Nuova Repubblica - anno II - n. 15-16 - agosto 1954

NUOVA REPUBBLICA INCHIESTA SU MODICA, UNO DEI Cf:NTRI DELLA SICILIA ~IERIDIONALE LA PICCOLA CITTÀ M ODICA è un centro della Sicilia meridionale, grosso di 40.000 abitanti. Vive di agricoltura (e fino a non molto tempo fa di tradi– zione). Legata alla prima vi è l'unica industria: due pastifici che impiegano complessivamente meno di mezzo migliaio di persone e che spccliscono oltre la cinta daziaria spaghetti, maccheroni e deputati d. c.; difatti il rappresentante più qualificato di ciascuna delle due famiglie che posseggono i pasti– fici è l'uomo politico del momen– to. Ieri una delle due esprimeva il federale, l'altra il podestà; oggi una iI deputato nazionale, l'altra il consigliere regionale. La proprietà teHiera, in territo– rio di Modica, non è - né mai è stata - sfrenatamente estesa. In genere i più ricchi non vanno ol– tre i 100 ettari di terreno (bastano a contarli le due mani) e vivono dignitosamente di rendita anche ·.:oloro che ne posseggono meno di 10. Ma tali partite sono poche migliaia, il resto è fittamente fra– stagliato in partite spesso infini– tesime (1/8, 1/10 di ettaro o magari meno). La classe intellettuale è recluta– ta per oltre il 50% dei suoi mem– bri fra le famiglie agiate, le quali contribuiscono ad incrementare il numero già alto di medici e di avvocati (uno l'anno al minimo). Ne viene di conseguenza che que– ,t,t classe non abbia caratteristi– che spiccatamente proprie, trovan– dosi ad essere espressione, non si s,t Jino a che punto selezionata, cli quella proprietaria, e condivi– dendone, legata com'è ad essa da doppi vincoli, i miti, i pregiudizi e qualche volta gl'istcrismi. La for– mula politica sulla quale gl'intel– Jcttuali, anche fuori dei limiti del– la provincia, sogliono riposare è quella che li definisce liberrili di si11iJ/rr1, espressione cli una vuo– tezza sconcertante ( né può cl irsi che sia più d'una espressione), buo– n.t comunque a giustificare la man– c.tnza cronica cli problemi concreti o almeno nuovi che la classe intel– lettuale italiana, fatto conto natu– ralmente di parecchie lodevoli ec– cezioni, trascina da oltre mezzo secolo. Gl'intcllettuali di provenienza diversa, figli cli artigiani, cli im– piegati, cli operai e cli contadini che in genere si distinguono per serietà e preparazione, guardano alla si– stemazione borghese come alla con– clusione cli un processo centenario· e se la godono come un premio. Essi tendono a staccarsi definitiva– mente dal ceto di provenienza, verso il quale, anzi, assumono una posizione acre e severa. Gli operai, piuttosto ridotti di numero, non si sono ancora del tutto svincolati da certi legami di clientela col ceto dirigente. Pre– statori giornalieri di opera, da pa– dre in figlio sono entrati ciascuno nel corpo di certe famiglie, affe– zionandosi ad esse e giudicando l"operato dei loro « padroni » co– me assolutamente il migliore. Ora in genere si trovano a costituire grandi imprese, costruttrici, per lo più, di opere pubbliche. La precarietà dei contratti li costringe a legarsi personalmente ai Cdpi dell'impresa: gli appalta- tori, che fanno un capitolo nel– l'antistorica storia del mezzogior– no d'Italia, legati alla loro volta agli uomini politici della maggio– ranza (né mancano appaltatori cli ricambio per altri eventuali regi– mi). Così un vincolo che li lega a qualcuno non è stato mai spezza– to. Il loro tenore di vita, mode– sto, ma mai basso quanto quello, per esempio, dei braccianti, ha il pregio di una certa stabilità ed ora, raggiunta l'autosufficienza econo– mica, essi potrebbero cominciare a tentaci nuovi passi avanti. Infat– ti, specialmente dopo la guerra e i grandi avvenimenti che le sono se– guiti, il loro orizzonte si è fatto più vasto. Mancano ancora però di quella capacità critica di giudi– zio che solo può dare il saldo pos– sesso di certi principi. Sarebbero in grado di apportare un notevole appoggio ad una classe dirigente di ricambio, ma non possono co– stituirsi a tale da soli. Sia per pochezza di