La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 20 - 14 maggio 1961

Domenica 14 maggio 1961 LA FIERA LETTERA\IA Aspetti deU' inflazione letteraria * UNO SCRITTORE ITALIA O È A DATO OLTRECORTI 1 A * Basta con I'" outsider,, Inverno a Pra!(a * tli EtllUl'Q l<'Al,(ll I Sta per uscire co11 Vaf/cccl1i Un im·crno a Praaa, il nuovo libro di Domenico Javarone co1tdire1tore de L'Europa Letteraria. E' il primo romawzo italia110 a111bie11tato i11 un Paese al. ,.11 là della "corri11a di ferro lii, Di cs:,o a11ttc1viamo la Prcmess.i. La annazione 0 letteraria dalla quale siamo angu– stiati si manifesta sol.lo tanti aspetti, ognuno dei quali meriterebbe di es– sete esaminato partita– mente. pcrche a volte la loro apparente concomi– tanza si tramuta m una sostanzi;ile contrapposiz10- ne di gusti e di pareri da cui deriva nuova incertez– za. nuova confusione. nuo– va baraonda. nuova ,gaz– zarra. i\Ia a qualcuno con– verra far cenno, per met– tere suffavviso il letlore sprovveduto e impedirgli di lasciarsi fuorviare cd ingannare. Si c. per esempio. no– talo quanta preferenza riserb<mo e dispiegano ta– luni editori e recensori a favore di manifestazioni così malamente "lettera– rie• da meritar meglio la qualifica di e antilettera– rie •· sia per lo spirito e sia per l'intento. nonché per il m1ldo. secondo il quale risultano condizio– nate? Ci si è domandati. d1 fronte affirrimediab1- le pochezza del risultato, che cosa •ribolle e gorgo– glia all'origine di siffatta malintesa preferenza? Da che cosa e originata. so– spinta e ingagliardita? Da quale equivoco o errore? E se si tratla di una per– suasione o di una ripicca, di un accertamento o di un'invenzione? Anche al riguardo le ra– gioni sono molte e spess0 contraddittorie: ma tulle recano sempre in se tanto d1 incon[essabile persona• lismo da dover essere ri– guardate con sospetto. li sospello che si ha \'Crso ogni probabile inganno, reso più nocivo e riprove– vole dalla pretesa di spac– cìarlo come un'indiscutibi– le veçità a dubitar della quale ci si tira addosso l'accusa d'incomprensione, ignoranza o mala[ede. Ma tant'è. Non sentiamo ac– cusare d'intrigo chi l'intri– go vuole sven.tare? Di rag~ giri e di beghe, chi ne ri– fugge come da una degra– dazione? Inutile far nomi, inutile citare esempi: con l'arietta di perfida maldicenza che soffia e che piace tanto perché tramuta in vocio da cortile ogni eloqu10, si rischierebbe di sentir per acrimonioso pettego– lezzo un'osservazione del tutto oggettiva e contro!• lata da un pezzo, come è quella che tra un discreto risultato "letterario• e un fallito tentativo "antilet– terario • ormai si riguarda e proclama quest'ultimo alla stregua del pii.t pro– mettente e dunque del piU meritevole d'attenzione e fiducia. passa nelle quotazioni di partenza e nelle scommes– se? Ma al tagliar del tra– guardo. chi sporge più 11 muso e giunnc primo e quasi sempre l'altro. Non illudiamoci. on scherzia– mo. A valere stabilmente non è l'eccezione. bensi la regola: e la regola e quel– la registrata. per secoli, nelle storie. Lasciamo pu– re che taluni editori e re– censori continuino a favo• rire l'outsider. come il solo dal quale ci si può aspettare salvezza e glona. A scorrere l'elenco dc~h autori poi tati momenta– neamente avanti da alcu– ne collezioni di narrativa, si constata dì colpo l'ap– parire e il disparire quasi i-:imult:rneo di autori 18 per lii. mill;mtati come