Nuova Repubblica - anno III - n. 6 - 25 marzo 1955

4 SITUAZIONE MENDESIANA? L A domanda che ci poniamo·, se esiste in Jtalia una « situazione mendesiana », è da qualche tem– po sulle bocche di,tutti gli osservatori. E' una domanda alla quale sarebbe futile dare una risposta precipitosa; ma è almeno necess:irio registrare tutti i sintomi di una sempre più grave inconsistenza della formula governa– tiva attuale, e fissare, se è possibile, qualche timido indizio di alternative. Primo punto. li Governo Scelba può dire, oggi come oggi, cheotutto è per– duto fuorché la ...faccia. La faccia è rappresentata dal voto di vantaggio ottenuto sul rinvio del dibattito parla– mentare intorno al compromesso sui patti agrari. Con quella faccia, Scelba e Martino possono ancora scambiare sorrisi negli Stati Uniti: non di più. Tuttavia, se questa è la situazione aritmetica, polidat, morale del governo Scelba, non si può esattamente ripe– tere tale giudizio in sede tattica. li presidente del consiglio, sebbene ciò possa parere infantile, dichiara che non si alzerà da quella poltrona sin– ché il parlamento non lo caccerà: che lui ha da farsela con la responsabilità parlamentare dei deputati, non con le insorgenze dei segretari di partito. An– che quell'unico voto ha dunque il suo valore, per applicare la logica, formal– mente non eccepibile, del presidente del consiglio. Logica furbesca, d'al– tronde, perché Scelba comprende be– nissimo che, nel suo partito, l'alterna• tiva storica posta dal congresso di Na– poli, non è ancora giunta a piena ma– turazione. Si badi bene: quella alter– nativa suonava nel senso che, sin da allora, il quadripartito poteva dirsi finito, come era finito il vecchio, stan– co, venerando uomo che lo rappresen– tava in quella sala del San Carlo, in qualità di segretario della democrazia cristiana. Tra il broncio di Pella e le temerità di Gronchi, prendeva posto l'impegno di realizzazioni sociali demo– mst,ane, rappresentate dallo stesso Fanfani, e, meglio, da Colombo e Gui, dallo stesso Vanoni. E tuttavia, il centrismo inconcludente aveva e con– serva dalla sua, una stretta misura di voti; per la politica del S. Carlo quegli • stessi voti non ci sono. Dopo di allo– ra, l'on. Fanfani ha giocato sul vuoto, ogni volta che accennava alla conquista cli voti della destra. In realtà la po– litica del S. Carlo è possibile st>lo con voti di sinistra, che sono i pochissimi del PRI, i pochi del P DI, i molti del PSI. La forza di S~elba sta nel fatto che Fanfani non ha il coraggio di qu<i.5tapolitica; per continuare, ba• sta dunque a Scelba il poco di cui di– spone. Come troppo spesso nella vita NUOVA REPUBBLICA politica, la robustezza dell'uno, non è che la miseria del suo avversario. Secondo punto. E' gran ventura che i fascisti si siano scoperti nell'attentato alla libreria comunista di << Rinascita ». Sino a quel momento il governo, e l'opinione conformista, potevano fin– gere di credere che i missini non fos– sero « i fascisti»: dopo quell'episodio, non Io ha scritto più neanche Panfilo Gentile, il quale, con la cauta lungimi– ranza del caso, ha ammonito i missi• ni a non fare i fascisti, perché questo potrebbe avvantaggiare i comunisti. Anche con questo velo di mestizia, le parole di Panfilo hanno il loro valo– re. Quando i comunisti erano pochi e strenui, conveniva consigliare loro di non eccedere, per non alimentare il fascismo; oggi che sono tanti, fa pia– cere che lo debbano constatare anche i più ptudenti: che debbano dire, in una parola, che il fascismo non serve più. Ebbene, viva la sfrontatezza d1 QUESTI PATII AGRARI H A scritto il prof. Rossi Doria, studioso liberale di problemi agricoli, in una lettera al direttore de Il Mondo, che « i proprietari della maggior parte della superficie inte– ressata ai contratti agrari sono dei semplici redditieri che nulla o quasi nulla danno alla terra > e che « i contadini coltivatori, da lavoratori dipendenti che erano, sono