numero, benché tale indagine investa non solo gli ope– rai ma tutti i lavoratori (artigiani, negozianti, piccolissimi proprieta– ri di beni specialmente mobili ecc.), sia per mancanza di prepa– razione e di esperienza. Prova del– la loro ancora deficiente maturità è un pregiudizio categorico, pro– prio di cittadini, verso la gente di campagna, imprescindibili allea– ti per un rinnovamento sociale. La loro visuale politica è abbastanza limitata e non arriva ad investire problemi che 1101i siano quelli del– l'esistenza quotidiana. Questo è il problema - archetipo del sociali– smo - che costituì la base per la formulazione dei primi program– mi dei movimenti operai, ma che dette l'avvio ad altri grossi pro– blemi. La storia del sociaIismo non è storia soltanto del problema eco– nomico di una classe, ma anche, principalmente, di svanat1ss11111 problemi politici innanzi ai quali solo ora ( a sessanf anni dai socia- 1isti torinesi o milanesi) la nostra classe lavoratrice, né sempre e con tutti i suoi membri, si fa attenta. Chi milita nel partito comunista - costui è già più evoluto degli altri - aspetta qualche cosa che non saprebbe o che è probabile non veda sotto l'intera luce. Forse i più impreparati alle conseguen– ze di un regime di tipo comuni– sta - è un'ipotesi azzardata? - sono proprio coloro che milita– no nelle file estreme, attrattivi da un giusto istinto, non da una ra– gione precisa. La lotta di classe, nei nostri luoghi, per la struttura preborghese della società che vi domina, non ha mai trovato il cam– po più adatto, vuoi I er l'assenza di una coscienza operaia, vuoi per la facile accessibilità nclJa classe borghese, così detta, che solo ora tende a chiudersi. A determinare questa chiusura sono principalmen– te coloro che vi hanno acceduto da altre classi. I contadini costituiscono il nu– cleo più grosso della popolazione modicana, infatti oltre la metà di essa accudisce a lavori agricoli. Si deve avvertire che la definizione di contadino investe più posizioni sociali. Almeno tre. In primo luo– go sono i 111t1JJr1ri o ,~c1bel/01i. Co– storo conducono in atiitto, pagando dei canoni 111 denaro o in natura, i grossi appE·zzamenti di proprie– tà dei cav,dieri, che vivono quasi esclusivamente dal ricavato di que– ste rendite. I canoni d'affitto non sono eccessivamente alti, ma sem– pre proporzionati alla produtti, i– tà del fondo per cui si corrisp0n– dono. Inoltre la coltivazione r0u– toria permette agli affittuari l'al– levamento del bestiame in quantit?t notevole, così che la vendita la– sci anche un margine dal paga– mento dei canoni d'affitto. l uwJ– Jriri costituiscono una casta coi suoi gradi di nobiltà (i 111asJr1ri b110111), sempre ligia a quella cui seguo– no immediatamente, dei proprieta– ri detti c,IV(,/ieri. Nell'ultimo ven– tennio si è intensificato un processo di assimilazione e di assorbimento di elementi della seconda eia;,,; nella prima. I 111aJJari attravcr,o l'allevamen– to del bestiame cl isponcvano da Il forc~tit·10 c-ht• ~i 11mi ~1 p<1:---.i1t·pe, un pac~c o una cittadiu.1 li , t•clc ~i111ili in tutti gli aspclli a mute alti c. Qm·~l~t M>– miglia,ua I ealc rra tulli i 11iccoli ccnt1 i è invece motivo di dispmi1à f,:, l'uno e l'altro 1wr l'abi1a11tc del « MIO " pacJit', Co– lui che c'è nalO e vissulo ttova lutto di– verso rra la sua c le al11c ci11à: diITc,cnza sostanziale non c't• fra le cost·, 11m (•sii guarda al di là cldll· co~c: la tradi,,ionc, gli usi. le cii co~tan/t' che <.klt.'1 miuano lt' cose. Quando un qu~tlunque fatto acc:.1dc 1u-l «suo» paci.c, egli ce,ca non tanto le ragioni che lo hanuu provuc.ito, quanto le reazioni che suscita• nt·i ,a,i ambit·nti. Per i /Jro11i,icioli la su11 ia è crn,tituita da 1>iccoli fatti, da vicrndc minime clic !.i innestano maga,i su a,,·c·11i1111•111i p li g1ossi, n1i gli uomini pc,ò 11•.,t,lllfl :-cm1uc c-.t1a1H'Ì. lmpa,;;sibili giudici wn1JJJC i,taccali e cli!,1:uiti dal 101 o tempo. Ciò che si , acconla cli mm di c111eM(' cit– tadine ,,ot1rbbc racconta1'!i di lalll<' .ilt11·. con piccole v.iiia111i; 1'0111o~c11rit:\ s1t·~1 di certe tcndcn1.c 1 di cc11i pc11,;it·1i. co,;tituii-c·t·, guanlandola attcntamc-nh.