La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 50 - 17 dicembre

Domenica 17 dicembre 1961 LA FJERA LETTERARIA Net. qiVlarto centena·n-io deUa nascita: 1561-1961 * Gongora e la sua Cordova e HE HA:'-JNO. Signore. che hanno queste on– de del Bctis per cul– lare da sempre versi e versi? Da sempre. se Po– sidonìo non si l:isciò jn– ,gannarc dagli erculei sa– cerdoti di Cadice quando gli parlavano cli poemi t~u·– lc-si con seimila anni creta. ì\l;i anche ~e in questo e'(! mn\to d'iperbnliM. pcrche fli nnd<1lusi. come e.li in- 11'.'tm11rati. esaj!"crnno in tutte le loro prirole. ncS– suno 110trà negare che. ppco pnma che arrivm:scro i romani. Cordova. e colo– nia p:itrizia •· era sonora di poc:-ia. Tanto che il governntorc Aletcllo Pio nel 71 a.O. pote portare a Hom1. per il suo trion(o. un'intera n~t\·e di vnti. an– ticipando nel i\'lediterra– nco l:1 rotta delln 1rnve cc•Tantina del e Viaggio del Parnaso.,_ Cicerone parh1 con una certa iro· nia, e u:,;ando i p11nuni sospen:;:ivi. di questi sonori cordo\·:rni. La citazione. molto discussa. sta nel di· scusso e Pro Archia > (X. 26): e •.• Cordubae natis poetis pingue quiddam so– namib1.1s atquc pere~ri- 1111m •.• :.. Questo e pingue> si riferisre a una po:;si– bile amplificazione foneti– ca. a un ridondante accen– to? O ,11lude a una pesan– tezza di stile. a un retor– cimento barocco tale da suscitare scompi,2.lio nei suoi .custi classici? l"n retore cordovano su– !-Citò in Roma un tale en– tusiasmo che i giovani ne imitavano i modi. Dopo. viene la dinastia dei Seneca. da Marco a Lucano, con in mezzo Lu– cio Anneo. che è la virtù. o. come Niet;,.sche dis:::c con felice metHfora. e il toi·ero della virtù>. Lucio A nneo , Seneca. mae:.tro di stoicb•mo. il co:·donl!"lo per nntonnma.– sia. ancora oe.gi. con la sua vocazione di colonna. il suo modo cli vivisezio– nare gli uomini. il suo do– minio del razionale, la ga· gliardia della sua altezzo– sa dignità, il suo tono gra· ve e la sua malinconia. è Cordovn. nel modo più sensibile e palpaqile. una città senechiana. catledra insigne di stoicismo. puro Portico. Il matador Lagar– tijo, saggiamente evitando i tumultuosi. irrazionali impulsi. equilibrato nel gesto. preparato a qual::.ia– si eventualità. temprato alle avversità, soleva dire: e Si combatte con gli occhi aperti>. E nobile j?ravità. con una punta nrnlinconi– ca era. nella corrida. l'ar– . te stoica. statuarin di Ma– nuel Roc\riguez. detto l\'Ia– nolete. L'eccellenza intellettua– le. la patrizia gagliardia e la nobiltà estetica della sua epoca romana. soprnv– ·vive a Cordova anche se mimetizzata da un turban– te. o alla luce del cande– labro dei sette veli. o in cristiana cattività, duran– te il Medioevo. quando è capitale del Califfato. e la sognano i sufisti di Bag– dad. i rabbini della dia– spora e. lassù, in un ceno- bio germanico. la monaca Rosv1t.'.l. Fino Rll'nnno ~Iille è. senza dubbio. la più gritn– diri-.n e la più bella città delle tre religioni, e cioC ciel mondo intero. e in quel mentre. Altrettanto sicura– mente. nnsce li. A contatto con l'ambo e con l'ebreo. però in lingua romanzn. ln poesia ri.mara. che, in se– guito. fiorirà con i prove1b zali. i siciliani e i toscani. Oggi noi conoscinmo quasi un centinaio di composi– zioni cordovane del seco· lo X nei tipi strofici che più tardi impieghernnno il Conte di Poitiers. il Can– cellier delle Vigne e i tro– vatori dell'ambiente ro– manzo.· E come la poesia europe.:1. i versi rimati. così nella Cordova che culla Averroe e che il _gran co• mento feo > e Maimonide. nasce la scolastica. cioè lo insegn:nTlento dell'aristote– lismo adattato a menti me– dioevali. Nella Cordova che San Fernando strappò ai mori rappresenta la volontà di stile il _grande Juan de ?