Nuova Repubblica - anno II - n. 15-16 - agosto 1954

4 POLITICA NVACANZA L A politica romana è entrata in vacanza quindici giorni fa, mal– grado un timido tentativo del Governo di prolungare le fatiche del Parlamento. .I deputati sono ora tra monte e mare, e solo i col laboratori dell'on. Scelba, e il Presidente stesso, approfittano dei mesi estivi per met– tere a punto qualche cosa del vasto e caotico programma di lavoro, clic l'ultimo Consiglio dei :Ministri 1 segua– ce delle precise ispirazioni della Se– greteria Fanfani, si propone di varare dal prossimo autunno. Il Governo ha visto del resto conchiude;si nell'ulti– ma settimana di operosità parlamen– tare due argomenti fra i più proble– matici: quello IRI-Confindustria, e il bilancio degli Interni. l: su quest'ulti– mo, che la Camera si è posta in ferie, regalando al Governo più voti di soli– darietà di quanti ne potesse sperare: pur di terminare i lavori alla data previs.ta . b sul precedente, che si è coagulata una rnagsioranza tra le più equivoche, dacd1é per il « no » si sono tro\'alÌ associali missini monar– chici e liberali, questi ultimi certo dispiacendosi di cotali vicini~ men– tre per il « sì » è probabile che i democristiani non desiderassero, preci– samente, la solidarietà di Nenni e Togliatti. Ma l'arnbiguitit del voto ,ta soprattutto nel fatto che i libcr,di hanno espresso per davvero le inten– zioni e lo stato d'animo del governo, contrario (meno forse i socialdemo– cratici) in realtà, nella sua maggio– ranza, allo sganciamento dell'JRI dalla Confindustria; essi soli, quindi, sono stati persone serie, in tutta la faccenda: anzi, lo saranno, il giorno in cui dal governo usciranno, per non trovarsi ad avallare tutto ciò che disapprovano: frattura del fronte confindustriale, ap– plicazione della « giusta causa» ai patti agrari, legge sindacale limitata alle giuriclicizzazionc dei contratti col– lettivi, riforma agr.u-ia generale .. Ma poniamo che il Governo prenda tc-111- po su misure così caratterizzanti, per timore di perdere la roalizione dei liberali: se i sociaklemocratid hanno una faccia, sarebbe il loro turno di puntare i piedi contro l'insabbiamento. C'è una terza soluzione, insabbiare senza dirlo, anzi dicendo che si at– tende a compiti più urgenti. t la prassi classica della ·Democrazia Cri– stiana dinanzi ai compiti di fondo del– la politica italiana. Sembra tuttavia difficile che ciò possa farsi, sic et sim– pliciter, dopo il Congresso di Napoli del la Democrazia Cristiana. E al lorn? Tutto questo ragionamento può sem– brare troppo schematico. e fondato su previsioni antinomiche, cio~ sul prc- (continuazione dalla JB pagina) dal loro, allora lo ascoltano come i grandi cui capiti cli sfogliare un album illustrato per J,ambini. La diffidenza è l'unica arma di cui disponga, onde se gli si parla di cose che non lo interessano o lederebbero i suoi interessi fa spal– luccia, allo stesso modo, però, che se gli si parli di cose di cui do– vrebbe interessarsi per scuotersi del suo to,pore. Se chi gli parla è qual– che giovane intellettuale, figlio, come si dice, cli famiglia, ed ora comincia ad essçrcene qualcuno dalle idee aperte, pensano che co– stui abbia sbagliato strada, quin– di non conviene dargli ascolto, ov– vero che sia come tutti gli altri, solo che faccia fare al suo discorso più giri tortuosi per ingc11711arfo. Per essere certi di averne atten– zione bisognerebbe trovare altra gente del loro ceto, già evoluta, che li persuadesse alla buona dal loro stesso angolo visuale. È eia credere, infatti, che a noi gene– ralmente