guardare le proprie legittime ambizioni di lavoro, o per non incorrere in rischi futuri, conseguenti ad una troppo forte intransigenza verso la direzione aziendale, o per l'eccessivo tempo sottratto alla professione, a causa delle lunghe in– concludenti discussioni che si devono fare nelle riunioni di· O.I. La molteplicità delle liste di corrente, la concorrenza demagogica dei programmi, l'inefficienza del sistema, ag– gravano ancor più la situazione. E' quindi indispensabile addivenire ad una riforma della. C.I. per favorire l'ingresso di personalità più capaci, il che sarà possibile acconsenten– do un più rapido ricambio nella carica, per evitare il peso di doverla conservare per troppo tempo. Ma questa riforma, di cui potrnmo successivamente di– scutere più a fondo, dovrà essere avviata e fermamente vo– luta dai lavoratori stessi. Le organizzazioni sindacali esi– stenti non sapranno mai elevarsi al di sopra del loro oppor– tunismo e sacrificare se stesse all'interesse dei lavoratori. • PIETRO SCHIAVON Quando si riceve per vie traverse o ci s'arrangia per vie irregolari s'è più devoti a chi dà e a chi chiude gli occhi, che non quando s'è compensati in modo eguale e aperto. Ed è appunto questo che ha ottenuto il governo: una bu– rocrazia corrntta e devota - che ricorda le amministrazioni balcaniche dell'anteguerra - al posto d'una burocrazia più onesta e più fiera. Non so se questo effetto sia stato voluto di proposito fin da principio: lo si è raggiunto, e questo è ciò che conta per una valutazione politica. Ma c'è una parte ancora notevole d'impiegati e fun– zionari che non s'adatta alla situazione, che all'acquie– scenza corrotta a una condizione, in fondo, mortificante - anche se la mortificazione è ripagata da molti van– taggi -, preferisce la lotta aperta per nna soluzione nor– male e rettilinea del proprio problema economico. Fra que– sta parte note,•ole si sono schierati i professori medi. Il go– verno non sembra preferire chi si mette su questa via; preferirebbe evidentemente che anche i professori s'adàt– tassero alla situazione, arrangiandosi nei modi che molti impiegati cl'alt,·i settori usano, modi che alcuni profess.ori già cominciavano anch'essi effettivamente a preferire se questa sana ventata dello sciopero non fosse giunta a fer– rnare, sperian10, una corruzione incipiente. * Qualche altra notazione forse si potrebbe aggiungere, per esempio sull'allegra incoscienza d'un parlamento che, ·investito dall'appello degli interessati d'un problema così grave, che dà origine a uno degli scioperi più imponenti del decennio, almeno per compattezza morale e per am– piezza di ripel'Cussioni, non trova di meglio che ... darsi una ventina di giorni di vacanza, dopo una serie d'interventi generici e, talvolta, ambigui sull'argomento. Oppure sul– l'assenza, in un momento éosì grave, in una lotta così de– cisiva, dei professori medi che sono anche deputati o se– natori o mini.-lri. O sulla strana vicenda di quelle solida– rietà promesse dalle direzioni di tutti i partiti e non mantenute da nessuno dei loro rappresentanti al governo. Ma son tutte cose, ormai, d'ordinaria amminlstrazione: segni d'una classe di rappresentanti politici sènza molta fibra e senza molta serietà, i quali è forse desiderabile mo– sla-ino sempre méglio qua.nto sono inadeguati ai grossi pro– blemi che oltrepassano le questioni di partito, perchè gli elettori se n'accorgano e ne liberino parlamento e governo, se anche non riescono a liberarne le direzioni dei partiti, AUO ~'l'INO ZANON DAL BO

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