Nuova Repubblica - anno II - n. 7 - 5 aprile 1954

4 "Fedeltà" delfunzionario I L Presidente del Consiglio ha in– cominciato a tradurre in circo– lari e in disposizioni amministra– tive le decisioni di disciplina antico– munista del Consiglio dei Ministri. Passiamole rapidamente in rasse– gna, queste decisioni. Alcune di es– se sono di carattere ordinario. Ogni padrone di casa ha diritto ad esem– nin di dare (sotto ·determinate con– dizioni, che la legge del resto pre– vede) lo sfratto ai suoi inquilini. Per quello che riguarda, dunque, le sedi comuniste in locali dello stato, o il P. C. paga, o non paga un canone cli locazione; nel primo caso, vi sono norme precise che riguardano il di– ritto di sfratto. Nel secondo caso, è certo normale, da un punto di vista formale, che. lo Stato si riprenda i suoi stabili, e vi collochi scuole o, putacaso, uffici finanziari. Il solo aspetto no:1 tranquillo della faccenda, è che il provvedimento del Consiglio dei ministri, su questa materia, sia stato suggerito dalla Herald Tribune al tempo della crisi Pella e del ten– tativo Fanfani. La Herald Tribune, per nostra esperienza di lettori, an– ticipa di solito il punto di vista cicli' Ambasciata americana, con estre– ma approssimazione. Un s_ccondo aspetto più delicato elci provvedimenti anticomunisti, è quello delle società di importazione– esportazione in direzione dell'Europa ·Orientale. Anche qui si può bene stabilire che, dato il carattere •;tret– tamcnte pubblicistico del commercio estero dei paesi d'oltrecortina, gli sta– ti occidentali intendano seguirne strettamente la prassi. Si farà così perdere al partito comunista una fon– te dei suoi proventi. Si sarà però an– ~he stabilito un principio, che viola 1 rapporti diretti tra gli operatori italiani e gli stati d'oltrecortina: e questo avviene proprio mentre Gran Bretagna, Francia e Germania trat– tano con gli uffici governativi del blocco comunista in forma privatisti– ca, per mezzo di libere delegazioni di industriali e commercianti. Noi non vediamo inconvenienti al dirigismo è chiaro: ma il dirigismo in un se~so solo, verso determinati stati, è ridi– colo. Senza contare che, trattandosi di un caso singolo, nel quale ven– gono a mancare criteri generali di politica economica, e si sostituiscono criteri politici tout court, c'è dav– vero il rischio della burocratizzazione pura e semplice del commercio con i paesi d'oltrecortina: esattamente nel rnomento, in cui tutto il mondo (America rassegnandosi, come ben si è potuto const~tare dalla missjone Stassen a Londra) liberalizza il suo commercio con l'Est. Noi diremmo: sorvegliate affinché enti privilegiati non monopolizzino e non speculino sul commercio Est-Ovest; ma non create una burocratizzazione e un di– rigismo dove tutto congiura a ren– derlo sterile. Veniamo ai provvedimenti ispirati più strettamente a un criterio di po– lizia. Essi si sono annunziati su due lince. La prima, è quella di vigilare affinché cessi la sovvenzione dello stato ad iniziative cinematografiche condotte da registi comunisti; la se-, conda riguarda la « fedeltà » dei fun– zionari statali. La prima misura è discriminatricc di diritti tra cittadini. Posto che deb– ba ritenersi opportuno un regime di protezione all'industria cinematogra– fica, non si vede in base a quale cri– terio, che non sia quello della eco– nomicità dell'impresa, quindi della serietà industriale dei progetti e del– le prospettive di lanciò, possa venire diretto l'aiuto dello Stato. La di– scriminazione politica, anche da que– sto semplice punto di vista, è una stupidità. Supponete che lo stato. at– traverso i suoi competenti uffici, giu– dichi da riprovare, e quindi~ da re– primere, per quanto lo riguarda, un film di un indipendente di sinistra, poniamo Dc Sica. La cosa, per il film di Dc Sica, ha comunque una importanza molto relativa: se il pro– getto sta in piedi, vogliamo vedere se non troverà sovvenzioni, cioè in•. vestimenti privati, quanti gliene oc– corrono. Saremmo per dire che, anzi, 10 eca questi