Nuova Repubblica - anno II - n. 7 - 5 aprile 1954

L. 35 Spedizione in abbonamento postale (Gruppo ll) tm n1 -12-5 4 si ç(. PIERI ANNA Via Campane 4 a S I E N A -----===-~=---::i Anno Il • N. 7 (31) QUINDICINALE POLITICO Firenze - S aprile 1954 GAETANO SALVE~HNI: Buon lavoro, sig. Mcna1>acc! (pagg. 1 e 2) - Re/euntlum sulla scuola i1aliana: A1>1>clloa~li insc~nanti; !\'on è un aneddoto; R.A.t., ispctto,i centrali e stufe (pag. 2) - MAX S.\LVADORI: Liberismo integ,alc e liberismo « ragio11c,ole • (pag. 3) - CARLOS CONZALEZ RIVERA: Guatemala (pag. 3) - AURELIO PENNA: Fuoco al cong1C'sso (1>ag. 3) - NELLO FI~OCCHIARO :Prnlc1ari di Scstii-Poncntc (pag. 6). RASSEGNE: li olia, oggi: « Fcdchà·» del funziomu io; Elezioni a Castellammare (pag. 4) - I silenzi delMinistro M onlcs<1uicu m.irrn che nel Tonchino, anti<·umcnte, tutti i nuuulurini civili e 1nilita– l"Ì erano eunuchi; non avendo fi– :,rli, potevano 1neg:lio occupo.irsi de– gli affari dello Stato. In Italia, ai giorni nostri, i mandarini 11~– litici non ~0110 eunut'lti, hanno fi– gli e <1uindi si occupano 1>iù che degli affari dello Staio dei:li af– fanni <·uusuti dai figli. Da quando il dicusJero degli esteri è retto dall'on. Piccioni, sen1- hra che questo ministro, mentre il suo 11redecessore dava 11ro,•a <li un atti,•ismo nuzionalista, dalla so– stanza dcmago~ica e dal tono gar– bato e signorile, sia affetto dalla pauru di furc un 11asso. Il 111011- do ,,a a cutafascio, i 1>robler11i si acc.t1nuilano, l'unsia cresce, ognu– no si scnle indotto a 1irc11dcre po– ~izione sui gr.n•i 11roblen1i del n10- n1ento: n1n ,·hi ha la rcsponsahi– lità ùr-lla politic.:.t c!i-tcra italiana toce. on {' che si 11ossa intuire quel– lo che pensa il nostro 1ninist1"0 degli esteri in fallo di politica in– ternuzionulc 11er i suoi scritti o i suoi discorsi passati, ché egli non si era nrni occupato cli queste fac– ("ende; e se non si 11uò che lo– dure una certa prudenza da parte di chi non ha avuto in 1wecedenza soverchia dirnestic.hezza con <1uesti ardui problerni, viene un certo frcddolino alla schiena a pensare che questa prudenza 11otrebbe do- 1>0 tutlo essere solo carenza. Che la cucina interna de1nocri– stiana ubhiu indotto l'on. Se.ciba e, prima di lui, il suo predecessore n1eno fortunuto, ad ufficiare pro– prio all'on. Piccioni <1uel dicaste– ro, anziché un altro, dove certa– mente, per 1naggiore esperi~nzu, avrebbe fallo ,nolto rneglio, e co– su che 11uò interessare <111elparti– to e che nel giuoco delle frazio– ni democristiane può anche giusti– fico.irsi; nu, non interessa il paese e non tro,•n giusti fic..,zionc alcuna d.:.n'anli al paese. li quale 11aese non su ancora se questo goverJto voglia vcrarnen– te la ratifica della CED o non la Yoglia; se esso la sottoponga a condizioni che non siano solan1en- 1e quella della soluzione della que– stione di Trieste; se abbiu pensa– to a <1uulche alternativa nel caso in cui Jinulmente la Fruncia non la ratificasse; se infine ubbiu una chiara l'isione della posizione da assuntere nei confronti dell'unità politicu europea, dei rapporti con gli Stati Uniti e e.on la Gran Bre– tagna, di quelli con la Russia e col n,ondo orientale e via discor– rendo. Non si tratta di questioni sola– mente accnderniche, ed une.be lo scarso J>CSO diplomatico dell'Ita– lia - destinato a ridursi a propor– zioni in finitesituali se 11e1·dura il nostro silenzio - non giustifica Ju nostra carenza. Ecco per esern– pio, a titolo di uppunti, alcune questioni sulle <1uali il go,·erno avrebbe dovuto o do,,rcbbe 11ro- 111111ciarsi. Che il ~ovcrno non prcnrn per una ratHi,·a affrettata della CED. ala bene; può anche servire agli effetti della distensione interna e internazionale. l\fa che figura e.i faccio.uno, c1uando quattro 1>acsi l'hanno già rati (icata, qu.:.uulo la Fruncia