Nuova Repubblica - anno II - n. 15-16 - agosto 1954

15 g-iornl nel niondo CHE COSA, DOPO LACED ? C ON la Conferenza cli Bruxelles, la CED è virtualmente morta, anche se non è ancora sepolta. L'esito della Conferenza a Sci di– mostra una volla di più la cecità di tutti quei federalisti che avevano puntato csdusivamcntc sulla CED come « via obbligata >, com e « pri– mo passo>, come « rospo.da trangu– giare» per giungere alla federazione politica europea. Dalla crisi senza dubbio aperta dal– la fine della CED si tratta ora di dedurre un certo numero di conclu– sioni e di criteri d'azione futura. Il rifiuto elci cinque cli accettare i protocolli francesi era probabilmente la cosa migliore che potesse capitare a Mcndès-Francc. Quei testi erano, come bene ha eletto Claude Bourdet su Francc-Observateur, « indegni cli Mendès-Fra,we ». Mentre il Presi– dente dd Consiglio francese aveva dato prova di dfeuivo ardimento politico e cli grande apertura d'idee con la posizione assunta a Ginevra sull'Jndocina c e-on la soluzione del– la questione- tunisina, i nuovi proto– colli sulla CED erano ispirati da uno spirito apt:rtamcntc trasformjsta, e, quello che è peggio, da un trasfor– mismo rosl astratto da contenere cmL·nclamcnti al trattato. destinati ad accontentare i nazionalisti, che sono stati respinti proprio dai ministri na– zionalisti ritiratisi dal suo gabinetto. Mendès-France aveva fatto spera– re, a chi l'aveva avvicinato, di pun– tare su una soluzione dei problemi aperti dalla CED ispirata ad un sano realismo, senza escludere una marcia, magari più lenta, ma anche più sin– cera e pili sirura, verso l'unità poli– tica. europea. Scrubrava anzi che egli volesse scinclcrl' i tre problemi con– tenuti nella CED in modo da pun– tare, lungo tre diverse direttive, ver– so una chiara soluzione di ognuno di loro, e non VLTSO l'intricato com– prorncsso costituito d;,lla CED. Rapporti ron l' RSS, controllo cli un eventuale riarmo tt:dcsco e unità politica europea - i tre problemi che la CED ha dimostrato cli non avere la C.-lpacità di risolvere - avrebbero dovuto essere impostati separatamen– te e separatamente risolti. L'errore cli M('ndès-Francc, dopo avere avuto la chiaroveggenza cli scindere i tre problemi, è stato quello cli non trar– ne tuttt' le conseguenze e di dare l'impn·ssione, per un momento, con i suoi protoco11i, con l'accettazione delle dimissioni dal suo gabinetto dei ministri pili ap ·rtamcntc anticcclisti, con la sua conversazione alla radio ciel 1 'f agosto, cli volersi atteggiare a salvatore in exlremis della CED. Bene aveva eletto il direttore di Le Mo11de, Hubcrt Bcuve-Méry, quando lo aveva ammonito a non abbandonare le sue idee e i suoi ami– ci, per farsi paladino di idee non sue e governare con l'appoggio dei suoi nemici, che se ne sarebbero li– berati non appena egli avesse tirato per loro l" castagne dal fuoco. Quan– do, infatti. Mcndès-France, il 14 agosto, aveva dichiarato csplicitamcn. te di non vedere altra alternativa se non un riarmo tedesco controllato nella CED o un riarmo tedesco ef– fettuato direttamente dagli americani senza nessun controllo francese, egli aveva accettato con ritardo la pre– messa fondamentale che i cc-disti con– vinti avevano per lo meno avuto il coraggio di accett:nc quasi quattr'an– ni fa. t stata questa premessa che ha conferito alla sua base di compro– messo quel carattere trasformista che lo ha posto alla destra dei ccdisti, in quanto eliminava il principio super– nazionale e le disposizioni dell'art. 38, con cui almeno i cedisti cerca– vano di salvarsi l'anima, e che lo ha schierato fra i sostenitori nazionalisti della CED, senza però riuscire a con– vincere i nazionalisti anticedisti. Gli è andata bene, col fallimento di Bruxelles, e meglio potrebbe an– dargli ancora se invece cli cercare di accomodare i cocci si mettesse ora su una via intPramcntc nuova, senza rovesciare le alleanze, ma impostan- do una nuova politica