investimenti saranno assai pii\ vàntaggiosi di quelli che lo Stato pos– sa fornire attraverso la sovvenzione. Morale: il film sarà più curato, en– trerà favorito nella concorrenza. La sciocchezza discriminatrice dello Sta– to avrà favorito i registi « di sinistra » e i films di sinistra, per averli voluti boicottare. Basta questo ragionamen– to « liberistico », per spiegare quan– to siano capaci di autolesionismo le delegazioni « liberali » al governo centrista. t infatti ai ministri libe– rali che dedichiamo questa osserva– zione. Per democristiani e socialde– mocratici, il discorso è diverso. Per i primi si tratta di « crociata », per i secondi di impotenza ideologica e di angustia di immaginazione, nella concorrenza propagandistica al sini– urismo. Quanto alla « fedeltà » allo Stato, dei suoi funzionari, essa è un con– cetto che può ricevere applicazione latissima o restrittiva. Se si tratta del primo criterio, nulla di eccezio– nale: ogni funzionario presta un giu– ramento, deve rimanervi legato. Il segreto d'ufficio non potrà essere pro– palato; ogni confusione tra interessi privati e pubblici, ogni negligenza colpevole, ogni sprezzante distacco dal pubblico, dovranno essere colpiti. Ma ben altro è il concetto restritti• vo che si può dare (e che è evidente– mente nelle intenzioni: altrimenti non se ne sarebbe parlato) della « fe– deltà» del funzionario. Esso consiste nel distaccare l'intenzione dal risul– tato, nell'analisi delle « funzioni » ciel burocrate. Consiste nell'accusare il funzionario di servire lo stato, e il suo ufficio, in stato di riserva mentale, di intenzione sabotatrice. Questa distin– zione tra intenzione e risultato è tipi– camente gesuitica; questa indagine sul « probabile » anziché sul fatto ac– certato, è la porta spalancata al di– spotismo. Di qui incominciano i regi– mi di delazione. Ma, si dirà, come po– trebbe altrimenti difendersi lo Stato dal sabotaggio comunista? Presto det– to: colpendo fermamente e severissi– mamente ogni forma di sabotaggio accertato e documentato. E rinunzian– do invece ad ogm misura « preven– tiva». Sotto il fascismo fu appunto adottata la politica preventiva, e creato anche un iStituto ad hoc: il confino di polizia. Che cosa attl!nde il governo Scelba? Elezioni a Castellammare Che cosa attenda, invero, lo sap– piamo. Semplicemente questo: il tem– po che il pudore richiede per gene– ralizzare determinate operazioni, che all'inizio debbono, ~r necessità di cose avvenire sporadicamente. Si ba– di ~he anche ora, come sempre in questa rubrica, cerchiamo di c~sere obbiettivi. Diciamo subito ad Lsem– pio che la politica fiscale di Trcmel– loni ci sembra giustissima, e di si– cura ispirazione democratica nell'uo– mo che vi attende. La reazione della stampa padronale vale per_ noi, .in questa materia, come una sicura 1_n– dicazione che Trcmclloni ha rag10- ne, e gli agenti di borsa hanno torto. Ma vorremmo dire all'ccccllentc Ministro delle Finanze, che non si giunge a creare una ..politica fiscale democratica accettando d'altra parte una politica generale reazionaria. Ad un certo segno, le forze che appog– giano la seconda impediranno prati– camente la prima. Non occorre aver studiato marxismo, come pure ha fat– to Trcmelloni, per sapere che una certa politica economico-sociale si fa insieme non contro le forze politi– che eh~ vi sono interessate. Ora il coro dell'anticomunismo piccolo-bor– ghese democristiano e parafascista italia~o ~on è evidentemente lo stes– so cho invoca seriamente giustizia fi– scale e sociale. li fatto di Castellammare ha di– mostrato tre cose: impotenza dei « minori »; incapacità permanente della Democrazia cristiana a conce– pire la sua politica come un tutto, quindi come un partito modri no; ascesa permanente del comunism(', in grazia delle prime due carenze. Sui partiti minori, il discorso è breve. A Castellammare due su tre hanno semplicemente dimostrato di NUOVA REPUBBLICA non esistere, e di non essersi tempe– stivamente preparati alla prova elet– torale. Se è esatto