sfuggano le loro prese di posizione, i loro giudizi o me– glio reazioni a certi fatti, la ra– gione profonda del loro apparente assenteismo. Per noi quclld po- supposto che in politica si proceda secondo logica. Può essere un errore, e può darsi, quindi, che si faccia tutto, in modo che ciascuno salvi la sua faccia .e il suo decoro elettorale, pur avallando una politica che non è la propria. Tuttavia noi crediamo poco alla possibilità indefinita ciel funam– bolismo. E ci crediamo poco, perché stimiamo certi uo,nini, perché riteniamo che la DC, sotto l'impulso provviden– ziale della paura delravanzata comu– nista nel Sud, abbia davvero capito che i voti dell'opposizione si possono gua– dagnare anche con i pili fluidi e con– tr:i.dditori sistemi di polemica, ma quel– Ii del Governo si provvedono solo mantenendo, prima o poi, certe pro– messe. Questo ragionamento, che non fa torto a nessuno, crediamo, ed è anzi la stretta applicazione di una regola cli onore politico, ci porta a considerare come non assurda la probabilità della revisione della presente compagine mi– nisteriale. Quando !'on. T'anfani, nel Cùngres– :,o di Napoli, ed in succt:ssive manife– stazioni. ha ae<:ettato e raccomandato al partito il governu Scclba, lo ha fatto soprattutto: I) per chiarire che esso era ed è oggi, e per akuni mesi, insostituibile; 2) per dare al pactito la certezza di quella chiusura a destra, che gli veniva richiesta per consen– tirgli di varcare il traguardo della se– greteri:1. Sappiamo tutti, infatti, che i voti della corrente della «base», che si rivelarono necessari a fanfani per raggiungere la maggioranza assoluta e il premio conferito secondo il prin– c-ipio maggioritario, gli sarebbero stati negati, ove il nuovo Segretario non avesse deciso una volta per sempre cli respingere le alleanze monarcofasciste. Era del resto il minimo che si potesse chiedere ad un neosegretario che, al momento della candidatura alla presi– denza del consiglio, si era piegato a supplicare i voti più cqut,,oci della Camern. Ma oggi che le cose sono fatte, il problema posto eia Gronchi e da Nen– ni resiste, sebbene non esattamente nei loru termini: come sar.ì possibile d,1r corso a certe riforme che, con dispiacere di Panfilo Gentile, conti,we– remo per comodità a chiamare « di struttura », accogliendo nel Governo Lina stretta collaborazione dei liberali, i quali procedono (né s:i.remo noi a rimproverarglielo) dccisa,nente verSo la funzione di un partito conservatore? A questo punto la formula Scelba non funziona più, e biso~na mutarla. Nui siamo di quelli, sinora decisa– mente r:1ri nc:I campo non socialcomuni– sta, i qu:i I i ritengono che non sia vero che esista in Italia una sola for– mula possibile di governo, e cioè quel- vertà ha un srgnilicato materiale che non ha per loro, almeno nei nostri termini. Posseggono una vi– sione troppo totale, and1e se anti– chissima e tradizionale, della vita; !unno chiarissimo, come non più i borghesi, il senso dell'onore, del– la famiglia, ciel lavoro, dell'onestà,' cui la povertà è accessoria. Così, tenendosi estranei dalla vita gene– rale della collettività, subendola dai margini, dal mezzo di un campo, essi conservano intatte certe doti, che temerebbero di perdere - cre– diamo - mischiandosi in altre faccende che non siano la fami– glia e il lavoro. li loro ingresso nella vita poi i– tica - quando che avvenisse - potrebbe portare un'esigenza fat– tiva, concreta, cli rinnovamento in base ai loro principi, vecchi, tra– dizionali, ma sempre validi, di onestà, di dignità, di fedeltà alla