occidenta– lista. La CED era in sostanza, depurata di tutte le sue sovrastrutture, uno strumento che doveva servire agli occidentali per riarmare la Germania occidentale permettendo alla Fran– cia cli dare un'occhiatina a quel riarmo e di tenerlo entro limjti non eccessivamente minacciosi per la sua sicurezza; e per il governo del Can– celliere Adcnaucr doveva costituire inoltre uno strumento per giungere alla piena sovranità ccl anche ad una parità diplomatica con le nazioni ciel mondo occidentale. Su questa strut– tura diplomatico-militare s'inscriva il carattere supernazionale che contri– buiva a deformare tutto e, sopratut– to, a tenere lontana la Gran Breta– gna appena disposta a una platonica « associazione », che ora Menclès• France, col suo viaggio a Londra, potrà tentare cli convincere ad aderi– re ad un altro tipo, più convincente, di patto cli sicurezza. Caduta la CED, nulla vieta cl'irn– pòstare nuovamente il problcrna della unità politica europea sul suo terre– no proprio, che non può essere quel– lo specificamente militare, ma che è quello politico-economico. f:, sem– pre stato un colossale errore cli pen– sare che il crollo cicli• sovranità mi– litari avrebbe determinato il crollo delle sovranità nazionali in generale, per lasciare il posto a una sovranità supernazionale europea. Questo sa– rebbe stato, verq duecento o anche cent'anni fa, quando, all'apice del– l'evoluzione culminata con la forma– zione degli Stati nazionali, la sovra– nità militare era simbolo e strumento della raggiunta unità politica degli Stati nazionali. Ma non è pili vero oggi, dopo una guerra romc lr1 se– conda guerra mondiale, in cui lè for– Zl' armrtte delle sci nazioni fhe avreb– bero dovuto costituire l'esercito euro– peo erano state polverizzate dalle vi– cende belliche. Volere creare un'unità militare pri– ma di un'unità politica è apparso irrealizzabile, and1e perché partendo da una premessa sbagliata, quella della precedenza dei motivi strategici su quelli ideali, si era giunti a11'as– surdo di fare dell'organismo basilare di quest'unità europea, la CED, un organismo subordinato al comando di autorità estranee ai Sci, il co– mando del NATO, e cli prepararsi ad eleggere a suffragio universale il primo parlamento f'Uropco per con– trollare l'esercito comune, come se si fosse trattato di indire degli Stati Generali per consentire ai duchi di Borgogna o cli Bretagna di control– lare l'uso che Luigi XI di Francia avrebbe fatto dei loro denari e dei loro soldati. Se s'imposta il problema dell'unità politico-economica europea su basi autonome, che non pregiudicano Una trattativa con l'Oriente e che non giustificano un ulteriore rinvio della soluzione del problema tedesco, nulla vieta, per intanto, di restituire alla Repubblica cli Bonn la stessa sovra– nità effettiva che, almeno sulla car– ta, la Repubblica tedesca orientale ha già riottenuta. Quando il Presi– dente Grotewohl, come faceva in una recente intervista concessa a Le Mo,i– de, pone i trattati di Bonn e di Pa– rigi sullo stesso piano, quando cioè pone sullo stesso piano la ratifica del– la CED e la ratifica del trattato che restituisce alla Gcr~ania occidcnta1c quella piena indipendenza che egli ha già riottenuto per la Germania orientale, egli dimostra la sua mala fede, in quanto nulla vieta di ratifi– care il trattato di Bonn pur rcspìn– gendo o lasciando cadere, come sem– bra sia avvenuto a Bruxelles, il trat– tato di Parigi sulla Ced. Rimane il problema del riarmo te– desco. Questa è la carta che può essere giuocata ancora, grazie all'esi– to della Conferenza di Bruxelles, per costringere i Russi ad accettare l'uni– ficazione dèlla Germania su basi ve– ramente democratiche; ché se la Ger– mania occidentale dovesse finalmente cssrre riarmata per la reazione nega– tiva dei russi ad ogni proposta seria di unità tedesca, la responsabilità di NUOVA REPUBBLICA 5 VITA DI FABBRICA RELAZIONI UIIANE E STRU1"f ORE AZIEND T L problema