\Iena. che i suoi contem– poranei descrivono sma– _grito e per le grandi ve· glie sui libri>, il "volto pallido. emaciato per lo studio>, maestro dell'iper– bnto latinizzato e. insieme, arguto artefice di espres– sioni popolari. cli ritornelli infantili e cli favole. ca– pnco di versi tanto "crea- 1.ionist1 >, ti:intn e mnllar– mean1 > come questi: "Las nubes quc las detienen / rompidas de l<1s tus vo– ces ... >. E. parimenti. di proverbi da recitare fra le comari al fuoco dell'in– verno: " Vnestra vista me rep:i rn /- cuyos pìensos me dnn na~iAn: I m;\!- vale \·ci-giì<'ni:i en car:1 / que m:incilln cn coraz6n >. Ju:in de Mena è un G6n– gora del _gotico fiorito. co– me il suo concitlndino G6n~ora C il Juan de ~lena delrèpoca di re Filippo. fra il Cinquecento e il Sei– cento. Li crea una stessa terra: si ha<J;nano nello stesso grRncle fiume: studiano nelle stesse aule - a Sa– lamancn -: anelano allo stesso risultato estetico e lo creano per In stessa 5tra.da. restituendo la anti– ca sintassi alla romanza: li tenta un medesimo dualismo. il presti,eio della mitologia e la p:irandola. gfrandola di canti puerili, \'nrja:'.uzia della parola gio– cosa. Se forse si può os– servare in Don Luis uno scaltro ,Eodimento dei cin– que sensi che non si av· verte in maniera così evi– dente in Don Juan. pure il fondo di Gòngora è di– sincantato. desolazione e amara tristezza. Gli estre– mi lo toccano. ed e_gli è squisito e grossolano. uomo di burle e di verità, di satire pungenti e di pane– girici con incensieri. dol– èe e ,imaro. Canta una danrn bianca vestita di verde e le montanare che ballano con le loro sette sottane al suono dell'acqua fra le pietre e del vento fra i rami. Le sue espe- * ,li EIJGE,\TIO 11101~'1.'ES rienze amorose trasudano un lieve dising-anno. Però .a tutto questo reagisce burlescamente, e. a volte, fa capolino in lui un'alte– rigia da galanle conqui– statore. In questa Cordova in cui e la campagna nitrisce e muggisce.,. l'aria lo porta. caracollando, all'arena in cui il valore si ,e:iuoca al volteg.gio la vita al sole di gloria e all'ombra di ,e:ran– di. begli occhi laccati: e La plaza un jardin fresco. los tablados / Un encafiado de diversas flores / Los toros doce tigres matadores I A lanza y a rejòn despeda– zados: / La jine!a dos puestos coronados / De principes, de grandes. de seiiores, / Las libreas. bel· lisimos colores ... .,, E i cavalli? e Los ca– ballos. fabonios andalu– ces / Gastandole al Perll oro en Ios frenos ... >. 11 cuore gli batte forte e per un certo periodo il Capi– tolo al quale come e racio– nero,, egli appartiene, seb· bene sia entrato piuttosto tardi a far parte del clero. gli dà incarico per tutto quanto concerne le feste. Varrebbe la pena .di ve· derlo. tutto occupato In processioni. saluti. cerimo– nie. selezioni di novizi, or· namento del cortile de_gli spettacoli, fra razzi. musi– che. girandole come code di pavoni reali. toreri, pu– ledri alla briglia e comici ambulanti. intrattenuto con parole maliziose. Chi più ebbe sospetti, in questa occasione. fu il Capitolo. che si 'Prese l'incarico di strappare il coro a questa vita di gazzarra. Incarico al qaale risponde con tale spirito che i canonici scop– piano a ridere e non suc– C:ede nulla. Prova ne è che. pochi mesi dopo. il Traduzioni da Gongora * DecUcci ol nucci de llejon (da "Las soledades ") S ONO i passi di errante pellegrino questi miei versi che dettò hl musa: sperduti in solitudine confusa alcuni di essi; certi altri. ispirati. O tu che circondato di zagaglie ;r~~~~f tm:~tie;cl~~r~\·d:e!ia;;~~:i.