hu giit avuto da mesi e niesi ampie discussioni, sc~uite da dotte relazioni, nelle diYcrse Conunissioni parhnnenturi, a non aver ancora raggiunto la fase del– l'esame in conuuissionc'? Questa non è più pru<l<-1ua, amore della distensione, i• paura, paura di as– sumersi jn un senso o nell'ahro le 1>roprie rcs11011sahilitit. Del resto, il fatto che nessuno in Italia sia ancora slato chiama– to a pronunciarsi forn1almentc sul– In CED fa sì ·d,e per noi la CED i· ,·imasta allo stato di mito o di s11aventa1,asscri. Harissimi sono i parlamentari che ne hanno let• to il trattato costitutivo; ultret– tanto t"ari sono i commenti vera– mente seri ap11ursi nella nostra ~lnm11a. Quando abbiarno avuto l'occasione di ocruparcene, recen– temente, ne ahhiumo trovuti a ma– la pena un paio, e anche tp1cl paio era infetto da spirito di parte. Lasciamo slal"C chi disupprovu lu -CED, con1e noi; mctti.:.unoci nei punni del gol'Crno. Se si vuole che l'opinione s'interessi alla po– li1i,·a rappresentata dalla CED, <·1,c, con,iinpevolmeute, l'accetti o l.u rr..spinga ("011 o E.enza condizioni o riserve, se si vuole, soprattutto, che l'opinione 11artccipi, con il suo interesse e la sua pressione, a quel– la politica o ad una politica este– ra dcn1ocraticu di ricumhio, biso– gna che la classe politicu, a co- 1ninciarc da chi ha la responsa– bilità di governare, prenda posi– zione: e non solo per la S,mta CED, ,,otando all'inferno chi le è contrario, rna sui n1oltcpl.ici pro– blerni che (JUCSta 11one o che ten– ta di risoh·crc. Che cosa vuole, per esen111io, l'on, Piccioni, con la CED? Vuo– le controllare il riarrno tedesco che ultri111enti ritiene inevitabile fuori da ogni controllo europeo e per intesu bilaterale con gli Stati Uniti'! O vuole fare un pri• mo 11asso verso l'unità polilica cu• ro11ca '? Vuole <1uindi mantenerle <1uclla vernice fedcrulista che spe– ra poi di trasforma re in sostanza'? O vuole s,,uotarla, corne il suo ,·ollega Bidauh, da ogn.i contenuto federalista'! O non gliene irnportu niente? Lo <licu, santo ldclio, ché ahhi:.uno il diritto di saperlo. Uidault cerca di accalappiare i voti gollisti per la rati fica pro– mettendo di svuoture la CED da oµ-ni contenuto federalista; n1e– glio, otlcncndo dai rappresentanti delle altre cinque nazioni della « t>iccolu Euro11u >> (e quindi un– che tla tiuelli italiani) che perfi– no la comunità politica 11011 sia 11iù, co1ne ,•olevu il prirnitivo 11ro– get10, una comunità supcrnuzio– nale, n1a una « comunitÌl di tuti SO\'rani », 1neglio ancora, in fine, egli spcci fica, rispondendo ulle in– terrogazioni, prohabiln1cnte solleci– tate, di alcuni suoi colleghi derno– cristiani, fru cui l'ex 1.ninistro de– gli esteri llobert Schuman, che unche quando si surà fattu l'Eu– ropu la Frunciu rimarrà nel con– certo dei « grandi » conte 1 1 rancia e non con,e purte della « piccola Europa >>; ossiu la Fruncia, par• te della « piccola Europa », riu– scirà ad essere 11iù « grande » di tutta l'Europa a ..Sei 1nessn in• sicme. Che cosn ne pensa l'on. Pic– ,·io11i di tutto questo? . Ma Europa o non Europa, CEO SOMMARIO Fuoco al congresso (pag. 3) - NELLO FINOCCHIARO: Proletari di Semi-Ponente (pag. 6). Cose di Pra11cia.: Gli struzzi d'Ohralpc (pag. 4) - Vita di fabbrica, di c. s. t. (pag. 5) - Lauoro e sindacati: Diversivi e 1>crditcm1>0 (1>ag. 5) - Gruppi al la.uoro (pag. 6) - Pagin, ,li cultura contemporanea: Verso una filosofia dd socialismo (JV), cli R. H. S. CROSSMAN (pag. 7) - Plausi e bolle, di OoNUN"O (pag. 8) - Libri e problemi: I tic artefici della ,i,o– lu1.ione d 1 ouobrc di 8. D. Wolfc (Ct uSEPPE PERA) (pag. 8). I RISULTATI DI UNA " CONTINUITÀ GIURIDICA" Buon lavoro,sig.Menapoce! Qui si rievoca la vita .... avvent_urosa di ErmannÒ Menapace, attualmente funzionario del nostro Ministero degli Interni L EGGO sul « Corriuc della Sera » del I6 marzo 19~ i, di un « Sig. Mt:napace, attuale funzionario del Ministero degli lntt.:ini, denunciato dall"on. Nenni a Sangat. li Mena– pace - secondo quan , ha dichiarato stasera il sen. Cianca - durante il pe– riodo fa~ista sarebb, penetrato, in Francia, negli ambienti dell'antifasci– smo, qualificandosi per avversario del regime mus::iolini3no; t" sarebbe riusci– to a trascinare Tarchian,, J"ex deputalo Sardclli e lo stesso Ci.