La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 45 - 12 novembre 1961

Domenica 12 novembre 1961 I.A FIERA 1.F:TTF:RAl'.IA Pag. 3 Piccola storia di una carnera Storia, avventure e consacrazione deL linguaggio deUe taverne * * Ilsegreto diMoravia L'ar~ot alla Coyte dei Miracoli * d; l"IETllO CI/JIATTI E SCE in questi giomi la traduzione francese del· l'ultimo romanzo di Mo– ravi:\, • La Noia ", best-sellu italiano e , incitorc senza ostacoli del • Viareggio •· L'editore Fl:.tmm:u;on ha aggiunto al tìtolo un sottoti– tolo che è invitante senza :'lr- ~~~•:;f u~ltt1~:~f1~~~~ 10 cii ~n~~ stcrità scicntific:t. 11 tutto si chiamerà • L'Ennui e sa di– ,·crsion, l'Erotismc •· E' sco– perto l'invito al Jcllorc fran– cese, mollo più allento di quello italial'o, di non at– tendersi il solito romanzo e neppure un romanzo inscli– to, ma Qualcosa di più e di più preciso: ossia uno studio romanzesco, un saggio con pretesto narrativo intorno ad una malattia 1ulta moderna, la noia, condollo attr:n-erso l'osservazione e la <lescri7.ione del suo effe110 più \'ÌSIOSO ,e sua <li,•ersione, l'erotismo. Al lume degli acquisti ( or– mai alla portala d'oinuno) fatti dalla lecnìca delle • ri– cerche motivazionali• si po– trebbe azzard !l.rc che per me7.- 7.0 e :mzi con l'alto avallo di Mora,•ia, un'cdiloria, un co– ,:tume c:-erc:mo di convincerci a intendere l'erotismo, anzi la O"'"'•'<:<:ionc ,•,-01 ìca. r-ome con– seguenza d'un male sociale, come qualcosa di s10ricamen- 1c obbligato e dunque ormai (uori dal ragp:io delle respon– sabilità e delle sccl!e perso– nl'lli. A tale pericoloso equi– voco si prestano gli scrittori. e, Moravia è maestro, i quali s1 sono arro.za1i o ai quali ( è poi la stessa cosa) è sia la consentita la pre1·02:11iw1 di creare pcrsona~gi ~imholici. personaggi ri\'clatori del no– stro lcmpo, le cui prh·atc malattie sono dunque emble– matiche. Ci lroviamo di fron– te ad una intensa, pcrsuasi\'a campagna di • disarmo mo– rale•, in altri t,rmini. con– dotta con le armi sollìli dc-1- l'intimiclazione moralistica. del ricatto psicologico in ma<:– sa, attuato con lò'\ proposla ossessiva di una moderni1:i che è tale proprio in grazi.i di quel • disarmo • e non p11i> essere altrimenti. Si è ac– cennato all'intimidazione. E chi \fUOI ammettere di essere •timido•' La disponibtli1ti. mimetica dell'uomo è tale che i personaggi ùi moda finisco– no per deuare modi di com– portamento. Clinico e moraliata Se leggiamo bene, da qual– che tempo le inlcrvii-tc con– cesse da Moravia, for1e d'un successo crescente, non han– no fatto che battere su que– sto punto, apparentemente in:at:accabile, impeccabile nel riferire un effetto a una cau– sa: ossia che l'uomo moder– no soffre per colpe non sue, condizionalo dal sistema, che il mondo occidentale è inti– mamente minato da un male generico e generale che lui. Moravia, qui sta il ,;uo primo merito, avrebbe saputo isola-• re e 1ra1tare con la fredde7.za del clinico, con l'impietosa lu– cidità del moralista. Il suo ricorso al marxismo ,'1..lo!es– sere, in questa luce, il tem– pestivo riconoscimento d'una altra incluttabiLità, prova e conseguenza di quel • disar– mo•• suo metro e sua giu– stificazione. Esso viene co~l ad essere una nuova sottilis– sima arma d'intimidazione. to confo11nista indifferente ~ ossessionalo dal sesso tulio insi:-:mc e contemporanea– mente, per una fatalità che quest'uomo può non ricono– ~cer,;i ma che lo riconosce, marchia, car;itterizza inclucli– hilmente. Non si è a7.7ardato affer– mare che questa lodevole preoccupazione cle 11 'uomo, della condizione dell'uomo, impedisce sempre più a Mo- 1 avia la rnpprescn1azione del– l'uomo, che di libro in libro i ~uoi per:on:1ggi sono sem– pre più emblematici ma anche ,empre più incredibili e qua– !-i impersonali. e non escono dalle pagine per entrare nel– la nostra \'Ìla a raccontarci :,:cgreti di uomini ma vi ri– mangono E?elidi, distanti. ve– ri e propri cadaveri intellet– tuali, a disposi7.ione dei cor– vi che si nutrono di • succes– <:i,. e dei critici disum:mati. La sua vera vocazione Me1ita qui di accennare, dopo una rapida riconsidera- 7.ionc della sua carriera, a quello che si può veramente chiamare • il segreto di Mo– ra,•ia 11. E' dal successo de • Gli indifferenti ,. che egli prosegue e alimenta la sua più acuta e prepotente e non ancora riconosciuta vocazio– ne, che egli gioca il grosso gioco di simboleggiare la vo– •ce della coscicn7.a italiana, di rnppresentnrc lo specchio se– gre10 delle sue disfalle, di farsi insomma giudice di co– stumi. Tmpcclito (ma anche solleticato e acuito) dal fa– scismo, il gioco gli è invece riuscito in pieno in questo dopoguerra, favorito da una cri1ica che reagiva al forma– lismo prebellico assumendo e inkolta imponendosi preoc– cu;>a1.ioni contenutistiche, co– ).;liendo ;li volo le palle do– rate della • condizione unrn- 11:i ,. ~• del]',, ingagvio • pio– \ UlC d'oltralpe insieme alla dcmocrn7J;i. S1• npcrconia– mo la sua strada, ,,ediamo d1e /'l'lnrnvia ha più o me– no dichiarnlamente trattato • mali <:ociali •, quelli che partono dall'adolescenza e quelli che si impaludano nel– In viia adulta, i mali della so– litudine e quelli del coniu– gio, i mali della borghesia e quelli del proletariato (a que– !