Nuova Repubblica - anno II - n. 7 - 5 aprile 1954

I,, via eccezionale, data fo mole tlegli appunti raccolti dai nostri va– lorosi collaboratori che si firmano con la sig/(1 c.s.t., dedichiamo pirì /a,.go S/}(tzio a « Vii,, di fabbric,1 ». Siamo certi d'altra parte di non dispiacere ai 1101/ri /e/lori, cui 11011 è 1/11ggi/(I l'originalità di questa rassegna della stampa di fabbrica e dei problemi ivi riflessi. N. R. Parliamo di una crisi L A crisi della RIV, il complesso industriale per la fabbricazione dei cuscinetti a sfere, che fa capo a Torino ed ha stabilimenti anche a Vil– lar Perosa ed in Apuania, è iniziata il 25 settembre 1953. La notizia ri– portata da « li 7 13 » - giornale dei lavoratori della RIV di impostazione socialcomunista - della riduzione del– le ore di lavoro da 48 settimanali a 40 ne dà ufficialmente annuncio. Ragio– ni della crisi: crollo delle esportazioni nella misura del 70% per la definitiva chiusura del commercio con i paesi d'ol– tre cortina e per ostacoli di concor– renza nel commercio con l'Occidente. Nello scorso gennaio la situazione ri– sultava peggiorata: la direzione dello stabilimento effettuava il licenziamento cli 100 dipendenti, accusando un'esube– ranza di 760 unità a Torino e di 1.000 unità a Villar Perosa. Dall'inizio della crisi in poi « li 7 B » ha avuto cura di comprovare - fatti alla mano - che il licenziamen– to e la diminuzione delle ore di la– voro non fossero affatto necessari, poi– ché i tempi di cottimo venivano taglia– ti, gli straordinari ·aumentati o instau– rati dove non si facevano, mentre al– cuni reparti mostravano carenza di uomini e mezzi, sia perché le partite da smaltire si accumulavano progressi– vamente (come al reparto 1vfanutenzio– nc), ~ia perché si denunciavano ecces– sive assenze per disturbi vari causati da affaticamento (come al Salone 10, ove operaie accudiscono alla asciuga– tura degli anelli). Dalla cronaca del giornale « li 7 B » e dagli editoriali enucleiamo i seguenti punti fermi dell'atteggiamento sinda– cale: ") accettazione delle ore straordi– narie pagate, a partire però dalla nona ora; b) fissazione di nuove tari!fe di cottimo; c) pressioni sul governo, tramite il Prefetto, per l'alleggerimento dei tas– si doganali e per la riapertura delle l'Sportazioni verso la Russia e i paesi ~atelliti; d) propaganda generica contro il Piano Marshall, il Battle Act e il Pat– to Atlantico e contro le impostazioni sociali del governo; e) lancio di slogans politico-econo– mici a favore della piena occupazione. L'atteggiamento padronale si rico– struisce sulla falsariga parallela di quel lo sindacale: esso tende a una con– tinua diminuzione dei costi, riducendo le ore di lavoro, tagliando i tempi di cottimo, sollecitando le ore straordina– rie, licenziando il personale ritenuto esuberante e chiedendo sovvenzioni straordinarie. Noi" non possiamo che riprovare tale atteggiamento perché esso salva solo gli interessi azionari e impoverisce il mercato interno con la contrazione dei consumi imposta dal progressivo as– sottigliamento dei salari; del resto non vediamo come possa essere diverso: il padronato non ha interessi sociali. Riguardo all'atteggiamenlo sindacale abbiam"o le nostre riserve da fare: 1) il sindacato sta dando un'im– portanza ·predominante ai fatti poi itici - al colore .delle formazioni ,t;overna– tive, ai risultati dei convegni interna– zionali concordati tra le grandi poten– ze, ai trattati ed agli accordi diploma- NUOVA