La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 34-35 - 3 settembre 1961

Domenica 3 settembre 1961 LA FIERA IFTTFRl\ 1 ,11\ RlTORl'vAl'vDO SUL LlBRO DI MAHJO GUJD01TI * Attualità dello scrittore disintegrato I L RECENTE libro di Mario Guidotli: Lo scrittore disiuicgrato (Firenze, \'allecchi). ci fa pensare alla requisitoria di un Pubblico ~Iinistcro. Accusato, lo scrittore: e forse non soltauto noi che, bene o male. facciamo pro– fcs:-ionc di lettere. ma an– C'he coloro che leggono. come clienti che c'impon– l?Ono gusti cd esigenze dc– teno11 Dinanzi a una condanna di così vaste proporzioni. il primo imJmlso è quello di assumere l'ufficio dei difensori: e non pcì·ché sia facile :-cor~ere. nelle accuse del Gùidolti. ecces– si o inp;iustizic. on c'è infatti pagina del nostro autore. che non possa es– sere sotto:-cntta da un buon intenditore. non c'è capitolo che non appaia fondato sulla conoscenza sicura dei fotti e animato da vero sentimento di giu– stizia critica. Quando li Guidotti parla delriill'cr. tebrnta mentale, o accusa la narrati\'a di infedeltà alle proprie raj?ioni (fiato breve. incostanza. inca• pacità n1 gnmdc romanzo. abuso di retoriche: retori– ca operaia, mericlionali:-tn, erotista ...): qu;indo denun– zia come accademiche e inutili le diatribe sul Jin. guaggao. sul dialetto e sul- le tecniche del romanzo; quando acce11a rinflazio• ne dei narratori. le illu– sioni e ,eli smarrimenti dei poeti. le confrn:-ioni tra critica e cronachismo let– terario. la decadenza dei militanti. le incertezze dei cattolici: quando rappre– senta in tutta la stia mi– seria e confusione l'odier– no costume letterario, non c'è lettore che non con. senta. in tutto o in par– te. e che non giunga a te• mere. come il Gu1d0tti. la disintegrazione finale. ì\Ia appunto perciò. questo male troppo generalizzino sembra impossibile che debba imputarsi unica– mente allo scrittore: e ci assale il bisogno di una verifica fatta dall'esterno. La nostra parte di difen– sori dovrà quindi fondar• si su elementi incongrui. non pertinenti, estranei a un dibattito letterario: ul– timo effetto, io credo. del- 1a, medesima disintegra– zione assunta dal Guidotti come obiettivo principale. dell'accusa. bclliom per ottenere la lc~ge nuovn. buona per un altro ciclo storico. Il punto critico sta nel fatto che la Storia. scritta sem– pre dai vincitori. può dare indifferentemente ragione al primo o al secondo tipo di eroe. che avra il con• senso dei celebranti. n condizione che vinca. A questa rassegnata conclusione dello storici– smo. si può non aderire; ma, chi vi aderisca. am– metterà che tutti hanno potenzialmente ragione. E. Quando tutti hanno ragio– ne, lo scrittore con chi sta? · Il mondo si è fotto tan– to piccolo, da togliere ol\ni possibilità di sopravviven– za alle civiltà nazionali o regionali. Ormai l'univer– so -;tesso, perché meglio noto. si è ridotto alla di– mensione, in cui il Leo– pardi sentiva insidiata la· intuizione dalla conoscen– za. Non c'è bisogno di dire quanto debba penare la letteratura particolare a un popolo. per rispondere alla richiesta contempora– nea e universale di tutti * tU flLADIUlltO CAJOLI gli uomini. Ovviamente. si è inclini a distruggere qualcosa che valeva, per altro che non si sa che cosa sia. Lo scrittore, oggi, è di– sintegrato perché tutto, delruomo, è disintegrato. Mi scuserà il Guidotti se vedo in questo fatto la prova di una perfetta ade– renza dello scrittore al proprio tempo e, in fondo. la dimostrazione deUa sua onestà: che peggio sareb– be fingersi. su principi in– vecchiati e inefficienti, una chiarezza di vedute o determinati orientamenti, che non è poi difficile fin– gersi. quando si aderisca a scuole, movimenti o pseudo-filosofie che pos– sono dar vita a fenomeni letterari. ma non ad au– tentici svolgimenti di civil– tà. Le nostre Arcadie in- segnano. Dopo millenni di storia nazionale e regionale, l'uomo si riconosce im– provvisamente attore di storia mondiale - astrale, aggiungerei -, ma