Nuova Repubblica - anno II - n. 18 - 25 settembre 1954

8 PLAIJSI e botte W Un plauso sincero, che risponde ,,t sentimento che si è diffuso in tut– to il paese che lavora, al dr. Sepe, al dr. Ciocoli e al dr. Scardia, per avere ridonato alla Magistratura ita– liana il prestigio che recenti avveni– menti minacciavano di cancellare. Nonostante le paludate dichiarazioni dell'on. Saragat, tutto il paese sa che gravi interferenze dei poteri politici impedirono a suo tempo che la giu– stizia avesse il suo corso; e che solo un incrocio di fortuite occasioni, cui ha fatto seguito la ferma decisione di qualche magistrato, ha consentito di cominciare a far luce sul losco af– fare Montesi. Non chiederemo per questo il rovesciamento del governo, perché non sembra esistere per il momento diversa maggioranza par– lamentare: ma ci sembra che il giu– dizio che ne deriva sulla nostra clas– se ,lirigente non possa, alla lunga, non ripercuotersi anche sul rapporto delle forze politiche. • Battaglia comunista di Milano scopre che gli uomini di U. P., quan– do parlano di 'garanzie democrati– che', dì 'politica democratica' ecc., dimerlJicano o fingono di dimentica– re che l'I talietta attuale è sempre l' I talietta del prefascismo e del fa– scismo, e che quindi ' è ben vano tale linguaggio pieno d'amore per la democrazia, la ·,ostituzione, il lai– cismo ecc.'. Da parte nostra ag– giungiamo che Battaglia comunista ignora o finge d'ignorare che tutti i dirigenti di 'Unità popolare' hanno combattuto contro l'ltalietta del pre– fascisnio e del fascismo, senza rispar– mia.rsi: e proprio per questo, la loro battaglia è, prima di tutto, battaglia per il rispetto della Costituzione e per una democrazia effettiva. Non una democrazia 'protetta' ma nep– pure, glielo assicuriamo, una demo– crazia ' popolare '. • Il 12 settembre u. s. ebbe luo– go a Verona una cerimonia comme– morativa del decennale della Resi– stenza, con la partecipazione di Pie– ro Caleffi e di Egidio Meneghetti. Dopo la distribuzione delle medaglie alla memoria di alcuni caduti, avreb– be dovuto aver luogo un corteo, per recare corone di fiori sul monumen– to al partigiano: ma il sig. Prefetto di Verona negò fautorizzazione al– l'ultimo momento. Vorremmo som– messamente chiedere al sig. Prefetto: a) sulla base di quale articolo della Costituzione italiana · (Costituzione nata precisamente dalla Resistenza) egli abbia agito; b) sulla base di quali ordini del suo Ministero. ~ Il Bollettino del clero romano sotto il titolo < Occhi aperti!>, de– nuncia ,così i fini che si propone l'A. I. E. D.: < Le finalità immorali, che l'Associazione intende perseguire e il fior fiore dell'anticlericalismo e della massoneria che vi aderisce, non ci possono lasciare indifferenti >. Sembra invece che il ' clero romano ' sia rimasto i11differente alle prospet– tive apocalittiche illustrate nel recen– tissimo congresso romano relativo al problemi della sovrapopolazione. Ma che importa? Dio provvede sempre a tempo, magari con una guerra, non è vero reverendi? 0 A proposito. Via le do11ne dalle biciclette! È uno scandalo che deve cessare. < È soprattutto in bicicletta che si distingue la ragazza onesta da quella spudorata. Ne passano alcune in bicicletta così ben vestite e così composte che meritano la simpatia di tutta la gente sana di ,:ervello; ma ne passano di quelle che a chia– marle spudorate non si dice niente >. E ancora: si lamentava del caldo < una signorina legger·ina, insulsina e stupidina, a nome Clementina, molto malata al piano superiore e quindi molto scoperta 11eipiani inferiori. Ri– cordiamo a Clementina che allor– quando sarà all'i11ferno, sarà perfet– tamente inutile che sia tutta nuda: il caldo lo se11tirà lo stesso :>. Que– sta distinta prosa, alla cui interpre– tazione dobbiamo chiedere l'ausilio di Frwd (che se ne intendeva), può leggersi su un numero del luglio