delle relazioni umane di cui tanto si parla ogi;i, è il problema dell'inserimento organico del– l'uomo, come .tale e non come sem– plice elemento di costo della pro– duzione, nell'azienda. h cioè un modo di considerare l'azienda non come un complesso regolato da nonne di necessità senza volto umano, m:i come un raggruppamento sodale:, il cui scopo ultimo - la produzione - rientra in un quadro di manifestazioni sociali rispondenti a precise e logic.he necessità dell'individuo. Ma come viene posto, in _yenere, il problema' Ascoltiamo CONQùJSTE DEL LAVORO (CISL) del J 2 i;iugno 1954 («Relazioni umane» di Achille Ciol– laro): « Non è possibile dirigere o comandare, se non sappiamo mcttuc in comunione le nostre anime con quella di coloro che debbono obbedi– re». E, anche più sintomaticamc:nte: « Voi potete comprare il lavoro dd– l\1omo ... ma non potete: comprare l'tn– tusiasmo. l'iniziati\a, la lc,dt:ì, la dt:– vozionc del cuon:, dcli.i nll'ntc, dd– l'animo. Queste co,e ,e le dovete me– ritare ». Ora, è abba,tanz., d1iaro oggi d,c l'azienda, nella sua attuJle strutturJ e funzionamento, non rbponJe pili alk· esigenze sociali <lei nostro tempo. Non si tratta di pressioni a carattere poli– tico - benché, evidentemente, la so– vra~tuttura politica ne vcng,t profon– damente influenzata - , m;t di som– movimento a carattere sociale c.hc opc• ra in quella riproduzione su scala del– la società, che è l'azienda. I fattori che vi concorrono sono diversi e diversamente formati. La pre– messa è posta dallo stesso sviluppo in– Justriale che. ricorrendo alla 111:!SSa come fattore produttivo, ne ha provo– cato l'enorme pressione sulle strut– ture sociali e il consolidamento in posizione determinante. Ma I.o sviluppo di questa preme.,,.,, sotto l'aspetto economico, è dato clall,1 conct"'fltrazionc del rnp1t;1le, cl.ti trullo dell'economia Jiherist.1, dal pieno im– piego e dalla pianif1(il>ione. [; ,ioi: sempre più evidc.'lltc che, ptr pottr funzionare, un si'item,t Clonomico Jeve acquist;1re una fun,icme soci.ile sem– pre maggiore. riferirsi lioè :1 tutt.t una società e non soltanto ;1,gli inte– ressi sezionali di un ristretto ceto di finanziatori-imprenditori. La partecipazione dei lavoratori alla gestione dell'azienda è - come tra– duzione sul piano sodale de,:;li svi– luppi economici accennati - un fatto molto probabile; e gi:'t si avverte, in– fatti, l'impossibilità di far fun;,iunarc ottimamente un'impresa quabiasi sen– za tenere in maggior <.onto la p:1rtc– cipazione dei lavoratori. .Ma proprio qui si nrnnife~ta il tu1- tativo cli dirottare - antilipanJolo una rottura, dopo che fosse statn po– sta al blocco orientale la (_'hiara al– ternativa dell'unità tedesca o del riarmo di Bonn, sarl'bbc chiara, e ricostituirebbe l'unità cli tutti gli oc– cidentali attorno ad una politica con– cordata di riarmo tedesco. Ma questo viene poi e speriamo che non avvenga mtti. Qut'IIO che è urgente, se non si vuole che lo sfa– ccio della CED sia anche lo sfaccio dell'idea europea, 111alauguratamentc legata dai cedisti al patto militarl·, e cli ogni politica estera comune agli Stati dell'Europa occidentale. è cli ri– prendere l'azione per la comunità politica europea. Se Mendès-Francc avesse il coraggio cli farlo, probabil– mente riuscirebbe a salvare il suo governo. Ma guai a lasciarsi trasci11arc in una situazione in cui ogni singolo Stato dell'Europa occidentale andas– se per conto suo a piatirc la com– passione e l'aiuto dell'America o si rassegnasse a poco a poco all'idea cli un'egemonia russa anche in questa parte del nostro continente. Sarebbe dal punto di vista dell'unità europea e dell'indipendenza della politica estera europea ancor peggio della CED, e, dal punto di vista cli quelle stesse indipendenze e sovranità nazio– nali care ai nazionalisti di destra e cli sinistra, la creazione delle premesse ideali per la riduzione di ogni Stato europeo al vassallaf;gio. l'.UILO \'ITTOIIELLI il fenomeno. Le « rc:lazioni umane>> che, per la parte che riguarda iI com– portamento nel gruppo sociale di azien– da, sono pur rilevanti, non rappresen– tano soltanto lo sforzo ideologico cli un rnpitalismo in trasformazione e messo alle strette, ma il tentativo di <.ontrollare e incanalare la prusionc. In questo caso, però, le « rt:la;,ioni umane» avrebbero risolto ~oltanto il problema della sopravvivenza forzai., di forme economiche !,uperate, non il problema sociale vero e proprio. 