Nuova Repubblica - anno II - n. 7 - 5 aprile 1954

8 PLAUSI e botte .:ili Come tutti ormai sanno, a Ca– stellammare di Stabia, complici il dolce clima e il ridente paesaggio del Golfo, democristiani e liberali sono convolati a liete nozze con monarchi– ci e missini. Non è necessario essere profeti per prevedere, a più o meno breve scadenza, ·altri poco casti con– nubi del genere in altre parti d'Italia e - perché no? - in tutta Italia alle prossime elezio11i politiche. E questa la risposta che i democristiani si so– no decisi a dare alla famosa richie– sta di Saragat (e com'era perentorio il buo11 uomo qualche mese fa!) del ritorno alla proporzio11ale pura? Na– turalmente /'on. Cava, l'artefice del pateracchio, ha dichiarato con gran– de solen,iità che « l'accordo con le destre è puramente amministrativo>. Altrettanto naturalmente, però, chiun– que abbia due dita di cervello in te– sta sa che cosa pensare di queste di– chiarazioni dell'o11. Cava (« repub– blicano e antifascista > per chi non lo sapesse); sa, cioè, che esse sono il frutto o di ipocrisia o di imbecil– lità o dell'u,w e dell'altra insieme. Castellammare di Stabia è u11'altra perla che va ad aggiungersi alla co– rona che il nuovo governo - e tal– volta le stesse perso11e fisiche del nuo– vo governo - va infilzando diligen– temente da un po' di tempo a que– sta parte, per l'edificazione e la ri– creazione degli italiani: dalla perla Trappeto alla doppia perla Pisciotta– Russo, alla perlissima affare Montesi. Particolare non trascurabile: anche i liberali hanno voluto finalmente concorrere con la loro perlina. Si at– tende quella dei socialdemocratici, che finora sembra si siano acconten– tati di reggere il filo. I e: La Democrazia cristiana non cede dalle sue posizioni ideali!>- Chi è che tuona? Ancora il nostro on. Cava. Bella frase davvero. Sembra pro11u11ziata dal parapetto di una trincea: la trincea anticomunista. evi– dentemente, la trincea del < raggrup– pamento democratico >. Democratico! Proprio così - democratico - è sta– to battezzato il raggruppamento di Castellammare. Ma che l'Italia si av– vii a diventare un'immensa, mostruo– sa torre di Babele? W- Certo, certo l'Italia. Ecco un breve quadro - limitatamente al campo fiscale - di quello che può avvenire nel nostro beato paese die– tro la facciata delle < posizioni idea– li>. Il quadro ce l'ha disegnato /'on. Riccardo Lombardi in un suo recen– te intervento alla Camera che ri– portiamo tale e quale viene riferito da La Stampa di Torino. < Il lani– ficio Rivetti che aveva subìto un ac– certamento per un imponibile di tre miliardi e 378 milioni, concordò in– vece per un reddito convenzionato di 364 milioni. Le Concerie Italiane Riunite, che nel '48 avevano dichia– rato un reddito di 150 milioni ed ave– vano subìto un accertamento per 780 milioni, concordarono per 150 milio– ni. Le Manifatture di Po11t, che ave– vano denunciato 140 milioni e che subirono un accertamento per 600, concordarono poi per I 03 milioni. Le Manifatture Lana Borgosesia, che avevano de11unciato 805 milioni ed avevano subìto un accertamento per un miliardo e 300 m.ilioni, concor– darono per 180 milioni. Le Cartiere Italiane, che avevano denunciato 174 milioni ed avevano subito un accer– tam.e11to di 400 milioni, concordarono per 130 milioni. Si noti - ha detto Lombardi - che i,, questi ultimi due casi lo Stato ha dovuto resti– tuire alle ditte la differenza da esse pagata in più. « Non ho una documentazione al cento per cento, ma posso dichiarare al Ministro, a titolo indicativo, che sono stati rimborsati soltanto nella circoscrizione di }.,filano ben sette miliardi per " imposte indebitamente pagate", cifra che impressiona se si pensa che il gettito delle imposte nel– le circoscrizioni di Milano e di To– rino, dopo le convenzioni, i di 130 miliardi. L'oratore ha citato ancora, a con– clus!one d,I suo discorro, il testo di 11110 circolare a