REPUBBLICA VITA DI FABBRICA tici - addebitando a questi fatti la colpa di tutto, come anche la possibi- • lit:ì di risolvere tutto, purché si svol– gano sotto altre forme ed altri auspici; 2) esso cerca soluzioni che non escono dalla congiuntura e non si pon– gono come esigenze innovatrici. La cri– si non è solo nella situazione politica ,attuale come non è solo nella contin– genza economica nazionale e interna– zionale; essa è nel sistema sociale e va risolta con un attacco a fondo all'or– dine costituito. li sindacato accetta per esempio le ore straordinarie, pur sa– pendo che sono il miglior contributo a mantenere quella disoccupazione che vuole eliminare; si allarma per la ri– duzione dell'orario di lavoro invece di fame una sua rivendicazione, fermo restando, beninteso, o aumentando il salario attuale degli operai; accetta il sistema di cottimo individuale e se i tempi vengono tagliati denuncia lo sfruttamento inumano finché non vie• ne accettata una nuova tariffa di cotti– mo; accetta in fondo anche i licenzia– menti, riducendosi a sollecitare, come una carità, l'istituzione di corsi di ri– qualificazione e l'applicazione della C1ssa Integrazione Salari. Tutto questo non ci pare ragionevole e ·conseguente: abbiamo l'impressione che il sindacato abbia timore di pren– dere in mano la situazione e si limiti a una pura difesa dagli attacchi sem– pre più incalzanti dei datori di lavoro. .Il ora che noi guardiamo in faccia la situazione e che impostiamo la lotta cli rivendicazione sul nostro terreno, chia– rendo gli equivoci di certe imposta– zioni standard : perché accettare le ore· straordina– rie quando vanno a solo ed esclusivo vantaggio della classe padronale? perché non rivendicare l'abolizione DIVERSIVI EPERDITEMPO N EL nostro Paese _accadono molt~ spesso cose assai strane e non e sempre vero che una determi– nata causa provochi un corrisponden– te effetto. !:. certamente strano che il governo, in seguito ai grossi scandali di questi ultimi mesi, abbia adottato dei provvedimenti di rappresaglia con– tro le sedi della Camera del Lavoro, contro i sindacalisti delle categorie dei pubblici dipendenti e contro la stes– sa CGIL. li Presiçlente del Consiglio, di fronte alla corruzione che denota il marciume degli ambienti dell'alta politica e dell'alta finanza, se la pren– de con i sindacati di sinistra. Bel modo di ragionare! In seguito al sa– cro furore moralizzatore dcll'on. Scel– ba, le organizzazioni dei lavoratori verranno cacciate dai loro uffici e dai loro circoli, i loro fondi (solo quelli della CGIL) verranno sottoposti a controllo e le categorie degli statali non potranno più organizzarsi come credono e vogliono. Pare che la Ca– mera del Lavoro di Milano, che oc– cupa un palazzo della cx Confcclc– ragione Fascista dei Lavoratori del– l'Industria, abbia già avuto l'intima– zione di sfratto. Ecco perché anche il cronista sin– dacale ha dovuto sporcare la sua penna con le faccende cli Capocotta. Poiché questa è una tenuta di pro– prietà demaniale come la sede della Camera, ciel Lavoro cli Milano, non vediamo la ragione per cui per i ca– pocottari non sia stato adottato lo stesso provvedimento così sollecita– mente imposto ai lavoratori milanesi. Purtroppo, è evidente che la nostra Repubblica fondata sul lavoro tiene in non lieve conto le fatiche - non elci tutto nobili - elci gentiluomini dai grossi e loschi traffici. Le misure del governo - che non sono certamente- valse a