>lO punto incontrando Pasili– ni e facendosene un'appendi– ce): magari un solo male in dh·crse e sempre aggiornate manifestazioni. I suoi per– sonaggi sono stati, volta a volta, i pazienti di questi mali, occasioni di rapp1·esen– tarli. In tal modo essi han– no però perduto via via di concretezza, di umanità e di stes<,a verosimiglianza, fino a diventare, come il pittore de • La Noia •• dei puri prete– sti d'impegno, parti cerebrali d'una ambizione sociologico– moralistica giunta alla descri– zione di se medesima, per– sonaggi nati-mol'li, infine: ma che sarebbero giustificati al massimo grado, e quasi a prioti, dallo stato di vita– morte dell'uomo contempo– raneo, alienato per' definizio– ne. Siamo al culmine di quel– la ambiziosa vocazione. E' sempre più lontana l'in- 1cni:ione di -scrivere solo .-un romanzo, ossia un'opera let– teraria scritta secondo dc- 1erminati critc1i puramente letterari 11 (,·cdi la confessio– ne di Moravi;,, nei Ritratri su misura _ Sodalizio del Libro, 1960), lontana in altri termi– ni la vocazione •che gli det– tò • Gli indfffcrenti •· Del re– sto, nella stessa preziosa con- fessione ciii, dopo an!re ri– cordato che la crilica e il pub– blico videro in quel roman7.0 • una violenta polemica so– ciale che c'era senza dub– bio ma che io non avevo avu– to intenzione di metterci•• arriva ad affermare che« l'ac- d~fi'!en;ri,i~;til~ìgi l~rfi~i:i~rt~ delle autorit!t mi costrinse, per cos\ dire, a rendermi conto della vera nalura del romanzo o per lo meno di al– cuni aspetti di esso•· Data da quel preciso momento, per Moravia. il riconoscimento della sua più nutentìca vo– cazione, insomma la scoper– ta di se stesso. I libri succes– ,:ivi non vogliono e non pos– sono più essere solo romanzi; e l'ostilità del fascismo arn– na la sua satira, arma la sua c1itica della società. Non tut– te le opere successive, ce1:lo, ~ono nate a pari livello di im– pegno, ed alcune possono per– sino sembrare evasioni da esso, ma certo tutte conten– gono più o meno scoperti e dichiarati motivi di prose– guimento della sua \'ocazio– ne di specchio e di giudìce, quella stessa vocazione che sembra volerlo portar fuori dalla narrativa e in effetti, con • La Noia•• l'ha condot.to a\l'aut-aut, al limite cU scoppio. Un ultimo passo indietro: finisce la guerra, esplode il marxismo, Si crea la fittizia alternativa Cris10-Marx, che subito Moravia, con ardore di neofita e calcolo di tempista, assorbe e rilancia, ogni posi– zione negativa può passare al contrattacco e fal'Si posizione positiva: per colmo di fortu– na il dopoguerra e In rot– tura dei sigilli nazionali tro– ,,ano, o scoprono, un Mora– via venuto con • Gli indiffe-. rcnti • nove anni prima de • La Nausée,. (1938) di Sar- !rL,Jf,~'::~~ at1i~2frid\a c~'.: mus, prima dei sacri testi dell'esis1enzialismo e della crisi. Questa scoperta lo sol– leva all'ultimo piano dell'in– telligenz.a europea. 11 gioco è fatto. « La noia» come ricdpitolazione Al culmine della matmità, · • La Noia 11 vuol essere, se è lecito azzardare, la ricapito– lazione d'un impegno assun– to sin dalla giovinezza e la riscrittura ·dc • Gli indiffe– renti" nella piena consapevo– lev.a • deJla vera nalura del romanzo• e non solo • di al– cuni aspelli di esso•· Morto Camus, sbiadito Sartre, in panne tutta la cultura parigi– na, Moravia sembra ormai ultimo e solo, il pili con– seguente, il più inesorabile. ] l più furbo. La recente in– tcn,ista a Raymond Millet per • Le Figaro Litteraire 11 contiene dichiarazioni che rinsaldano la fondatezza del– l'ipotesi: questa •noia• è stata l'• indifferenza• d'allo– ra fatta consapevole e rico– nosciula simbolica, diciamo pur.e universale. La volontà galopp:l su una vocazione ormai complclamentc imbri– gliata. Nella stess~ intervista a Millet, Mora\!ia parla dei suoi ultimi personaggi come di rappresentanti Lipici, non -può dire comuni né reali, d'una condizione generale; dando per scontato e per owio che essi non possono essere rea– li, vivi, autentici, umani, ma debbono essere irreali, morti, fasulli, sgradevoli, disumani. Jntanto che parla di loro, egli gcoerali7..za e parla del- (Contlnua 8 pagina 4) N EL MARE del llnguauio che fonde e confonde l!'