stampa che sarebbe stata inviata dal consulente dcll'in– d11striale Riva ai suoi clie11ti coto– ,1ieri nella qiwle questi sono invitati a non preoccuparsi delle resiste11ze di talu11i fu11zionari del Fisco « perché vi è modo di farli trasferire>- A quanto ci riJulta, nessuna smen– tita è venuta fino ad oggi alle gravi denunce dell'on. lombardi. Ma che co,,ta? Che iriteresse può avere chie– dersi che cosa ha fatto fino ad oggi la Democrazia cristiana, che cosa fa oggi il governo? Queste sono « posi– zioni materiali>. L'importante è che non cedano le gaviane e posìziom ideali>. Ife Da Epoca del 7 marzo possia– mo fiualmente sincerarci, col più vi– vo compiacimento, che Ugo Monta– gna è un Marchese come sì deve, con tulle le ca rte in regola. C'è poco da sfottere, o ,i.le Covelli: la · copia fotografica del decreto, con tanto di bollo a rilievo e di firma umbertina, è là a tagliar corto su tutte le me– schine insinuazioni dettate dalla bassa i11vidia di chi un titolo di Marchese non è mai riuscito ad averlo e non sogna neppure di meritarselo. Per chi non abbia la buona sorte di leggere Epoca, e tuttavia vuol crederci sulla parola, assicuriamo che sta scritto let– teralmente così: < UMBERTO Il - RE D'ITALIA - Visto l'articolo 79 dello Statuto del Regno - Decreta - Ugo Montagna di Diego e di Vassallo A 11to11ina nato a Grotte (Agrigento) il 16 novembre 1910, è autorizzato ad assumere e trasnt.el – tere l'avito titolo materno dì Mar- .. chesc di San Bartolomeo concesso ai Vassallo nel 1670. Userà a titolo ere– ditario dello stemma avito che è: di azzurro al monte di cinque cime di oro uscente dal mare di argento /lut– tuoso di azzurro, cimato di corona da marchese. ~ Dato a Roma il 24 maggio 1946 - Umberto>. Il tut– to è scritto i11 ottima calligrafia, e nel firtale, come s'è visto, non senza una venatura poetica. L'ultimo e marche– se > è scritto mi,wscolo anche nell'o– rigi,wle: non è dunque colpa nostra. Nessun d1ibbio, insomma: Mo11tagna è un Marchese autentico; da tre se– coli, anzi, nella sua famiglia circola sangue marchesa110. E noi che non Lo sapevamo! Una cosa sola, se mai, è dubbia: il senso della misura del P.N.M., il quale appare scandalizzato delle porcherie della nostra classe di– rigente con un candore degno di mi– glior causa. In verità, non dovrebbe essere l'ultimo, codesto partito, a fare la predica? Bisog11a aver faccia di bronzo dinanzi a una simile vendita di titoli fallimentari operata dal/'ex– sovrano, alla vigilia di far le valige, in favore di chiunque avesse potuto i11teressarsi un poco alle sorti della sua traballante baracca! Di chiunque, senza neanche guardargli la fedina penale! ... C'era una volta un bue che diceva cornuto all'asi,w, anche se qui, piuttosto, dice cornuto a un altro bue. ~ In un recente fo11do sulla < Stam– pa> (17-3) Mario Ferrara affermava che la vita politicp è moralità non moralismo. Quanti padri Zappata do– po il caso Muto-Caglio-Montesi! Non è senza significato che il settimanale « Il Mondo> si sia accorto del fatto clamoroso che ha reso trepidante da un capo all'altro tutto il paese, solo nel numero del 23 marzo, a mezzo di un puntuale articolo di Achille Battaglia. Veramente non si può dire che « Il M o,1do > sia stato questa volta tempestivo, ché anzi è giunto fuori tempo massimo, per usare una espressione sportiva. Nella vita nazio– nale esisto110 fatti che svolgo110 la funzione affidata in chimica alla car– tina di tornasole per rivelare gli aci– di dalle basi. Dov'era la moralità dei redattori de « Il Mondo> quando, con tanto dispendio di i11telligenza, sostennero la legge maggioritaria e le buone ragioni che militava,JO dalla parte dei vari Saragat, Romita, Preti ed altri che l'avevano avallata in quel dato modo, sì difforme dai delibe– rati di un congresso nazionale di par– tito, cui s'erano detti, e non occor– reva, obbedienti? E lo stesso Ferrara che cosa non scrisse in proposito, per