che alcuni candi– dati repubblicani si sono portati in lista con la Democrazia cristiana, e quindi in alleanza con fascisti :: mo– narchici, tutto, ci sembra, è detto, e non v'è altro da aggiungere. t però inutile che la «Giustizia» gridi post factum, e la « Voce Repubblicana» si dichiari "allarmata". Saragat, il vicepresidente del Consiglio, aveva qui materia per puntare i piedi, e dimettersi, al solo annunzio che due dei partiti governativi su tre passa– vano, a Castellammare, dalla parte di un nemico dichiarato. Quanto ai liberali, è q! domandarsi se siano an– cora un partito. Probabilmente si avrebbe un chiarimento definitivo, se si sapesse che essi hanno preso un indirizzo definitivo di « centro de– stro », cioè di destra non eversiva. Un bel segretariato Malagodi non stonerebbe. Nessuno avrebbe da ridi– re su un partito liberale conservato– re, utile a svuotare e demistificare i monarchici. Il guaio è invece che i liberali fanno radicalismo alla « Con– sulta», e alleanza coi missini a Ca– stellammare. Ma la gravità del fatto cli Castel– lammare si presenta, a nostro avviso, soprattutto per la Democrazia cristia– na. Non esageriamo nulla, se diciamo che la prassi Gonella del « caso per caso », della margherita nazionale sfogliata ora con la destra ora con la sinistra a seconda del vantaggio presuntivo, ha avuto già il bel risul– tato di far capire alla gente che la Democrazia Cristiana è un partito che considera la conquista delle am– ministrazioni e dei seggi come un fatto esente da responsabilità politi– che vere e proprie: come un fine in se stesso. ·Se ben ricordate, questa tattica, seguita nelle arnministrativc del '51-'52, ha incoraggiato i demo– cristiani a varare l'idea dell'apparen– tamento politico, con patti sul tipo di quello del 15 novembre, nel quale i quattro sottoscrittori si impegna– vano a difendere la democrazia con i mezzi del dispotismo: legge sulla stampa, legge sindacale, polivalente. L'episodio cli Castellammare è su questa linea: non è del tutto coerente che Luigi Salvatorelli, che se ne scandalizza, sia lo stesso uomo che difese sulla «Stampa» il patto qua– dripartito, e le sue implicazioni. Il fatto di fondo è questo: lo spirito degli apparentamenti è equivoco nel– la forma, e reazionario nella sostan– za. Quando l'apparentamento si ve– rifica tra partiti così detti democra• tici, esso ha per base le « tre leggi » del patto quadripartito o la repres– sione della « infedeltà» dei funzio– nari; quando si verifica tra partiti non dichiaratamente democratici. co– me a Castellammare, le slle implica– zioni politiche sono esattamente le stesse. La misura apparentistica è comunque trasformistica: fronti po– polari o blocchi nazionali costituisco– no, nel nostro tempo e in questa Ita– lia, lo strument6 per reprimere o per aggredire. Castellammare è solo un episodio, ma fa parte di una catena, e non vediamo perché dovrebbe non avere seguito cd applicazioni pili va– ste e sistematiche. Dopo questo, e a causa di questo, stupirsi dell'ascesa del comunismo sa– rebbe, come dice il prof. Salvatorelli, « infantile ». ~~---, ., Le ambizioni sbagliate Ci sembra che traveda l'on. La Malfa quando scrive sul « Mulino » che basterebbe creare la lega dei par– titi minori, per vederli diventare un partito di massa: anche se per av– ventura non si tratti di un partito con << moltissimi milioni di elettori ». Siamo, per diffidenza culturale, tut– t'altro che dei teneri per l'analisi so– ciologica dei fatti politici. Tuttavia ci sembra che, almeno su questo pun– to, qualsiasi manuale di sociologia informerebbe l'on. La Malfa delle «strutture» del moderno partito di massa. Del resto, per vedere al vivo di che si tratta, esamini il partito comunista italiano, il solo che ne•ab– bia i caratteri tra noi; e si domandi se- la sua affermazione abbia ancora il minimo senso comune, applicata ai « minori.». Ma, dice l'on. La Malfa, a far diventare di « massa » la leg:.1 dei minor.i, esistono già più condi– zioni di fatto. In primo luogo, le strutture