parola data, che per loro non sono astratti, ma costituenti della loro civiltà. La loro adesione al co– munismo, quindi, quando l'hanno data e da cinque anni i braccianti siciliani hanno cominciato a darla sempre più numerosi, è un moto di condanna verso il marcio, verso NUOVA REPUBBLICA la quadripartita. Riteniamo invece clic si dovrebbe anche da noi incomin– ciare a meditare il metodo Mendès– france, che consiste nell'affrontare i pubblici problemi nei loro termini rea– li, disposti a battersi per le proprie soluzioni, e a farle accettare dal par– lamento con maggioranze variabili. Mendès-France sapeva benissimo che per l'Indocina avrebbe avuto l'appog– gio comunista, ma che questo gli sa– rebbe venuto meno appena si ragionas– se cli politica economica, in formule newdealiste, le più temute dalla estre– ma sinistra. Lo stesso dovrebbe farsi da noi da un governo della seconda generazione democristiana, il quale po– trebbe, di fronte ai reali problemi eco– nomico-sociali del Paese, basarsi per ora sulla coalizione con i soli social– drmocratki, e accettare cli volta in volta una maggiornnza, ora con voti di Nenni,- ora con quelli liberali: in attesa che una più solida coalizione, coi socialisti, si renda possibile. Na– tural,nente per fai-e quesie cose ci vuole uno stomaco robusto e una parte entusiastica del proprio compito; una preparazione di progetti pensati nei loro più acuti particolari; e una bu– rocrazia efficiente, come quella di cui dispone la i:·rancia. A nostro avviso, quindi, il vero compito del governo Scelba non è quello. delle riforme di struttura, ma del le riforme puramente strumentali: quella amministrativa in primo luogo. Altri obbietterà che an– d1c per le riforrnc strumentali ci vuole già, in un paese come il no– stro, precisamente quello stomaco di cui si parlava sopra; probabilmente invece basta la maggioranza garantita Jel tripartito .. A questo punto, si intenJe, si pone un'obbiezione cli qualche peso: è la Democrazia Cristiana il Partito adatto ad una politica di ùnpcgni riformistici? Non pcrdeni, come l'MRP, la metit dei suoi effettivi? l~a risposta, è chiaro, non dipende eia noi, ma dalron. T'an– fani. Qualche cosa ci assicura che egli tenterà una politica continua e impegnativa, perché gli '!ita dinanzi l'esempio impressionante di come si siano bruciati, in pochi anni, i suoi prederessori, i maestri dell' irnmobil i– smo (e si sa bene che quando par– liamo di immobilismo non alludiamo al fatto che la DC non sia. stata ca– pace di ordinaria amministrazione, ben– sì ad altra cosa: ·ai suo perpetuo rinvio <li una politica adeguata delle zone depresse e della occupazione). Se seguisse il loro esempio, nessuno può garantire, all'on. Fanfani, nuJla per il futuro. li fatto che egli abbia pre– visto, entro un decennio, il successo elettorale dell'opposizione, ci sembra però una indicazione importante. L'on. Fanfani è nelle condizioni di un uomo con le gambe corte, che corre, inse– guito da un cane veloce e non troppo amichevolmente intenzionato: bisogne– rebbe che potesse applicarsi ai garretti un moltiplicatore. I corridori dalle {;Jmbe corte, cU solito 1 non possono farlo: ma in politica la cosa è pos– sibile, e talvolta è l'unica che sia ur– gente e indispensahile. il trasformismo, verso la politica tradizionale che ne ha sempre igno– rato le esigenze. Eppure sono così modeste che a soddisfarle ci vor– rebbe ben poco. Questa è l'articolazione di una piccola città, in fretta si è cercato di passarne in rassegna la condi– zione degli abitanti che sotto la scorza provinciale celano