- giganti di cristallo, il cielo teme. I monti dove il corno. riecheggiato, belve ti spinge innanzi - che poi, morte, sul ruolo troppo angusto mucchio informe, spumei!giante corallo dànno al Torme ~1dun acero appoggia di tua lancia r acero. il cui metallo farà. in breve. sudando sangue, imporporar la neve. E. mentre il battitore alacremente alla rovere dura. al pino eccelso, che con le rupi a _gara sfidan gli anni, appende il formidabile trofeo dell'orso che. trafitto, ancor baciava l'asta del tuo lucente giavellotto, sia che a te faccia veneranda querce da baldacchino augusto. o sia che l'alto margine della fonte offra maestoso seggio che a tua divinità si deve. tempera in quelle linfe, o glor'ioso Duca. l'ardore della tua fatica. e poi.. mentre )e membra offri al riposo sul prato di verbene non ignudo. lascia che ti raggi\mga il fortunato mio piede che i suoi passi ha consacrato alla regia catena del tuo scudo. Nodo soave e generoso onori libertà dalla sorte angariata, sì &.i.edi Euterpe a te pjetoso grata \'ibri dolce e canoro Pistrumento. quando Fama col suo non sferza il vento. /Joi "Sonetos,, A ima Sig11ora co11osci11ta ba111bi11a, riveduta do1111abella. S E quando eri nel nido fu si ardito Amore da legarmi a te, cosa ora mi farà mai, dolcissima Signora. che armato è nei tuoi occhi e disvegtito? Da lui fra le vfole fui punito. suo vescovo l'invia con.1e agente •quasi permanente, come Ambasciatore della Cattedrale e console dei maestri ciel coro, alla Cor· te. dove si propone di e la– sciare l'ozio a cui Cordova lo spingeva> e dove. in realtà, fa sberleffi. smorfie disdegnose. satire e si ina– ridisce e si sente invec– chiato. Sente, per di ria con le sue stesse parole. che e vive come un fico >. Fatto sta che da Madrid. come da Valladolid. come dn Granada. rimpianJ!e la sua città. Invano vuole intratte– nersi con ja:'.liepisodi della guerriglia letteraria e con la sua strategia: e si affan– nerà 'J)erfino nel pretende· re - pretendente nella corte - una e c.apellania real> che lo allontanerà da quanto ama. perche nella sua generosità rinun– cia a fnvore di un nipote. di quello che più gli man– gia le rendite della pre· benda cattedralizia. Niente può impedire che la sua anima vada al e gran re d'Andalusia>, al fiume che lo cullò. Niente può im– pedirgli di rimpiangere _gli orti profumati e l'arena equestre di Cordova. la pianura. donde fa venire trotterellanti cavallucci e vasi di gelsomino per le nobili dame di Palazzo. Ricorderà sempre il ponte della Calahorra. la piazza del Potro. la sua casa. il suo giardino. la porta che sa delle sue bricconate in– fantili con la sorella Ma– rica. gli archi della Catte– drale, h sacrestia, le con– versazioni nei retrobotte· • ga. L'assenza di queste cose lo consuma e lo so· stenta. Nel 1609 una satira cau– sa scompiglio nella Corte e torna a Cordova. dove trascone le notti studian– do, dal tramonto all'alba. greci e latini. pili qualche toscano; come Chiabrera. Studiando. soprattutto. la propria poesia. Sono que– sti. dal 1610 al 1613, i suoi anni più importanti, quelli del divino e Romance de la Colmeneruela >. quelli ciel e Polifemo., e delle e So· ledades >- El e Polifemo., __ Tutti quanti allora poeta– vano in Spagna. si recava– no nell'Italia del Sud o in Lombardia. Quando è nominato Vicere cli a-poli. il Conte di Lemo::. si porta nel Vice1·egno tulta una nave di poeti lirici. ma non Cervantes, che gli de· dicò le e Novelle Esem– plari>, In seconda parte del e Don Chisciotte., e e Persile e Sigismonda .,: non Cervantes. che !orse era troppo vecchio per altri daggi: non G6ngora. Questi. alla pretcrmissio– ne. risponde con il sonetto che incomincia: e El Conde mi sefior se va a apoles / y el DuQue mi sefior se va a Francia .,: e Principes. lmcn vi.ajc, quc este dia I Pcsadum– bre dnré a m10s cara– coles, I Come sobran tan doctos cspafiotes I A 11tn– guno ofreci la musa mia; A tm pobrc aLbergue, s(, de