distogliere l'attenzione di tutti sul dilagante mal– costume - sono oltremodo antipati- dei cottimi individuali, se questi risul– tano un mezzo di sfruttamento inuma– no e se si rivelano un'arma contro Jo spirito di solidarietà e collaborazione che deve animare la classe operaia? perché non farci noi promotori della riduzione delle ore di lavoro e della fatica, visto che il progresso meccanico preannuncia una sempre maggiore sostituzione della macchina alla fatica dell'uomo? . Tali domande vorrebbero suggerire l'idea di una possibile diversa imposta– zione della battaglia sindacale: batta– glia di un sindacato che invece Ji rat• toppare i buc.hi di una casa cominci a costruirsene una nuova del tutto. O>mmissioniinterne I L « Bolle11i110d 1 i11formt1zio11i JÌII• d,w,li » (CISL, febbraio 1954) ci informa che uelle /JÌrcoleaziende, ed i11 parecchie di quelle medie, la CommiJ– sione I nteout 110n eJÙle. Le piuole aziende prive di C. I. 1ono « a Tori110 011,-e 2500, a Mil,1110 4500, " Como ol– tre 700. Aggi1111ge,·emoa maggiore chia,-imeulo che circa h, mel{Ì di delle azie11denon supe,-ano il numero di 10 · dipe11de111i. li che esclude certi inter– re11ti. Resta però semp.-e il fallo di migliaia di aziende che ha11110 più di 10 dipendenti e che J1011 poJJono co111,1- ,-eJ/(1Delegato d'lmpreJa o s111/"Co111- miuio11el11ter11t1 ». Quando cioè si uen– de dai 150-100 dipe11de11ti,diventa .sempre /JÌIÌraro trovare 1111a C. I. che• rappreuuti operai 1peJJo « angariati d,, 1i.s1emidi ric(1l/0o di pa1ernali.s1110 >>. (E, a questo proposito, vedi la 110/a «Monopoli» s11N. R. del 20 11Mrzo). Come si /Jl{Ò ri,olvere il problema? che, anche perché sono venute a ca– dere in un momento di particolare tensione fra lavoratori ed industrie, a tutto vantaggio di questi ultimi. Su tanto però, l'on. Saragat ha dato fiato alle trombe del progresso so– ciale, della libertà e della democra– zia! Ma andiamo avanti. La situazione sindacale è sempre più tesa, sia per la vertenza del con– globamento che - mentre scriviamo si sta discutendo per l'ennesima volta in una ennesima riunione « decisiva >, sia per le singole situazioni di cate– goria derivanti dalla mancata stipu– lazione dei nuovi contratti di lavoro. LAVORO e Sll\1DA()ATI Giorni fa, a Roma, un massiccio sciopero dei tranvieri ha paralizzato, per molte ore, la vita della capitale. Purtroppo, senza nessuna concreta conclusione. I tranvieri chiedevano e chiedono un aumento dei salari, così come lo stanno chiedendo invano i metallurgici, i chimici, i ferròvicri, gli edili. Un secondo sciopero è stato proclamato per l'intera giornata del I Aprile. Anche gli statali vorrebbero un ac– conto di 20.000 lire, prima di Pa– squa, sui futuri aumenti. Il Ministro Tupini, su < Il Popolo> Ji ha rim– proverati aspramente cd ha detto che non è il caso di parlare di argomenti del genere: prima deve essere ap– provata la legge delega. Poi, si vedrà! f:. probabile che alla fine il go– verno debba cedere, ma anche la faccenda cli questa legge delega turba non poro i clipl'lldenti pubblici che si erano illusi, dopo il 7 giugno, cli a.scoltiamo la .sleJJ,1 t•oce. « Inizieremo col dire che eJJendo terra di nessuno, a"tme110 in certe parti della PeniJol,;, la conquista si pre1e11tapiù facile al primo occupante. Pirì facile perché 11011 11iJi trovano forze di presidio preco– stit11iteo i11alle.sadi attacchi; piri fa– cile per la verginità t1111bie1~1,1le 1011 corro/la dai t•izi di forma e di 10.st, 