non è preparato a comporre in se tutte le contraddizioni che · nascono da questa nuova realtà. Il problema è il solito: quello di ar– monizzare diverse tenden– ze ed esperienze. senza che si debba ricorrere, co– me sempre è avvenuto nella storia, a guerre e a distruzioni, per poi sen– tirsi dire che i vini.i fini– scono con l'imporre la lo– ro civiltà ai vincitori, o che i vincitori assumono finanche la lingua dei vin– ti. Lo scrittore che possa far accettare l'universale nel rispetto del particola– re (ovvero, il mondo en– tro la nazionalità) è an– cora lontano; ma io credo che si approssimi il suo tempo. nella stessa misu– ra che va compiendosi ed esaurendosi l'accertamen– to della disintegrazione. Bisognerà aspettare che la maggior parte dei popoli compia le tappe che altri ha compiuto prima; e me– glio per tutti se i popoli le bruceranno, senza smar– rirsi negli errori inevita– bili di cui debbono !are esperienza. Esperienza di nazionalismo, di tirannia e di democrazia; espericn- zn politica cd economica che non può svolgersi al meglio. se non dopo l'ac– certamento vissuto e sof– ferto del peggio. Errori e orrori, attraverso i quali sarà finalmente provata la superiorità di chi eCCetti– vnmente è superiore: una gara, di cui solo giudice sarà. come sempre, la sto– ria. Gli scrittori, insomma, aspettano i !atti nuovi; non possono inventarseli, giacché. se ciò fosse possi– bile, agirebbero invece di scrivere. Così pensavano i platonici, assegnando il primato all'azione. Ma fat– ti. ce n'è già che potreb– bero colpire l'immagina• zione di scrittori più at– tenti alle cose nostre, che a quelle degli altri (le qua• Li, peraltro, debbono esse– re conosciute). Per esempio, pare a noi che la conclusione della diatriba suscitata nell'Ot– tocento dal Sìsmondi con le note accuse all'educa- zione cattolica, accuse su– bilo respinte dal Manzo– ni, si sia avuta al proces– so di Gerusalemme, dove il mondo, non senza me– raviglia. apprende quale fu il contegno degli Ita– liani educati dal cattoli– cesimo, nei confronti de– ~li Ebrei perseguitati dal nazismo. Orbene, vorrei concludere che una socie– tà allevata In tal modo è ben lungi dalla disintegra– zione, e sembra anzi aver dato prova della massima coerenza e coesione con i suoi principi millenari. Giusta e inevitabile sa– rà la successiva scoperta dei nostri scrittori, che al mondo ci siamo anche noi, ed anzi pronti a offrire esempi di cui il mondo ha molto bisogno. Ma forse è necessario che il nostro scrittore, anziché ridursi unicamente ad accertare la morte di alcuni ideali e delle corrispondenti forme di vita, prenda coscienza di ciò che elfettivamente sopravvive nell'anima del popolo, e tenti di rappre– sentarne la spinta verso il domani. tn compiti siffat– ti. niente può apparire di– sintegrato. Disintegrata è la vecchia cultura. La vi– ta in atto, quella da narra– re o cantare domani, è un fatto d'integrazione per– petua. Tocca agli scrittori farsene degni. intenderla, abbellirla di moduli nuovi. L' A'i.HrJCJl§'JCA\. NJH;JL. ~1l0NDO * <CON 'JCJH; 1\'1[PO l&l!.A\.N E O Il dileinma dello scrittore * di ,f!ELJlJ/1 1 J. LASKJ' (NOTA: In questa recensione di un libro pubblicato recen– lemcnle a Londra, che raccoglie le rirlesslonl di una dozzina cli famosi ur!lsli e studiosi sul • Dilemma dello scrittore,., Mcl\'ln J. Li1sky, condlrcllorc del noto mensile Inglese • En– counlcr •, afferma che, pur fra mllle dubbi e riscnrc, capita di sentir giungere lalvolta, • dal mondo del pensiero, anche qualche chiaro e squillante richiamo all'olllmlsmo e alla fiducia•). D J CHE COSA scrivo– no oggi gH scrittori q u nn d o saltuaria– mente interrompono la loro pili vera e creativa fatica. quella di compor– re una poesia o di dar orma a un nuovo roman– zo? Generalmente essi scrivono dell'Arte dello scrivere. Sfornano articoli sul e Superamento del Romanzo>. o sul e Futu– ro della poesia nel mon– do moderno>. Talvolta pubblicano manifesti per incitare ad una e presa di posizione> o per