AudaLucia, I Que ha rc1i'iHido a orandes, digo "snlcs > Ma un ja:'.iorno,suppongo che fosse un pomerig– gio,' un pomerig~io estivo. quando tutta Cordova era addormentala nella siesta. all'ora del coro. mentre russano decano e coristi, sogna il mito del Ciclope innt1mornto: e donde cspumoso el mar siciliano I eL pie argen· 1ec1 de plata al LHibeo >. Molta cd illustre poesia irrorò dalle omeriche au– rore il mare e la terra di Sicilia: ma che si ritirino tutti. che retrocedano tut– ti. che Ovidio fu,1?ga. din– nanzi al Polifemo porto– ,e:}lese, poiche queste- onde mitologiche e questa terra di idillio e vulcano non ispirò mai metafore cosi calde e cosi belle. e Polifemo> e e Soleda– des > su sci tana opposte pas5ioni nelrambiente let– terario. Lope giudica sem– plice e scampanio> tale poesia. Questo e Parlar con sonagliere / che bella co– sa è il rumore / sebben nulla si dica>. Quevedo parla del e racionero > con biliosa acrimonia. Gli rimproverano l'oscu– rità. sebbene Salazar y :Mardones nel 1636 dirà che queste e opere sono facili e chiare per i dotti e i versati nelle storie e per coloro che conoscano figu– re e metafore della Reto– rica.,: quantunque G6ngo– ra non gradisca che Jo discolpino della sua oscu– rità, poiché, ,partendo dal– la constatazione che la poesia è un mistero. di [en– derà e lo honroso de hacer– se obscuro .,_ Mallarmé. perciò. non inventò nulla. Inventò tutto Don Luis. Oscuntà, sì. però. come ~ià osservava Vasquez Cirue– la. le sue metafore. i suoi iper!Jati sono e Jumbres de la oraci6n >, e con simili e lumbres > questa poesia acceca come il sole. Qual– cosa del genere pensava don Migucl de Unamuno quando, nel 1926, l'anno del terzo centenario della morte di Don Luis. mi dis– se. passe_ggiando lungo la spiaggia di Hendaye: "A me di Gòngora. come di lutti gli 3ndnlulsi. quel che più piace è lo splendore>. Come splendono! Damaso Alonso dimostrò contro Cascales che non c'erano due G6ngora. un principe della luce e un pri.ncipe delle tenebre, uno dei quali era succeduto al– J'altroJ; ma c'è in lui, come nelle sue dilette e plazas de toros >, sole e ombra, nello stesso tempo. Nella sua rotondità abbraccia in equilibrio instabile. in for– zoso dinamismo, in ansia faticosa - e per questo brilla con tanto calore - tutti gli opposti: la realtà, l'irreale, illusione e disil– lusione. squisile2zc e nitri– ti; impeto verso il mondo e fuga ascetica: naturalez– za e grazia. Questo è il ba– rocco e questo è il cordo– vano. Pag. 3 Luls dc Gongora nel ritratto di Diego Velazqucz Unvoltofra le tenebre * di JOSE IIIERRO P ROBABILMENTE una delle peculiarità della poesia che oggi ci piace - po– tete, se \'O]ctc, parlare di neoroman– ticismo, - è la sua capacità di riportnrci al poeia, all'uomo. Si tratta di una delle nostre dcfonnazionj attuali: pre[crirc la \'ila all'opera; o, dello in una maniera. meno brusca, sen,irci dell'opera come di un trampolino per saltare sopra. la vita. Si dice che op:gi G6ngora piace meno che , 1 ent'anni or sono. Non credo che sia pro– prio cosl. Meglio potremmo dii-e che piace in un'nllra maniera, che cerchiamo nella sua poesia suggestioni di\"ersc da quelle che cercavano i letto1; del 1927. Gongora è, innnnzitu,tto, l'artista, il crrncstro inimi– tabile, il h1ago del ritmo ~ del colore, il fa\'0loso creatore di mondi'di lin'litdto co"fl– tat to con la realtà. Questa è la sua gran– dezza. E questa - agli effetti della sua validità - la sua manchevolezza. La sua anc, il suo artificio, è esatta.mente quello che ci stupisce e che lo allontana da noi Qualcuno penserà. che mi s10 riferendo esclusivamente alle sue grandi poesie. No: penso anche alle sue e letrillas >, alle sue romanze, ai suoi sonetti piu o meno auto· gt~~;!;\i f~~fre if