Nuova Repubblica - anno III - n. 7 - 10 aprile 1955

4 NUOVA REPUBBLICA -----------------------------:- IL CONGRESSO DI TORINO A NNUNZIATO da Nenni pochi giorni prima a Nàpoli, il te~• autentico di Torino è stato quello del rapporto socialisti-cattolici. Ma i con– gressi provinciali non si ei-ano svolti su questo argomento; i delegati (trop– pi « quadri », tuttavia) non lo ave– vano saggiato nelle riunioni di peri– feria; gli stessi dirigenti ed esponenti non lo avevano esattamente concorda– to. Solo alla vigilia del congresso, la Direzione, riunita a Torino, ha ap• provato il testo del discorso di Nenni, in cui è lanciata la nuova interpreta– zione dell'espressione « apertura a si– nistra >>. Errore grave, grazie al qua– le il Congresso non ha potuto decidere veramente. L'errore è tanto più grave, in quanto questo discorso, sul rapJ>orto cattolici– socialisti, avrebbe potuto essere affron– tato da un anno almeno. fofine esso nen è che la precisazione di una formula di combattimento, in sè vUo– ta, quella della « alternativa sociali– sta », con la quale era stata condotta la campagna elettorale del 7 giugno. Ma è un discorso che bisognava ini– ;dare da gran tempo, perché richiede, per la base socialista, il tempo di dive– nfre tollerabile, prima ancora che spontaneo. Nenni non ha tenuto conto di due aspetti della resistenza socia– lista, che saltano agli occhi. Al pri– mo, ha accennato giustarriente il di– scorso di Mazzali. In periferia, l'ac– cordo, anche solo la riconciliazione su un piede di .parità, tra socialisti e cattolici, è psicologicamente difficile. Viviamo in atmosfera di discrimina– zione. L'esponente cattolico locale, an– che se non è, passa tuttavia agli oc– chi del socialista per. quello che si sospetta che sia: "l!n uomo del potere, un uomo che è in rapporti normali col maresciallo o col questore, col pre- \ fetto e col sindaco. L'esponente socia– lista si sente rappresentante dei reietti, di coloro che egli deve difendere ad onta del generale conformismo. Falsa o autentica, quest'atmosfera esiste: co– me dissiparla eia un giorno all'altro; come soprattutto immaginare che, enun– ciata la prima volta la nuova formula, _questa possa apparire di attuazione semplice? L 'ALTRO aspetto di questa resisten– za risale a molto più lontano; è un fatto di cultura politica disceso sino all'istinto della base. La tradi– zione socialista si identifica con quan– to esiste di giacobino, di radicale, nel costume popolare italiano; la tra:di– zione cattolica, con il conservatorismo e il clericalismo. Pensare che oggi vi siano più potenti ragioni di approccio che di distacco è magari assenna(o; ma solo a costo di dare per scontato quel conflitto di · tradizioni. Si dirà:. ma i comunisti J'hanno scontato da un pez– zo, e chiedono di continuo il. « dia– logo» coi cattolici; in più di una occasione, anche clamorosa, i cattqlici lo accettano. Saxà bene ,persuadersi che si tratta di un'altra cosa. Perc~é per i comunisti è agevole, e difficile per i socialisti il dialogo coi cattolici> Prima di tutto, perché per i comunisti la democrazia come mito è già superata. Tutto ciò che va con– nesso con iI tipico concetto di una democrazia repubblicana, il partito co– me centro d'opinione, il parlamer:ito come supremo agone dei confronti, la battaglia parlamentare come rego- • latrice della vita dei governi, il con– tatto elettorale ad personam; e, per tutt'alt_ro verso, lo scandalo verso un'organismo ideologico, la Chiesa, che dirige la politica e la ispira dal– l'altro; tutto questo per i comunisti non è più esperienza radicata e neces– saria : vi si guarda già come ad un mezzo, superabile in qualsiasi momen– to, e salo in ragione del .rapporto di forza. · Ma per i socialisti