auspi– care e la riscossa dello spirito umano>. Così è da un secolo. per lo meno fin da quando Shelley proclamò che il poeta è e il riconosciuto legisla– tore dell'universo ... >. rebbero dall'idea di costi– tuire una e scuola>) Ja quale sostiene che l'arti– sta deve essere solo, che egli è responsabile sol– tanto del proprio genio, che la società in qualun– que tempo e in qualunque luogo è la sua nemica. Lo scrittore non è necessaria- mente amico o nemico della società; egli vive e lavora in un alternarsi di notevoli e fluttuanti ten– sioni. Vi sono momenti in cui perfino la sua più· so– litaria e amara fatica crea– tiva - cioè il capolavoro - è un atto di progresso sociale e culturale: ve ne sono altri in cui le sue idee, siano l?SSe critiche o costruttive. danno una drammatica direzione al– le lotte degli uomini che compongono la società nella quale egli vive. in quanto capila però di cogliere fra le altre una nota decisamente nuova. Ci si domanda: nulla dun– que è mutato? Lasciamo , da parte per il momento , lo spettro della guerra atomica e tutto quanto ad essa si riferisce, e occu– piamoci invece dei nuovi perico]j che minacciano la vita culturale di tutti i paesi. Dovunque oggi si parla con grande preoc– cupazione di cose quali il cosiddetto e lavaggio del cervello>, sia esso o me– no un tipo di condiziona– mento politico-psicologico, o di altre forme di vio– lenza mentale. A giudicare dai risultati dc! dibattito di cui stia– mo parlando, cui dette lo 1fi~~\~n!~nfin;gne~ì.~~rar1{ drammatico interrogativo e se nella nostra epoca di predominio della tecnica e di conoscenza dei più per– fetti sistemi di controllo della mente umana sia vero che una temibile spa- da di Damocle minacci la esistenza stessa dell'arti– sta>, •il mondo degli scrit– tori ci appare molto più calmo di quanto saremmo stati indotti a credere. Con ammirevole scetti– cismo, Arthur Calder-Mar– shall sostiene che e si può praticare il lavaggio del cervello ad alcune per– sone. solo in qualche mo– mento, e non a tutti sem- pre >. Con invidiabile ottimi– smo, William Golding (au– tore di e Lord of the Fii es>, e Free Fall,, e di altri romanzi) prosegue: e l\ta un mutamento nella politica. nella religione, in arte, in letteratura avver– rà perché deve avvenire: 'Perché to spirito umano è mesauribile e senza confi– ni. Ben presto, alla pros– sima svolta, inesplicabil– mente. miracolosamente. troveremo ad attenderci dei nuovi Shakespeare e dei nuovi Mozart. Essi si stanno adesso già forman– do ... >. Anche Spender aspetta e uno Shakespea– re, un Tolstoi, un Bryon, un D. H. Lawrence. per veder crollare questa de– primente montagna di ar– gomentazioni>. E infine, con commo– vente romanticismo, John Bowen ci esprime le sue speranze con una inaspet– tata e suggestiva imma– gine: e Come avviene una trasmissione radiofonica: da una parte vi è un uo– mo, e un microfono ed un apparato tecnico di estre– ma complessità; dall'altra, una donna con una picco– la radio portatile fioca e dalla batteria quasi sca– rica. Essa la usa soltanto per il piacere 'di ascolta– re un rumore qualunque in sottofondo, mentre sti– ra. Ripensa poi a quello che ha inteso e forse dice a se stessa: e E' vero, è proprio così, e io non ci avevo mai pensato!>. Que– sto è tutto quanto si pos– sa sperare, ed è però qual– cosa per cui vale la pena di continuare>. Le pagine esemplari * Estatidi Bressanon·e * di JJIEGO l'ALEJU O GNI anno, da d1ec1 enn a.m("11o, !o vivo 1 giorni e d ormo le notti e so– gno 1 tiOgnl della me1.za e-state sulle rive della Rlenza, In u n vetusto albergo dall'aria conventuale, che, tre secolt or sono, alle sue origini, dovette essere un comodo ospizio di pellegrini romei, scen– denti dal nord o al nord rlsalentL La Rlenz.a è u:io dei due fiumi che si incontrano e si ~posano nelle conca di Bressanone, e del due il pili vivace e Impetuoso. L'altro è l'Jsarco, che, al mo– mento 5tesso del connubio, lmponè con mascolina prepotenza il proprio nome alla turbolenta compag