c~~~~. r~t~!iela ~r:,roc~~ \ cli alloro e si mostra, alla luce del giorno, così come è. E' a queste poesie che mi riferisco. Sono le uniche che potrebbero darci l'immagine umana, non poetica di G6ngora. E non cc la danno. li volto umano di questo poeta rimane nell'ombra. Sappiamo come era esterior– mc111c la !:>Uatesta. Sotto questo profilo Vel3squez può testimoniare. Però non i! ~ios;~~~:nt~n~,a;ii ~~~~{ ~ci1f:• c~~~ie~zcam~~~l luci e con ombre che lo modellano e lo caratterizzano. Possiamo immaginare la sua persona, confrontarla, come se si trattasse di un essere vivo, con uomini di oggi che conosciamo e trattiamo. Possiamo avven– turarci nella supposi;,Jone di quali rea– zioni egli avrebbe nei confronti di una determinata circostanza. Ma G6ngora ci si nasconde. Nelle sue poesie sa.liriche, per per esempio, non è un poeta a pcllo nudo quello che ci si presenta, ma un poeta con la maschera comica. Nei suoi miti mcr:JYigliosi, come nelle sue grandi pocs.ic , s'incontra un aucigiamento studiato, dcli– ber:: i.to. Tullo in lui mostra mancanza di naturalezza. E' nota la risposta data al \'CSCO\O Pacbeco durante la • San1a Visita• al Capitolo di Cordo\"a. Questi fra le altre colpe rimproverava a G6ngora di parlare molto durante l'ufficio di,·ino. li poeta risponde senza umiltà, senza nessuna \"Oglia di dire la ,·erità, senza pentirsi del proprio atteggiamento o confermarsi in esso. Il poeta "posa> per la posterità, si immola sulle are dell'ingegno: e ... durante le Ore sono stato cosi silenzioso come pii.i non avrei potuto; perché anche quando ,·orrei :md:!r contro quel che mi si comanda, ai miei lati ho un sordo e uno c.he non finisce mai di cantare, e cosi taccio perché non ho chi mi riseonda >, E' una risposta troppo preparata perché possiamo prenderla come un'espressione spontanea della sua per– sonalità. E insieme all'orgo~Iio, all'ingegno cla– bor: :i.to, il desiderio di abbagliare gli altri con i suoi at teggiamenli olimpici o inge– gnosi, il G6ngor:J giocatore, il ,ccchio poeta disingannalo dalla corte, che mendica in ogni lcllcra un pugno di reali. Neppure qui i folli vengono sufficientemente com– binali psicologicamente tanto da poter trac– ciare un ritratto. Ignoriamo fino a che punto le sue petizioni, la narrazione delle sue S\enture, potevano essere menzogne per commuovere i suoi amici. E nella Madrid intomo all'anno 1920 - \lista attraverso la. corrispondenza. gongorina -:- la figura del poeta si nasconde dietro i fotti esposti - pe,·fino quando parla della morte di persone che furono sue amiche o proteLtrici (Don Rodrigo Calder6n, Villamediana) - con assolutn. indiffercnz=i., con obietti,,ità, a stento pa1·tecipando con una commisera– zione vaga e formale. Un ritratto difficile, e perciò appassio– !1ant<:,quello di questo splendido cordo\ ano, 11 disdegnoso poeta che perfino per i suoi ,·ersi, che - e non erra\ a - conside– rava magistrali, non fu capace di com– piere }I sa_cr!ficio_ di raccoglierli, revisionarli, pubblicarli m ,•11:J.. (traduz. VINCENZO DE TO;\'li\,1ASO) Don tuisdeGongora e la1wesia co11tem1,oranca aspide che fra i _gigli oggi dimora: già avevi quel poter quando eri aurora. che oggi è un sole e dardeggia da alto sito. Salve splendore! a te dirò gemente Gongorr•,1,, • gongorismo * d1 1·/!I.Cli.l"Z(J /)li TtJ.'1!1SStJ G ENERALMENTE luis dc G011gora vie11e defi11i10 e fondatore della poe– sia colta spag11ola », e, da noi i11 I talìa, per 1wa co11- s11el11dine omwi co11sotidata nel tempo, si insiste sve:,:,o uef paragonarlo al Marino. /11 tulio ciò, i11d11bbia111e11te, c'è qualcosa di vero. I versi di Gdngora - o, ver lo 111e110, quelli della sua e seconda maniera» - so110 cosi ric– chi di metafore, di latmismi e di riferimenti mitologici, che 11011 