1: in– terpretazione alla maniera di CON· QUJSTE DEL LAVORO costituisce soltanto una deforma,ione dello s, iluppo lo– gico, indirizzato alla modificazione dei rapporti intra-aziendali dei vari grup– pi che compongono l'azienda. Le decisioniaziendali e la 1,ianificazionc Lu ~chcma dei rapporti 1;cr.1rchi<.i (urganvgramma) ci fornisce un,t rap– prcsent..1tiont: gr:dic,t c.ki rapporti tr.t quc:,,ti sruppi. Esso cl i mina, :ullitutto, due d1 essi: i la\Or,1tori e il pubblic.o ~ pone sii azioni~ti, tr.unJtL i 1010 1.1pprescntJnti, al \ t:llit..e ddl,t pirJ– mi<lc. In rca lt.'t tull,t l,t piramide è onupata cl.ii tcLnili-diiigulti e gli ,ttiu– nbti sono redu:_..i nei limiti ciel loro interes!',e struttur.tle: l,t ri!>lU~:;ioncdei dividendi. Comunciuc, si h.1 un.1 r..1pp1c~tnt.ttio– ne cli rapporti di tipo i;er.mhiw, dJl– l'alto in bass o che non sono nClCS– sari ma c.hc contr,tstano, !)Otto certi aspetti, con la realtà. Non tutti i set– tori aziendali potrebbero riprodurre il grado e il tipo cli decisioni caratte– ristiche di atomi; ma ciò non climi11.t il fatto che chiunque nell'azienda de,c prendere decisioni di maggiore o mi– nore ampiezza, indivich1almente o pu gruppo, e che un andamento ,tzien– Jalc ottimo è afli<l~tto non ff1t11n .t qLil:Stc Jecisioni ignorate che a qudle ulliciali. Ciò thc osgi p,1)~.t :,,otto i I tu mine di << collaboralionc ,11ic.nd.tlc » - ter– mine carico di ~ug,gcrimc:nti e di 111cn– talitù subor<li,utric.c - non è lhe un,t ric.hic~ta a sfonJo i<lt.ologiu, di un \Olurne m.t:,simo di que!)tc,: dc1..isioni indispensabili. J.. a pianificazione aiil· nd.de - tioè il budget, l'organizzazione scientifaa del– la produzione, la programmazione e l'integrazione delle funzioni in l'ln tut– to di parti interdipendenti - non può affatto pern1ettersi di lasriarc nel limbo la massa dei la\(Jratori, né può pretendere di mantenerli in uno :,tato di rirczione l.d esuuzionc pura e ~<.111- plice degli. ordini. ita su quali lince ~i tc.nta qu<.:;l,t in– lcgra,ionc? Sulla linea clcll.1 « lealt:ì » - unilatenle -; ~u qudl,t degli incenti\i eHmomid e delle comp.trtcc.i– pazioni - limitate e <.ontrullJtc; - ; su quella ddle « .c;are so<.ialiste »; 'lll quella dei « comitati l.onsulti\ i»; Ml quella delle idee che, pur comportan– do una funzione cli dirigtnza anzi– Ché di subordinazione, non interrom– pono quest'ultima condizione, es:-iendo esse remunerate senza nemmtno un,l normale contratt:1zione; su quella in– fine delle « relazioni umane» che (cr– eano di dare il senso dcll:1 « grande famiglia» (in senso palcrnali,tirn). Disti.ngucl'c l'autorità dalla funzione Ci pare, invece~ che la sol,t :-iolu• Lione logica, liberante, scx.ialc, si.t quella che porta le rela,i(mi tra grup– pi su un pi.mo ori;,zont.tlc anziché verticale; che cioè distingue e ,epar.1 la autorità dalla funzione. Ciò risponde al concetto (he la produzione serve all'uomo e non J"uo– mo alla produzione; e che perciò ogni uomo immesso - o no - nel pro– cesso produttivo ha un uguale diritto di intervenire con tutte le sue facoltà, e non soltanto con alcune; che, cioè, nessun salario crea un rapporto di subordinazione, o, tanto meno, risolve i legami sociali che intercorrono tra l'individuo e l'azienda. I motivi non sono soltanto morali; diremmo che si trovano insjti nel!J logica stessa dello sviIuppo nonomi<.o. Il ~.tlario, .1J e~empio - che può cs~erc ~tata necessario per superare il periodo artigianale -, tende ad essere sempre meno