na, ment re, subito do· po, co n maritale 5agge1.za, ne tempera e pie.ca gli spiriti bol lenti. La bisbetica è pre sto domata, anzi addirittura cancella– ta. Indi l'unico Isarco va, serpeggiando rapido, a rag,::Iungcre l'Adige e a versar– si In esso alrincrocio di Bolzano. Io, dunque, tutte le notti ascolto dalla mia stanza, dal mio letto, la voce della Rienza. che attenuata dalla distanza e dal– lo schermo dei doppi vetri. suona dolcis– sima, e a momenti sembra ripetere le pa· rote delle anime eh iamanti da oltre il mar delle tenebre: « •.. Par ici vous qui voulez manger le Lotus parfumé 1,. Con quella musica e quelle baudelairiane parole nel– l'orecchio e neH'anima, mi addormento. Poi, alle prime luci del mattino, brivi– denti sulle bianche pareti della stanza, spalanco le imposte e allora ho negli oc– chi l'azzurro balenio nell'acqua e Jl can– dore delle spume che ribollono attorno ai grossi sassi del greto e delle sponde. Anche avviene talvolta che nel fitto della notte scoppi per l'aria un tempora– Ione di quelli. Nel sonno :o l'odo e non l'odo; ma ecco che all'alba, invece del malinconico canto degli spiriti sento sa– lire dal basso un lungo mugilto minac– cioso di mandre impazzite. Alla prima vista, dall'alto del mio balcone, la Rien– za non si riconosce più: non è pili la fer– vida vena del giorno prima, ma une fiu– mana piena di !uria torbida di terriccio, sparsa di rami d'alberi stroncali e stra– pazzati. Non è più una corsa leggera, me una rapina vorticosa e travolgente. Quanto ai sogni, ai miei sogni di mez– za estate, non starò a raccontarli, visto che, già da tempo, Shakespeare ne ha raccontato uno che indubbiamente è il più bello dei sogni possibili. Verdiss.ima e fresca ad ogni ora è la valle, irrorata da quel continuo lavacro dei fiumi e del fiume. Alberi umorosi e rigogliosi l'occupano tutta, castagni e querce di vasta chioma, betulle esili e tremule, e frassini e piop– pi sempre agitati, e robinie e salici len– tamente ondeggianti. Su per le coste dei monti, distese morbide di prato splendo– no d'oro nel sole. Questa è ltalla: non può essere che Italia. Paesaggio italiano, come quello che i!a da sfondo alle favole dell'Ariosto e del Tasso: fughe di Angelica e di Er– minia, duelli di S'acripante e di Rinaldo, morti di Brandimarte e di Clorinda ... Sul– le vette dei monti più alti, tra diafane ragnatele di neve, prevale naturalmente il grigio fosco degli abeti e dei pini; e lassù forse si annida ancora qualche po– vera strege. calata dalle foreste nere del suo settentrione in cerca di sole e di amo· re: si aggira spaesata sotto cieli troppo chiari per i suoi occhi, trascinandosi al fianco l'inutile scopa. Non vorrei che Il mio discors0Pren– desse qui la svolta della discussione ctni- o•politica; ma come facc:o e taceTe la m;a certezza che, se confini han da es– serci tra popolo e popolo (dirò meglio: finché duri questo assurdo di confini po– litici, militarmente, orma!, inutllissim!). questi non J)OSSOnoessere segnatt che da monti. da mari, da flumJ. vale a dire dalla natura? h Ben provvede natura al nostro a:tato , Quando dell'Alpi schermo I Pose tra noi • e g!i aitri: cosi. non oc– corre d:rlo, il Petrarca, se! secoli fa). E come facc:o poi a non rilevare che Il con· fine del Brennero è dei p:ù netti e fermi che esistano sulla !accia della terra: tale chP Dio stesso sembra qui aver dato una mano al:a natura sua figlia ed operaia" Se :e acque d! lassu sì separano con un atto di libera volontà contro cui non c'è nulla da fare. e queste scendono a be· gnare campi di grano e vigneti. e quelle van giù a precipizio dall'altra parte. at– traverso boschl sterm:natl, verso altri boschi 1;terminatl, ci deve pur essere una agione pili forte di tutte le re~ionf uma• nt! o più propriamente politiche. I nostri grandi poeti han sempre pre· stoto fede a queste ragioni ge~raflche. ossia a queste leggi natural:. Ricordia– moci del :vlanzonl di Marze 1821: ~ Ch: potra della gemina Dora della Bor– mlda el Tanaro sposa