si p11òmtfrire alc1111 dubbio sulla legittimità della de/i11i1.io11e corre11te111e11te da– ta della voesia gougorma. Tutlavia, per poter gi11di– care obiettiva111e111e ,,uesta voesia, è necessario amlare oltre ·if s110 aspetfo pw llfJ· parisccmte. Bisog,rn evitt1re, wsomma, di rimaHere abba• gliat, dalle prime t1f}f)are11- 1.e. e Dietro quel c1111111lo di erudizio11e, talora perfino puerile - scrive Jea11 Camp - quale vrecisione di ter– ·111i11i qua11do si tratta d1 dar rilicl'O a 1111'i111111agi11e ! Quale penetrante e1'oca;:1011e di oggetti familrnr_i nella semplice scelta dei voca– boli!.,. Criticare 1'01,era di GOngo• ra sarebbe w, compito fin trovpo facile: dai s1101versi si potrebbe ricavare liii nu– mero i11credibilme11te. ele.1 1 a10 di e.semvi volti a dimos1ra– re quanto sia esagerato m lui lo sfoggio dell'cmdi:.io11c, e quame volte questa emd1- zio11e. finisca letteralmente c:ol soffocare la sostanza poetica dell'opera. Citiamo, a titolo di curiosità da 1m e Sonetto q11adrili11g11e in castiglia110, latino, toscano e portoghe– se », che, i11 questo senso rappresenta addirittura 1111 caso limite: e las tablas del bajef de– spetln:.adas, - Sig1111m mw– f ragii pium et cmdele, - Del tempio sacl'o con le rot– te vele., - Ficarao11 nas pa– redes ve11duradns. Del tie.m,,o las i11ji11rias perdonadas, - Et orioni.s vi 11ii11bosaestellae - Raccoglio /'smarrite vecorel/e - Nas ribeiras d'6 Be.tis espa/hadas. ,\la ridurre Gd11gora se111- pliceme111e ll questo sareb– be assurdo. Dietro la fac– ciata, costituita clalle meta– fore e dai gioc/11 d, parole, dai latimsmi e da quelli che :,ono stati de{i.niti e ermeti– smi a,ue · litteram >, si in– contra tm'ispiraz.ione viva, fg~~~: 11 ~~11 '~}~re.~~~ti~:co1f"J; anticipo, tende alla stes:,a meta a cui aspira110 1110111 poeti della 11ostra epoca. Sigmficativo è com1111que il fatto che questa poesia, nel corso dei secoli, sia swta 1111erpreta/a 111 maniera tlt· 11erst1. I co11temporanei, 111d11bbia– me11te, llVtwm10 collocato Gdn~ora su di 1111a_lt1ssi1110 pied1s1a/lo. Basti dire che, l'mmo stesso della s11amorte, tutti I suoi ver:,i i·e1111ero rmbblicati con lo s111pefacen· te ti10/o di • Obra:, e11ver>o continlraa pag. 6 come usignolo che dalla prigione il suo lamento effonde dolcemente. Dirò come la tua f,ronte lucente ad ogni uccello di cantare impone e piangere nel canto umanamente. /Jolln '· I 1 nlndi:r cle />oli/euw !I f.oloteo,, LA ninfa in fuga, intanto. ove le fronde. ruban di un lauro H tronco al sole ardente. dà tanti gelsomini quanto asconde dì erba il suo corpo. a una sorgente. Dolce si lagna. soave risponde l'un usignuolo all'altro. e dolcemente quell'armonia porta i suoi occhi al sonno perché non bruci di tre soli !I giorno. ~ ALAMAI\TDRA del sol, cinto di ste11e, latrando stava il can del cielo quando, polvere il capo, ed umide facelle o perle di splendore trasudando, Aci arrivò. e delle luci belle vedendo il dolce occaso al sonno blando, sua bocca diede e gli occhi. avidamente. al cristallo sonoro, ed al tacente. O bella Galatea, tu più soave dei garofani colti in su l'aurora, bianca più dell'uccel di candide aie che dolce muore e nell'acqua ha dimora. uguale in pompa a quell'altro che. grave. suo manto azzurro di tanti occhi indora quante il celestial zàffiro ha stelle, o tu che ne hai negli occhi le più belle, lascia, ormai. le onde, lascia il biondo coro delle figlie di Teti. e veda il mare che se ne!:a una luce il carro d'oro ben Galatea ne può in due donare! Calca l'arena: io nell'arena adoro quante conchiglie vorrà inargentare il tuo piede al cui tocco puoi vederle. senza il rorido seme, render perle. Traduz.lone di Raffaele Spinelli L A VALUTAZIONE fonda– mentalmente negativa che per più di due se– coli