indurre quegli zucconi degli italiani a soggiacere a una preordinata mag– gioranza che avrebbe praticamente soffocato sul nascere tutfi gli innume– revoli casi Montesi, proprio con la forza potente ed erculea che ebbe ra– gio11e delle serpi che si trovavano a giacere con Ercole nella cuna? 00:\"l~O NUOVA REPUBBLICA LIBRI E PROBLEMI I treartefici della rivoluzione d'ottob I L titolo che B. D. Wolfc ha ri– tenuto di poter assegnare al pon– deroso, intcr<"ssantc, accurato sag– gio che P. Vittorelli ha diligentémen– tc tradotto per i tipi della e: uova Italia > (unica inesattezza quella di attribuire, a p. 601, allo Stalin. che solo nell'autunno del 19,f I assuns~ la carica di Primo Ministro sovietico, la qualifica di Capo dc•llo Stato) non corrisponde che parzialmente all'effet– tivo contenuto dell'opera. li W. si ar– resta, infatti, all'anno cruciale 191 ~, narrando, in pagine di rara efficacia, lo stupore e l'ira da cui fu preso, dopo la prima in.credulità, Lenin per il crollo della Seconda lnternazionale, innanzi alla guerra contro la qu,le ci si era pronunciati in tante soknni delibere congressuali e per la capi– tolazione di uomini finora venerati come maestri, come Kautsky; e l'im– mediato riprendersi della sua indomi– ta volontà rivoluzionaria con l'enun– ciazione delle tesi sul carattere i111- perialistico del conffitto e sulla con– seguente necessità di trasformarlo in lotta liberatrice dei proletariati op– pressi. Ma la biografia cli Lenin e di Trotsky non può dirsi certamente completa se, al periodo di ml'cli– tazionc e di preparazione. come può definirsi quello che si con– cluse appunto nel 1914, non fa se– guito la considerazione dell'altro pe– riodo - diremmo d'azione concre– ta - che vide, dal 1917 al 1921, i due politici alla testa del moto che distrusse l'impero zarista e pose le fondamenta dell'URSS. Soprattutto il libro è monco per quanto concerne Stalin cheJ essendo nel 1914 esponente di secondo piano ciel bolscevismo, solo successivamen– te, chiamato alla segreteria del par– tito e qui impadronitosi dell'appara– to organizzativo, porrà le basi di una sua effettiva incidenza politica e muo– verà risolutamente alla conquista to– tale dello Stato. Il W. deve quindi limitarsi a sfatare, con encomiabile tenacia, il mito successivamente affer– matosi ad opera dell'uomo che < in– ventò sé stesso >, e secondo il quale, fin dai primordi del secolo, lo Sta– lin avrebbe costituito. in una con Le– nin, la leadership del bolscevismo. Per il terzo protagonista resta quindi ancora insostituibile il saggio del Deutscher (I. Deutscher, Stalin, t.-ad. it. Longanesi 1951). E, difettando ia opera del nostro A. di quanto stori– camente posith•o compete allo Sta– lin, manca di conseguenza J'altra faccia del mito stalinista ascendente, la tragica vicenda della lotta e del– l'esilio cli Trotzky. A parte questa suesprcssa valuta– zione d'insieme, il libro del W. co– stituisce un assai importante saggio sul movimento rivoluzionario russo, a partire dagli ultimi sussulti del terrorismo populista. Storia, quin– di, non tanto di singole personali– tà, quanto di movimenti e di idee. Storia, in definitiva, di un intero paese. Attraverso la vicenda perso– nale di Lenin e la sua attività di neofita marxista nelle prime organiz– zazioni operaie di Pietroburgo (1895), assistiamo al congiungersi di questo .primo cd autentico, seppur esiguo, movimento di classe all'interno del paese, con l'attività degli esiliati che - gruppo di intellighentsia déracinée per l'assenza fino ad allora persistente delle masse - avevano costituito a Ginevra, fin dal 1883, intorno a G. Plekhanov, la prima associazione mar– xista, lino al· sorgere del partito so– cialdemocratico (nominalmente Con– gresso di Minsk del 1898, ma, pra– ticamente, Congresso cli Bruxelles– Londra del 1903). Il partito mar– xista sorge, sulla scia dell'avanzante movimento socialista d'occidente e