Nuova Repubblica - anno II - n. 18 - 25 settembre 1954

LACED È MORTA, VIVAL'EUROPl PROBLEMA TEDESCO E F~JDERAZIONE EUROPEA L A CED è morta. I due problemi che c,m la CED si volevano congiunt1mente ri– solvere, quello della Federazione Eu– ropea e quello dei ra;,porti fra « mon– do occidentale » e « mondo orientale », si propongono oggi distinti e sembra– no voler seguire oramai strade diverse. li federalismo europeo ha avuto, in questi dieci anni 1944-1954, una vita quanto mai travagliata. .2 stata in fondo la vita travagliata dell'Europa tutta, che ha visto dalla Liberazione al 1947 i C.L.N. ed i partiti di sini– stra al governo, dal '48 al '53 le varie democrazie cristiane al potere paladine di tutti gli intere5si conser– vatori, e di nuovo dopo il 1953 il risorgere d'una tendenza democratica che' ci rende ottimisti sulle prospet– tive 'future . .lì stata la vita travaglista del mondo intero, che ha visto dei rap– porti passabilmente amichevoli fra i vincitori della Germania e del fasci– smo, clalla Vittoria al 194~, che ha visto liuesti rapporti pegg,orusi e ten– dersi con il colpo di Stato cecoslo– vacco del 1948, con l'aggressione co: reana del 19~0, fino ali; morte di Stalin, e poi, <lai 1953, che ha sentito spirare un vento di migliore compren– sione, che, passando dalla conferenza fallita di Berlino, doveva portare alla conferenza riuscita di Ginevra. li federalismo eur~peo nw è stato estraneo a questo movimentc dell'opi– nione pubblica in Europa, a questo evolversi dei rapporti nel mon<lo. Fe– deralismo socialista dal 1944 al 19~7, quando i socialisti erano soli al go– verno o collaborava'no in r rancia, in Belgio, in Olanda, in Ital:a, in In– ghilterra, nei Paesi nordir.i, esso mirava alla « Grande Europa». federalismo· democristiano dal 1948 al 1953, quan– do i democristiani erano :il governo soli od avevano la direzione della po– litica estera in Italia, in rrancia, in Ger;ania, in Olanda, in B~lgio, esso ll)irava alla « Piccola Europa », alla piccola Europa dei Paesi democristiani. federalismo politico da! 1944 al 1947, quando ancora non erano tesi i rap– porti fra « 1r.ondo o:cidentale » e « mondo orientale »; federalismo m;Ji– tare poi, dal 1948 al t9:3, quando la guerra tra la Unione Sovietica e gli Stati Uniti sembrava ,J ogni istante imminente. li federalismo europt:1 non è stato c:straneo al velllo nuovo, a quel vento che fa un po' pensare al ve11to del No,-d, che spirava in .Italia nel 1945. Già nel 1953 si è ricominciato a 1Jar– lare di Federazione politica prima che militare: e siamo stati noi dt << Auto– nomia Socialis~a », che ne ·1.bbiamo parlato per primi in Italia, e sono stati i compagni della S.F.1.O. che ne hanno parlato per primi in Fran– cia. Ed ora, nel 1954, si ricomincia a parlare di « Grande Europa » : sem– pre più si parla di w1 i:npegnv ingle– se; « Le Monde », che tutt, sanno quanto sia vicino ai Qua, d Of..ay, ac– cennava pochi giorni fa ad un impegno dei Paesi nordici, della Greoa, della Turchia, della Jugoslavia; il P,esidente !v(endès-France stesso d!chiaravi ad un giornalista ai primi di ago,to, che avrebbe desiderato vedere aderire più strettamente alle iniziative europee fot– ti i Paesi di Strasburgo. e Il federalismo europeo tende a ri– tornare alle posizioni di sinistra, che volevano un'Europa che fosse ponte fra l'uno e l'altro blocco, e non teJ/a di ponte di uno dei due blocchi. Le insistenze di Mendès-france perché la difesa europea sia assicurata attraverso il Patto di Bruxelles, anziché attraverso il Patto Atlantico, tendono a sganciare il comando delle forze europee dalle mani dei generali americani per affi– darlo a mani europee. Stiamo seppellendo l'Europa che vo– levano regalarci i federalisti democri– stiani: la « Piccola Europa », militare, americana. Stiamo avviandoci verso l'Europa che sognavano i federalisti di sinistra: la « Grande Europa », po– litica, europea. Nella soluzione politica può essere compresa la soluzione mi– litare: nella soluzione militare non era compresa la soluzione politica. Il vento nuovo ha investito i - r~p– porti, fino a ieri tesi, fra « mondo occidentale » e « mondo orientale ». Se gli Stati Uniti ancora restano ag– ganciati all'idea della coesiJtk11z11im– pouibile, della g11e,-rai11evit.ibile, ed ancora considerano la loro politica solo in funzione di esigenze strategiche, già gli Stati democratici europei sem– brano voler subordinare le considera– zioni strategiche agli sforzi politici, tendenti ad una ricerca del dialogo per !"organizzazionedi una pace stabile. La politica di Eden sembra volta ad aumentare le possibilità di difesa del « mondo occidentale », per metterlo in condizione di discutere con l'U.R.S.S. su posizioni di forza. La politica, più elastica, di Meridès-France pare inve– ce tendere ad esercitare fin d'ora una pressione sull'URSS per portarla a ricercare con gli Occidentali le con– dizioni d'una coesistenza possibile. Molto si è detto e scritto sulle in– tenzioni del nuovo Presidente france– se. Sembra che originariamente egli volesse servirsi della C.E.D. come di strumento di pressione sui Sovietici : fatta votare dall'Assemblea Nazionale la C.E.D. modificata dai protocolli di ~ruxelles, egli si sarebbe fatto promotore di un incontro a quattro per discutere il problema tedesco, con la minaccia sull'U.R.S.S. della ratifica definitiva della C.E.D. da parte del Consiglio della Repubblica. Il falli– mento della conferenza di Bruxèlles ed il conseguente rigetto della C.E.D. ~ da parte dell'Assemblea Nazionale avrebbe indotto Mendès-France a ri– mettere a più tardi la discussione con i Sovietici. Un nuovo •strumento di pressione avrebbe potuto essere forni– to dalla minaccia di ridar vita ad un esercito tedesco autonomo, in una Ger– mania alleata delle Potenze Occiden– tali. L'incomprensione americana, che in vista della guerra inevitabile, non può ammettere ulteriori dilazioni aJ riarmo tedesco, sembra essere poco ap– prezzata, non solo in Francia dove il nuovo Pres.idente gode di un indiscu– tibile prestigio personale, ma anche in Inghilterra dove al prossimo congres– so laburista si annuncia un'affermazio– ne delle posizioni bevaniste in politica estera, ma anche e perfino in Germa • nia ove il partito di Adenauer i.i Renana, Westfalia e Schleswig-Holl– stein ha già subito - dopo l'avvento in Francia di Mendès-France più • NUOVA REPUBBLICA rovesci elettorali. E chissà che alle elezioni americane del novembre 1954, l'elettore non stia per dare al partito di Foster Dulles un'amara delusione. In guesta situazione una iniziativa diplomatica sovietica volta a non de– ludere le intenzioni distensive di una parte del « mondo occidentale » sareb– be stata, e sarebbe tuttora, desidera– bile. Non basta per assicurare la di– stensione internazionale che l'U.R.S.S. offra all'Occidente ('evacuazione delle due Germanie e la ripresa dei rap– porfi commerciali e culturali fra Ilonn e la Repubblica comunista. E nemme– no basta che i socialdemocratici tede– schi, e Bevan, e Daniel Mayer, e forse lo stesso Mendès-France, vedano la pos– sibilità di rinunciare al riarmo tede– sco, e forse di aderire alla neutraliz– zazione della Germania, in cambio della unificazione attraverso libere elezioni. Bisog11a che I' U.R.S.S. accetti le li– bere elezioni. E non è detto che una Germania unificata, libera, smilitarizzata ma ga– rantita dalle Grandi Potenze, non pos– sa essere al centro di una Federazione politica europea, di una « Grande Eu– ropa Socialista», capace di fare da ponte tra il mondo