.11 uomini. che li uni11ce e li disgiunge in termini che sono spesso la distanza tra il pensiero e l'espressione, sono salile sulla cresta dell'onda le parole di e argot ..; oggi, in Francia, nessuno più si scandalizza delle parole d'argot. quelle &tesse di cui Hugo scriveva: • Parole soli– tarie, talvolta volgari, che hanno una singolare potenza d'esp:essione. Idioma abbietto che sgorga dal fango, voca– bolar10 ,pu.stoloso ... La parola a volte somiglia a un'unghia a volte n un occhio spento e sanguinante ... •. ' Così. nella Francia borghese ed attenta, ferisce di fianco l'argot e diviene moneta corrente nel commercio della lingua viva. n termine ''argot,. sembra sia una deformazione di • jargon • che è noto fin dal XIII e che si trova in alcune favole di Maflia di Francia usalo anche da Charles d'Or– leans. Significava • linguaggio incomprensibile,. e tale senso era avvalorato dalla somiglianza o identità accidentale del verbo scandinavo • jarg • - che rendeva il verso delle oche - e • jar.s,, che significa l'oca maschio. Si dice infatti "'Lcs jars jargonne •, e, per designare un linguaggio incom• prensibile: • 11.s jargonne eomme Ics jars >; l'antico pro– verbio • Il entend le jars, il a mené !es cies > si è appun– tato nel moderno • Devider les jars pour parler argot •· Capire il linguail'gio delle oche è dunque capire l'argot. L'origine dell'a.rgot La prima traccia autentica e storica di vocabolo in ~~fi°at, ;~a}~ovaap~;reun .. ad~~t~:r: ~~,j[~~~-s/;;:nudoa~~l~nJf!f: duata come parola propria dei ladroni di Rouen. Risale appunto a questo periodo il formarsi del Reame dei Gueaux associati alla Corporazione dei Merciers e Colporteurs i quali foggiarono l'argot e lo adoperarono come linguaggio .segreto. Non tutti gli studiosi so:io d'accordo suJl'etimologia del termine. Alcuni (tra cui Roque!ort) lo fanno derivare da • Ragot • famoso accattone e grammatico della lingua; altri (Clavier) da e ergo• latina a causa dei molti studenti e clerici che !issavano le regole dell'Università argolica: altri ancora (Larchey, Littré) da e argu ", onde e parlare argot o bigorme • (sinonimo di argot) significherebbe iro– nizzare, beC!eggiare, parlare sboccato e nello stesso tempo, !1cari\~~e usitl~epirt!~~~ 0 ~fbr~ntu1r•~~~~~ed~l ~V ~~:~ri,h~u~: gerisce che tale termine, signi[icando in antico • sperone di gallo• sia stato scelto, a ragione veduta, per rappre– sentare l'attività e la vita di coloro che parlavano questo linguaggio: i ladri infatti, vivendo a spese della società, fanno • come il gallo che trae il suo nutrimento grattando con lo sperone sul letame•· ì\'Ia vi è una spiegazione anche da parte di un gram– matico argolico del XV secolo: dopo aver detto che la monarchia d'argot risale alla distruzione di Troia e fu aumentata da Attila re dei e Gots •, egli prosegue: • poichè vi erano dei soldati che, stanchi della guerra presero a mendicare, a danzare, a lare i mimi, a dire arguzie, e beffe, si chiamò poi l'arte dei ~ Gots • da dove è venuta la parola • argotiers ,,_ · La. ling"a. dei Goti L'argot non ha sintassi; l'allegoria e la metafora vi abbondano come, del resto, i fen'omeni di apocope. di sin– cope, di metatesi, di protasi e di epentesi. Il nucleo prin– cipale del vocabolario e della struttura linguistica è costi– tuito dalla lingua d'oc e dalla lingua d'oil nonchè dal fran– cese delle origini direttamente forgiato sul latino. E' una lingua volgare nella quale metà delle parole sono .sostituite da altre che non esistono in quella corrente o da termini deformati secondo diversi processi. Vi sono un11.diecina di vocaboli romani e altrettanti della lingua .gauJoise di Rabe– lais: parole ebree, arabe, indiane, greche, italiane, spagnole Janno la loro apparizione, insieme a tracce di .. romany • (lingua degli zingari del XV secolo) di i;anscrito e di pei;siano. ,... - Si sono 'potute riconoscere delle regole co.st: i.nti di defor– mazione delle parole: la fusione di due sostantivi· l'ag– giunta di suffissi (•<><:he>J •ique>, • gol•: anche' oggi, invece di• IJ)arisien,. si dice e parigot •; invece di e sergent • « sergot,,); l'uso della parte per il tutto (per es.: • tri– corne• per «gendarme-.) o l'e!!etto per fa causa, (e tram– blante > per e fievre •) oppure la sostituzione del colore.. dell'aspetto, della funzione all'oggetto: •rouge> per·• san– gue•, "'palpitant • per e cuore• etc. Molto spesso le sosti– tuzi?ni vengono .ra~te per a_nalogie materiali, vegetali, ani– mah: e Lard • e .11 proprio corpo, • pelure • il vestito; e vautour • l'usurato, e mouche > l'agente. L'ironia, un'ironia ,profonda ed amara, in • philosophie .. che significa la miseJ1ia e • philosophes ", le vecchie scarpe sfondate. Un linguaggio segref-o Non mancano te armonie imitative come in • farre • che ben rende il rumore sottile dei biglietti di banca stro– linati tra loro, nè l'anagramma che è un troppo facile gioco: • Tabar > per e rabat >, mantello, • Louton > per Toulon ecc. Il formarsi dell'argot risale al XV secolo e, con questo termine si dèsigna il linguaggio segreto e adottato dai Gueux e dai Truands. Prima di quest'epoca, essendo proibito l'accattonaggio, l'accattone era impiccato, .non esisteva nemmeno la necessità di un linguaggio d'intesa tra gli sperduti miserabili che, per non incontrare la morte cercavano lavoro; ma, con la guerra dei Cent'anni, i contadini saccheggiati e senza pro– tezione, si fecero in massa banditi e predoni: ad essi si aggiunsero i disertori, j criminali sfuggiti alla giustizia, i diseredati, i buUoni, i ciarlatani, i menestrelli, gli studenti e chierici scacciati dalle chiese e dalle università e tutti insieme cercarono dei capi, delle regole e una lingua. di GIULIANA V. POPPI Questi Jadrl e aecatL-Oni che vanno ,otto il nome di Gueux, si unirono ai • Mercien >, o venditori ambulanti che erano organizzati in una Corporazione che godeva di spe:– ciali privilegi. Per la loro attività, per la loro vita e per 11 loro modo di guadagnarsela, que,ti ultimi erano molto affini ai mendicanti-ladri. Il poeta-ladro Villon, vissuto nella seconda metà del XV secolo, autore del • Grand Te.stament • e di undici ballate in Jargon, apparteneva alla Corporazione dei Merciai. Un libro apparso nel 1643 e scritto da un • piller > o ladro della Società argotlca. illumina grandemente ~li U5l cd I C06tuml di que&ta complessa organizzazione ille– gale e pur riconosciuta dalle autorltà. fin dal suo na– scere. Merita riportare per Intero il titolo: ., Le jargonne ou langage de l'argot rélormé. tiré et rccuellly des plu6 fameux argotirs de ce tcmps. composè par un puJlier de boutanche (bottiglie) qui maquil1c en molanche (lana) en le verghe (città) di Tours ... Vi era accluso un dizionarletto che molto allarmò i custodi del .segreto argot. Un clizionarie-1.loallarmante In questo libretto si narra come - a detta del dottori della lingua - per le grandi fiere indette da un Re di Francia, a Niort e a Fontenay, volendo un immenso numero di gente unirsi ai venditori ambulanti, i più anziani tra essi stabilirono delle regole e una gerarchia: i • Peehon.s • erano gli apprendisti; • Blesches .- coloro che già avevano ottenuto il secondo grado di iniziazione: i e Coesmes ~, o • Coesmelotiers • e i • Coe.smelotiers hures • coloro che erano già al secondo grado. I membri delle prime due cate– gorie avevano il permesso di vendere la merce soltanto al dettaglio o portata a mano; i • coesmelotier • potevano por– tare una balla sulle spalle e i • coesmelotiers hures • (donde • camelot • o • camelote ,,) vendevano all'ingrosso. Quando, alle grandi fiere questi merciai incontrarono i Gueux, li accettarono nella loro frammassoneria, si scam– biarono gl'insegnamenti, fusero le cerimonie e la lingua. Oltre agli ordini sopra indicati, I Gueus avevano in parti– colare i •Cagous • o capi di provincia incaricati della sor– veglianza della polizia e della catechesi dei novizi. Accanto a loro gli • Arehisuppots > erano i sapienti, i douori, i preti della confraternita. La loro attività era rivolta a formare e riformo.re il jargon secondo i bisogni ed a rimpiazzare le parole cadute in mano ai profani. Capo di questo reame era il gran • Coesre >, gran men– dicante o « Re di Thune • governatore supremo ~c'!!~o ogni anno daili Stati generali della Corporazione ed ogni anno rieleggibile. La Corte dei miracoli Poiché quella dei merciai era una Corporazione e gli altri ladri andavano sotto il nome di mendicanti, la cui ca– tegoria era ora riconosciuta, e poiché debole era la polizia, le autorità preferivano ignorare la vera vita degli associati e non si cimentavano in una battaglia che poteva essere perduta. Sotto al Gran Re una massa enorme e varia si muoveva: • Orphelins, mercandiers, ruffez o rilodes. malin– greux. pietres, millards, eallots, sabotùex. coquiUards. !rane mitoux, hubins, polissons, drilles o marquois courtands de boutanche, converti• (dal libro in argot sopra citato). Egli aveva i suoi dignitari, la sua bandiera e il suo stemma, un cane scannato conficcato in un bastone. Ii ... Livre d'argot • ci testimonia come questa monarchia