Nuova Repubblica - anno II - n. 18 - 25 settembre 1954

15 19iornl nel niondo I (;A.VALLI E IL GUADO Ora che la CED non c'è più, il segretario generale del MFE, Altiero Spinelli, rivolge un appello ai fede– ralisti anticedisti, dalle colonne del– la Voce Re pubblica1la, pur essendosi rifiutato, poco prima della boccia– tura della CED ad opera del Parla– mento francese, di esaminare con questi stessi federalisti anticcdisti le prospettive ipotetiche per l'azione fe– deralista che sarebbero nate da un'eventuale crollo della CED: of– frendo così di riaprire quel dialogo che gli avversari del trattato furono costretti a condurre all'esterno dei gruppi e degli organi di stampa fe– deralisti, con ogni sforzo possibile per non farsi confondere con gli av– versari non federalisti della CED. Prima di riprendere un dialogo federalista sulle prospettive che si aprono dopo la fine della CED, bi– sogna però chiarire le idee in campo federalista su quello che hanno rap– presentato il trattato per la creazio– ne della CED e la sua eliminazione. Formalmente, per i federalisti cc– disti esso era uno strumento per giungere alla comunità politica, un primo passo per giungere all'unità europea e altre belle cose di questo genere. Ma che cos'era diventato nella sostanza? In sostanza la CED era diventata l'a11ima di una certa politica federa– lista: i motivi con i quali se ne in– vocava la ratifica (carattere penna– ncntc della divisione della Germania e dell'Europa in due parti o blocchi contrastanti, inutilità, anzi dannosi– tà, di una discussione fra i due blocchi, unico modo di controllare un riarmo tedesco giudicato inevita– bile, e così via) avevano schierato a poco a poco il federalismo ccdista nella corrente d'opinione occidentale più propensa a definire il conflitto attuale fra Oriente e Occidente in un vero e proprio conflitto di religio– ne, nel quale, evidentemente, trat– tandosi di contrasti ideologici insu– perabili con l'arte della politica, non vi era nemmeno da cercare un com– promesso. t chiaro che se la fine della CED rappresenta solo l'eliminazione di un particolare strumento - da molti ritenuto inefficace e dannoso ..._ per raggiungere l'unità politica, come è il caso per molti federalisti, anche fra i massimi dirigenti, ogni ripresa elci dialogo è possibile e ogni possi– bilità di collaborazione può nuova– mente essere contemplata. Ma se si dovesse, con strumenti nuovi, cercare di fare la stessa poli– tica per risolvere un conflitto di re– ligione rimasto insoluto, questo dia– logo sarebbe condannato in partenza, farebbe solo perdère tempo ai parte– cipanti al dialogo e condurrebbe a una polemica velenosa in cui la buo– na fede delle parti sarebbe costante– mente messa in dubbio. Un segno cli questo genere sembra doversi purtroppo riscontrare in un recente articolo ciel Presidente del– l'Esecutivo dcll'Union Européenne des Fédéralistes, il quale spezza una lancia in polemica con i sci cx pre– sidenti ciel consiglio francesi che di– fesero la CED, perché ora che è caduta la CED oppongono riserve ... al riarmo tedesco. Se il ma~g-ior csoo– ncntc ciel federalismo europeo difcn– dl'va la CED soprattutto per il riar– mo tedesco è chiaro che i chiarimen– , i pregiudiziali alla ripresa del dia– logo sono imposti, oiù che da un dovere di coerenza, da un minimo di onestà politica. Se, infatti, per esempio. u'1.a partr dovesse finirr per accusare l'altra di fare dcli'« oltranzismo atlantico o rimericano » invece di voler realmen– te l'unità eurone.;1, e l'altra dovesse replicare accusando la orima a sua volta di favorire, sotto il manto del « neutralismo ::t>, chissà auale « oiano Molotov » o quale « subdolo giuoco dei comunisti e della Ru,;,;;j;t ». sa– .rebbe perfinò i!lutile · cominciare. e Senza dubbio, per interessare l'opi– nione dei vari paesi alla causa del– l'unità politica europea, i federalisti dovrebbero continuare a mettere in luce, oltre che i vantaggi di natura generale derivanti dall'abbattimento delle frontiere n~zionali, dalla crea– zione di una collettività più vasta di quelle esistenti, dalla costituzione di un mercato comune e via discor– rendo, anche i vantaggi più imme– diati, cioè la politica grazie alla qua– le si può più facilmente giungere