quegli elementi storici sono ancora diffusi nel sangue, inevitabili. g facile, con Nenni, dire che si tratta ~di motivi ereditati dal Risorgimento . e ora superati. E. ben più difficile, di fatto, che il socialista non senta il fastidio di un interlocu– tore che vi è giunto troppo tardi, che è ancora troppo impreparato per sentire istintivamente in modo pub– blico, parlamentare, d'opinione, quale è ancora oggi l'interlocutore cattolico. • Terzo errore, a nostro avvjso, con– seguente al secondo: lo spregio verso i « minorì ». I lettori ci sono testimoni della nostra severità nei loro riguardi. Ma i « minori », ,se perdono 'via via caratterizzazione e popolarità,' sono sempre qualche cosa, ,proprio per il loro rapporto con la Democrazia cri– stiana. Che i socialisti non lo abbia– no capito, si è vista da discorsi sul tipo di quelli di Pertini, o di Lu'ssu, ma, meno retoricamente, anche in quel– li di Nenni. Al Congresso del PSI, il rapporto socialisti . cattolici si è mi– tizzato come un ritorno al 1944-45, una rinascita: della solidarietà resisten– ziale. g un errore. La Resistenza per i cattolici è un fatto negativo, anche se parecchi di loro vi abbiano par– tecipato. Richiamarli alla Liberazio– ne non muove il loro animo. Invece, c'è un altro elemento della loro sto– ria recente che ha il suo peso deci– sivo: il degasperismo. Esso è ·consi– stito nel cercare puntelli ali~ « laicità » dei cattolici, alleandoli alle rappresen– tanze storiche della laicità liberale, or- . mai digeribile anche dagli stomachi difficoltosi dei discendenti del potere temporale. Riconosciamo che Saragat è così incauto, da provocare questa e ben altre reazioni dei socialisti: ma il pas– saggio verso il centro dei socialisti è ancora mediato in Italia dall'opinione medio-borghese, che saragatiani e re– pubblicani rappresentano. Si potrebbe fa'rne a meno, certo: ma bisognerebbe che i socialisti fossero a 1oro volta abbast~nza liberali (e il loro modo di eleggere le cariche di partito dimostra che non lo sono) o che lo fossero i cattolici (ed il loro modo di fare sottogoverno dimostra abbastanza che non conoscono a fondo la distinzione tra il pubblico e .il privato, che è il fondamento dello Stato moderno). A LLA radice del non detto e del 1 non fatto al Congresso di Torino vi sono dunque errori di preparazione congressuale, ignoranza dell'autentico rapporto attuale tra. socialisti e cat– tolici in periferia, negligenza della condizione storica di quel rapporto _stesso, sottovalutazione delle condizio– ni di congiuntura, e cli rapprèsentanza liberale, che possono mediare l'opera– zione. Questo nei socialisti stessi. Ma tutto non sarebbe spiegato se non sog– giungessimo 1 palmari ostacoli di classe. Non è un fatto ignoto che, dei 22.000 iscritti alla FIOM, solo 18.000 hanno votato alla Fiat in conformità. Questo è più ·grave di tutto: la pe– netrazione dei partiti di• sinistra nella base operaia è diminuita· non solo nella sua irradiazione, ina nel suo stesso fondamento. L'apertura <Jl si– nistra non poteva non pronunziarsi in relazione a questo fenomeno. Per la prima volta, dunque, quando i "socia– listi gridavano che non si sarebbero distaccati dai comunisti, che non avreb– bero rotto il patto d'unità d'azione, il Ibro discorso aveva questo senso autentico: non . spezzeremo la classe operaia. Nulla di più plausibile. Ma perché non dirlo? Perché non trat– tare la cosa allo scoperto? Questo avreb– be valso meglio, che ricordare la lun– ga storia del patto stesso, il sangue e le sofferenze di die!i, di venti anni or sono. Questo avrebbe permesso di dare all'apertura a sinistra quella espli– dta funzione di rappresentanza vir– tuale, da parte dei socialisti, dell'in– tera classe