in particolare della soc-ialdemocrazia te– desca, in polemica col populismo, che di Il a poco si reincarnerà nel par– tito socialrivoluzionario. Legati ad una interpretazione corrente e sche• matica dell'insegnamento marxista, i socialdemocratici russi negano la pos– sibilità, affermata dai populisti, che la Russia possa saltare la fase capi– talistica fondandosi sulla esperienza della comunità contadina di villag– gio (mir), anche se il W. riporta passi poco conosciuti (p. 141) dei due dio– scuri del sociali1mo, dai quali ri- suita che gli stessi non erano alieni dal prendere in considerazione, pro– blematicamente, una tale possibilità. Tuttavia il movimento marxista do– vrà ben presto scindersi circa il mo– do di concepire le concrete modalità del realizzarsi di codesta inevitabile fase capitalistica; e mentre per gli uni (menscevichi) dovrà essere la bor– ghesia liberale, appoggiata dalle mas– se popolari, a condurre innanzi, co– me era avvenuto altrove, il processo di trasformazione dell'economia, crean– do di contraccolpo le condizioni, sul piano politico. cli una repubblica de– mocratica all'interno della quale il proletariato avrebbe condotto la sua ulteriore lotta per il socialismo, a somiglianza di quanto stava a\,ve– nendo in Occidente; per gli altri (Trotzky e Parvus), constatata la impossibilità di una conseguente azio– ne tzarista e antifeuclalc da parte dell'incerta e ristretta borghesia rus• sa, dovrà essere il proletariato stc·sso a porsi all'avanguardia del moto ri• voluzionario e realizzare prima le conquiste della democrazia borghese e indi il socialismo. Tra queste due ·concezioni Lenin si trova in una posizione intermedia che il \A/. ricostruisce con estrema BER'l'RtHI D, IWOLFE I treartefici della rivoluzione d'ottobre La ~uovo ltolla 1 10$3 chiarezza. Come marxista, aduso ad una considerazione realistica delle situazioni, Lenin si trovava teorica• mente sulle posizioni ortodosse del menscevismo, consapevole dell'arre– tratezza del paese; ma, per il per• sonale temperamento divorato dalla febbre dell'azione, egli inconsciamen– te inclinava verso la tesi trot~kysta, rompente ogni indugio. Egli ravvi– serà, nella concezione di Trotzky, il pericolo di una dittatura nello stato, e scriverà, nel 1905: < Chiunque voglia giungere al socialismo per una via diversa da quella della democra– zia politica, giungerà inevitabilmen– te alle conclusioni pili assurde e rea• zionarie >. Ma nel contempo egli enuncia le sue tesi sulJ'organizzazio– ne centralizzata del partito, inqua– drato come un esercito agli ordini del ristretto gruppo dirigente, orga– nizzazione che nessun altro senso po– teva avere se non quello cli una azione chiusa all'esperienza demo– cratica delle masse che invece i men– scevichi coltiveranno, organizzando e dirigendo - nel 1905 e nel 1917 - i Soviet, come espressione dell'auto– governo proletario. E questa volta sarà Trotzky a protestare contro la dittatura dell'apparato nel partito, trovandosi, per questo punto, sulle stesse posizioni dei menscevichi e del– la Luxemburg. Cosicché, dice a ra– gione il W., < erano come i due ciechi che abbracciavano due parti diverse di un elefante >- Ma i due ciechi si incontreranno nel I 91 7, quando Lenin accetterà la ditta– tura teori,.zata da Trotzky nello Sta– to, e questi accetterà l'apparato leni– nista nel partito. Dall'accurata analisi dell'A., la grande e prepotente personalità di Lenin emerge in tutto il suo vigore. Personalità, appunto, di uomo di azione, che all'azione risolutamente si dirige, interessandosi d'ogni mi– nimo particolare organizzativo r co– spirativo, senza lasciare niente al ca– so. E ciò, malgrado qualsiasi remota teorica, che lascia pur tultavia in lui una traccia permanente, rivelantesi in costanti oscillazioni di pensiero. Il torto del W. è quello di al– lontanarsi talvolta, forse inavvertita• mente, da questa ricostruzione; ad es. laddove (p. 