I Del Ticino e del• l'Orba selvosa I Scerner l'onde confuse nel Po. 1 Quello ancora ... > eccetera. E no: abbiamo li dovere di prestar tede, a no– stra volta, ai nostri grandi poeti ... Io. in– tanto. ogniqualvolta. passee~:ando ~u!le ri_\e deffl.sarco. volgo !o sguardo all'in– g!ro per raccogliere i::1 una sola vedu:..a circolare I pendii e i proftl! de! mont: cir– <:ostanti. m: ritrovo sulle labbra un altro verso del Petrarca: un verso che inchiude u.na q,uint.essenza di paesaggio italiano. cioè d Italia: c. ... Per queste d: bei mont! ombrosa ch!ostra >. Ch:ostra aprica, e non sbarrata prigione; di monti beli!, cioè a~evoli e ameni, e non di orride cusp:d~ ghtacc:ate; e velature d'ombre Ieigere. trascorrenti su prati e alberi e acque di eguale splendore. Dite voi. am!ci, se que– sto paese può portare altro nome che quello d'Italia. . Con gli amici bres~anonesf. amici di lmgua tedesca. lo amo sedere nelle ore del tardo pomeriggio sotto i magniffci ip– pocastani della piazza parrocch:ale. .La grande chiesa tace; I colombi son· g:à. raccolti e disposti in fila, come sol• datmi, sugH architravi delle facciata· la fon':8nella ~he zampilla tra le rosse 'be– gonie dell'a:uola maggiore manda appena un fruscio di seta smossa e un alito di frescura. J:?i che cosa si parla? Non d'al– tro _c,hedei ~ostri comuni amori letterari, o p1u .pro~na_menle poetici, con fraterno scambi'! d1 simpatie e di favelle. Poeti t~esch1 e poeti italiani; e qualche volta. d1 sorpresa. s'insinua nella compagnia il ragg~drdevoJe Vicepresidente Wang Wei, s.quls1to poeta. ci~ese dell'VIII secolo del– I er~ volgare, mhmo amico di ::\1artin Be– ned1kter. ,Per me. che mi son guadagnato il poco d. tedesco ~~e so. studiando da solo e in età non p1u giovanissima (e proprio e soltant~ per poter leggere nel testo Goe– the. Holderlin, Heine e gli altri), per me quelle conversazioni, quelle amicizie sono 0 .na nutrimento insostituibile di vita spi– rituale, come il paesaggio di Br~---sanone come le sue chiese barocche e le sue vec: ch:e case gotiche, come i fiori del suoi balc?ni. come l'aura schubertiana dei suo! P?rtic~ grandi e piccoli e dei suol giar– dmeth suburbani. Il Guidotti sa di non a,·er detto cosa nuova, sa che un atto cli accusa di tale natura non può oggi suscitare ricuperi o con– versioni. Di fatto, non in– dica neppure che cosa po– tremmo ricuperare né a che cosa dovremmo con– vertirci. Come tecnico, ovvero critico letterario mformato, attento e sa– gace, il Guidotti procla– ma la necessità di un umanesimo i.ntegraLe, ma in che cosa esso consista, non dice. Dimostra quan– ta e quale sia la dissocia– zione, non sa dirci i se– greti della sociabilità. Sto forse accus~ndolo di un difetto? Nemmeno per so– gno. La sua specializzazio– ne. fondata sulla lettera– tura esistente, può darci conto di ciò che esiste; non ha l'ufficio di inven– tare o indicare le cose che dovrebbero essere e che invece non sono. Recentemente, con l'ini– zio di un nuovo decenniO. si è ricominciato a parla– re é a discutere insisten– temente dello e Scrittore e la Società>. Sembrereb– be che ogni generazione di intellettuali si ponga questo arduo problema e che, prima di decidere che esso è troppo complesso e troppo dispersivo, si af– fretti a trarre alcune ge– neriche e altisonanti con– clusioni. Quali sono, dun– que. i primi indizi dello stato d'animo che carat– terizzerà il decennio aper– tosi con il 1960? In un li– bro pubblicato a Londra poche settimane or sono, una dozzina di scrittori affronta il problema del , Dilemma dello Scritto– re > in pagine che costi– tuiscono una interessan– tissima testimonianza. Tra gli autori vi sono A. Toynbee e Lawrence Dur– rcll, il romanziere ame– ricano Saul Bellow e la scrittrice francese d'avan– guardia Nathalie Sarrau– te: vi sono inoltre un fl. losofo, un mistico, un giornalista e un poeta. Ri– suona, nelle argomenta– zioni di questi autori, qualche nota inedita e originale? li e Dilemma dello Scrittore ,, ha assun– to, nella