operaia : un . rovesciamento del patto d'unità d'azione. Ma qui i socialisti portavano in se stessi incan– cellabile l'elemento di soggezione che quel patto contiene; il 1imore di ve– dersi sabotati dai comunisti, ignorando che questi oggi non sono già più in grado -di farlo. La verità dell'unità di classe è stata oscurata anche qui dalla timidezza. Perciò a Torino è uscito un risultato monco. ...._ T nostri lettori non hanno bisogno di una cronaca del Congresso, che tutti i giornali hanno fornito ad abbondanza. Ma vorremmo integrare la storia dell'occasione mancata di To– rino, con l'~ccenno agli aspetti vali– damente positivi di esso., L'apertura a sinistra, è già un me– rito · il sqlo averla concepita. Nata come uno slogan, la situazione ita- BibliotecaGino Bianco· liana stessa l'ha trasformata in un problema politico, che l'immaginazio– ne e il sentimento. avevano solo va– gamente anticipato. E per quanto pos– sa spiacere ai socialisti della tradizio– ne, restiamo persuasi che il realismo di Riccardo Lombardi ha rappresen– tato a Torino la più acuta realizzazione mentale del suo contenuto. In effetti nel suo discorso si è colta un'analisi esatta del prnblema, che non è quello di scalzare velleitariamente il patto Atlantico e la Edison, il Papa e l'Unione Europea occidentale, ma di con3urre il paese ad una svolta socia– lista, imprimendo la forza di una dot– trina rivoluzionaria ad uno sviluppo democratico di pieno impiego, di ele– vazione del tenor di vita, di progres– siva autonomia della politica italiana. I socialisti di Torino fìanno avuto l'intelligenza di far comprendere al Paese che i cattolici, per conto loro, non vi riusciranno mai; che ,se vi riuscissero, sarebbe ancora a prezzo cli un ovvio paternalismo; che solo il socialismo può forzarli ad uno svi– luppo democratico risanatore di pia– ghe secolari italiane. Perciò niente è perduto anche se tutto resta da fare. Sulla base Nenni-Morandi c'è risd1io che l'apertura a. sinistra rimanga uno slogan. Ma è altrettànto vero che se i cattolici non cogliessero .questa oc– casione, sarebbero forse, a lorò voi ta, condannati. Ci viene riferito che l'on. Fanfani e i suoi collaboratori stanno studiando attentamente le statistiche della débacle del 7 giugno, città per città. Ebbene, sappiano che la molti– plicazione degli organizzatori vale mol– to meno che 1'inizio di un terzo tem– po sociale, e di una realizza_zione in buona fed~ del piano Vanon1. Ma se questa è la via, resta anche vero che essa non può compiersi in assenza del– la classe operaia. Neppure in Gran Bretagna, dove la borghesia si è mo– strata rassegnatamente malleabile alla rivoluzione Iaborista, i conservaton avrebbero mai svolto essi stessi l'ope– razione dello .stato assistenziale. Fi– guri;moci se in Italia la D.C. da s~la, carica di rappresentanze conservatn_o, potrà ottenere dalla destra economica i sacrifici necessari per una econom1a di' sviluppo e per una redistribuzione del reddito nazionale attraverso la pie– na occupazione. :J dunque possibile che i socialisti non sappiano adoperare politicamente la loro formula dell'apertura a sini– stra, e che ,abbiano quindi a perdere l'occasione storica, come sempre l'han– no perduta, in Italia. Però si sappia almeno che l'hanno enunciata. Senza i socialisti, si tappanb alla superficie le falle del governo Scelba, ma non si tocca l'autentica condizione .italiana. Neanche coi denari degli americani. Il sogno dei democristiani e degli ameri– cani è quello di salvare gli italiani dai comunisti, ma .1enza gli italiani: una perfetta sciocchezza; alludiamo, s·inten– de, _agli italiani che ·vi sono inte~essati, tutti coloro che non hanno, ooè, o l'impiego, o la stabilità dell'impiego, o la sicurezza