ebbe a subire diverse scosse a causa dei • narquois • (sol– dati mercenari Jicen:z.iali) che si unirono e separarono per costituire bande di briganti lungo le strade di Francia e dei • capon.s •, ladri che dopo molti contrasti !urono accolti ad eccezione dei e sabrieux •, predoni dei lunghi percorsi. Gli zingari, venuti da regioni più lontane che non la Grecia, .paese in cui si accentrarono per poi disperdersi in Europa, Germania, in Italia, in Francia e in Inghilterra (ove furono chiamati • Gipsy • essendo considerati oriundi egiziani) ebbero contatti di· solidarietà con i Guex ed i Merciers, senza mai fondersi con loro, prestando però mol– le delle loro parole. ed esperienze. Ma niente di più .-traordinario della Corte dei Miracoli culla e quartier ~enerale del regno d'argot. Situato tra le rue Montorgueil, la rue Saint Sauveur ed il Convenle delle Filles de Dieu era inaccessibile alla gente comune come alla polizia. Chi vi penetrava, ignaro, era !allo in pezzi ed appena si scorgeva un soldato del Re muti e inesorabili segnali mel– tevano in stato di guérra. Soltanto nel 1656 un'armata di arcieri prese di sorpresa e distrusse le potenze annidate in questa zona, che del resto, fu subito ripopolata. Poiché soltanto certi monaci potevano impunemente entrare ed uscire da questo regno, alcuni hanno dedotto che i Gueux fos,sero protetti da questi stessi e, anzi, utiliz– zati per rinsaldare la !ede: fra tanta gente equivoca e biz– zarra vi erano i • falsi infermi> i quali - durante le pro~ cessioni - avvicinatisi alla sacra •statua o alla reliquia, guarivano repentinamente urlando e buttando lontano gli strumenti che li aiutavano nella loro .simulata infermità. Sia come sia, la eon!raternità prosperava e la ling:ua ebbe il suo secolo d'oro; oltre alle opere nominate di Vil– lon abbiamo • La leggenda di Pierre Marfeu > di Bordigué e ~ Los Myster >. All'inizio del XVI secolo il jargon modificato prese il nome di linguaggio « besquin • o • narquois "· Nel 1634 usci un libro con un dizionario di circa cento parole in ble.squin (la prima raccolla del genere) tra cui molte parole oscene, 11 libro è dntitolato: Vie des Mercelots, Gueux, Boémines, co~tenant 1eur !acon de vivre, sublilizier e jergon, mis ed 1uhcre par Pechon de Ruby •· Un secondo dizionario !u stampato, come abbiamo detto, dallo stesso, au.tore de • Le jargon ou langage de l'argot réformé ... ,._ - Jargon che da allora !u definitivamente chia– mato ~ argot • - nel 1634 e preoccupò grandemente i capi argolici che si affrettarono a trasformare ancora le parole. Un documento e Reponse ed complaince au grand Coesre sur le jargon de l'argot réformé • ce lo conferma. Detto ques10, vediamo in che precisamente consistereb– be il merito di Moravia, quan– do dall'esterno si passi al– l'interno, dalle scelte temati– che allo stile, alle .loro ap– plica7.ioni. Esso ci configura duplicemente: da un lato in Moravia si realizzerebbe l'ul– timo possibile realismo, quel– lo che • descrive una rottura della realtà 11, son sue paro– le, cioè evidenzia una pato– gena insufficienza del reale, e saremmo dunque di fron1e ad una modernità paradossa– le; dall'altro lato e di con– seguenza ·ea-li sarebbe auto– rizzato ad un moralismo in– calzante, ossessionato dalla descrizione· dello sfacelo mo– rale contemporaneo, coa:lien– done i erandi temi ·e le più minute applicazioni e com– plicazioni, un moralismo che proverebbe la sua fon.a af– fondando i personaa-ei in pa– ludi perdute, ma appunto per dimostrare l'onnipresenza e quasi l'onnipotenza del male. JI?' JL 'J["Jl'UJB:.A\ JL.JH :'JC'JCJH:JR.A\ 'JC U JR.A\ * §][ JD>~NNO Jl,A\ Chi ha in1)entato la ''natura niorta,,? Siamo sp!:l.tatori di un fe– nomeno meno infrequente di quanto non si creda nel mon– do delle lettere, ossia al caso di un autore che salito sul– l'onda d'una moda di co– stume convince la crilica, e tra,·..::rso e oltre questa il pub– blico, che la sua interpreta– zione della situazione .slorica e la sola valida e che la sola validità può ormai venire do– po quella interpretazione. Riu.scita artlatica' La riuscita sul· piano arti– .stico passa in secondo piano, a questo punto, e rischia la parte dell'ingenuo che ne fa parola, una volta stabililo e codificato che certi libri bloc– cano una situazione, rappre– sentano quel che è possibile rappresentare di un momen10 storìco, sono i suo~ fatali ~~j~~tV~ss~ 1 ~n ~~~~~o ;b1;: gliato è sta!O magari detto, ma sottovoce e quasi chie– dendo anticipatamente scusa dell'azzardo: tutti invece, ~ quasi, i critici hanno riluc1- da10 il concetto esterno della e; presenza 11 moraviana ai pro– .,blemi di fondo