mille possibilità potenziali; ma l'esisten– za di una parte di loro, per esi– genze di vita, andrà a concludersi assai lontano, gli altri si sciupe– ranno tutte le occasioni criticando dai divani di un circolo quelli di un altro circolo e lamentandosi per l'importo delle tasse da paga– re ogni bimestre. Tutte cose che accadono da prima del 'GO. Se le colline che circondano Mo– dica· un giorno la soffocassero, la vita nazionale - ed è naturalissi– mo - continuerebbe come sem– pre a scorrere. Ma se invece, per assurdo, restasse un giorno soffo– cata la vita nazionale, temiamo che la vita continuerebbe a Modica come sempre e molti, non arri– vando più i giornali, finirebbero col non essersene ~ccorti. MODICA, agosto 1954. Il giudizio di un cattolico sullaD. C. NON MORIRE DOPO NAPO L A vittoria di « Iniziativa demo– cratica» al V° Congresso na– zionale della D.C. doveva dar– si trtrnquillamente scontata per tutti. Al San Carlo di Napoli l'on. De CasJ,eri ha pronuriciato il suo « canto del cigno» e i giovani l'hanno ascol– tato co,i curiosità. Volevano sentire l'esame di coscienza « a voce alta» che il vecchio leader aveva at.tcuta– mente preparato. Tutte le carte pu,i– tavano sull'unità del Partito che per nessuna rflgione doveva uscirne in– crinata. Ma l'unità « costi quel che costi», è stato uno slogan che i gio– vani no,i potevano seguire più. Fanfani è oggi il nuovo Segretario della D.C. e i vecchi padri coscritti si trovano ora costretti ad u,w specie di Aventirio; a meditare la loro sco1i– fitta e magari anche la loro rivincita. A conti fatti, al San Carlo ,li Na– /10/i, ILOtt c'è stato nulla di nuovo perché, malgrado tutto, « Iniziativa deniocratica », pur J1roponeudo un radicale rinnovtunento del Partito, non è riuscita a tlite la j,arola « nuova » che La vita politica italia– "'' asj,ettavll. Il solo che abbia par– lato chiaro è stato l'on. Gronchi, quello che viene definito il « vincito– re morale» del v° Co11gresso D.C. Cro11chi ha impostato l~ ma poli– tica sopra una /Jreoccupaziotie mag– giore che trascende gli stretti interes– si di un partito, sopra un piano che a parecchi è sembrato meta.politico perché abituati a vedere le cose col piccolo metro dei loro gesti e dei loro J1ensieri (che chiamano spregiudica– tamente « relllj10litik »), irrimediabil– men-te miopi. Si dice che il Partito sia andato « fi,ialment.e a sinistra», che Fanfani è un uom.o che sa quello che vuole e che riesce a volere ciò che si propo– ne, che Fanfani rinnoverà il Partito e la politica. dei cattolici in Italia. Noi siamo fra quelli che rico,io– scono a Fanfani molti meriti, molte doti e molte capacità. Con la stessa franchezza e con identica onestà pe– rò ci per,nettiamo di aggiungere che tutto ciò non basta a realizzare tuw politica nuova. Già si sono mosse le acque attor,w ai J1ericoli dell'« i11tegralismo » (vedi il dibattito aj,erto da La Mal/a ml/e colon,ie de Il Mondo: « Catto– lici e laici»), già qualcu,io ha par– lato di « offe11siva' dell'i11tollera11za :> che la D.C. si prepara a. sferrare per ottenere il bis del 18 aprile, già qualcu110 rimpià11gc il «liberale» Dc Casperi che, alla fine, contava sulla collaborazione dei « 1aici » e riusciva sempre a schermirsi davanti alla ten– tazione del Governo monocolore. In realtà questi timori sono infon– dati in Italia. Un esperimento Ìl!te– gralista, checché 1te pensi Togliatti, non è j,ossibile nel nostro paese J1er ragio11i fin troppo evidenti. Quello che però ci preme rilevare, do/10 la vittoria di «iniziativa», uo,i è tanto il sapere fino a che punto e i,i