all'unità europea. Ma proprio per– ché questa politica non serva a contrabbandare qualcosa di diverso, come per esempio il riarmo tedesco, è bene intendersi in partenza su alcune premesse. Se si parte dal presupposto che non è la Federazione europea che deve servire a scopi altrui, ma che, caso mai, gl'interessi comuni che le nazioni europee possono avere con altre potenze debbono servire a fa– cilitare il raggiungimento dell'unità europea, si comincia già a intendersi più facilmente. La Federazione euro– pea non deve essere né un'altra Ce– coslovacchia, né un altro Guatema– la: essa deve piuttosto potenziare le nazioni che entreranno a farne parte in modo da permettere loro, unite, di evitare uan sorte alla quale ri– schierebbero, divise, di soggiacere. Ma se la Federazione europea de– ve mirare, politicamente, a impedire che le nazioni ad essa partecipanti diventino singolarmente satelliti di uno dei due blocchi, a maggior ra– gione non deve diventare essa stessa satellite e non deve quindi svolgere una politica satellite o mettersi fin dalla nascita o dalle operazioni che precederanno il suo difficile parto in condizione di satellite. Se si è d'accordo su questa prima premessa, che è quella che più con– ta. ve n'è un'altra che ha impor– tanza scarsamente minore della pri– ma: pur puntando sulla sua più assoluta autonomia dalle altre po– tenze, la Federazione europea può ignorare le vicende della guerra fredda? Non .ignorandole, deve sce– gliersi fin d'ora un posto nel proba– bile schieramento che si verifiche– rebbe in caso di conflitto mondiale? Questa domanda, che si ponevano i fautori della CED, implica alcuni clementi di confusione. La prima confusione che si fa è fra il tipo di regime politico della futura Federa– zione europea e la sua politica este– ra. Nessun federalista sincero conce– pisce che la Federazione europea abbia un regime politico che non si fondi sulla democrazia di tipo occi– dentale: né fascismo, o totalitari– smo di destra, dunque, comunque si ammanti. chiamandosi salazarismo. clerico-fasdsmo o altrimenti, né re~ gime di tipo sovietico o democratico– popolarc. Ciò non vuol dire però che si deb– ba essere sempre d'accordo con la politica estera di tutte le altre demo– crazie di tipo occidentale, sul modo di evitare la guerra e su quello di tutelare il .regime democratico. Pro– prio perché il federalismo si è con– fuso a un certo momento con una certa politica estera, e con le cor– renti piè, estrcl)1c di quella politica estera, esso ha avuto la tristezza di farsi difendere da uomini come Kcsselring e altri ctiminali di• guer– ra tedeschi. t anche per questo che scrittori americani di altre correnti, come Lippmann e Kcnnan, hanno accolto senza troppo rammarico la fine della CED. Per difendere la CED, si partiva inoltre dall'assioma della divisione permanente della Germania in due e, anche, se non lo si ~diceva sempre apertamente, della quasi inevitabili– tà di un conflitto col blocco orien– tale, derivante dalla insanabile divi– sione ciel mondo e dell'Europa in due blocchi di potenze opposte. Se l'Europa nasce democratica di tipo occidentale, ma non necessariamente vincolata a qualunque politica este– ra o difensiva del blocco occidentale, anche l'inevitabilità della guerra e la permanenza della divisione in -due, o· NUO,V A REPUHilLICA per lo meno della Germania, non sono verità assiomatiche. Fra un Occidente arrriato fino ai denti, con una potenza militare ame– ricana che occupa basi atomiche in ognuna clellc piccole nazioni che con– finano col blocco orientale, senza po– tere 'resistere alla sia pur minima pressione am~ricana, e una Fcdera– lzione europea, comprendente tutta la Germania, ma capace di resistere anche alla massima pressione ame– ricana, oltre che, naturalmente, di difendersi contro un'eventuale mi– naccia sovietica, non è certo che la Russia preferisca tenersi la sua fetta di Germania fomentando il suo pro– prio accerchiamento. In un'epoca in cui le grandi potenze mondiali erano solo quelle bagnate dalla Manica e dai mari europei settentrionali, l'In– ghilterra reputò sempre assai più saggio essere divisa dalla Germania da una serie di nazioni neutrali che impiantarvi i suoi presidi a tutela della sua sicurezza. Il