dell'uomo con– temporaneo, annoiat~ ~d ero– ti7.za10 oggi come, 1en, con– formista, e l'allr'ieri ind_if– ferente, ma in.somma annoia- I N UNA recentissima pun- 1ata del suo Giornale di bordo (Corriere d'i11/or– ma1.io11i, 2-3 ottobre 1961), Ardengo Soffici, dopo avere registrato che • taluni no– stri scrittori d'arte, quando occorre loro di parlar-! di natura morta, usano rilevare l'incongruenza di questo ter– mine, osservando comune– mente che è strano chiamar così una produzione pitto– rica che 1":lppresenta cose naturali cd il cui massimo prefio è la vita artistica ema– nante dal soggetto trnlla– to ": ciò registrato, senza altra indica7.ione che contri– buisse a far id~ntificare tali seri I tori, Soffici ha ironica– mente commentato: • Si ve– de che code'iti scrittori igno– rano il signi.Vicato che a quella denominazione stra– niera dettero i primi che l'impiegarono; e (urono i francesi d:!I XVIII secolo"· L'argomen10 è attraente; ed anche noi abbiamo rac– colto qualche notizia al ri– guardo, per via di certe im– plicazioni Ie11crarie secen te– sche riscontrate nella prosa scientifica di quel glorioso ma 'Calunniato secolo. Appunto .lllora, dietro lo esempio fiammingo ed olan– dese, la pittura di • natura morta• venne riassunta an– che in ltalb come espres– sione artistica di per sé cià legittima e indipendente nel– la sua compiutezza. Ma non se ne deve dedurre che la " nalura morta ,. come • ge– nere ,. sia nata allora. Con– tinuando una tradizione el– lenistica vigorosa, gli artisti di età romana ci avevano già dato, secondo il loro gu– sto, nella pittura pompeiana, esempi mirabili di • nalura .niorta 11. (Cfr. G. E. Rizzo: La pittura ellenistico-roma– na, 1929; P. Marconi: La pitt11ra dei Romani, J929; A Maiuri: La « natura mor– ta • nella pittura di Pom– pet, r,iel catalogo della Espo– si7Jone della • Natura mor– ta • all'Orangeric di Parigi, 1952). E • Il sorgere di que– sto interesse è un fatto di grande im_portanza nella ci– viltà arti'slica d,i. ogni tempo nel quale torni a presen~r– si 11. • La domanda sul quan– do la natura morta è sta– ta innalzata a soggetto nel– la pittura antica, non è tra quelle di semplice cutiosità erudita. Significa, un tale fatto, il definitivo supera– mento del pregiudizio che la nobiltà del soggetto con– fctisca pr~gio all'opera d'ar– te; rappresenta in altre pa– role il definitivo abbandono di ogr,ti inizia.le movente il– ìustrati,v-> e nerrativo a fa– vore di una piena afferma– zione del valore unìcamente •decorativo• dell'opera d'ar– te e della pittura, come ri– cerca cromatica, come libero e disinteressato pretesto al giuoco dell'anista 11. (R. Bian– chi Bandinelli: Critica d'ar– te, 1-2, 1941). L'interesse del problema non è uni::amente pittorico, anche se n-::1campo delle ar– ti figurative ha, di diritto, ottenuto la sua identifica– zione maggiore.-Ma la curib– sità suscitata adesso dal Sof– fici assegnando al secolo XVIII la dat'.izione dell'uso ciell'espressione • still-levcn • trasformata in • natura mor– ta • dai Francesi, induce a qualche chiarimento, con– sentito dal saggio dello Ster– ling su La. nature morte de * cli ENRICJO F.AL (tUI l'a11tiquité à nos ;ours (Tisné, Pntigi. 1952. Ma cfr. anche E. Greindl, Les peùztres flammands de nature morte au X.Vllme siècle: Elsevier, Bruxelles, 1956). Le « cose naturali » Già il Vasari, volendo in– dicare il carattere di taluni soggetti di Giovanni da Udi– ne, scrisse: • Per dirlo in una parola, tutte le cose ,1a– turafi d'animali, di drappi, d'instrumenti, vasi, paesi, ca– samenti e verdure». Ma la critica d'arte, rimanendo in– certa sul più giusto tenninc da adottare per designare le • cose piccole,. della pittura minore, continub :i parlare secondo gli .::i.ccertamenti del Vorenkamp - di • pièces de fleurs, de fiuits, dc pois– sons • e, dopo gli inizi del secolo XVII, cli • banquets • o di • épièces de repas ser– vis ». Solo verso 11 1650, nel– le botteghe e negli studi olandesi cominciò a circola– re il 1ennine • still-leven • (modello immobile), che in francia venne subito adot– tato, ma con il significato di • vie silencicuse ». E quan– do si provarono a tradun-e letteralmente la espressione olandese jncvrsero in una • vie coyc (coite),. nel senso di • nature rçposée 11, • natu– Je immobile•· Per arrivare al termine • nalurc morte 11, che do,•eva poi prevalere in tutte le lin– gue latine, bisognò aspetta– re l'intervento sprezzante dei circoli accademici e anti-ba• rocchi fran·cesi. Félibien, 1667: • Celui qui peint des animatL,: vivants est plus estimable que celui qui ne représente a_ue des choses mortcs et sans mouvement 11. Ancora