comunista cd il mondo liberale. GUIDO FUBINI Pubblichiamo questo articolo di Guido Fubini, come auvia,nento ad una nuova discussione sul problema della federazione europea, che si ren– de necessario particolarmente ora che il campo è stntQ sgombrato dalla CED. Come· Paolo Vittore/li osserva in altra parte di questo giornale, 1t,_0i non respingiamo certo la riapertura del dialogo con i federalisti che ci hanno coperto, fino a ieri, di contu– melie e di sospetti. Ma a un patto chiaro: che non si tenti di contrab– bandare in altro .1moflo la merce cedista. Siamo persuasi (e non da oggi, e l'abbiamo sempre detto sui tetti) che l'idea federalista sia inca– pace di espa,ulersi se per la sua at– tuazione si vogliano usare tutti gli strumenti che la politica immediata può offrire, e se in partenza questo ideale diventi strumento della poli– tica di un gruppo ,li potenze contro l'altro. Questo è il chiarimento pre– liminare che ci occorre avere, oltre alle patetiche invocazioni a lavorare tutti uniti. /,i seco,ido luogo, occorre chiari– re meglio a 11oi stessi i termini in cui si pone co11cretam,e11te oggi il problema dell'unità europea e i mez– zi politici che si possono usare a questo scopo, senza falsarlo in par– tenza. No,1 basta cioè aver affermato la nostra opposizione alla CED: bi– sogna anche proporre delle prospet– tive unitarie che non siano sostituti– ve della CED, ma più efficaci e mi– gliori.- Questo sforzo presuppone una seria riflessione sulle possibili condi– zioni di attuazione dell'unità europea, ,sui suoi limiti territoriali, sui suoi caratteri politici; ed un'aperta discus• sione fra tutti noi. L'articolo di Fu– bini vuol essere l'avvio a questa di– scussione. L'ECO DELLA STAMPA Ufficio di ritaeli da ziornali e riviste Direttore; Umberto Frugiuelc Condirettore: Ignazio Frugiuelc Via Giuseppe Compagnoni, 28 MILANO Corri,pondenza: Ca~ella Postale 3549 - Tclegr.: Ecos&.ampa 3 INCHIESTE E DOCVHENTI S_VLL'AHERICA LATINA NUOVO CORSO ALMESSIC e OME ogni anno, il Presi– dente del Messico ha pre– sentato, il primo di settembre, il suo rapporto al Congresso. Questa volta, accanto ai dati relativi alla situazione economica, . il presidente Adolfo Ruiz Cor– tines ha affrontato dei temi più generali, che permettono d'iden– tificare una trasformazione assai importante nella direzione di marcia di quella che si chiama ancora la Rivoluzione Messicana. Dal 1910 al J 954, la storia della Rivoluzione Messicana si può dividere in due fasi perfet– tamente distinte: la prima va fin dopo la crisi economica mori– diale e vi predominano le con° cezioni economiche classiche (ten– denza al pareggio del bilancio, libertà economica totale ecc.); la seconda si svolge sotto i tre ultimi presidenti (Cardenas, Avi– la Camacho e Aleman), e vi si nota la crescente influenza delle dottrine di Keynes e della prassi del New Dea! roosveltiano sul pensiero e sull'azione dei diri– genti messicani. Nel 1952-53, Ruiz Cortincz tentò di sintetizzare le due for– mule, cercando di proseguire la politica di sviluppo economico senza compromettere l'equilibrio del bilancio. Ora, pur senza dirlo espressamente, egli annuncia nel suo rapporto una nuova politica, frut_to dell'esperienza. Si tratta, in realtà, di una N.E.P. messi– cana, di cui tuttavià è difficile per ora prevedere la vastità e neppure le possibilità di effettiva realizzazione. Fino a Cardenas, la politica basilare del governo fu quella di orientare· la vita agricola ciel paese mediante la Riforma Agra– ria, lasciando im;ece ampia li– bertà all'industria (salvo gli ob– blighi legali verso i lavoratori). Gli investimenti furon lasciati alla scelta del risparmiatore, e il risultato fu che nel paese, tra– dizionalmente più commerciante che industriale, si moltiplicarono