precedente può essere invocato sia trattando con l'America che con la Russia, tenuto presente anche il monito che ne deriva, ossia la necessità dell'unità delle nazioni minori in una federazio– ne che non sia incapace di difen– dersi. Non si tratta ora di scegliere una politica estera europea, m 1 a di dare qualche esempio di una politica in– dipendente, di mostrare-che un'Euro– pa creata dagli europei e non dagli americani (o dai russi o da chicches– sia) non va incontro a prospettive più oscure che se nasce come feudo maggiore cli una potenza maggiore. E infine, per riferirci a un altro scritto di Spinelli, quello apparso sul Mondo subito dopo il voto dell'As– semblea Nazionale francese contro la CED per sfogarvi il suo rancore contro la Francia, l'Europa, · così come nofl può nascere vitale se fatta da altri, non può nemmeno na– scere vitale se fatta da una parte di se stessa, se appare come un'Euro– pa antifrancese, o tedesca, o germa– no-italiana che dir si voglia. t vero che la miglior soluzione del problema tedesco consiste nel– l'integrazione della Germania nella Federazione europea. Ma perché? Perché la struttura, la composizione economico-sociale, la tradizione qua– si secolare della classe dirigente con– servatrice tedesca hanno trasformato la Germania nel pericolo pubblico numero uno della pace europea, che ha minacciato prima di tutto la Francia. Quando i 'francesi hanno letteralmente paura della ripresa te– desca, diretta dagli stessi ceti che già tre volte in un secolo hanno pro– mosso l'invasione del territorio fran– cese, non è, caro Spinelli, naziona– lismo francese, il loro, anche se ad alimentare questa paura vi sono, ac– canto a Mendès-France, comunisti e reazionari autentici: è bensì fon– data· preoccuoazionc per la ricostitu– zione di quelle condizioni che hanno portato la Germania a fare quello che ha fatto nel passato. Mendès-Francc e i suoi amici han– no forse compiuto l'errore di pren– dersela col principio sovranazionale. Ma quello che temevano sopratutto era un progressivo riarmo indiscri– minato tedesco, che è quello su cui puntano Adenauer e i suoi alleati, senza ormai nasconderlo neppure, quando respingono ogni discrimina– zione. Quando un governo tedesco ha fatto, fino a meno di dicci anni fa, quello che ha fatto il governo hitleriano, dovrebbero essere gli stes– si tedeschi democratici a proporre la discriminazione in fatto di riarmo per far cadere ogni riserva nei loro confronti. Se il federalismo europeo ha da essere quello che voleva in origine il gruppo di Ventotene, che lo conce– piva come un potenziamento sul piano internazionale dell'azione an– tifascista, per distruggere aJlc radici quel nazionalismo dal quale emanò come figlio primogenito il fascismo, esso deve escludere in. partenza, per mantenere intatti i suoi connotati ideològici, ogni politica cd ogni stru– mento atti a raggiungere l'unità europea che non siano nettamente antifascisti cd ogni alleanza anche contingente con gruppi politici fa– scisti o legati al fascismo. L'unità federalista ha resistito alla polemica sulla CED perché i federalisti anti– cedisti non hanno voluto tentare cli cambiare i cavalli in mezzo al guado, convinti che davanti a siffatto guado si sarebbe dovuto semmai cambiare cavalli e guado. · PAOLOHTTOKt;LI,I 19 settembre alle I L giomflle di Firenze « La Na– zione » (dello, dopo eJJel'e sla– to acquiJtato dagli zuccherieri, la «Bietola») ha ollenuto ciò che voleva, cioè /'a11n111/ame11to del fe– sti11fll socialcom1111ÌJla del/'« Uui– lfÌ ». Il giorno diciannove 1ettem– b,-e dovev" svolger1i al pa,-co del– le Ca1ci11ela festa dei roJSi, cor– se di cavalli, gare di Ùnuis, varie ed eventuali. Nulla di 111110 ciò è accaduto. lA giustizia ha da euere 11g1wleper tutti, perciò cordoni di /10/izia, militi a cavallo, carabinie– ri, celerolli ed a111obli11de hanno ,barrato il parco fino dall'alba. Me111,-e borghesi e prolet"ri di de– stra e di .riuistra, cani, cavalli, te11- ni11ie pedoni ne sono .rtt1liesc/J11i. S; temeva l'occupazione di forza delle Cascine a_dopem degli e11re• misti e siccome eiò era vietato d11 ordinanze di polizia 1i è pensato bene di inibirne i' accesso à tuJJi. Il so1te11itoremaJSimo del divie– to ai comuniJti è stato il