scor– so de « La Domenica>, giornalino clericale stampato a Livorno, e diretto dal Can. Nello Miche/etti. Anche a lui. perdio!, un plauio di cuore. OGNUNO A l.LA morte di talin tutta la politica internazionale è stata sogsetta, per un motivo o pe( l"altro, ad una completa revisione; mai però tale revisione ha preso lo spunto da una cosciente ed approfondita inda– gine dell'atteggiamento sovietico e del– le nuove prospettive che appunto la morte di Stalin poteva eventualmente aprire. Ciò appare tanto più strano ed allarmante quando si consideri l'esi– stenza di una pubblicazione - come questa di cui si tratta - la quale lino dal primo momento ammoniva ad equa– mente valutare Ja nuova situazione, ed il cui autore per di più vanta i mag– giori titoli per un·opera del genere. Infatti lsaac Deutscher è un ex-comu– nista e come tale non soggetto affac– cusa di « utile idiota»; è polacco e perciò meglio indicato di altri a com– prendere anche la psicologia dei russi; è storico di valore e profondo cono– scitore della realtà sovietica, come at– testa la sua ammirata biografia di Sta– lin; è infine di una estrema obbietti– vità pur nel giudicare di° uomini e cose di un regime da lui ripudiato. La tesi di D. è semplice e sugge– stiva. Nessuna volontà umana, per quanto forte e geniale, può comple– tamente imporsi alla realtà sostanziale del mondo: non si spiegherebbe al– trimenti - tanto per restare in argo– mento - la vittoria di Stalin su Trozkij nella lotta per la successione di Lenin: Trozkij fu sconfitto anche perché non avverti che mancavano al– lora condizioni di fatto tali da con– sentire l'espansione della rivoluzione in altri pa.esi e che, di conseguenza, la politica del « socialismo in un solo Paese» era l'unica politica possibile. Questa fu perseguita da Stalin con tenacia e senza scrupoli. Essa richie– deva un rapido sviluppo dell'economia e dell·industria russa, ed a questo Stalin non esitò a sacrificare ogni aspet– to democratico della rivoluzione so– vietica. In effetti, egli ottenne così risultati eccezionali, tanto che ben si può dire che « nessuna delle grandi nazioni dell'Occidente ha compiuto la sua rivoluzione industriale in tempo così breve e tra ostacoli così pauro– si». O-altra parte la continua latente minaccia dall'esterno contribuiva a giu– stificare, di fronte alle masse, la ri– gida disciplina interna, lo sviluppo delle forze armate e della polizia, in una parola il rafforzarsi del regime autocratico staliniano. Ad un certo momento, però, proprio l"azione di Stalin determinò la fine delle condizioni economico-sociali da ·cui la sua formula politica aveva tratto origine e giustilicazione. Infatti, proprio lo sviluppo economico del pae– se, la scomparsa dell·analfabetismo, ecc., hanno diffuso dappertutto una « gran sete di sapere », hanno in de– finitiva spinto la nazione ad uscire, politicamente, socialmente e cultural– mente, di minorità; ora, con una tale nazione il metodo staliniano _di gover– no è, alla lunga, incompatibile. Nello stesso tempo la seconda guerra mon– diale ha posto fine anche alla giusti– ficazione di politica internazionale sul– la quale il regime staliniano si fon– dava, perché l"ascesa al potere dei co– munisti in molti stati ha distrutto la tesi dell'auerchia111en10 capitalistico in– torno alle frontiere sovietiche. La crisi del regime staliniano si rivelò del resto già durante gli ulti– mi tempi della vita di Stalin, attra– verso fa « incertezza e mancanza di direzione» della sua politica estera. Ciò in realtà era conseguenza della esistenza, all·interno del Politburo, di due fazioni in• lotta, l'una che rite– neva « inevitabile >> Ja guerra tra il mondo capitalista e il blocco comuni– sta, l'altra che giudicava possibile un accordo fra i due campi avversi. La prima rifiutava ogni compromesso sulla Germania, l"Austria e la Corea e soprattutto di ammettere