le imprese commerciali e parec– chie industrie ebbero egualmen– te un carattere semicommerciale. Al contrario, per l'agricoltura non si avevano in pratica che investimenti pubblici (per tra– mite delle banche governative, del Credito Agricolo e del Cre– dito « Ejidal »). Questa politica non sembrava economicamente cattiva, dal mo– mento che il reddito nazionale aumentava d'un 5% annuo, mentre la popolazione cresceva del 3%. Ma dall'epoca della presidenza Aleman, particolar– mente dal 1950, ci si rese conto che la distribuzione del reddito era completamente cambiata. In– fatti, mentre il reddito era rap– presentato prima, per il 40%, dai salari, nel 1950 la propor– zione scese al 23%, andando il resto alla remunerazione dei ca– pitali. Negli ultimi anni del suo mandato, Aleman tentò di cor– reggere questa tendenza, ma sen– za riuscirci; nè vi riuscì nei pri– mi due anni del suo mandato Ruiz Cortinez, tanto più che l'incremento del reddito dimi– nuiva fino a pareggiare l'aumen– to della popolazione. La nuova politica, appena ac– cennata, di Ruiz Cortinez, tende. appunto a modificare questo rap– porto e ad assicurare al salari::> una partecipazione molto mag– giore al reddito nazionale, pw aumentando quest'ultimo. Da un lato,. egli annuncia (senza tuttavia dirlo chiaramen– te, dati i numerosi interessi che gravitano intorno ali'« ejidail– smo », specialmente nella buro– crazia) una liberalizzazione g,,_ nerale dell'economia agraria. S, organizza il credito delle ban– che non statali ai contadini; s'istituisce l'assicurazione agrico– la e, soprattutto, s'incoraggia la piccola proprietà agraria, fino ad oggi costantemente minacciate. ciao-li « ejidos ». L'anno scorso si sono istituiti meno « ejiclos » cli qualsiasi degli anni passati, e si sono protetti molto di più i piccoli proprietari. Senza cn– trai•e in una discussione teori– ca, il governo dà quindi ragione a coloro per cui « ejido » e ri,,o– luzione non sono inseparabili. Nello stesso tempo, il Presi– dente annuncia che gli investi– menti saranno diretti da lui stes– so, mediante un organismo alle sue dipendenze; vale a dire, non vi avranno ingerenza gli uffici dove si trovano incrostati i buro– crati della Rivoluzione, gli uomi– ni che considerano ancora lo « ejido » come la sola forma possibile cli riforma agraria. Il presidente non ha naturalmente affermato ciò esplicitamente, ma è facile indovinarlo. Per la pri– ma volta dunque al Messico, l'agricoltura sarà meno soggetta alla direzione governativa, men– tre l'industria dovrà accettare una direzione per ciò che per essa è basilare, gli investimenti. Questi investimenti saranno so– prattutto diretti verso la mec– canizzazione dell'agricoltura, ver– so la sviluppo delle reo-ioni co– stiere (dove si potrebbe collocare una parte della eccedenza di po– polazione dell'altopiano, che ora emigra illegalmente verso gli Stati Uni.ti, come « braceros »), e infine verso l'industria, nei set– tori di massimo interesse pubbli– co: produzione di beni di con– sumo, e trasfo·rmazionc delle materie prime nazionali. Alla fine del suo rapporto, il Presidente ha affermato: « Il Messico .ha ormai sorpassato l'era del « caudillismo » e elci « regimi personali ». A questa tappa po– litica, assai recente (non più cli ·otto anni); non può non corri– spondere una nuova politica eco– nomica e un nuovo attcggia1nen• to internazionale. Ruiz Cortinez tenta · di formulare nell'azione queste due nuove politiche. È ancora prematuro dire se gli in– teressi contrastanti che coesisto– no nella Rivoluzione Messicana lo aiuter;mno o lo ostacoleranno. Ma il tentativo, il primo da de– cine d'anni nel Messico, merita d'essere segnalato e compreso. \'lt'T.Olt ALll.l

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