un secolo e nel 1756 (secon– do le risultanze di Suzanne Sulzberger) entrerà in cir– colazione la • natura morla •· con un prestigio sempre più crescente, perché legato al– l'eccellenza e !l.il' indipenden– za del • genere •· Tuttavia. qualche avversa– rio rimase, proclive a sosti– tuire • nature morte 11 con • vie tranquille> o • vie si– lencieuse •· Non solo in Fran– cia. Né solo allora. Anche in Italia. Ancora oggi. Ed è Giorgio de Chirico. Per le ragioni addolle da Isabella Far nella Commedia dell'Ar– te (Nuove ediz. ital., Roma, 1945), egli classifica come • vita silenziosa• ogni sua • natura morta 11. Ma forse è il solo; e chi sa che non ci metta una punta di polemica. La stessa, del resto, che for– se altri crederà di riscon– trare in questa noterelln. Lalodedi Bonternpelli In vero, .ad occuparsi og– gi della • natura morta», tra tanto furoreggiare di astrat– tismo e di informalismo, c'è da farsi compatire o dispre7.– zare. Mentre, appena una ventina d'anni addietro, Mas– simo Bontempelli scrisse una delle sue più illuminanti po– stille (Corriere delta sera, 20 agosto 1941; ora in Ap– passionata incompetenza:. Pozza, Vcne7Ja, 1950) in lo– de della • natura morta 11 come espressione del genere lirico pittorico, paragona– bile con • quello che per l'arte dello scri,•ere potè es– sere un· sonelto o un madri– gale•· E non più tardi del '52, Corrado Pavolini inti– tolò Natura morta (Mondn· dori, Milano) la seconda e del tutto nuova, meno ef– fusa, più incisiva parie della · sua complessiva omonima raccolta poetica, attestando– vi un'• accettazione a qua- ~~na~iech~ossti~no~el~~nJ:u~jf oggetti, le nalure morte ... >, Guardate, invece, i J.itoli pre– feriti al presente. Badale al– le esaltn7.ioni. Ma Soffici, quantunque fuori moda. non si perita di tornare sull'argomento, che forse proprio perchè inattua– le gli si colorisce di non so quale polemica nostalgia. E Soffici prosegue ricordando che i Francesi del Seltecen- 10 • chiamarono nature mor– te le rappresentazioni pitto– riche di cacciagione, di sel– vaggina, di pescagione che i signori amanti della caccia, della pesca e della buona cucina commettevano loro per ornamento cU sale e di stanze da pranzo. li sogget– to di tali pitture (esseri na– turali morti) J?iustificava la designazione. E quando a quegli animali si aggiunsero poi frutta - nel dipinto - vasellami ed altri oggetti, si continuò, per estensione, a dare al tutto la stessa de~ nominazione; e cosl si fece anche Quando le bestie mor– te sparirono e non rimasero nel quadro che le cose sud– dette. Natura morta significa dunque o~gi una tale specie di raffigurazione; nè merita il conto di sottilizzare su quel bisticcio di morte e di \'ita, cosl come sarebbe co– sa vana cincischiar su una parola rifacendosi al suo etimo ... •· Perchè? Un parere di Soffici Rifacendo a ritroso il lun– go cammino percorso dalla espressione di secolo in se– colo, di paese in paese, si arriva a precisarne il signi– ficato, il contenuto, in ri– spondenza coi modelli pitto– rici dai quali ha tratto ori– gine. E si accerta che il soggetto della • natura mor– ta 11 non è mai stato limitato esclusivamente alla caccia- f~~t~. :~ù g::aC:$, 0 ~~1e a~l~ vande e, con esse, alle sto– viglie; né mai ha escluso i fiori. I fiori? Per Soffici: • Altro errore, piuttosto, è di con– siderare natura morta anche i fiori, i quali ebbero sem– pre. tra i pittori, la loro designazione propria, come il paesaggio, la marina, ec– cetera •· E sarà magari er– rore, ma ormai cosl glo– rioso (cfr. I. Bergstrom, Dutch Still - Life Painting: Faber e Faber, Londra, 1956) da non poter essere più cor– retto senza impoverire e immiserire l'intero • g~nere 11, anche nelle sue applicazioni ed equivalenze lellerarie. Ta– li e tante, che sarebbe bello metterle a riscontro coi mo– delli pittorici corrisponden– ti e mosJrare come le due arti non abbiano mai cessa– to di tenersi d'occhio e di gareizgiare nell' intcrpreta1.io– ne fisica e metafisica della _realtà. Oh a.r{J.otammirabile! Nel termine ~ argot • si riassume. o_rmai non più soltan– to H linguaggio segret~, ma J'~tt1~1ta e la C?rporazione atesaa: , Oh, argot amm1rab_le, _dice Jl !1ostr<? sent~ore ladro di bottia-lie, tu sei l'a,:il_o e 11 nfug10 dt tutti quelh che non ~;;:'at~ 1 :° •·P~ic~lela b~~~e~l~. ~h~el:inev:~rri~e adt:ut~:gr; tcienze e di tutte le art,, ha !atto inventare un mezzo e una invenzione a questi buoni poveri, adatto ad avere d! che trigte::• ~~l ~~l:a.s~[:e 1 !f~eo ~~c~~~~~~a;~~g~te;ar~gitu~';~":,;~ htesse • diveniva un'arte comple.s~a e raffinata ed_ 1nvesh– va maniere ,entiment1 e lingua, mentre :vl'ademo1selle de De Scuderie compilava la sua #. Carte. de Ten~re • ove l'amore è un paese e t senhment1 degh aeeid_ent_1geogn– fici tra cui il peggiore è • il lago_ mo_rto del.l'1n~1f'lere_nza •• mentre Caterina du Vivonne, figlia d1 una 1tahana, inse– gnava nel suo ,alotto a parlar d'amore eo!l convenienza e le , jeunes filles • si specchiavano le guanc1e , trone.s ~e l_a pudeur ~ su • le con&eiller des graces •; alla ç.Prtt d~1 M.