•nca in un pro– cesso per detenzione di esplosivi; essi furono però pienamente assolti ». Ìl questo un episodio caratteristico di quella che fu la ,ita déi fuorusciti jraliaoi a Parigi nel , ,.,t,,nnio fa,.cista. Ermanno Menapace capitò a Parigi n-el I927; diceva di guadagnar premi come corridore motociclista, e provvi– gioni nella vendita di automobili us3- te. Convisse per un certo tempo con J"ex deputato popolare estremista Gui– do Miglioli, e questi garantiva per lui: aveva visto coi suoi occhi gli assegni, che riceveva dalle case le cui automo– bili vendeva. Garantiva per Menapace anche Alberto Giannini, che allora era antifascista coi fiocchi, e alcuni anni dopo passò armi e bagagli al servizio dei fascisti. Menapace si diceva oriun– do del Trentino, e antico ufficiale del– l'esercito regolare, dimessosi per i suoi sentimenti rivoluzionari. Sei personaggi autorevoli, tedeschi dcll"Alto Adige, ri– fugiati in Austria, erano pronti a pro– vocare una rivoluzione fra i lqro con– nazionali oppressi dai fascisti; m1 pri– ma volevano una dichiarazione sotto– scritta da Nitti, Sforza e don Sturzo, che promettesse in caso di vittoria la indipendenza dell"Alto Adige. Quei o non CED, siamo parte dell'al– leanza atlantica, che ora, con la sua dottrina del New took, il Se– gretario clj Stato americano, con– _f cr1nando i peggiori tirnori che si potessero nutrire in proposito du– rante lu campagna elettorale del Presidente Eisenhower, ha dichia– rato esplicitamente di voler sotto– porre ulla direzione di uno Stato guida, gli Stati Uniti, e.on unu « strute~ia delle ruppresuglie im– mediate» che significa clifentlere gli lati Uniti e « liberare >> l'Eu• ropa dopo l'i1H•asione. Che cosa ne pcnsu l'on. Piccioni? t pron• to a farsi «guidare» unche lui'! Non è nostro intento consigliare all'on. Piccioni d.i •ricalcare le or– ntc del suo predecessore, on. Pcl• la, il quule face, 1 a di1nenticare ·agl'italiuni perfino l'esistenza di c1uesti prohlen1i, gettando in pa• sto alle pubbliche piuzze la que– stione di Trieste, con danno per Trieste, anzitutto, e per l'educa– zione civica di queste piazze, poi. sei personaggi non esistevano affatto. Nel I 928 i capi della Concentrazio– ne antifascista in Parigi decisero di organizzare in Germania (non c'era. an– cora Hitler) una esposizione della stam– pa antifascista cht documentasse le vio– lenze a cui quella stampa era stata assoggettata, e la resistenza onorevole, a volte eroica, da essa opposta. 11 ma– teriale fu raccolto in casa di Menapace per opera di Miglioli, ... e sparì. Con tutto questo Menapace continuò ad es– sere sempre garantito dall'imperterrito Miglioli e da Giannini. Pavoneggian– dosi tra i fuorusciti con le sue automo– bili usate, li spupazzava di qua e di l:ì, quando avevano conferenze da fare o altri affari da sbrii:are. L"ambiente dei fuorusciti formicolava di spie. E !"accusa di spionaggio cor– reva fra essi come moneta spicciola. I più facili a lanciare quell"accusa erano naturalmente le spie autentiche. Ne conseguiva che occorreva esse;e assai cauti prima di accettare un'accusa di quel genere. Le spie autentiche non si limitavano 3 riferire a Roma quello che succedeva fra i fuorusciti, perché di regola costoro non facevano altro che almanaccare a colazione e a pran– zo (se facevano colazione o pranzo) quando