il risultato di un rapporto cli compra-vendita di forza– lavoro tra individui; quanto più l'azien– da tende a identificarsi con l'interesse generale di una società anziché con quello sezionale cli una classe ristretta, t;rnto pili la remunerazione economica del l.,voralore diviene fatto di inte– rt~!,C colletti\"O e pone il lavoratore in condizioni cli cointeresse alla azienda. D'altra parte l"organizzazione sticn– tilica della produzione, facendo della spL--cializzazione un fenomeno di massa, impone non soltanto la conoscenza del– la singola macchina, ma dell'intero ciclo produttivo; per cui un operaio che li– miti la propria attenzione ad una sola operazione sarà presto altrettanto inu– tile di un pastore posto davanti alla più semplice delle macchine. Infine la relazione sempre più stret– ta tra azienda ed economia generale - tra azienda e società - introduce nel complesso aziendale Lm altro grup– po, il pubblico, che, sfuggendo aJ 01:;ni si~temazione gerard1ica, compri– me e modifica gli ~che111iorganizt..i– th·i tradizionali. iò non eliminJ la neccs~ità di di– Minguere funzionalmente il srado e il tipo di decisioni aziendali; tende in\e– le ad eliminare il vizio cli autorit:t che è riprodotto ogi;i nell'organogram– ma e ad affidare le decisioni di rnag– siorc portata collettiva a pili gruppi. Ci pare d'altra parte evidente che il concetto d'autorità non è insito nel concetto di funzionalit,i. Che i due concetti coesistano; che, anzi, il se– condo serva a pr0<lurrc il primo, è tutt'altro che impossibile. Però - sino a quando almeno l'automatismo completo non abbia cli. minato ;inche la funzione del tecnico– dirigente - il riproporre uno schema di subordinazioni gerarchiche, non giu– ~tificatc pila da strutture economiche a loro modo funzionali, c.--quivalc a rin– uu<lirc su ba-.i artificiali lo scontro tr.t sruppi ~o<.i:di e a distruggere non ,olt.mlo un equilibrio a,iendale rag– >;iunto J l<1ro prezzo, ma anche un'ef– fetti\d integrazione ~ociale. U 11rc1' 3.AI d ell'entusiasmo I.e « relazioni umane» possono ave– re questo compito: esaminare la fun• zionalità delle attuali strutture azien– dali e metterne a nudo i difetti; con– durre a fondo l'analisi dei rapporti lavoratore•azicnda e :1zienda-società; proporre nuove strutture più funzio– nali; eliminare le sovrastrutture, le incrostazioni, le forme parassitarie, cli carattere psicologico e sociologico, che !,Ì verific;1no in ogni azienda e che finiscono per essere sempre più . im– portanti di ogni altra manifesta;,ionc. on è affatto necessario che ci ~i a\'\Olg.1 in un linguaggio umanitario; si 1,uò benissimo condurre questo la– voro ~u un filo strettamente tecnic.o. PJrliamo di produzione maggiore e 91igliore come finalità; ma esaminiamo come si deve produrre e a chi deve servire la produzione. Jnteressiamoci Ji riduzione dei costi e di n1aggiorc produttivit.ì individuale; ma esaminia– mo come ridurre i costi e quali costi e che ripercussioni ha la produttività sull'individuo e suli:L società. Studiamo l'organizzazione del lavoro e delle sue necessità; ma vediamo che cosa s'in– tende con organizzazione del lavoro, chi lo organizza, a vantaggio di chi, e quali sono queste « necessità », chi st,tbilisce che siano « ine\"itabili >>. Noi siamo cOnvinti che dietro :ti solito discorso: - Eh! può <brsi c.hc .1hbiate ragione, irta bisogna pn:x.lurre - si nasconda non soltanto una tesi falsa e interessata, ma anche un enor– me errore che provoca un inutile spre– co di ogni sorta di energie. Le « relazioni umane >>- quali ven• gono intese ufficialmente - dimostra– no, se ce n'era bisogno, che abbiamo ragione e che si tratta soltanto cli dimostrare - e non è poco - perché ci si è convinti che « si può compra– re il lavoro ... ma non l'entusiasmo». E che solo quando questo sia presente è possibile funzionare e far funzio– nare. ifa, attenzione! con quali mezzi e a quali scopi ci chiedete il nostro entusiasmo!

RkJQdWJsaXNoZXIy