vin centi senza rivali. eppoi sperdutisi cammin facen– do. Per uno o due che ar– rivano a cimentarsi nella seconda gara. la magg:10- ranza di certi scrittori fuori classe e destinata a riaffondare nel limbo dal quale è stata fatta emer– gere fittiziamente, con ef– fimeri successi. Per quanto elargite ad autori non solvibili, certe cambiali gonfie di lodi non vanno in protesto? Qual– cuno che le paghi e le ri– tiri, si trova sempre. Ma a quale prezzo? In campo letterario vige l'inflazione. Né l'inflazione e attestata unicamente dalla quantità esorbitante della ca1 ta stampala. Vi contribuisce anche la qualità scadente del testo pubblicato. E spetterebbe agli editon e ai recensori distinguere e scartare il buono dal cat– tivo. li vero dal falso. il nuovo del vecchio. se spesso, ad intralciarli. non ~·intromettesse nell'indagi– ne una certa dispettos,ta e spregiosità di giudizio. Il lettore impari a diffi. dare di ogni outsider. E non tema di sentirsi dare dell'accademico, dello sco– lastico. del retrivo. La parte dello sciocco non e più amena. Mi piace r1oordare 11 mio primo Incontro con Sveik: 60W> ~1~~n~~~r6: 1~i~! ri 0 g;r~a:~c1~\~. v;~tob1ff~ :i~~! 1 la°~i~ ~~r~:~FJf ~~~~eutiltom~~/ c~°r!!~~i~·tog 1 ~cc~~~ ~~:le a o!~~gl,e d~~ ~~~azl~~b~:!ts~;:a a;:~a ,::~: l'abituale curiosità. con la quale essi sottolineano I fatti d~lla. vita.. specie se si tratta di quella degli altri. 1 parl- ~~tl~~an~hi:rrat~ ~u:~rife=e dct1e~~;:~c:I e perciò viveano lsorati e .sospelt()sl, evitando prudentemente ogni assembramento. Ma quel giorno non fui solo a Inte– ressarmi allo spilungone che si trascinava appresso un:t enorme valigia. CaUSft la penuria dei mezzi di trasporto dal triciclo al tassl. non faceva certo meraviglia che uri glovan()tto ben fomlto di muscoll sbucasse dnl métro curvo soLto U peso d1 una. specie di baule: da mesi si viveva ln una. ~!\\ 1 n~e e~~;~ga::rnn;:drese ar ~~~~nc:i;J'°~~ 1 11~r 1 :lifA affamata la ricerca di derrate comunque commestibili si taceva sempre più difficile. Ecco perché non passò Inosser– vato _Il bagaglio che Svelk si trascinava dlet.ro e qualcw10 lancio al malcapitato espressioni ironiche: J'avevnno preso per un trafficante del mercato nero. Pu allora. che Svelk. fermandosi. nbbra~clò oon una sola occhiata tutti gli astan– ti. come se volesse spazzarli via col suo sdegno: coloro che si erano fatti più R.CCOSto poterono ucilre la sua voce ~reraS'Iid!l 1 '~~~w~~~°:if1~n\\r~~f 0 ~1~~h~ :~o 1 ~ttri: sono libri!». · ' Con un gesto teatrale. Sveik spalancò di colpo la valigia e ne mostrò il magro contenuto: la delusione gli fece Il vuoto at~omo. Ora sembrava un venditore ambulan– te a corto di clienti con quella povera cosa aperti, al suoi piedi. Da lui se9pl che aveva appena cambiato casa. e che ---------------------I ~i~?o~ ~a a~~~Jg~~~ati',~~~e~~~tl~ d~~rf:fc~ 1 10 1 ~n::J~ di più e. a causa. della debolezza della moglie. che non sapeva dire dl no af vicml. la sua era diventata una bi– blioteca circolante. Seppi anche che l'abitazione del glo– vanou.o non era lontana dalla mla e oos1. quftSI involonta– riamente. facemmo la strada assieme e In.fine gli offrii li mio aiuto. Carlo Hollesch: Porticciolo a Cefalù (1960) A distanza di tanti anni tutto ciò che avvenne quel gior– no si colora di favola. Erano l tempi catastrofici a rendere straordinarie le cose p!