111- z,1 propri della orgt111izzazio11e roJJa ». « t,, qualche luogo I" CGIL ha tenlato l'infiltrazione e i11modo oltretutto scal– tro; J1re1e11tm1do cioè liste unitarie, /Jer cui /'investimento di tali unità è oggi q11a1110 mai difficile per lfl 11ostm 01·– ga11izzazio11e »: « ... (ti fini di 1111 ce11- .si111enlo della 1im/}(I/Ù1 latente 1· er.so I ,, CISL (le elezioni della C. I. sono sem– pre un censimento); i11fi11e f,er gli 1vi– l11/J/1i org,miZZf1li11i d (tm 1 ici11ame11to e di teuemmento che 10110b{l1ilt1riper il sindacalo ». [le sottolineature sono nostre, N. d. R.). A q11e11a termiuologia 111,mca 10/tan- 10 l'e.spreuio11e « bollino da preda » : i lavoratori. Non inte11dù,1110 auruare la CISL; eJJa dice maltl1nente ciò che altri pe11.sa110 con ment,dità non so– .sta11zialme11te diverJa. !11tendi"'110 chit,- rire. , Le CC. Il . .so110nate come orgm10 di rappre1e11tanza di tutti i lavoratori di una azienda - i quali, tuJli, hanno gli steJJi problemi, gli Jleui intereJJi. Le elezioni di 1111t1 C. I. 11011 sono per– ciù 1111 allo vuoto di u1110 come il « censimento », ma 1111a es/11·e1sio11e con– creta di « democr(1zù1dal baJJo », di una solidarietà promoua da condizioni obiellive 11g11ali. La capacità - pote11- zialme11/erivoluzionaria - di una C. I. è dire11ame11te proporzionale non alla percentuale di .sindacalo « bianco » o << roJJo >> che eJSacontiene, ma a quel• la di lavoratori che eSJa mpp,·esen/a e non sentirne più parlare. Oggi, è ri– tornata in ballo e pare che il quadri– partito avrà la for,a di vararla. I vetrai, al solito, sono alle prese con il Ministro e con i padroni per vedere di cavar fuori il contratto. Il 30 sono stati convocati dall'on. Vigorclli: ma senza alcun apprezza– bile risultato. !:. giusto che si sappia che il settore dell'industria vetraria ha accumulato cnoqni profitti: la so– la Saint-Gobain ha denunciato cin– que miliardi di utili. Dulcis in fundo: il conglobamento. Dopo una prima riunione fra le parti, al Ministero, si sono avuti altri due incontri. conclusi con un « niente di fatto». La Confindustria ha ribadito sostanzialmente le sue tesi di sem– pre, avanzando delle cooccssioni insi– gnificanti e inaccettabili. La stessa CISL ha dichiarato di non poterle ac– cettare. Le argomentazioni degli in– dustriali sono sempre le stesse e la loro sintesi è questa: « le aziende non potrebbero sopportare nuovi oneri >. La UIL ha voluto dimostrarsi con– ciliante, suggerendo che le proposte confindustriali fossero ritenute un par– ticolare punto cli vista dei datori di lavoro sul quale ampliare la discus– sione. Non crediamo che un così sot– tile « distinguo :> possa contribuire alla soluzione della vertenza. Ormai, bisogna arrivare ad una conclusione: perdersi in lunghi discorsi puramente accademici non ha senso. E poi, non è solo del conglobamento che si trat– ta: c'è anche la precisa richiesta cli veri e propri aumenti salariali: c'è poco da fare, le retribuzioni in atto non soddisfano nemmeno la metà del– le reali esigenze della famiglia ope– raia. Questo è un dato del quale si deve tener corrto, anche accettando di discutere accademicamente dell'e– conomia delle nostre industrie. Mentre scriviamo si sta tenendo la riunione .... decisiva. Non si deciderà niente, ma speriamo che si decida almeno di non perdere più tempo con le solite comrnissioni r sottoco,nmis– sioni. 