divenuti imprenditori indipendenti, gelosi della propria autonomia, ormai provvisti in molti casi di propri capitali, tesi, naturalmente, alla continuità e alla stabilità della propria azienda>. Ve– nendo poi ad esaminare la disoccu– pazione e la sovrabbondanza di ma– no d'opera agricola che rendono spie– tata la concorrenza tra le famiglie contadine, egli ha manifestato que– sto pensiero estremamente n1rido in materia di patti agrari: « In questa situazione è evidente che la tutela dell'iniziativa privata, essenziale per una società libera (o se si vuole, ma nel senso pieno del termine, liberale) non è legata, in questo settore, ad una ri~ida difesa del principio di pro– prietà, ma ad una riforma dei con• tratti agrari che conferisca stabilità e possibilità di sviluppo alle imprese coltivatrici >. quei giovanotti: è bastato che essi comparissero, perché l'on. Malagodi annunziasse che mai si sarebbe alleato con loro (così, come anche l'incidente Messe-Sereni ha avuto le sue provvide conseguenze: è bastato che Messe si manifestasse per il capo della stirpe « nazionale >> degli ex-combattenti, per• ché l'on. Malagodi, memore ancora della battaglia antifascista di Sereni, dichiarasse che il senatore Perrier, li– beral~, aveva avuto torto ad associarsi all'ex . maresciallo). Dunque i giova– nott•i del MSI hanno avuto iI merito di « comparire » : la unione sacra del• la destra italiana non si fa più, per– ché Malagodi (e neppure Togni, sup– poniamo, e neppure Dosi) non vuole più saperne di collusioni nemmeno ca– suali, ~omunque volontarie, con essi.• L'on. Fanfani sappia che, se il PSI avrà appena un briciolo di possibili– smo, egli non guadagnerà più il le– vante per il ponente, che non varerà· riforme con alleanze di destra; né pat– ti agrari; né legge sugli idro-carburi; né legge sindacale jugulatrice per la CGJL. Il monocolore appoggiato a de– stra significherebbe clerico-fascismo: ma l'intermediario, il liberale, non marcerebbe, e allora l'affare non si po- <•..,..• " -· 5) dà e tutto chiede. La giusta causa nel contratto agrario - se pur ispi– rata ai principi di una moderna socialità - non è, di per sé, impo– stazione socialista; è un'impostazione liberale che tende a liberalizzare le molte; moltissime imprese dell'affitto e della mezzadria. L'on. Malagodi è semplicemente un reazionario che vuole non soltanto conservare privi• Iegi esistenti, quanto restaurare pri– vilegi superati. E Scelba e Saragat, in nome della difesa della demo– crazia quadripartitica, hanno, con il loro compromesso, nel quale non c'è traccia di giusta causa, allontanata la possibilità di un rinnovamento democratico nelle campagne e ripri– stinato, dopo quindici anni, il. dirit– to, da parte dej proprietari, alla disdetta. Il buon Saragat, da quel so– cialista che è, non ha voluto perdere LAVORO e SI~DAUATI In Italia, in molta parte delle campagne, non si è ancora formata una società liberale; privilegi di se– coli cd istituti tradizionali, imposti' dalla supremazia della proprietà sul– le forze produttive, non consentono all'iniziativa privata dei ceti conta• clini di estendersi e di progredire, e la terra non è già un libero strumen– to di produzione e di lavoro, {lla di sfruttamento ad esclusivo vantaggio del rcdditicro, che, ai campi, nulla l'occasione di porsi alla destra dell'on. Pacci'ardi. Ma poiché un pizzico di gesuitismo non manca mai nell'opera dei nostri ~overnanti, la giusta causa, cioè il principio, è stata sostituita con l'indennità che, pari al guada– gno dell'ultima annata agraria, spet– terà al contadino escomiato. Il prin– cipio sociale ed economico è stato sostituito con un pasticcio (non sap– piamo come meglio definirlo) che, appunto perché di ispirazione gesui– tica, si rivelerà per un miserevole inganno. Non ci vuole, infatti, molta fantasia a capire che il contadino il quale, per lasciare la terra, ha rice– vuto l'indennizzo, lo dovrà versare, in pratica, per