nostra epoca di rivolgimenti e di crisi, qualche nuovo aspetto e significato? Ecco quindi che nelle discussioni che oggi av– vengono molte delle posi– zioni assunte da questo o quel partecipante hanno meno a che vedere con il momenl'J attuale che non con tutto il nostro pas– sato. el libro che stiamo esaminando. il Professor To.vnbee sostiene. come un tempo Socrate, che e nel– l'età atomica la vocazione dello scrittore è quella di essere un volenteroso ta• !ano >. ma Stephen Spen– der dissente da questo modo di vedere che gli sembra un voler e troppo disporre del poeta>; in altre parole egli sostiene che lo scrittore deve oc– cuparsi più dei suoi ma– noscritti che non dei tu– multi della politica e dei problemi della vita as– sociata. Gerald Heard ri– tiene che e qualcuno do– vrà dar vita ad una nuova ideologia ,, e che e questo è- il precipuo compito del– lo scrittore creativo>. JDJLP.OBUl O JD>JB;LJ[.' APJI?' .A'i.n'JC ~ 'JCO ; )[))Jl * G'rA' i.JG; 'JCBi.NO .8\nCBi.NGJffiLl[ Ma noi. forti di una no– tazione platonica. passata integralmente nel cristia– nesimo, vorremmo fonda– re la nostra replica su questo concetto: che pri– ma viene l'eroe e poi il suo poeta: prima i1 Santo e poi la santificazione. Ed anche se nessuno ci chie– derà di dimostrare per– ché oggi non possa aversi una vera agiografia, come non si ha poesia epica, qualcuno sarà d'accordo con noi neJl'ammettere, che la crisi della lettera– tura abbia origine e fon– damento proprio nelle ca– renze suddette. Intanto, bisognerebbe mettersi d'accordo sui concetti di eroismo e san• tità: e l'accordo non è facile. E' già stato detto che soltanto quando la fi– gura dell'eroe si sarà spo– gliata di ogni residuo pa– gano, e quella del Santo subentrerà ad essa nei te• sti storico-pedagogici, si potrà sperare in una SO· cietà, ove il socio sia un oggetto di amore, e non più un uomo assoggettato a finzioni retoriche di co– modo. Di fatto, sol tanto l'amore è in perpetuo mo– vimento verso i nostri si– mili e il loro futuro; men– tre la legge più generosa e avveniristica resta a un certo punto Indietro, ri– spetto all'uomo che si evolve. E cosi gli eroi pos– sono essere di due specie opposte: quelli che difen– dono la legge contro ogni irmovazione eversiva; e quelli che guidano le ri- · Sì e no. In un certo sen– so i problemi affrontati dagli autori di cui stia– mo trattando non posso– no in realtà mai mutare per l'intellettuale. Vi è sempre una scuola di pen• siero pronta a sostenere l'importanza di ricoprire un positivo e costruttivo ruolo nella società - l'ar– tista come cittadino, lo scrittore come riformato– re sociale, l'intellettuale come creatore di storia (o, secondo la gelida frase staliniana, come e inge- 1_:meredello spirito>). Op– posta a questa vi è sem– pre una corrente d'opinio– ne (i cui membri rifuggi- Lawrence Durre), auto– re del celebre A lexan– drian Quartet, si rivolta all'idea che e si pretenda dallo scrittore ch'egli con– tribuisca con la sua ra– zione di retto sentire e di retto pensare >, è atterrito di fronte alla , marea di ostinazione che sommer– ge la terra. oscurando l'in– timo mondo dei veri va– lori>, e conclude: e Un gruppo d'artisti raccolti attorno ad un tavolo ad analizzare col più grande impegno la crisi dei valori umani nella nostra cul– tura non fa un'impressio– ne molto diversa da una adunanza di colti e bar– buti proprietari terrieri che discuta del modo di innalzare il livello di vita di una provincia arre– trata ... >. Anche se è vero che nel discutere dello e Scrittore e la Società ,, ci si serve molto spesso di argomen– ti ormai frusti, di quanto Lettera a un amico su Govoni i premi e altro C aro Cimarti$ ogni tanto mi viene natu– rale di rivolgermi a te, come al mio ideale in– terlocutore polemico. Que– sta forma oggi mi viene suggerita dalla circostanza della ripresa del nostro giornale dopo le tradizio– nali vacanze e.stive; come se realmente noi celebras– simo uno di questi riti del– l'amicizia, quale sarebbe il ritrovarsi