146) egli afferma che la tesi leninista della conquista del potere nel 19 17 non era altro < che una nuova versione della teoria che la Russia avrebbe potuto saltare il capitalismo >. Affermazione inesatta, poiché in Lenin questa consapevo– lezza di non poter edificare il socia– lismo in Russia senza il previo svi 4 luppo di una economia moderna fu pur presente, e drammaticamcn- te, anche dopo la conquista del po– tere, che egli conccpl corpc occasionr di rottura del cerchio infernale cie-l– l'imperialismo, e còme scintilla dtllc rivoluzioni socialiste d'occidente, le quali sole avrebbero potuto aiutare la Russia arretrata nel suo programma di sviluppo. Consapevolezza che sta alla base di quel programma di < ca– pitalismo di stato> che Lenin enun– ciò nei primi mesi ~cccssivi alla pre– sa del potere, prima che, per la guerra civile e per l'attacco dei quattordici stati capitalistici, il re– gime preclpitasse di necessità in un programma di nazionalizzazioni tota• li. e di requisizioni forzate nelle cam– pagne (comunismo di guerra). Con– sapevolezza che lo spingerà infine all'adozione della NEP nel 1921. Lascia inoltre dubbiosi la qualifi– ca di democratico che il W. ripetuta– mente attribuisce a Lenin, almeno fino al 1917. Se si pensa al perti– nace spirito frazionistico e scissio– nistico del grande rivoluzionario, in– soffercntc di convivere all'interno clt.·1 partito sotto una qualsiasi maggio– ranza opposta alle sue tesi, bisogna din· che in lui v'era brn poco di clt·– mocratico, nel senso comuncmt·1He inwso. Ma, in ogni p1u intricata vi– cenda, si sente constantemenlc che per lui ·sono in giuoco certe posi– zioni, certe idee, giuste o errate che esse siano. e non la posizione di Vla– dimiro Jlyc Ulyanov, d'altronde di– sposto a rivedere ogni posizione che s'appalcsi errata, a ritornare su de– terminate impostazioni (ad es. sulla questione contadina. Per quest'ul– tima qualità autocritica, il W. par• lerà del Lenin « migliore e maggio– re>). Per questo, alla intransigenza ideale, si accompagna la sua rstr<·– ma modestia personale, il suo spi• rito di sacrificio, jl suo rifuggire da adulazioni e incensamenti. Così, ad un congresso, fa sì che Lunaciarski svolga una relaziont che in realtà è opera sua, poiché egli (p. 408) < si prtoccupò sempre di evitare la com– parsa di un dominio esercitato da un uomo solo >; per la stessa ragiom· sprona Stalin a scrivere i noti studi sulla questione nazionale, esercitando su di lui, come su infiniti altri, le sue capacità demiurgiche, come si preoccupa di salvare l'orgoglio e la reputazione dei compagni sconfitti nella lotta di frazione (p. 744); co– sì, infine, non dubita mai dell'o1w– stà dei caratteri personali rispettivi (p. 538), e, aggiungiamo noi, nel di– verso ambiente frequentato dai dur capi (Lenin a contatto di tutte le correnti del socialismo internaziona• le, Stalin cresciuto nel mondo chiuso della clandestinità), è in realtà la origine di quella souplesse lcniniana che mancherà del tutto nello Stalin. Tuttavia il W., giustamente, non opera con la facile contrapposizio– ne tra due epoche, ma nella fase del– l'uno fa risaltare quanto, finora im– plicito, balzerà chiaro nelle mani di colui che, per dirla con Trotzky. s'affermò come espressione delle ge– nerali mediocrità dell'ambiente. Per contrapposto l'immagine di Lenin ne risultò ingigantita. GICSEPPEl'EII \ NUOVA REPUBBLIC QIJINDICll\'AIJB POLITICO Esce il 5 e il20 di opi m.., i■ olioopiù pa,iae Comilalo Di,eUit,0: P.Ullffl - T.IOOIGNOU - A. Gi!PPI -P.IITTORELLI Se3n1a,i" di redasione: G.UYATI Rtda,«m•• Flruae. Piana della Llbe.rtl 15 (S0.998) Àmmini11,a1ion•: Firuse, Piana ladipeude.naa, 29 (22.0S8) Abb. annuo (Italia e Franci•J: L. 850, K.1Des1rale L. 450, trimes1ra e L. 250 (Estero, riJpctti\'amcntc, I100, 600, 300). Abb. soste.nitore: L. 5000. Souoscrizione. mensile: L. 200. 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