della vecchiaia. Il merito di Nenni è di avere capito e detto al Congresso socialista 'che l'apertura a sinistra ha questa .importanza storica; che si tratta di inserire, non a parole ma a fattit i lavoratori italia~i com~ protagonisti nella trasformazione, d, struttura del Paese; è l'offerta più democratica che si possa fare. I cat– tolici che non la prendessero sul se– rio, dimostrerebbero ancora una volta il loro innato paternalismo; dimostre– rebbero dì voler acquisire ai loro pro– grammi l'adesione formale, ma non personale, dei lavoratori italiani al loro riformismo. In questo senso, il Congresso di Torino dimostra la sua importanza. Di– ciamo· che è ancora troppo poco, per– ché esso non ha fatto che rivelare al– l'opinione pubblica un dato, una di– mensione non eliminabile della de– mocrazia italiana: ha generato opi– nione, non fatti. Ma d'altro canto, S6 da Torino non nascono effetti imme– diati la resistenza a risseppellire l'aper– tura 1 a sinistra crescerà in Italia nei prossimi mesi. Rimessa nell'incubatri• ce, continuerà a fremere; diverrà gridan– te, al momento in cui, riempitasi se– condo il suo sogno di elettori ( e perciò di rappresentanti) della destra, la DC sarà ancora più immobilizzata di ora. Nenni e Morandi non hanno forse lavorato per se stessi, ma per i loro successori. Non hanno anime mistiche, e la· cosa dispiacerà certamente loro. Ma la verità della loro proposta non ne esce infirmata. I COSE 'DI . FRANC~ lilUSTIZIR MILIT RR Dal nostro corrispondente e ON l'arresto di Roger Stépha11e, redattore di « Fra11ce-Observa– teur », il notissimo settimanale di battaglia di u11 gruppo di intel– lettuali di- sini;tra, la Francia ha il suo « caso Aristarco ». Malgrado le grandi "analogie col' nostro, special– mente da un punto d_i vista operet– tistico, il « caso Stéphane » è più serio e più grave del « caso ·Ari– starco ». Prima di tutto per la dif– ferenza d'ambiente. L'Italia è uscita relativamente da /Joco tem.po da un regime di dittatura la cui maggiore caratteristica era un'qssoluta . man– canza del senso del ridicolo. V enti anni di 'dittatura hanno inoltre creato in una intera generazione l'abi• tudine del supruso, per cui un at• tentato alla libertà è molto me110 sentito in Italia che in Francia. Il per questo che, per esempio, gli Italiani sopportano il peso di un'in– vadenza clericale che in Francia sa– rebbe i11tollerabile per i cattolici stessi. I lettori sanno già di che cosa si iratta. Nel luglio del 1953 e nel maggio del 1954 Roger Stéphane ha pubblicato due articoli sulla situa– zione militare e politica in Indocina facendo dei pronostici che Dien Bien Fu ha poi clam.orosamente e tragi– camente dimostrati esatti. A guerra f'inita, dopo venti mesi I!, vero che i militari hanno tet,· denza a cercar di riversare sui civili le respo11sabilità delle loro incapa– cità. Ai tempi di Caporetto, Cadorna. aveva ben cercato anche lui di dm tutta la colpa ai «disfattisti» invee< che alla sua mostruosa tattica e alle ecatombi che ne erano il risultato. I!, umano che i militari, che sono uo• mini· anch'essi, checché ne pensasse Clemenceau, si difendano come pos– sono. Il grave di questo affare odier– tio è che esso si sia potuto mani– festare in Fra.ncia a dieci anni ap– pena dalla Liberazione. È vero che la stamPa è insorta con una unani– mi~ che rende ancor più strano il contegno gesuitico del << Figaro », giornale conservatore d'antico pelo, ma che tuttavia aveva sempre dato prova di una certa probità e se– rietà. È. vero che l'affare finirà molto probabilmente in coda di pesce, e che la prigionia di Roger Stéphane non sarà certamente molto lun• ga. Resta il fatto in sé, questo at– tentato contro la libertà di stampa di cui l'opinione