dopo qualche tempo, un tempo consacra– to alle partenze e agli ar– rivederci. Ma che curiosi amici siamo noi! Intanto, non ci conosciamo ancora di persona; e sono con– vinto che, se anche abitas– simo nella stessa città. un naturale impegno di serie– tà di vita non ci consen– tirebbe di scaldare le sedje di un caffè letterario di nostire oziose conversazioni e di scialbi incontri abitu– dinari. !ra aente fatua o malamente eccitata, o gof– fa e greve di pettegolume .snobistico. Che curiosi ami– ci siamo noi, veramente; non ries<:e ancora a risul– tarmi che l'uno aspetti di trarre un qualche vantag– gio dalla conoscenza e dal favore dell'altro; siamo due poveri in canna, se bene commisuro le nostre persone, due che non po~ siamo vantare la facile c;lientela di nostri éldula– ti; due che non si sono ancora strizzato l'occhio in segno di furba intesa. Non mi sembra che tu sia un !urbo; :fra tanti che inve– ce lo sono. voglio dire. E si vede che non riesce pro– prio ad attaccarsi ai tuoi panni semplkl e onesti di uomo che tira di lun,::o per la sua buona strada quel– lo che io chiamai. inaugu– rando. circa un anno !a, questo mio diario (ed an– che allora indirizzandomi a te s-otto l'apparenza di let– tera morale), « l'odore del– l'ambiente)). lntendevo ed intendo quella specie di odore tutto speciale. tanto speciale da identificarsi con un puzzo, che sento ema– nare. anche di lontano (an– zi, sempre e soltanto di lontano; vivendo io real– mènte come un appartato, e non per burla o pe r ci– vetteria polemica. ca.me qualcuno av-rà magari so– spettato). dalla persona di coloro che stanno in mezzo alla letteratura come nel– l'ambiente « che solum è loro, e che loro nacquero per lui >, per dirla all'in– circa al modo del Machia– velli nella :famosa lettera al Vettori. Vedi, mi piace di esporre te e me in pill_ netta vista. per sentirci e mostrarc i più con sapevol– mente responsabi.li perché, se mancheremo a ll'imma– gine che l'uno ha concepi– ta dell'altro, cioè se tra– diremo le ragioni per cui pubblicamente ci compro– mettiamo. dovremo pur consentire che qualcuno, innocente e risentito, sca· gli contro di noi qualche u prima pietra >, In defi– nitiva, potremmo anche ri– sparmiarci l'appellativo di amici; oggi che. come si suol dire, « le amicizie contano tanto" o addirit– tura a sono tutto •· e in nome loro tutto può esse– re lecito. anche nell'ordì· ne dei !atti e del costu– me de,illi artisti, dei poeti, degli uomini d'intelletto e di studio. L'amicizia co– me oggi è quasi univer– salmente concepita e pra– ticata implica rapporti, le– gami profondi di omertà e complicità; non è dun– que fatto che ci riguardi, e che ci possa distinguere. Nello spazio di quasi un anno, non ho ancora tro– vato ragione di doverti rimproverare debolezze e parzialità da amicizia; an– zi, ho avuto più volte ra– gione di compiacermi del contrario. E così fra le circostanze particolari in cui mi sono sentito più concorde con le tue ragioni ed i tuoi sen– timenti, c'è le uscita re– centissima delle tue due note che si intitolano c. Vec– chie zie senza figli> e «Sta– gione di premi e une lan– cia per Govoni >. Se bene ricordo, fu proprio un tuo animato e generoso richia– mo alla persona e alla poe– sia di Govoni a destare In me desiderio di seguirti e, sè mi fosse capitato, di col– laborare con te su queste colonne. In quel pezzo. hai acuito più risentltmnente, più umanamente l'ormai abusata polemica intorno al premi. Che tuttavia so– no quelli che sono io credo irrimediabilmente; e non sarà un premio una volta tanto assegnato con pro– porzione e giustizia a ri– scattare la degradata Isti– tuzione. E al poeta, specie se dell'età del Nostro, non ne verrà niente più che il vantaggio economico, se il premio sarà rilevante. Am– metterò ad un tempo che alcuni premi sono riusciti veramente a promuovere qualcuno, a fargli raggiun– gere di colpo qualche e s<:atto > di carriera che attraverso la trafila nor– male, del semplice progre· dire quotidiano a