il ritiro del– le truppe sovietiche da quei paesi, l"altra disposta ad accettare tale ritiro se poteva valer..e « a comprare la pace ed un lungo periodo di respiro». Stalin negli ultimi tempi non seppe far altro che imporre alle due parti una tregua, rinviando ogni decisione di fondo: accettò la premessa dei « di– stensionisti » (che la guerra non fosse inevitabile) « senza trarne tutte le con– seguenze »; propose il ritiro degli eser– citi di occupazione dalla Germania ma subordinandolo a condizioni inaccetta– bili; prese l'iniziativa per l'armistizio in Corea, ma sempre ne impedì la con– clusione. Cosi « i conciliatori ebbero l'impressione che un armistizio matu– rasse; i loro avversari si rallegrarono che la cessazione del fuoco non fosse ordinata». Alla morte di Stalin la fazione NUOVA REPUBBLICA LIBRI E PROBLEMI I· ------------------------ -LARUSSIADOPO STALIN « distensionistica » prese il sopravven– to, come testimoniano chiaramente i primi atti del go,;erno di Malenkov: riforma del partito e del governo, amnistia, annuncio di nuovi codici, de– nuncia dei metodi brutali della poli– zia politica, cambiamento di « stile » della diplomazia sovietica come prean– nuncio di una nuova politica estera. Furono tutti atti, questi, in evidente antitesi con i principi delrera stalinia– na. D"altra parte, il genere di trasfor– mazioni apportate alla struttura del go– verno e del partito comunista riflet– tevano anche l'esistenza di un contra– sto all'interno del gruppo dirigente sovietico, del quale non si può non tenere conto. Probabilmente Malenkov ha intuito « le speranze e le aspettative latenti nelranima popolare» russa a seguito del progresso cui si è accennato; ha avvertito che un'iniziativa di riforme non poteva per intanto che essere pre– sa dal gruppo dirigente, col che si evitava nello stesso tempo il pericolo di future rivolte. Ecco il senso della sua politica, che non significa per certo il prossimo avvento nelrURSS di « forme politiche analoghe a quel– le proprie delle democrazie occiden– tali », ma che tuttavia può rappre– sentare « una sorta di riformismo il– luminato », preludio forse ad una « ri– generazione democratica » della Rus– sia. Questa dipenderà anche dalla po– litica degli occidentali, essendo evi– dente l'interdipendenza esistente fra fatti interni e fatti internazionali: per– ché l"opera di Malenkov diretta a migliorare il livello nazionale di vita presuppone la fine della corsa agli ar– mamenti, e questa è possibile solo in un clima di pace sicura; d'altra parte ogni rincrudescenza della situa– zione internazionale rafforza in Rus– sia la fazione « anti-distensionistica », la quale non può che essere reazio– naria in politica interna. Numerose sono state le polemiche sorte intorno a questo volume del D., le quali tutte però hanno essen– zialmente avuto di mira raspetto ideo– logico delle tesi avanzate. Così, fra gli altri, George Kennan ha rimpro– verato alrA. di non aver giustamente valutato i particolari caratteri del to– talitarismo. Secondo il Kennan infatti non hanno importanza i fattori econo– mico-sociali che concorrono a dare ori– gine ad un regime totalitario: il fatto è che questi, « una volta consolidatosi, si sviluppa secondo una sua dinami– ca interna per cui finisce col render– si indipendente dalle sue basi origina– rie e col diventare essenzialmente una tecnica o un metodo per la conserva zione del potere ». Il stato anche os servato - da Paolo Serini - che di per se stesso « il progresso tecnico e la formazione in un paese di un forte ceto di dirigenti tecnici non co– stituiscono affatto garanzie contro l'ado– zione o il perpetuarsi di forme di despotismo; anzi, resempio della Ger– mania nazista ... attesta semmai il con– trario ». Ora, circa la prima obbiezione si può anzitutto notare la stranezza di un Kennan che parla di un D. « attac– cato a taluni