subentrare in un nuovo fondo, il cui proprietario si rivarrà sul subentrante della somma che ha dovuto a sua volta versare per escomiare il precedente mezza– dro. Si verrà a costituire un giro vizioso per cui il denaro della « buo– na uscita > dovrà essere speso per la < buona entrata >, passando da un proprietario all'altro, senza alcun van– taggio per il contadino che, del «giro», non sarà che il tramite. Lettera 22 Inautoe in treno in c!J!reoin albergo sulleginocchia, sultavolo d'unbar, esatta e leggera scriverà lavostra corrispondenza . gliappunti div iaggio i ricordi delle vacan.ze. olivetti La battaglia per « la giusta cau– sa.>, già codificata da un pezzo in quei paesi retti a forme comuniste che sono .... la Francia e l'Inghilter– ra, non si è fermata sul tavolO del Presiden.te del Consiglio, continua in Parlamento - dovo, fra gli stessi democristiani, sono molti quelli che si batteranno (estremamente signifi– cativo il voto alla Camera sul rinvio dei patti agrari, con circa 40 voti contrari di provenienza d. c.!); continuerà tra gli affittuari e so– pratutto tra i mezzadri della Tosca– na e dell'Emilia. BibliotecaGino Bianco COSE DI FRANCIA CIARLATANI PART Do.I nostro corrispondente -~:'IINO al 1914 si insegnava nelle scuole italiane che le Grandi Potenze erano sei: Inghilterra, Germania, Austria, Francia, Russia e Italia. Con la serena e ragionevole modestia di quei tempi, si ricono– sceva che l'Italia era la meno im– portante delle s,i, perché ultima ar– rivata all'unità nazionale. In quanto agli Stati Uniti, essi non figuraz,ano neppure, perché stavano nell'altro mondo, quello che si continuava a chiamare il Nuovo, ed era come un altro pianeta. Scomparsa l'Austria, eclissata e ri– sorta, 'poi eclissata di nuovo e di nuovo risorta la Germania, ingigan– tita la Russia, impicciolitosi il mondo con la facilità e la velocità fantasti– ca delle comunicazioni, ridestatisi a nuova vita i due maggiori popoli CHE FACCIA, ON. BONOMI I coltivatori diretti hanno eletto, per tre domeniche successive, (27 febbraio, 5 e 14 marzo) i consi– gli d'amministrazione delle loro mu– tue, in seimila comuni. Com'era da prevedere la Confederazione della quale è presidente !'on. Bonomi ha riportato un successo di massa. Alle liste non bonomiane sono andate cir– ca duecento mutue ed il 20% degli elettori. Per liste non bonomiane sono da intendersi - tolte alcune insigni– ficanti eccezioni - quelle della Con– federterra, cioè l'organizzazione con– tadina dell'estrema sinistra. I risul– tati, che secondo la stampa di cen– tro-destra starebbero a dimostrare l'inesistenza del comunismo fra i ceti dell'artigianato agricolo, ci imporreb– bero, se disponessimo di spazio suffi– ciente, un esame approfondito. Il 20% della Confederterra non è poco, in questo settore, specie se si abbia il buonsenso di tenere nella debit~ con– siderazione il fatto che a un 40% dei coltivatori diretti non è stata ri– conosciuta la qualifica di elettori. L'on. Bonomi non voleva correre dei rischi troppo ... democratici e in– tendeva assicurarsi a priori un altro . grosso Ente. Non vogliamo con que– sto· dire che il deputato d.c. e le or– ganizzazioni cattoliche non avrebbero vinta la recente co,npctizione, in una situazione di maggiore onestà, ma certamente la vittoria non sarebbe stata cosl cospicua. Vediamo un po' come sono andati i fatti. Prima cli tutto la legge di recente emanazione prevede che i consigli comunali delle mutue siano composti dei membri della sola lista che ha riportato la maggioranza. Nessun voto è attribuito alle altre liste. Già questo avrebbe messo l'on. Bonomi nelle condizioni di conqui– stare e mantenere senza oppositori la Federazione delle Mutue dei Colti– vatori Diretti. Ma le precauzioni non sono mai troppe e l'on. Bonomi ha pensato di impedire ai contadini di tendenze non democristiane l'eserci– zio del voto. Non ha perso tempo ad attuare il suo piano. Per votare i coltivatori diretti