· 1 molho di di!Tt-– rcnz.iazionc. Il follo vi,o è co,1i111ito da 1111 certo 1i1>0 cli m1·ntali1à t·d c~o i.i arqui-.ca ,ivc11do ini11tc11ottame11k iu 1111 lun~o. r,a– lc stc~c 1>crsonc. gua1cla11clo il numclo scm– JJIC da ct.·1·tc finc,;;trc, con:,,rl\a11clo. finché si abbia fo1-ta, cc1ti prcgiudi,i cl1l' 0lt1c uu 1ctaggio ra1>1>rcscn1ano 1111a dirr-.a ,alida contro la realtà. un pezzo di grosse somme che hanno investito in terreni, l'uni-– ca speculazione possibile, man ma– no che i propreitari terrieri, per varie crisi sopravvenute, hanno dovuto vendere. Appena che da conduttori di fondi ne sono di– ventati proprietari, si sono sentiti investiti da un sacro crisma, così da perdere le loro abitudini buone per- acquistare, nel giro di una sola generazione, le cattive di co– loro ai quali sono succeduti. L'u>1i– ca classe di ricambio, quindi, ha fallito sul nascere. Coloro invece che pur essendosi fatta una note– vole -posizione sono rima,ti legati alla terra, continuando a lavorarla personalmente, a vivere in cam– pagna, ad occuparsi di persona del bestiame, sono rimasti fermi ad una concezione piuttosto primitiva della vita, con esigenze limitatissi– me. Preparano silenziosamente una successione rm•rdleresra ai figli o ai figli dei figli. Essi non si inte– ressano quasi affatto di questioni politiche, votano per la cl.e. e re– sterebbero indifferenti a qualun– que rivolgimento che non li pri– vasse della loro vita campagnola, dei loro proverbi, della loro reli– giosità pagana. Da loro la Chiesa preleva nuove reclute almeno da un secolo. Una classe di mezzo fra 111,1JJari, possidenti, e b1wcia111i. proletari, è quella di /1!uoli o pircoliJJi111i propriet,11-i ( dJ tre cttJri a meno cli uno) che vivono del prodotto modesto del loro po' di terra col– tivata personalmente e coll'aiuto della famiglia, e prestano occa– sionalmente la loro opera a terzi. Questa è la classe meno stabile, inghiottita in genere da una delle altre due, ma raramente capace di allargare i limiti del proprio pic– colo campo. Le successioni rap– presentano una divisione di deci– mali divisi ancora all'infinito. I membri di questa tendono all"e;pa– trio verso la città, dove si fanno artigiani, picco! i commercianti op– pure, con sforzi notevoli, profes– sionisti. La più numerosa e diseredata è la classe bracciantile. Essa sof– f rc pi,1 di tutte ogni aumento del costo della vita e deve sopportarne il peso. L'unico termine di para– gone rispetto a tutti i costi è il prezzo del frumento. Si aggira intorno alle 8.000 lire il quintale. Il contadino e chiunc1uc vive dal ricavato dei prodotti della terra deve riportare tutti i suoi impe– gni al prezzo del grano e pareg– giare le entrate e le uscite rispetto alla quantità disponibile di fru– mento e del suo prezzo. Ora, anche le spese che importa l'ingaggio di une o più braccianti devono essere sostenute dalla disponibilità di gra– no dell'assuntore. Se per far fron– te alle spese proprie e familiari di sussistenza e di altro genere (tass0, manutPnzione, ecc.) il pro– prietario o l'affittuario hanno bi– sogno di una maggiore quantità di ~rano, cioè, più semplicemen– te, di più soldi, gli è rimasta una minore possibilità di assumere braccianti alariati secondo il prez– zo corrente (che va dalle 800 alle 1000 lire al giorno). Ne deriva una riduzione notevole di lavori o il ritorno a sistemi di economia curtense, cioè gruppi familiari che si scambiano qualcuno dei loro membri - le famiglie sono piut– tosto numerose - per i lavori straordinari. Inutile dire che è ten– denza generale abbassare al mas– simo le tariffe, così come si tende a sfuggire a ogni dichiarazione di mano d'opera assunta per evitare l'onere dei contributi unificati, del– le assicurazioni, ecc. Il bracciante può quindi contare su non più di 20 giornate lavora– tive al mese e magari meno, ed andrebbe incontro alla disoccupa– zione totale nei mesi morti se op– portunamente non si