postulati del marxismo» e poi si dimostra ben più determinista di lui; a parte ciò è chiaro che alla morte di un dittatore non sono impro– babili le lotte per la successione, nel qual caso i competitori devono neces– sariamente di1ti11g11er1i, per giustifica– re la propria rivalità ed insieme per assicurarsi i maggiori appoggi. Nulla esclude che, così facendo, una parte si adegui al sentimento diffuso nel paese, oppure contribuisca essa stessa a diffondere un certo sentimento, che poi a sua volta in qualche misura fi– nirà col condizionare ropera di go– verno : perché anche in ogni politica che si avvia vi è una propria logica che non consente di modificarla di punto in bianco. Nessuno, d'altra parte, potrebbe asserire che la politica sovie– tica sarebbe la medesima se a Lenin fosse successo Trozkij anziché Stalin. Quanto alrobiezione del Serini non ci sembra esattamente paragonabile la situazione della Russia con quella del– la Germania. Questa era una nazione già sviluppata industrialmente e per– ciò provvista di capi e dirigenti di azienda, e furono proprio questi che favorirono l"ascesa al potere di Hitler; in Russia al contrario è una classe nuo– va di tecnici che è sorta sotto il regi– me staliniano, che ha acquistato co– scienza della propria forza e perciò - forse - desiderio di affermare la propria autonomia rispetto allo Stato. Un tale desiderio, in un simile regi.me, non potrebbe che realizzarsi favoren– do un'evoluzione in senso democra– tico del regime medesimo. Non ci sembra comunque che que– ste ed altre osservazioni tocchino ve– ramente il fondo del problema, os– sia la questione della politica occi– dentale nei confronti della Russia. li fatto è che un esame di detta politi– ca non fa che mostrare gli errori com– messi dalle potenze occidentali quan- Isaae Deutselaer LA RUSSIA DOPOS1'ALIN Hondadorl '.19$4 do favorirono le armate bianche con– tro-rivoluzionarie, quando non si op– posero all·aggressione giapponese in– Manciuria e quando esclusero il go– verno sovietico dalle conversazioni per il Patto a Quattro. Successivamente, fra il 1934 e il '38, mentre Litvinof a Ginevra si batteva a favore della si– curezza collettiva, gli occidentali, an– ziché mettere alla prova la sincerità della politica sovietica, preferirono a più riprese l"intesa con Mussolini e con Hitler, fino aU-accordo di Monaco. Quando alla li.ne gli occidentali ricer– carono raccordo con Stalin era troppo tardi: questi aveva già scelto la pro– pria strada. La politica sovietica fra il 1939 e il '4 t divenne tipica politica di « sicurezza individuale »: pur mi– rando ad evitare al massimo il con– flitto, essa tese tuttavia ad assicurare al paese nuovi territori a protezione di un eventuale attacco tedesco che in– fatti non mancò. ln sostanza la storia della politi– ca mondiale fra le due guerre aveva insegnato che il sistema delle « sfe– re d'influenza» costituisce un continuo fomite di dissensi fra le nazioni. Di ciò si rese conto Roosevelt, il cui programma di pace si fondava sulla riconosciuta necessità che le grandi potenze sj assumessero concordemente la responsabilità di garantire in futu– ro la pace non dividendo il mondo in sfere di predominio privilegiato, bensì stabilendo le condizioni atte a garan– tire un•effettiva collaborazione gene– rale, intesa come partecipazione di esse tutte ai grandi affari europei e mondiali e perciò come controllo e limitazione reciproca nella regolamen– tazione di questi. Contro tale program– ma si ebbe lo schieramento concorde di Churchill e Stalin, rilevabile da una serie di atteggiamenti di cui ri– corderemo i due essenziali: il loro accordo del 1944 per le rispettive in– fluenze in Grecia e Romania cd il loro atteggiamento alla Conferenza di Yalta, quando pretesero la divisione della Germania in zone di occupazio– ne, mentre Roosevelt sosteneva il con– trollo comune di tutto il