dovevano ottenere dai comuni un certificato elettorale dietro presentazione di un documento• aziendale. Il manifesto che li infor– mava su questa procedura non sta– biliva il termine per la presentazione del certificato di azienda. Ciò ha consentito di eliminare i concorrenti pericolosi i quali, è vero, avrebbero potuto, entro venti giorni dalla pub– blicazione degli elenchi elettorali, ri– correre, ma presentando, fra una se• rie di altri, il certificato catastale che, in così breve spazio di tempo, è, in Italia, materialmente impossi– bile ottenere. Con questa semplice astuzia il 40% dei coltivatori diretti è stato gentilmente esonerato dalla fatica di scegliere gli amministratori delle pro– prie mutue. Alla faccia! IL CUOLEGA clell'Asia, Francia, Cerm.ania, Italia continuano a .ritenersi, o a /iugere di ritenersi, le Grandi Potenze, con lettera maiuscola, di cinquant'anni fa. In Francia,' il 'ruolo di trombettie– re della Francia napoleonica, o di Ciouanna d'Arco rediuiva, se l'era assunto il generare De Gaulle, a cui un certo coraggio e una certa inizia– tiva davano un po' più di credito e di prestigio di quello che fosse pos– sibile concedere al 11ostro defu11to Graziani o all'ancor vivente Messe. Bisogna riconoscere che i seguaci di De Gaulle sono stati generalme11te demagoghi con dignità, se mi si per– mette questa espressione paradossale. Essi possedevano ancora un impero coloniale, e si illudevano di poterlo conservare, quando l'Inghilterra in– finitamente più /orte era costretta a liquidare -il suo (non parliamo dei nostri neo che pen!ano di riconqui– starlo). I gollisti non dettero mai spet– tacolo d'isterismo, all'infuori del loro capo. Se il corpo elettorale parve per un istante prenderli i11co,isidera– zione, lo fece per desiderio - o bi– sogno - di not1ità, data l'incompren• sione, la decadenza, La corruzione o l'immobilismo dei vecchi partiti. Oggi la Francia sembra discesa più in basso. Quell'Assemblea che aveva permesso, sia pure in un momento di panico, otto mesi di esperienza Mendès-France, ha dato la. settimana scorsa il più umiliante degli spettacoli: quello di cedere alle imposizioni di un ridicolo ciarlatano di provincia, il cartolaio Poujade, che da una tribuna minacciava dei suoi fulmini i deputati che non aves– sero votato l'abolizio11e del controllo fiscale sulle frodi dei contribuenti di– sonesti, che non avessero cioè difesa la frode! Poujade, in sé, come ho già detto altra volta, non costituisce un peri• colo; esso è piuttosto la manifestazio– ne esteriore, il bubbone che ,nostra il guasto interno della vita politica francese. Urge in Francia portar nuove menti e nuove coscienze nella poli– tica. Se il tentativo che farà indub– biamente Mendès-France e il suo gruppo riuscirà, ·se La « Nuova Sini• · stra > arriverà, prima delle elezioni dell'anno venturo, a essere qualcosa di più coerente ed efficace, la Francia potrà tor,wre a essere La «guida> dell'Europa. È difficile in- 11ece prevedere che cosa avverrebbe di essa se l'epoca dei Pinay e dei clan affaristici dovesse prolungarsi. Ma non bisogna disperare, tutt'al– tro. L'esperienza Mendès, pur con i suoi difetti e il suo insuccesso finale, ha dimostrato che i nt:':vi virgulti stanno sviluppandosi. La Francia non sarà più una « Grande Potenza >, come non Lo sarà più nessun altro paese d'Euro– pa, ma potrà essere il nucleo del– l'Europa futura, che non potrà mai nascere se si continua a pretenderla vaticana e americana o russa. Vorrei che gli Italiani non trovas– sero motivo di un conforto alquanto meschino pensando che se da noi ci sono le disonoranti farse degli scan– dali, del neo fascismo e del gesuiti– smo, in Francia .c'è stato Lo scandalo - soffocatissimo - delle piastre in– docinesi e c'è, oggi, Poujade. Vorrei augurare che in Italia ci fosse, sotto, altrettanto fermento di riscossa e di rinnovamento quanto ce n'è i1l Francia.

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