– racoli si viveva una vita i>sprimente~i in un. hn;-:uaggio che aveva quaranta vocaboli per design_are t·ub:1-achexza. undkl per del'lignare la morte. e quattord1c1 per _11 verbo •_a<1sas– sinare ~; • ingenuo e vittima• aveva_ venh parole ~1".'erse; per il' denaro c'era un vocabolano d1 aessanta ter1:711n1e le donne di malaf'lare erano chiamate in ottanta maniere: non una parola per de6ignare la donna on~ Eppure, se vi sono vocaboli •·he • sporcan~ la bocca di chi lo pronuncia • come dice Hugo, • la cui ~ola Je:tt.t-ra <iembra già una cattiva azionf' •, ve ne sono d1_quelh_ che fanno trapelare il faticoso cam.ninc::i di resur_re_z1one d1 al– cuni delinquenti che hanno assaggiato _la pni:ione: questa ~i dice anche • college o Lycée > e la giovane e pura figlia del carceriere è chiamata • fée •, fata.. Questa parola, osserva Clement ~a,SC1.ani,nella_ sua storia di argot unita all'ultimo vocablllano d'argot dt La Rue, questa parola la perdonare tulle le altre oscene! I custodi dell' argot La lingua. nel XVI! .see. si diffuse e tutti i ladri la. adot– tarono; nel XVIII see. Grandval ne -pubbleO un dizionario e le • Memorie ~ di Vidocq stampate nel 1828-29 e 11 suo libro sui ladri contribuirono notevolmente a !ar conoscere rargot al popolo. Oggi. custodi d'argot, discendenti degli e Archisuppot..s •, sono i • Poetaux ~, sostenitori e riformatori della lina-ua: essi, magari in prigione, sono i grandi maestri dell'unh·er– .sità argotica. Vi sono I detrattori e i sostenitori di es.sa: Brunetiere trova che. oltre ad essere .scorretta sia artificiou come la lingua delle preziose ridicole; mentre Sncey si augura che ben presto faccia parte del \"Ocabolario dell'aecadem:a un numero di parole argotiche ben più grande di quanto g1a non sia. L'argot ha avuto consacrazione letterana da autori co– me Balzac e Hugo, Sue, Richepin, Zola, Malherbe. Montai– gne aveva affermato che avrebbe preferito che suo figlio im– parasse a parlare nelle taverne piuttosto che nelle scuole de la e parlerie •· Questo 1inguaggto ai nostri tempi. ha rotto gli argini delle taverne e delle intese segrete ed e stato assorbito da h1tte le classi sociali: sarà un processo di osmosi per cui alle classi educate viene trasmessa un po' di crudezza rea– listica e dolorante ed in cambio, alle e classes dangereux • si rivolgono una comprensione ed una solidarietà since:-a– mente desiderose di bene. UN GIOVANE POETA /T ALIANO * AngeloNardncci Poesie 1 Danzò ... compiva nel grembo delle madri il frutto intatto. le dilacerava, tornava a risarcirne le ferite in gesti così facili che raria neppure ne serbava il segno effimero. Era la coppa di cristallo, chiara. che dà forma al vino. il trasparente corpo nella veste. 2 Danzi tu, non vai: se appena sfiori un prato. una collina ne sgorga un'acqua impetuosa e giun~ fino al regno intatto del sonno. Soltanto tu, la sola che non temi il volgere del tempo, che muovi a danz.a. libellula felice. 3 Nena matrice intatta come lieviti l'arancia, la farfalla; da quali lontananze il riflesso del tempo giunga a maturare la nascita 1mpossìbile; come si compia l'urto prodigioso e quando e perché mai: tu che trapassi dardeggiando l'albero e la foglia. che sei flusso di sangue, tu conosci il gioco delle origini, ed esso è così chiaro che basterebbe un alito a appannarlo - non è vero? 4 Ti ripete nei gesti ogni fanciullo se indugi ad innalzare i suoi castelli né lo scuote il giungere dell'onda o il vento che disperde le bandiere e di te vive ignara in ogni fibra la fanciulla che vidi ... 5 O ove poggiava il passo tuo di danza quando non era il pesco. il prato. . quando non lievitava che il presentimento del tempo? Un gesto bastava a maturare e tu a compierlo. leggera, con una forza nelle mani. tale da oscillarne, tremare. 6 Terra delle anfore. terra dei Uutat. le agili forme che la mano incalza nel legno e nella creta daranno fonna nuova all'olio, al vino. ai suoni terra delle anfore. terra dei liutai. Ma chi percuote di battiti leggeri l'orcio perché st Incrini. la corda che si spez.zi? Vedi: l'aria ne è colma, già trema l'aria. Da • Protegom~ni per una Apo– calisse con figure,., 1954-1961.

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