gravò sul Barocco, ri– sale al primo momento in cui la nuova scuola comin– ciò a prendere consistenza: è implicita nella natura stessa della sua denominazione, che, a somiglianza di quella del Gotico, denuncia un'ape1·1a intenzione spregiativa. Ogszi non v'è nessuno che non sappia che quella valutazio– ne fu originata non solo e non tanto dalla naturale op– posizione dei dirensori del– l'ordine letterario preesisten– te, quanto da un'incompren– sione assoluta dei motivi profondi che avevano detc1·– minato il movimento secen– tista: ma non sono lontani i tempi in cui nelle nostre università e nelle scuole si continuava a considerare si– nonimi i termini di e baroc– co., e e decadenza», e anco– ra alle soglie del nostro se– colo stigma della condanna originaria rimaneva intatto nell'opinione di non pochi ri– tardatari, come Menéndez y Pclayo (studioso per tanti altri riguardi illuminato e geniale), che \'edeva nel Bn– rocco la somma de todos los aspectos y formas tle mal g11sto del siglo XVII de1;– vali dal desarollo sim11ltdt1eo del mal gusto italiatio. Per altro, fin dalla me1à dell'Ottocento, idee diverse si erano ,,cnutc formando cd avevano dato origine a un movimento di studi ch'era destinato a mutare radical– mente l'esegesi e la valuta– zione dell'arte e della lette– ratura secentesche. Si comin– ciò, prima di tulio, col bat– tere in breccia l'errore fon– damer.tale di restringere il concetto di Barocco a quello di una semplice evoluzione o degenerazione del gusto, op:. * di UAFFAhLIJJ ~1:"l~~LLI ponendogli con tutta ragio– ne che il Barocco corrispo– se all'avvento di una e attitu– dine vitale• nuova, i cui ri– flessi investirono in pieno, as– sieme all'arte e alla letteratu– ra, anche il pensiero filoso– fico, la società. il costume e ogni altra estrinsecazione fondamentale dcli' esistenza umana. Nie1zschc, fra i pri– mi, protestò contro l'iden1i– ficazione del barocchismo con la conclamala e corruzione• dello stile, e errore in cm possono caderé solo i pe– <lanti, i quali non riescono li intendere che si tratlò di liii mutamento del senso della forma scaturito da istanze ,move del sentimento e della intelligenza». Hcinrich WO[– fin, a sua volta, aggiunse che il passaggio di stile dal Ri– nascimento al Barocco è un esempio stupendo di come lo spirito di un'epoca nuova partorisca una forma nuova. Spengler e Worringer videro nel Secentismo artistico e letterario un rifiorire dello spirito del CliSLianesimo che il Rinascimento aveva com– presso, e rilevarono, sottoli– neandone il significato, che l'avvento del sis1em::i. orna– mentale barocco fu contem– poraneo di quello del calcolo infinitesimale e della musica polifonica. Infine, Cari Geb– hardt, nella sua nitida fo1·– mulazione dcli'« assioma del ritmo», incluse il Barocco fra le e costanti• della dia– lettica della creazione arti– stica, affermandone la pre– senza e la cootinuità in tut– te le epoche. Cos\, il Barocco in genera– le e il Secent,ismo letterario spagnolo in particolare ap- pan•ero in una luce comple– tamente nuova, e si \'ide chiaramente come la Spagna, appunto nel secolo in cui ebbe inizio il crollo della sua potenza militare e politica nel mondo, riusci a creare una leuera.tura çhe, con i suoi a1- teggiamen1i intellettuali sin– golarissimi e con un proce– dimento formale corrispon– dente in modo dir<!ttO alle istan7.c più peculiari del tem– peramento e del gusto della propria gente, portò all'afler– mazione definitiva dell'indivi– dualità autonoma del genio spagnolo in seno alla cultura e all'arte di Europa. E il mito lii G6ngora, già riesu– mato sono la spinta delle rinnovate correnti estetiche dai simbolisti francesi verso la fine dell'Ottocento, ripul– lulò sempre più vivo nel cor– so dei primi