misura normale, non avrebbe for– se nemmeno raggiunto al massimo della sua anzia– nità. Il c. Viareggio> di Bertolucci, quello di Ca– proni, e anche quello del meno giovane Betocchi (per limitarmi ai soli pre– mi di poesia) mi sembra– no essere stati veramente promotori di una più lar– ga e più autorevole circo– lazione dell'opera e delle persona dei suddetti. Ma forse ebbe altrettanta pra– tica efficace l'Etne-Taormi· na per Saba (con l'avvilen– te particolare cronistico di nessuna copia dell'opera vincente venduta, almeno in Sicilia, per effetto del premio; come si venne a sapere poi, ettraverso il se– gretario del medesimo). Eb– bi l'impressione che Sabe rimanesse quello che era. sotto ogni riguardo. Può es– sere che ogni caso e ogni premièto abbiano un9. dt· verse. maniera di assorbi– re e riemettere la potenZ.i di accrescimento che l'ono– re conferito può suscitare; e, sotto apparenze del tut– to simili, può essere che ogni storia abbia la sua ir– repetibilità singola; ma lo dico senza credere.i, in eI– !ettt ho Invece l'impressio– ne di qualche cosa che si ripeta quasi meccanica– :nente, squalificando ogni vero intento di concreta selezione e di proporziona– le riconoscimento di va– lore. Quindi, non so se an- che un , Marzotto >• pur conferito nel suo grado massimo enz1 che in uno dei minori aggiunti a coro– na del premio di gran lun– ga maggiore, riuscisse a conferire a Govoni que.l· che cosa di più durevole della onoranza momenta– nea. e del vantaggio eco– nomico. Credo, per esempio, che non indurrebbe Giovanni Getto e Folco Portinari e includere saggi della poe· sia govoniana in una even– tuale terza edizione che si susseguisse e quella ~e– conda, us<:ita di recente, con qualche ritocco e so– prattutto con qualche ag– giunta; aggiunta di qual– che persona della poesia di più recente consacrazione, da Quasimodo (la prima edizione, del '56, non anda– va oltre Montale) a Sereni attraverso SinisgelJi, Gat· to e Luzl. 11 libro è edito da Zanichelli, ed è, In veri– ta, opero destinata soprat– tutto alla scuoio: Il che no:1 vieta che la scelta che of– fre non rappresenti una scelta critica più quintes– senziata ancora dì quella che gli autori avrebbero probabilmente offerto se la opera fosse state destinata a un pubblico più libero e vario, e adulto. Anzi, lo scrupolo dì una selezione sto!'iclzz.ante sembra, al– t-re.verso le dichiarazioni premesse da Getto e Por– tinari, assai più sentito e quindi più rigoroso; fra le QU€lli dichiarazioni si leg– ge, ad esempio, che e si trattQ di una materia pole– micamente mossa, agitata, priva in gran parte di una sicura sistemazione criti– ca e storica. Perciò abbia· mo preferito ridurre il nu– mero dei poeti elle sole vo– ci di certa garanzia, a co· !oro che riteniamo f car– dini della vicenda cultu– rale e poetica del Nove– cento>. Non sembre che le due proposizioni si con– traddicano, fra la non an– cora s.icura sistemazione, e quelle • sole voci di certa garanzie>? Qui sta il pun– to; per un antoloJista, che fosse animato da quel su– blime intento di giustizia prospettica che !'opere sua specificamente richiede, il mettere la parola fine, Il concludere un'operazione quale quella di !solere. e proporzionatamente, quel– le c. sole voci> sopra citate, dovrebbe far tremare ve– ne e polsi; e non escludo per nulla che da un tale tremore non siano statì scossi vene e polsi dei due ~tudiosi di cui sto parlan– do. Ma vorrei chiedere lo– ro: dimostratemi, se vi riesce, che Onofri o Sbar– baro o Rebora sono sicu- 1'8mente più autentici e più garentiti di quel Govoni che voi escludete, oltre che con un particolare difetto di giudizio, anche con una non trascurabile alterazio– ne delle. prospettiva pano– ramica della poesia nel pri– mi decenni di questo se– colo, decenni che per giun– ta risultano invece assei largamente esempllftcaU per numero di autori e di corrispettivi saggi (si noti che l'antologia si intitola Continua a pag. 4

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