che misura i vittoriosi del Sa,i Carlo manterrnnno fede alle loro dichiara– zioni, quanto il notare, ancora una volta, l'assenza di u,in. diagnosi vera– mente 1sauriente che documentasse " tutto il Paese il « se11so del 7 giugno». Moralizzare, decentrare, snellire, ri– formare, sono tutti vocaboli che cor– rono sulla bocca dei giovani « inizia– tivi~ti » e nessuno di noi si sente di metterne in d11.bbio la sincerità. Ma i problemi della vita politica italia– na hon sono, j,urtroppo, soltanto i problemi della politica italimw. NolL è "" gioco di parole. Il 1Locciolo della questione è più sotto. Se " Napoli avessero parlato Laz– zati o Dossetti, queste cose le avrem– mo seutite. C'è stato Gronchi a rime– diare a questa assenza. ll Cong1esso nel decretare quel s11ccesso che ha decretato applaude1Ldo il Preside,ite della Camera, ha implicitaniente ri– conosciuto che quelle cose andavano dette perché erano vùamenle impor– tartti e bisognava dirle una buona volta con tutta sincerità e franchezza.. Applaude,ido Cronchi, il Congresso ha dimostrato che la vittoria di « Ini– ziativa» è la vittoria di chi dispone di un efficiente apparal.o organizza– tivo a/l'i,itemo del Partito e alla fi,ie sa sfruttare con abilità ruw tl'adizio– n.e di « sittistrismo » che, malgrado tutto, si mantieue efficace specie in cute occasio,ii spettacolari · com.~ quella nj,punto di u,i Congresso. Il « capitolo delle colpe» 11011 è stato comj1leto però. La paura di un esame di coscienza che mettesse a nudo i mali della società italiana, ha. impedito al Congresso della D.C. di rapprese,itare verame,ite que_ll'oc– casione storica destinata a cambiare radicalmente la vita di un Paese co– m.e il nostro. Era qui che bisognava a//011dare il bisturi, era cioè nel cor/Jo di ll!Ul società malata e confusa, dominata dal bigottis1110 e della fu,urr, del «rosso», dominata da una tradizione che nou comprende J1iù e che no,, sente più. sua ed è al tcmj,o stesso iuca/Jace di volo-re qualcosa di di– verso per timore del buio, per il sacro timore che ha di tutte le i1Lcog11ite.Al Sa,i Carlo di Napoli si sono sentite molte cose e i giovani (vedi Waldimiro Dorigo, già diri– gente nazionale della Cl A C, che il Tempo ha chiamato « l'iconoclasta del Congresso») non lumno avuto pudori nelle loro denu,ice. H a,rno avuto applausi e consensi; ma al di là di questo risultato plateale, non si è avuto nulla. Non c'è stato altro. ll problema rimane ancora aperto /1erché da Napoli non è uscita se non la vittoria dei giovtmi su.i vecchi. E già un J1asso avauti e senza dub– bio il Paese se ne accorgerà. I gio– vani però dovranno rivedersi, dovran– no ripensare alle loro affermazioni e avere il coraggio di csse~e tenace- 1nentl: consequeuziali. Un paese come il uost.ro per dirsi vivo dovrebbe almeno contare su un « caso Dl'eyfus » nella sua storia. Se da noi tutto vivacchia, se da uoi ci si difende solta1Lto dai «rossi», se da noi le tradizio11i proteggono sol– tanto lt1 faccia di un cor/10 in llgo– uia, gran parte dellll cofpll va rico– ,iosciuta liti un cllttolicesim.o di « re– troguardia.». Ora, se uu'iudicazioue possiamo trarre dal V° Congresso della D.C., è questa: che i giovani che si sono /10sti oggi al timone sappiano defini– re co,i chiarezza la loro rotta perché ancorll ww volta non li colga la secca del compromesso e non li tagli fuori per sempre da mia meta che bisognerà insieme toccare, pena il diventare senza appello quella "' ter– ra di morti » di cui parlava un poeta frtmcese. t'R,\ll'W !IORANDI

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