pubblica francese è gelosissima. Resta questa impressione che certe forme di reqzione sono ancora possibili nel · paese più sensi– bile alla libertà del continente eu– ropeo; forse, anche qui, come co~– traccolpo tardivo del maccartismo americano. L '«affare» Stéphane non è che dal primo articolo e dieci dal se- molto indirettamente in relazione co~do, la giustizia militare crede op- con l'altro, quello delle «fughe» ve- portuno intervenire e non solo in- ri/icatesi nelle discussionf sedicenti se- colpa, ma osa far arrestare ·un gior- grete d~l Comitato di Difesa e dello nalista che fu uno dei più valorosi stesso Consiglio dei Ministri, affare esponenti dell'insurrezione di· Parigi in cui la provocazione poliziesca e contro l'occupante hiltÌeriano nel• certi organismi dell'anticomunismo !'agosto del 1944! prezzolato hanno esercitato il ruolo Il mandato d'arresto è stato ema-. principale. Le notizie raccolte e pub- nato da un ufficiale della giustizia blicate da « France-Observateur » militare addetto ai servizi della CO· avevano lo scopo di avvertire l'opi. sidetta Difesa del Territorio, la D. nione pubblica, della catastrofe che _S. T., il capitano Duval. In questo si preparava in Indocina per arre- stupefacente provvediÌnento si innP..;ta stare una guerra atroce che durava per di più un · particolare eh, lo da sette anni. « France-Obseruateur » rende più grottesco: il capitano ha compiuto "" alto dovere, che Duval aveva precedentemente di- dovrebbe essere proprio di una stam- chiaraJ,,.o che intendeva denunciare ]la onesta e indipendente, conscia per diffamazio11e Stéphane e altri della sua missione. redattori di « France-Obseruateur » Ma questo a)fàre giunge anche in che lo avevano criticato per la stra- un momento iri cui l'opinione pub- nezza delle sue inchieste. L'arresto blica pare stanca e sfiduciata, in di Roger Stéphane acquista j)erciò cui le elezioni parziali si svolgono anche l'aspetto di una vendetta per- • con l'astensione del 50 per ce11to sonale di un magistrato rnilitare che ha perduto la testa. degli elettori e i.,, cui sopratutto la. Mi di che cosa Duval accusa Roger Stéphane? Di « attentato alla sicurezza esterna dello Stato », se– condo la formula del Codice. Atten– tato commesso in che mòdo? Bisogna seguire il filo di una curiosa logica. Secondo l'accusa, dun– que, gli articoli di « France Obser– vateur » avrebbero rivelato allo stato maggiore del Viet Min le debolezze della difesa francese, per cui il ge– nerale Giap avrebbe potuto colpire le forze francesi quasi a colpo sicuro. La catastrofe d'Indocina non sarebbe quindi· dovuta agli errori del piano del generale Navarre, all'incapacità dello stato maggiore francese, alle deficienze di un dispositivo militare che pure la Francia pagava in ra-· gione di oltre un miliardo di franchi al giorno; la disfatta d'Indocina è dovuta a Stéphane e a % Fra11ce– Obse11•ateur ». classe operaia si sente come abba1t• donata e non reagisce neppure alla disillusione di guesto famoso « rendez– vous » d'aprile, promesso da terripo dal governo, e che Si risolve in un aumento irrisorio di qualche salario estremamente basso. I comunisti, esaurito il motivo degli « accordi di Parigi », sono alla ricerca di un nuovo motivo d'agita– zione. È da prevedersi che anche questa volta troveranno qualcosa che si rife~isce a Formosa· o al cancel– liere Adenauer. Da quando son di– ventati patrioti,_ i comunisti si oc– cupano sempre meno della Francia. In quanto a Guy Mollet, domenica scorsa; a un banchetto ~he s'é tenuto a Chatenay, n~i dintorni di Parigi, ha dichiarato: « Non c'è posto alla sinistra del partito· socialista; la si– nistra siamo noi! ». f'osse vero!

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