ù comuni. Se i parigini non fossero stati cosl senslbill da lmpennalirsi dinanzi a un povero cristo che si trainava. dietro una valigia. non l'avrei mai conosciuto: e anche se l'avessi conosciuto. l'incontro non · avrebbe avuto alcun seguito: non ci saremmo scambiate le prime confidenze. non avremmo saputo che lavoravamo n contatto di gomito In due giornali diversi e nella stessa ~ftra~~~~~n~r:~v~~~ ~~ei~g~loev~is~~eUll\~!ne~~ infine. quello che più conta .. Josephlne e mia moglie non sa.rebbero mal diventa.te amiche. In circostanze speciali si può cementare una amicizia in pochi giorni: rimasti tutt'e due senza lavoro. cominciam– mo a vederci oosi spesso che praticamente si viveva Insie– me. Dal momento poi che le nostre mogli scoprirono di possedere le stesse aspirazioni e cerU gusti In comune, la nos1rn dimestichezza diventò una consagulnel.tà etetUva. Nor marlt.l discutevamo sempre di pollura: le donne sta– vano tutto il giorno ad nrrabatta~l per combinare li pran– zo con la cena; mentre i rispettivi _rampoll!. Mojenko e mia figlia, ruzza vano sul nostro terrazzmo. Tra una discussione e l'altra.. si stava. con le orecchie appiccicate alla radio decisi a non farci sfuggire nemmeno i sospiri dello speaker di radio Londra. Allora sl potevano saltare i pasti, ma 1 cuori erano sazi di speranze: e se I crampi della fnme si facevano troppo forU. c'era. sempre il modo di cucinarsi HltJer In tutte le salse. LA ~ACCHJCNA DEJLLA VERJCTÀ * Ricortl del "2000" • I * di EIJJQ 1'AL1llllCQ Che cosa credete, anch'io net 1929, qui a Roma - as– sieme a Marcello Gal!ian e a un altro amico, poi scomparso dal mondo lelt'!rnrio - diressi un teatro: naturalmente i~ 1 t~c~~~j 1 eiooo n:~u ': 1 !;:1e;1:1nai·:i~~"hli~~1~~\c cf ~gli c~~d~,:;:~ denti di Bragaglia: sul cui palcoscenico, un anno pr,mo, ?>iaMarcello ..:he io avevamo ottenuto un discreto successa di pubblico e <li critica, lui con un dramma e io - adesso b~ul:~':r~~~e. :l si 0 ns~s~~~~e-;v~,~~gi~~ ~~~;ici~:e :diu;a~~~ gclo~i di Anton Giulio e del suo co,•o di via Avignonesi, una sera, trovandoci al caffè, decidC'mmo di fare Concor– renza al a-rande coràgo: basl'arono un pezzo di caria e una matita cd ecco il cartellone bello e pronto: fu molto facile trovare il litolo della nostra impresa (infatti, a quell'epoca slan\pavamo un giornaletto iconoclasta, Il 2(J(J(), ch'era una spt.-cic di libello contro la tr-Jdizione e il passatismo) né pii1 difficile indurre Marinelli e Bon1cmpclli, gli idoli del eiorno. ad amdarci due opere d'impegno. Re Baldoria e La P,tiardìa alla ltma. strepitoso; m3 il domani, per .rispetto alla personalità del· l'autore, IJ critica apparve p1utto~to be~e\'ola: parlayano di Marinctti e non dell'interpretazione, d1scu~evano d1 u_n tc:ltro di oocsia trascurando, na1uralmcntc, 1\. nostro d!· :.a~1roso t~ntauvo. Marineui, pc.rò, era entusiasta e d1,– :.tribui, a 1utti, grandi complimenti affermando che 1\ pubblico non aveva capito un .bel 11!-Jl!a:e _questo era , cris~imo perché sarebbe stato 1mposs1b1lc capire qua!cht; cosa degli urli e delle papere che {lii improvvisati atton del 2000 dispensarono a destra e a sinistra, con incredibile di * DO,U 1-0.\'1(;0 avev..no aturato sul capo l'ira del partito. Cacc1a.to da.ll '1m– p1ego e radiato dal ranghi. era ftnito Jn ga'.era: llberav., per pletA. da .,cl mesi viveva nell'Incubo dt C&':,,f're inviato m un •· .