paese. Si finì così con l'avere un chiaro ritorno alla tradizionale politica dell'equilibrio e della sicurezza individuale. Di conse– guenza, nel dopoguerra, i rapporti fra gli occidentali e la Russia non pote– vano non peggiorare. Quando infatti si conta soltanto su noi stessi per la nostra sicurezza, è evidente che si fini– sce col considerare meritoria qualsiasi azione destinata ad estendere la nostra influenza in altri paesi, e pericolosa qualsiasi azione dell'avversario che si sospetti di mirare ad estendere inve– ce- la sua influenza. Alla luce di questi precedenti si comprende il mancato accordo della conferenza di Berlino sulla Germania. c,5iccome si sa che libere elezioni nel paese darebbero la maggioranza ai partiti non comunisti, era naturale d-1e la Russia non potesse accettare la te- si occidentale, considerata soltanto un espediente per poter giungere a schie– rare tutta la Germania nel blocco anticomunista. Il noto però che in pa– recchi paesi la presenza dei comunisti in governi di coalizione è solo servita a permettere ai comunisti medesimi di impadronirsi di tutto il potere: perciò era altrettanto naturale che gli occi– dentali non potessero accettare la solu– zione proposta dai sovietici. La solu– zione del problema tedesco può trovar– si solo in un contemperamento delle opposte tesi: in libere elezioni, come proposte dagli occidentali, accompa– gnate da un preciso accordo sulla neutralizzazione della Germania (con– temporaneamente potrebbe aversi una dichiarazione di garanzia degli Stati Uniti delrindipendenza del paese, che rassicuri gli stati dell'Europa occiden– tale e sconsigli i dirigenti sovietici da eventuali ritorni di mire espansio– nistiche). Con. il che in definitiva si giunge per altra via alla stessa solu– zione prospettata dal D. Dice giustamente il D. che « è raro (se mai avviene) che il disarmo risul– ti da convenzioni internazionali d'or– dine formale. Esso nasce spontaneo dopo che un•effettiva dé1e,11e ha mi– gliorato i rapporti fra grandi poten– ze ». Orn è chiaro che ciò può veri– ficarsi solo dopo che gli avversari ab– biano cessato di fronteggiarsi diretta– mente con le armi al piede; solo dopo che si sia avviata la costituzione di una forza europea autonoma ed indi– pendente dagli Stati Uniti e dall'URSS, capace di sbloccare l'attuale divisione del mondo in due blocchi contrapposti e di favorire la reciproca comprensio– ne fra i blocchi medesimi. Tutto ciò, a sua volta, è legato alla soluzione del problema germanico nel senso sopra delineato. Sappiamo benissimo che una tale soluzione presenta notevoli difficoltà e pericoli che non è il caso quì di in– dagare. Tuttavia è - a nostro pa– rere - la sola possibile, quella che gli uomini liberi non devono stancarsi mai di affermare e propagandare, per giun– gere lino a determinare un moto di opinione capace eventualmente, a un certo momento, di imporsi ai governi. E sia di conforto ad essi sapere che chi meglio conosce la Russia e il co– munismo è esso pure fiducioso che una saggia politica internazionale possa de– terminare una notevole evo I uzione del regime sovietico. Jn questo momento, in cui tutta la situazione internazionale è in movi– mento, tanto più dovrebbero meditare su questo volume del D. tutti in– distintamente i governanti del mondo nccidentale. FltAN('O Il\ \'À NUOVA REPUBBLI §Vll\.'DICINAI.B POl:,JTICO Esce il 5 • il 20 cli opi ■at iaottoo pii pa,iue Comitato Dire.Uioo: P.CllEFFI - I. CODIGNOII - I. GREPPI· .YITTORElll s,,,.,a,io di ,,da.ione: G.FAVATI Redaaion•r Flreue. Piusa de11a Llbertl, 15 (;j0998) Ammini,traa:ion•: Fi~ose 0 Piaua Jadipnideaaa, 29 (183207.08) Abb. annuo (Italia e Francia): L. 850. semestr'31c L. 450. trimestrale L. 250 (Estero, rispettivamente, 1100, 600, 300). Abb. sostenitore: L. 5000. Sottoscrizione mensile: L. 200. 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