elci PRI sono già, sin d'ora: quelle ciel partito di massa. Secondo: i minori dispongono sin d'ora degli strumenti utili: sindacati; movimenti giovanili; movimenti intellettuali. COSE DI FRANCIA Oli struzzi d'oltralpe Dal nostro corrispondente I L Parlamento francese sta stutlian– do qualche riforma della Costi– tuzione del 1947, approvata dopo che era stato respinto un primo pro– getto che aboliva il Senato, cosa. che parve troppo gravida di peri– coli alla maggioranza degli elettori. Questa Costituzione del 1947 non è priva di difetti; ~ alcuni di essi so– no visibili a chiunque. li più evidente è quella strana procedura adottata per la scelta del ca.po del governo. Quando il Pre– sidente della Repubblica dà l'incari– co a un parlamentare tli formare un governo in seguito a una crisi, il de– signato, Jnima di mettersi all'opera per trovare i collaboratori, deve pre– sentarsi all'Assemblea Nazionale (la Carnera dei Deputati, secondo il lin– guaggio della. vecchia Costilllzione) e ot.tenere l'" investitura" a mag– giortwza assoluta, cioè 314 voti, i deputati essendo 629. A voler dire la verità, questa procedura è tutto quanto di caratteristico presentll l'at– tuale Costituzione; se si abolisce questa innovazione, si dovrà rico– noscere di essere tornati alla vec– chia Costituzione della Terza Re– pubblica, che per quanto male--se ne dica, era riuscita a far tira.re avanti la Francia repubblicana dal 1876 al 1940. È vero che il Senato ha per– duto gran parte delle sue preroga– tive, e perfino il suo nome, sostitui– to con quello di Consiglio della Re– pubblica; ma ha salvato la sua esi– stenza e la . possibilità di rompere le statole all'Assemblea. Nazionale. Ne ha approfittato appunto in oc– casione della reVisione della Costi– tuzione. L'Assemblea non aveva avu– to il coraggio di tornare alla logica semplicità di far presentare al Par– lam.ento il governo già costituito dal suo capo insieme al progranuna; ma aveva proposto di abolire il re– quisito della maggioranza a.ssolutn per l'investitura. Il Senato, cioè il Consiglio della Repubblica, ha rin– viato il progetto all'Assemblea ri– confermando la necessità della mag– gioranza assoluta. Capriccio? Dispetto? Vendetta dei Senatori contro i Deputati per la di– minuzione delle loro prerogative? Ogni scherzo può parere bello a chi non è stato dotato da natura di . sensibilità umoristica. Per esempio può passare per una « boutade » quel– la clcll'on. La Malfa nei riguardi del PRI. Ma 'ì'.>gnuno che abbia già pra– ticato l'invito che egli rivolge a Sai– vernini sul «Mulino», e cioè cli as– sistere quakhc volta ad assemblee o congressi repubblicani, sa che in essi predomina non già l'organizzazione gerarchica e gregaria dei partiti cli massa, bensì quella, tra affettuosa e litigiosa. della «famiglia». l'. bello trovarcisi dentro, almeno per un'ora; ma credere che un partito piccolo– borghese sia la stessa cosa che un partito di massa, è dato solo a chi come l'on. La Malfa, è passato cliret~ tamente, come egli dice, da1la socio– logia premarxista a quella postmarxi– sta, ignorando alcuni criteri di ana– lisi sociale che anche un non marxista deve, per chiarezza, adottare. Per for– tuna il senso comune di ogni mod<'– sto osservatore della politica, quei criteri li ha già assimilati; e l'on. Lt1 ll;-1alfa resta solo, a difendere previ– sioni e presunzioni destituite di ogni fondamento metodologico moderno. Quanto aglt organi di massa a di– sposizione del « tripartito», direm– mo che sarebbe meglio non parlarne troppo. Sa l'on. La Malfa quale è esatta– mente la condizione dei raggrupp.:>– mcnti giovanili repubblicani e social– democratici? Sa quante volte i sin– dacalisti della UIL si sono lamentati dal tempo della loro nascita, ciel per'. fetto abbandono, della totale incom– prensione da parte dei «politici» dei partiti minori? E per quel che ri– guarda. gl'intellettuali: bisogna an– cora npetere che è stato sinora un giusto vanto dei « minori » di non irreggimentarli partitariamrntc? O vuole Jlon. La