decenni del se– colo attuale, fino a raggiun– gere la luce di apoteosi del '27, anno in cui, celebran– dosi il terzo ccntena1fo della mone del Maestro andaluso, si ,•ide il meglio della cri– tica le11ernria spagnola im– pegnato nella esegesi e nella rivalutazione di G6ngora, con uno sfon:o che si rivolse non tanto alla rievocazione del passato, quanto all'inserimen– to della lezione gongorina nella le11era1ura \'h·a e pre– sente, com'è dimostrato dal– la produzione dei migliori li– rici della e generazione dd '25 » - Pedro Salinas, Dù– maso Alonso, Gerardo Die– go, Jorge Guillén, Rafael Al– beni e Garcia Lorca -, che sogliono denominarsi, appun– Òo&n;6r~e!'.del Centenario di li capo della scuola poe– tica e culterana • che portò fi_noal limite estremo lo spi– nto e le fo1me del Barocco, Luis dc G6ngora y Argote, nacque a Cordo\'a !'Il luglio 1561, da famiglia altoloc&ia. Figlio cli don Francisco dc Argote, e juez dc bienes )' corregidor en Madrid », e di doi'ia Leonora dc Gongora, volle esser conosciuto piut– tosto che col cognome del padre, con quello della ma– dre, che poi rimase a cam– peggiare, esso solo, nella lu– ce della fama. Fece i suoi primi studi nella città nata– le e passò successivamente a Sala.manca, dove avrebbe do– vuto frequentare i corsi del– la Facoltà di Giurispruden– za: vi si approfondi, invece, nelle lettere latine e greche, si applicò con passione alla musica e s'impregnò di eru– dizione mitologica. I docu– menii del tempo ce lo pre– sentano con tr:Jllì molto pre– cisi: gran giocatore di car– te. insofferente di ogni disci– plina, organizza1ore di beffe e an:rnntc delle donne; ri– cordano, fra l'altro, un suo duello con Rodrigo Vargas, per questioni amorose. A.ll' età di \'entiqu::i.ttr'anni. ricco di tali studi e di iah esperienze, lo si ritro\'a in abilo talare pur non a\'endo ricevuto gli ordini maggiori del sacerdozio, beneficiario di un prebendato della Cat– tcdrnle di Cordova; ma la sua condizione di uomo di chiesa. che fu poi quella di tu.Ila la sua vita, non do– \·c11einfluire gran che sul suo costume, se. quattro anni dopo, nel 1589, il vescovo lo incolDava apcrtis \'crbis di assistere molto di rado al c<;>roe, quando v'inlen·eni\"a, d1 • rezar las horas > con poca dC\'OZione,di accoricrt>, jnvece, a tutte le e fiestas de toros » e di e passare i gior– ni e le no11i in occup::i.z,oni fatue, sia accompagnandosi con gente del teatro, sia scri– \endo su cose profane>. Non si sa con precisione se e come G6ngora si giustifi– casse di tali accuse: ma que– ste, data la mora.le correnti! dell_'epoca, nor dove,•ano ap_– parire eccess!vamentc gravi, pen:hé al g10\ane chierico vennero affid::i.1e frequcntt missioni straordinarie, pro– babilmente lucrose, che lo portarono a viaggiare attr::i.– ,·erso la. Galizia, le due Ca– stiglie e la provincia di San– tander. Nel 16061·icevet1e gli ordini maggiori e potè ce– lebrar Messa, dopo rii che gli fu possibile ottenere an– che, con l'appoggio di pro– tettori illustri come il Duca di Lenna e il Conte-Duca di O!i,,aics, la nomina a cap– pellano di onore di Filip– po lii. Con tale 1itolo. nel 1612, ~i stabilì a Madrid e \ i passò quasi tre lustri, im– pegna io nel lavoro letterario e nelle battaglie con i mag– giori letterati del tempo, Lo– pc de Vega, Quevedo, Tirso, 1\larc6n u J;\urcgui, che lo av\'ef:i~rono in ogni modo, lo cnt1carono e lo derisero in famosissime parodie (. La ga~o~l~~li~ti~~::i.l;ja~ri1ot3jf~ ferenza dei citati, Cer\'antes fin dal 1585 aveva preannun– ,dato la grandezza di G6n~ gora, definendolo nel e Canto di Calliope», incluso nella e Galatea»: 1111 vi\•o raro i11ge1110sin seg1111rlo. Negli ultimi anni dcll'esi- contlnua a pa5:. 6

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