\ \'_,\.llOJ\'11] campo di concen.,amenw Affranta. e dl~rnta. Josephlne confessò che in quegli ultimi tempi avevanc tirato avantl ccr.t la pe11sl?!le della f>UOCCra: una pensione di rame per una pefflOOa601a Aveva rP~!stlto a ques:e e a tante altre prove. sorretta solo dalla speranza che un giorno o l'altro Il marito pot.es! ie raggiun– gere la Francia con lei e ?Y!ojenko: é vero eh,. gli i..vevano tolto li p&.&s&p0rto.oomunqu,._ volendo. c·era la pos.sib!lltà. Quando poi I tedeschi In riti.rata abbandonarono Parigi. c1 sembrò che le truppe alleat~ venli,;..•ero a liberare le nostre perwne dall'incubo del rastrellamenti: !u allora che me-aa Europa, OOStret.ta a sfamaral con le famose 1oupt1 di ulselll In polvere, cominciò a dli;!stlmare gli americani: la Cflusa, .!orse. fu proprio questa fecola. di piselli. Mentre De Gaulle, che non era ancora dlveutaw un monumi>nto nazlonale. passava. rotto l'Arco dj Trlon!o tra la folla deli– rante. Svelk ed lo cl preoccupava.mo di trovare un lavoro. L'euforia di quei gloml però ci faceva apparire lieve anche Il peso della dLsoccupaztone. Con l'avvento di De Gaulle noi. natura.lmenv:?, non avevamo smesso di dl.scutne ~l po. litica; ma Sveik. rlassaporato li frutto de-Ila Jlberta. era pieno di ansia per le notizie che g1unge,·ano dalla Ceco– slovacchia. Strano ll !atto che. quali fossero quesre notizie. non si riusciva a capire se erano o no di suo gradimento: metteva Il muso e rfspo:::ideva con un grugnito ... e lo lnter– rogn.vo in pt'OJX)Sito. D suo stato d'anlmo pegJiorò a tal punto. che un giorno JosephJne ml prese da parte per confld&.rml Ie s11epreoccupazioni. Svelk era. in giro tutto 11 giorno per 1iprendere contatto con l suol connazionali residenti a Parigi: secondo Josephl– ne. lo turbava Il pensiero di ·essere lontano dalla patria nel momento più c.'l"Ucialedella. storia cecoslovacca. Io non sape\'o se Svelk era o no socialista; certo le sue idee lo portavano ad auspicare un rlnnovamento radicale di tutta la società. Più moderato dl lui. lo gli davo spesso 6Ulla voce più per vederlo accendersi di sdegno che per altro: In.somma le nostre conversazioni si trasformavano. mio malgrado. in vere e proprie diatribe. e ni.ppresen~avano per Svelk (sin da allora me ne pers,uasl. e ancor p;ù col passare del tempo) la misura di una passione politica che coinvolgeva tutta la sua sostanza. d'uomo. Era Incapace di scindere I sentimenti dal principi: per oonfonderlo, gli dicevo chP la politica è l'arte del compromes..o. R!spondPva che senza fede non ijl fabbrica. nemmeno un palo d1 scarpe. Ribattevo che la rede racllmente si trasforma in autodafé e allora lui dava in tsma.nle: si Lappava le orecchie e non voleva più darml asrolto. accusandomi ji es.sere cinico e scettico. La verità è che dietro le quinte c'era Josephine la qua– le. avendo inlulUl clo che pas.sava per la mente del marito. ml scongiurava di buttare acqua sul ruoco: ma che co;a rappresentavano pochi secchi d'acqua nella gola di un vulcano? Sveik riusci ad n.ccnparrar-.:;I un ~to su un a~roo per Praga e noi lo accompagnammo a Orly oon mili!' racro– mandazionl. Prima di salire a bordo baciò Mojenko. tutto elettrizzato per quella novità. e poi nvolgendos! a Josephlne le disse che non avrebbe resistito a lungo senza d1 lei: sl doveva preparare a raggiungerlo se davvero gli voleva bene. Le sue prime lettere furono piene ·di entusia~mo µer la situazione che si andava evolvendo secondo i suoi più vlvl desideri: il socialismo trionfava a Praga e In tutta la Cecoslovacchia