5 dai q11t1li è soste1111/tl. i suo sco/10 è raggiunto 11011 quando - t1ge11dod,, /10rti11erù1 orga11izzt1th1" - e!!tl port,1 iscri11ial 1i11dacato 1 m" qu,mdo riesce " consolidare intorno ti sé I' i111ereJJ(l– men10 dei lar•oraloriai p,·o/1ri/1roble– mi di la11oro,in b11011a parte extra- 1i11darali. Soltanto i11questo modo ifl C. I. è 1111'a,-,n(t.. del 111ovime1110 O/Jert1io per lt, lotÌa e lt, educazione liber,mte, i cui effe/li /10JJ0110 ,·ipercuotersisul terre110 /1itì prop,·imnente 1i11d,,ct1le i11q.1ello politico. Dit·er1a111e,11e 1011 solo la C. I. è 11110 strume11/oper I' i11q11adm111ento, I" « co11q11i11,1 » dei laromto,·i, ma, in concreto, è dt1v11ero 1011,11110 111 ce11si– me1110a111111,1le; 11011 esiste. Non 1i trat1,1di arrivare primi - co1111mis1i, socù,liJti o demoaistùmi che 1i sia -. Con quesiti 111e111ali"ì, con q11e.stimetodi /Jolitici da ,lemocmzia borghe1e, arrilti 1011,11110 il /Jadrone. Che ,.i,11,me. ltidimcnsio11amcnti oell'industria N EL n. 12 anno ·53 del giornale << La nostra ]Iva» vengono esa– minate le condizioni precarie in cui versano tutti quegli operai che fttrono avviati ai corsi di riqualificazione, do– po che i dirigenti di quel complesso ne avevano richiesto il licenziamento, adducendo come motivo la necessità di un « ridimensionamento » dell'llva. Pare impossibile che il problema del ridimensionamento delle fabbriche, do– vuto alla conversione dalla produzione di guerra a quella di pace, debba venire affrontato a quasi dicci anni dalla fine della guerra. Eppure ciò avviene in Ita– lia e questa realtà assurda debbono vi– vere, !.! soffrire, principalmente i lavo– ratori, che sono sempre quelli che pa– gano. Industriali, partiti, sindacati sono stati concordi in tutti questi anni nel rimandare questo grosso problema, che può segnare veramente il Ìuturo del paese. I primi, gli industriali, attende– vano che una nuova guerm divampasse ancora nel mondo e perciò hanno sem– pre rimandato il disarmo delle attrez– zature dei loro impianti. Solamente og– gi, da quando è stato firmato l'armisti– zio in Corea e una speranza di pace sembra invada il mondo, gridano che la jituazione è insostenibile e, senza preoccuparsi delle conseguenze sociali, • tiran'"'o.diritto con i loro nuovi piani. I partiti invece, preoccupali dalla conquista del potere politico, hanno concentrato tutti i loro sforzi sul la crea– zione di una vasta base elettorale, il che gli impediva assolutamente di com– piere qualsiasi gesto capace di elargii popolarità. Hanno rimandato sempre questi gravi problemi nazionali, coadiu– vati dai sindacati, I quali, essendo loro strumenti, non potevano permettersi di ostacolare la loro politica. Cosl, oggi, cli fronte al problema che repentinamente viene a porsi - con la serie di ridimensionamenti ri– chiesti in Italia - per il sostentamento di centinaia di operai improvvisamente trovatisi sul fastrico, sono stati inven– tati questi corsi di riqualificazione, mez– zo qualsiasi per allontanare lo spettro della fame, a spese dello stato. E allora si assiste alla penosa situa– zione (lamentata appunto dal giornale citato) di operai costretti a vivere con poche migliaia di lire al mese, guada– gnate - e questo soprattutto conta - con un lavoro avvilente, quello di ri– qualificarsi in un mestiere che hanno compiuto per molti anni in modo inec– cepibile, mentre fuori dai cancelli tan– ti giovani i quali non hanno mai po– tuto imparc un lavoro -che non ave– vano, attendono quasi muti che venga la loro ora.

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