direi/ore della « Nazione», dottor Alfio Ru,so (il titolo di do11ore gli è 1111iversa/111en1e riconosciuto, Jutta– via informazioni di prima 111a110 ga– r,111tÌJco110 che il /n·edetto R11JSO 11011 è ritucito a J11pe,-are I' e1ame di mnmissione alla q11t11"la elemen– fttre) vivace 1icilù1110, autore di lun– ghissimi editoriali dei quali la 11io– le11z"t'erb"le prendt il /,osto dei/e idee e della gra111111atic((. Scopo del Ru110 è quello di da1111eggif/re , 1ocùti-comu11iiti di Firenze, tittac– candoli Jempre ed o·v1111que. Sic– come ;/ 'sindaco dei/" città, J,ro/. Giorgio U, Pira, pare1 1 a ai R11sso tropi,o dolce e ma,uueto nei co11- fro11ti de/l'estrema e troppo pro– clive "i festeggi,1111e11ti dei prole– tari, egli io ha vivace111e11te av– versato con dure polemiche, e co11 contumelie appe11atraspare11ti. Con il ris11ltato che le Cf/scine 10110 Ittite viett1te t1i CoH11111isti, mentre è staia loro t1pertt1la I/ra– da per la rico11quistt1dei comune alle prossime eiezioni amminiitra– tive. U, PiTflinfatti è, da 1010, 11na forza elelloraie considerevole: mor– tificando '" JUf/ posizione è mol– to /Jrobflbile che i ci11q11emila voti di sct1rto esi11e11tin città fra d.c. e «parenti» da 1111 /alo e 1ocùd– fOm1111iI1idall'altro vengano an– nullati e che l'ex 1i11dacoFabiani torni i11 Palazzo Vecchio. Q11el giorno leggeremo con t1tle11zio11e particolare il commento di //I/io RIIJSO. La c,-om1ct1 fiorentina dei giorno diciannove settembre è nutrita di note i11co11s11ele. Centinaia• di cit– tadini, circo/mlii nei J1ressi delle Ca1ci11e, furono fermati, perquisiti, richiesti delle proprie generalitlt. Chi 11011 aveva con sé un documento d'ide11tificazio11e fu (1Yre1tatouuza misericordia e costretto (l rernrsi in que1tura. Visitatori di altre cit– tà rec(1tiiia Fit-enze per diporto co– nobbero i metodi della nostm /JO· lizù, con pieno vantaggio dei 111- 1-iJmopresente e futuro. A Firenze scendeva in quei gior– no la 1q11adradi calcio del Cata– nia, t/Ccompagnatada alcune a11ti- 1111ia di 1ostenitori. Siccome nelle bandiere e1po1te d11i tifo1i ctiltl· nesi predominava ii rosso, eui fu- 1·0110 spesso Jcambiati per agit-prop, e m.,-estati. 111 particoitll"e,le donne 1 1 es1ite con camicetle e capJ,ellini roui, furono prese di mira, lrt1llate con modi brruchi, o peggio, fatte 1eg110ad attenzioni particola1'i,co11- s11eteagli italiani Ji sesso 11u1schi– le anche se appa,-1e11e111i """ q11e- 11Jut1,con Jc(1rsagioù, dei 11uu-ili e pad,-i. Infine 1m gmn numero di fogli di vi" obbligatori cond11sse,-o i malcapitati gitanti ""' p,-oprie reJidenze. Sbarrame11JimaJJicci co11trollt1va- 110le Jtrade d'acceuo aiia città, ti cinque, dieci, quindici chilometri da Firenze, 1eco11do 1111a tecnic(Igià 111atanei 1938, quando MNJJoiiui ed HiJ.ler frateruizzaro,;o iu questi JteJSi luoghi. Macchine ed "'Ilo• p11/Jma11 ve1111ero fe,·11U1te, lrt1/te11u- 1e (I lungo e rimandate indietro. Un cittadino quara11taci11q11e1111e i er(, recato 11,lla via Bolognese cre– dendo erro11eame11te, che d(1 Ja/e Jtrada p(1JJaSJe11nimportante cor– ,a alilomobiliJtiC(I.Vedendo lo ,pie– gamento di forze polizie1che "i margini delit, Jh'tlda fu (11/COl'(I J1itì co11vi11to i1el JIIO errore, rileueudo che i caMbinieri fo,sero lì per ser– vizio d'ordine allt, corsa. Si a,111i– ci11òallora tl 1111 t1/1p11nh1to lie1•e– me11teJtrabico e gli chiese: « 10110 gùì j)(tJSati? ». Un nugolo di t1ge11- ti lo circondò gll(,rdandoio con Jo– Jf!etlo. << I groIIi, intendo dire, ti me intereSS(lllOi migliori>>. Dieci 11u111i dalle unghie nere si J101t1ro110 J111iesue ,palle: gli occor,e di,,,,.. 10 tempo per chù1rit-ei'equivoco. Co1ì paJJÒil diciannove se11e111- bre a Firenze vigilia di 1111 celebre e f(l[uto m1uiver1(1rionella storia d'lt"lia. Al tramonto pochi ci11a– di11i dovero110 pensare che ce11to- 1·e11tiq11atl1'' a 1ni />rima erti termi- 11ato il triJto dominio tempomle dei /)(1/Ji. lnt(ll//0 1111 10/e '"Ido ed amabile tramo11ta11ti dietro il cielo riden– te delle Cascine. A 1alutado /11ro- 11010/tanto voli di 11cceiii,gli unici esseri viventi che rallegrarono il parco dnerto; contro di essi le forze armale della repubblica 1i dimo11,-aro110 impotemi. PA.OLOPA.VOLL'<I 5

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