fosse prov– veduto all'assegnazione di mano d'opera obbligatoria, tante giorna– te secondo la quantità di terra di ciascun proprietario o conduttore. Le tariffe sono fissate. dalla pre– fettura secondo accordi con la ca– mera del lavoro. Questa iniziativa, senz'altro lodevole, andrebbe mi– gliorata non limitandosi ai mesi morti, ma fissando una aliquota di giornate lavorative distribuite in tutti i dodici mesi e non solo nei quattro invernali. Così il bracciante riesce a sten– to a guadagnare il necessario per vivere e per gli altri bisogni ele– mentari suoi e della famiglia (egli non ha alcuna educazione demo– grafica), sempre che per bisogno s'intenda l'essenziale di cui nes– suno può fa re a meno. Vive in case molto povere, ,pc,- 3 so di un solo vano, dove ,rnthe l'asino o il mulo, che gli è indi– spensabile strumento di lavoro, de– ve trovare posto. Da due anni in contrada Rocciola sono pronti ot– tanta appartamenti U 11rr1-raJ,1J sem– pre in attesa di assegnazione (le domande sono quasi--400) ed altre case popolari sono state costruite dalla Regione in due quartieri pe– riferici (alcune qualche anno fa crollarono), ma tra il completa– mento e l'assegnazione corre sem– pre un inutile, lunghissimo perio– do di tempo senza che si riesca a capirne il perché. Tante volte il bracciante migra in paesi circostanti per un raggio all'incirca di 100 chilometri, es– sendo nota dovunque la frugalità della sua vita; ma per trovare la– voro su una piazza che abitual– mente gli è estranea, deve conten– tarsi di un prezzo minore di quel– lo che vi si pratica abitualmente. Da un'analisi così incompleta e sommaria può tuttavia ricavarsi l'elementarità dei suoi pensieri; egli non ha problemi di sorta al– l'infuori cli quello dell'esistenza, che però l'operaio, l'artigiano si pone già in termini concreti, men– tre il bracciante, niente affatto im– paziente o intollerante della sua condizione, non sa organizzare- nel– b sua mente più di un concct-to preciso, né sa ancora guardare al– i' insieme delle cose. Se per ipote– si si trovasse coinvolto in una rivolta, non penserebbe di lanciar– si immediatamente contro il pro– prietario terriero o il mrmr,ro - che è colui che in definitiva, in no– me di un apparente vincolo di clas– se, lo sfrutta -, ma suo primo pensiero, come accadde una volta nel '44, sarebbe quello di bruciare il municipio per far sparire il suo nome dai registri di leva. I partiti politici sono riusciti a far breccia nella mentalità del l,t– voratore cittadino, che a contatto di altra gente, riunendosi nelle sue « società di mutuo soccorso », ascoltando la radio e leggendo i giornali, è entrato nella vita col– lettiva al punto da sapere pren– dere delle decisioni e da assumere una posizione che, se non sem– pre è chiara, lo aiuta tuttavia a evolversi continuamente. Il 11umaro, il campagnolo agia– to trova naturale restare su una posizione retriva, e senza essere personalmente un reazionario ( rea– zione è un'attività politica) si f,t strumento di reazionari, né sem– pre in buona fede. Egli ascolta e ubbidisce volentieri a qualche «sapiente», che suole essere o qualche ge111i/110-mo di cmnpagua o qualche anziano e ricco gabelloto. Il bracciante, invece, che è per metà campagnolo e per metà cit– tadino, quando ha sentito qual– che richiamo politico si è fatto comunista, ma la percentuale non dev'essere alta. Comunc1ue, chi lo è, cerca di non ·dirlo, di nascon– derlo come una colpa, per paura di passare come sovversivo e di non trovare più lavoro. Coloro invece che non si interessano di politica, curiosi come sono, atten– dono, quando gli capita, a discor– si o a conversazioni politicl1e sen– za interloqui re mai, ma, pur in silenzio, si comportano a seconda della condizione sociale di chi fa quel discorso o ragionamento. Se parla uno di loro non hanno ra– gione di dubitare dell'attenrlibili– tà delle sue parole, al più possono considerarlo un po' montato, ma se chi parla è di un ceto diverso E~ZO SIPIO~t: (o,gv, a pag. 4)

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