sarebbe caduto Mussolini, cioè quando sarebbero tornati a casa. Per– ciò le spie avevano anche il compito di seminare fra gli antifascisti zizzania e aizzare polemiche, in modo da creare sospetto e disorientamento contro gli uomini di qualunque corrente e discre– ditarli tutti. Presentandosi poi la op– portunità, le spie diventavano anche agenti provocatori : cioè congegnavano complotti, e guadagnavano qualche gra– tificazione straordinaria, dando notizie E se il silenzio giova più del chias– so facinoroso, il silenzio passivo, che ntaschcra l'inazione, difficil– n1ente riuscirebbe a farsi passare per silenzio operoso. E purtroppo si ha l'in111ressione che i silenzi dell'on. Piccioni siano del tipo passivo. Noi non ce l'abbiamo con l'on. Piccioni, 1nn con chiunque contri– buisca, per qualunque rugione, a trasforn1arci in lontana provincia da Basso ln1pero, in cui le noti– zie sen1brano portale eia arditi viaggiatori e in cui i Goti o gli Unni arrivano senza che nessuno li uvesse mai sentiti non1inure pri- 1na del loro arrivo. Cerchiun10 di non far rimpiangere a chi si sol– lazza,,a di paroloni vuoti l'intpe• ro da operetta di Mussolini e di ritrovare, con n1isuru e con di• gnità, il posto che ci spetta; po– slo che, nell'an1hito di un'Europa, anche piccola, potrebbe essere as– sai. notevole. P.lOLO nTTOKELLI che non si riducessero a chiacchiere in– concludenti, e facendo arrestare, in Francia o in Italia, qualche mosca ca– duta nelle loro r:ii;natele. Le spie lavoravano 3 compartimenti stagni, e l"uno non sapeva dell"altro che era spia. Perciò avveniva talvolta che chi era accusato di essere spi:t, fosse spia davvero. Un Savorelli aveva accusato pubblicamente Menapare di es– sere « agente di 1.fussolini »; Mena– pace si vendicò dicendo che Savorelli era lui la spia. Così fece un viaggio e due servizi: provocò la morte del suo denunciatore, e dimostrò di essere proprio un antifascista di quei buoni. Dopo che Savorelli fu ammazzato, llfc– n"r,~r" ~~:"or,f iri carcere l'urri!-or~. Pavan, con denaro e indumenti di lana. ?vfenapace poteva, dunque, segnare a suo profitto le garanzie di Miglioli e di Giannini, l'accusa contro la spia Savorelli e la sua opera di soccorso per l"uccisiore di Savorelli. Può essere spia un uomo che fa ammazzare un'al– tra spia? Menapace si conquistò così anche la fiducia dell"anarchico Camillo Berneri - anima candida e generosa, se altra mai. Giuseppe Ducati, invece, l'ex di– rettore del quotidiano popolare il « Po– polo », rifugiatosi a Parigi nel 1925 era caduto in un altro nido di vipere, al centro del qual~ stava Carlo Bazzi, ultra repubblicano ieri e ultrafascista oggi, e nessuno era antifascista abba– stanza per lui. Suo associato era Mas– simo Rocca (alias Libero Tancredi) che nel 1946 doveva vedere il suo nome comparire nelle liste dell"Ovra. Visto che Donati frequentav• il gruppo Bazzi-Savorelli-Rocca e Ci., Berneri accusò pubblicamente Donati se non di essere spia, di prestarsi in– consapevolmente al gioco di quelle spie. E visto che Berneri era amico di Me– napace, Donati restituiva a Berneri ac– cuse e insinuazioni a misura di car– bone. Menapace stava Jietro a Berneri, e Bazzi a Donati, aizzandoli l'uno con– tro l"altro. Lo scandalo delle accuse reciproche discreditava l"uno e l"altro, e tutti i fuorusciti, di qualuaque gruppo. E non era detto che nel furore delle accuse e delle controaccuse qualche se• greto non saltasse fuori, utile per es• sere conosciuto dalle spie per davvero QL,esto, per fo1tuna, non avvenne mai Per essere giusti, Berneri ave\'J. pil. ragioni per fidarsi di Ermanno Mena– pace (prima che costui fosse scoperto come spia per altre prove che per una accusa di Savorelli), che non ne aves– se Donati per far comunella con un

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