Malfa che ci iscr,t,in– mo tutti a qualche società per la di– fesa della cultura? I retroscen'a di questa strana mano– vra sono interessanti. La ragione del rigetto della riforma sta nelle pres– sioni esercitate sui Senatori ria una specie di Sindacato degli ex presi– denti del Consiglio. Permettete che mi spieghi: Bidault, Pleven, Pinay lwnno fatto notare ai Senatori il pericolo che un'investitura a niag– gioranza semplice anziché a mag– gioranza assoluta avrebbe permesso a un uomo nuovo di costituire un governo di sinistra, e magari tli "Fronte Popolare", anche con l'at– tuale Legislatura, tlata l'oscillazio– ne di certi elementi gollisti e radi– cllli. Risulta che Laniel stesso ha in– viato al momento della decisione il segretario di Stato alla Presidenza, July, per impedire che il ministro di Stato incaricato di questo problem.a, Edmond Barrachin, sostenesse davan– ti al Senato un progetto che era in realtà quel/o ,lei governo ... Ma Lll– niel non poteva disolidarizzarsi dai suoi colleghi del "Sindacato tra Ca– /Ji ed ex capi del governo" .... Ora questo modesto episodio è uno dei sintoÌl'li della. decadenza del si– stenia parlamentare nei nostri pae– si, ossia, per essere precisi, in Fran– cia come in Italia, poiché non v'è crisi tlel sistema parlamentl{re né in 1 nghilterra né nei paesi scandinavi. V'è qualche primo sintomo di cri– si in Belgio, ma ancora vago. Questa crisi consiste nel fatto di voler rimediare alla difficoltà di na– tura politica e soprattutto.sociale non con provvedimenti di carattere po– litico o sociale, ma con artifici di procedura. I comunisti divengono troppo for– ti? N,on si studiano i motivi per cui . le masse opera ie si volgono verso i comunisti, non si cerca di miglio– rllre le loro condizioni perché non si sentano attratte verso il comuni~ smo: si cerca di modificare il si– stema elettorale a/finché i comunisti, guadagnando ,lei voti, perdano dei seggi. È un po' il sistema per cui uno che ha freddo soffia sulla va– schetta del mercurio del tennometro perché questo segni qualche grado di più. Cli ex presidenti del Consiglio francese, d'accordo col presidente in carica, supplicano i senatori di man– tenere in vigore un sistema assurdo per evitare che La crisi politica e so– ciale del paese possa trovare una so– luzione logica, ma contraria ali' egoi– smo di qualche uomo o di qualche clan. Tutto ciò non vyol dire che que– sta gente desideri evitare una ~cri– si materiale in questo m,omento: essa vuol evitare soltanto una crisi che esca dal campo ristretto degli attua– li competitori, che rischi di portar nell'agone politico at.tivo delle forze che ne erano, alme,io provvisoria• niente, tenute al di fuori. Al centro di questa manovra tro– viamo Pinay, che se è vero che si dichiara fautore delfo C.E.D ., e il solo uomo politico ca/Jace di racco– gliere una maggioranza parlarnenttne per farla votare, in realtà non ha né un programma di politica estera ué un programma di politica inter- 1w (che non sia il solito tra,i tran quotidiano opposto a qualsiasi mo– desta volontà di rinnovamento o di riforma). Raggruppare destra e centro– destro per "durare", per impedire " novità ": ecco tutto il prOgramma di PinaJ>. C'è un problema indocinese che mescola la trllgedia alla farsa; c'è un problema nord africano più che complesso; c'è infine la questione del– la C.E.D. strettamente legata al riar– mo tedesco, e che l'opinione pub– blica fa fatica ad afferrare, ma da cui dipende, forse, L'avvenire dell'Euro– pa e, poiché oggi tutto si lega, del mondo. Se ne parla, perché non è possibile ignorare queste questioni. Ma non per risolverle. La questione sta nell'impedire che nuove forze possano risolverle. C'è chi rimpiange, in Francia, gli scandali italiani che permettono di rinviar alle calende greche i proble– mi scottanti del momento. li In Jioliticfl dello struzzo. Ma te– nendo la tesla nascosta nella snbbia non si evita di essere, un bel mo• mento, portati via dalla bufera.

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