e Svelk commentava gli avvenimenti con parole ardenti. Josephlne. che lo conosceva come una mo– glie può conosce,re un marito venuto da molto lontano. ml portava a leggere tutte le lettere che le giungevano. ma non sembra.va troppo sod.d1sra.tta che Svelk si r~ buttato a corpo morto nella battaglia po\ittca: ·d'istinto intu1vn che spesso la politica. non si fa nelle piazze e dubitava che il marito. scar5amente dotato di senso pratico. aves5e I requisiti necessari per fan.i valere. Sveik. pensava Josephlne. sarebbe molt? bravo a menar le mani. ad 1trrrontare una battaglia r,perta e cavalleresca: ma chissà rome !.e lr. ca– verebbe se si trovas..c.c1mm!3chlato ln una situnzlone C'he richieda astuzia e pazienza, le qualità dei politici nati. D'altro canto. partito lancia in resta e deciso ad andare si– no In fondo, non esisteva onnal alcuna rorzn che lo po– teSSe fermare. . li 25 febbraJo 1948. quando Gottwald annunciò nl popolo d.J Praga la rormazlone del fronte n.izlonale, Svelk era ln prima. fila ad acclamarlo in Piazza Venceslao. La lettera, che cl descriveva minuziosamente quella memorabile gior– nata. inneggia.va senza riser'le alla democrazia popolare che aveva. trionfato nel suo paese. Inutilmente Josephine. oon cresce::i.t:e runbasoia.. cercò unn. frase. una sola parola che riguardasse da vicino il suo destino d1 moglie e di m!ldre. Dopo aver letta e riletta quella lett:era. la sgualci tutta a !urta di maneggial'la. Mia moglie si d.Jede da tare per cal– ma.ria. Decidemm.o che gli avrt:l inviato lo w1a lettera per ricordargli. con delicatezz..'l. che a Parigi aveva la.sciato la moglie ed il figlio. una moglie che da mesi era costretta a dipendere dagli aiuLt del parenti e degli runici. Usai un piccolo sotterfugio: gU nascosi che Josephine si em lmpic– gaLa proprio per n()n dipendere da nessuno. Svelk rispose a stretW giro di post.a con una Iunghisslma missiva che conoone,,a informazioni piuttosto confuse circa lo stato delle sue finanze. ma con la quale reclamava a Pra– ga moglie e flgllo: aggiungeva. che tutto era. pronto per accogllerll. Josephinc e Mojenko non dovevano rare altro che acquistare il biglietto e salire su un aereo. Quando mia moglie mi chJe3e cosa pensavo di quella decisione. che a lei sembrava W1 po' frettolosa. risposi che si sbagliava: niente dl più naburale che Sveik desiderasse riconglungersl dopo mesi di lontananza con la suq, famiglia. Josephine e Mojenko fecero come voleva Sveik e parti– rono alla volta di Praga lasciandoci accorati e scontenti. Con la loro partenza cl pareva si concludesse u.'1. periodo della ne>&tra esistenzn: come se trn noi ed 11 passato si aprisse un vuow di 5pazio-tempo simboleggiato dalln linea tre.celata. dall'aereo menw·e si allontanava du P:irlgl pc.r– landosi via due persone care. vale a dire una parte di noi stessi. Era una perdita. Ma la vita non è che una lunga serie df pertilte; ogni volta. ci viene tolto qualcosa: infine giunge chi cl toghe I~ vita stessn. Spesso però, soltanto perché Si vive, ci è dato vedere Il contrasto delle C05e: cl è <lato vedere tutto e il contrarlo di tutto. Se la partenza di Josephine. a giudizio di mia mo– glie, era. stata affrettata, Il suo ritorno a Parigi fu addlnt– tura precip!Ul.:;o. Il 1acconto che et rece era quasi Incre– dibile. Nel giro dJ pochi me.s.l. a causa delle sue intempe– ranze e del suo rigorismo puritano. Svelk s'era squalificato agli occhi del comunlsti e di errore in errore aveva. tslmente ta.lsata la sua. posizione da flnirc nella listn. degU Indeside– rabili. Aveva scritto una serie di articoli incauti che. lm·ece di accattivargll le simpatie della nuova classe dirigente. gli f!reta~f~~~i.!. c~ rd :v;!~~~~a~n~;'di}c!v~~iev~ s.?bn~; rari;~~ ~i0:~ 4 • d~ 1 ~uliu;rim~~1 !v~at~L,~n la~n~t~~f m!el nrmlct •· For..e ,;e ave.,se urato fuori un argomenw patetico. ad esempio che non .-e la sentiva d1 abbandonare la vecchia madre. Josephlne avrebbe saputo compn,nderlo: ma il !1- ftuto era motivato da ragioni troppo astratte per poter far pre.<iaou una donna Fu inutile in!lstere: Sve1k 5em– brava U"Clto di senno e ogni volUl che la moglie. gli par– lava di Parigi dava ln escandescenze. Finché ru lui stesso a suggerirle di tornare lr, Pranela con Mojenko In attesa eh,. la bufera si allontanasse da.I suo capo. Certa di ave; perduro Il ma.rito. Josephlne sl et'i:l a/fret– tata a far fago:.to: una decisione presa e attuata unza. Indugio. Per fortuna ritr(IVÒ l"lmp!ego. che la salvo dalla di– .:pera7jone. I giorni p-<1.saarono e I mesi. Passarono gli anni. Mojranko cresceva. cilventata :'lito e biondo come 11 padre Josephlne e mia moglle strinsero ancora di più I loro vmoolt p lo potel as.slstere ttl lento 15fiorlre di quella donna. che ormal viveva solo per Il figlio. Quale oon&Olaztone poteuno darle e a quale significato po~evano ::i5,5t1.rgere le lettere df Sve1k che continuavano a giungere senza roluz!onr, di con– tinuità e i:;enza mai variare di tono e di contenuto'! Rac– contava di!fusament.e di té. si dilungava 5ul suol pr(?bl~– ml. si lament~va delle ristrettezze. dell"ir..dlgcnza fn CUI \-1.– veva e finiva sempre col proclam:ue 1mmutat1 I 5\101 f>CD– limentl verso la. ramlglla: insomma cercava di d1fe::1derst dalle accuse che nessuno gli muoveva. g!acché. la mog'.J"' nel rispondergli si guardava bene dal rivolgergli U benché minimo rimprovero. Josephine. che non oomprendeva co– me un uomo p<>tes...<.e rovinarsi la vita per tener !ed,. Hl propri principi o per l'orgogllo30 desiderio dl rtab11itani:t politicamente. col tempo aveva imparato a rlspet.tare qu '– ~te i~ec. e quand,, s.-. ne lamentava lo fareva co:i dL'i-Cre– zionl' come una donna che ha rinunciato onnat ad una felicita im.pc .~~lbile e si è adag1ata in una condir.one d1 umile saggezza Certo. Il modo di ai;1r~ di Sveik appari\"& iuconcep1b1le anche a me: il fatto più strano poi era che. a mano a mano che ~li anni passavano. il nostro a.mlco me lo ricordavo sem– pre meno come persona fisica e cercavo con nnnova.to ac• canimento. m:1gart mettendomi dalla 5Ua pan.e. di afferrare tutti gll aspetti del suo dramma pen;onale. se di dramma. si trattava. e di prospettarmi le varie soJUZl.onJ che ad esoo sl potevano dare Pen."avo che Sveik s·era rorse Impegnato l'l un g1oco molto più grande di lui e che la partita aveva una posta troppo alta. C'era anche la. posslblllta che Il m!o amico fosse un visionano e ormai si nuirlsse solo del suo smi– l)Urato amor proprio; !orse. quanto più si baueva i pugni sul petto. tanto più la sua azione perdeva Il contatto con la realtà cire0ita.11te. Accade sempre cosi per ogni indlYi– duallsmo t.roppo i::saspernto. La nostra coscienza. quando è accecata da perniciosi rigorismi. non rischia di perdersi nella più Irrazionale magniloquenza? La. nostra coscienza qunndo si lnarldLs.ce. non dlven.IB una fUrt1068 flac.cola che invece di far luce ci costringe a tenere gli occhi chiusi? Cosi come Sveik può· dire nel confronti degli altri. noi nei suoi confronti pos.;.lamo ripetere le parole che Thoma,; Mann !a. pronunziare ad W10 dei suoi personaggi de I Buddenbrook: « Io sono divenuto quel che sono perché non ho vouUl diventare come te. Se net mio intimo ti ho schivato. questo è accaduto perché 11 tuo modo di essere. Il tuo essere stesso è un pericolo per me"· Però se Sveik avesse davvero rltenuw di essere tn un pe.rioolo mar-tale, avrebbe potuto schivarlo in più oocaslonl. Dunque do\·eva trattarsl soio di wi orgoglio smisurato: non voleva con– fessarsl soonfttto a costo d.J rtnunciare a.nche al flgho: op– pure non voleva. confessare d'aver sbagliaW. La stessa morte può essere più sopportabile d1 una tale confessione. Nelle lettere di Svelk c·era qualcos'a.ltro che alla stessa Josephlne non sfuggiva: una SOI'UL d1 continua reticenza anche quando sembrava sv1scera.s6el'o Wl. argomento rlv'.J'l– tandolo come un guanto. Non era J)O&Sibile dire in che cosa conslst.es.s.e quel non detto che dava una sfuocatura alle parole e una nebulo6ità diffusa al discorso. Mi faceva pe:1- sare che il nostro amico si pone55e a sc.rh -erle. quelle let– te-re, sotto l'Influsso di una droga. oppure soggiacendo ad una sorta di sdoppiamento pet" cui mentre lL'10 del dué!: Svelk era intento ad affidare le sue m!se:rle ad un foglietto della posta aerea. l'altro era alle prese con mostn invin– cibili. Ricordo I versi d1 Ibsen. che gli s! adattavano a me– l'avlglla: « Vivere vuol dire combattere In sé lo spettro d1 05Cllre potenze J>. Qual era lo spettro che lo teneva incatenato in una 06CUra e umida. soffitta di Praga. lontADo dalla famiglia per dieci anni. .senza più parent.1, abbandonato dagli amici. inviso al comunisti e privo dl lavoro? Uno <q>ettro potente e immlserlcorde se riusciva a fa: tacere In lui lo stesso istinto paterno. giacché (almeno su questo non c'era dub– bio) Svelk amava suo figlio. Dunque, di che razza di spet,. tro si trattava? Poi accade un fatto imprevisto. MJa moglie e Josephlne sentenziarono che « era la mano di Dio». Il mio editore. che è sempre sta.to un uomo di lArthe vedute. s1 mise In testa d! avviare anche nei Paesi «d'oltrecortina• una iniziativa editoriale: una collana di monografie sulle bel· lezze artistiche e naLurall del centri maggiorment!! ncclù di attrattive turistiche. Il mio editore non si rlteneva un illuso. Prima o pci Il mondo non sarebbe stato piu diviso ed egli già vedeva folle d1 turi3tJ. brandendo tl suo baedeker redatto m più lingue, invadere l paesi socialisti. Non stetti a chlederm.1 se l'Idea era buona o catLiva: ml lllultal ad accettare l'lncarloo e a corr~~ a. casa. Fu allora che mia moglie e Josephine parlarono della « mano cii Dio». E lo pochi giorni dopo partivo per Praga. E "antiletterario •· per cosi dire. in certi casi. ri– sulta anche l'autore che "non ha le carte in rego– la• e che si vanta 0 s'm– flschia di non averle e anzi ne approfitta per pren– dersi libertà non consen– tile (ma del tutto infrut– tuose sotto la sua inesper– ta penna). Questi. peral– tro, si reputa da più di chi, facendo sui serio e per \·o– cazione. procede con mag– gior cautela e senso di re– sponsabilitii. E c'è chi gliela manda buona. Oggi, allo scrittore "vero•· da parte di molti editori e recensori malintenzionati o annoiati o svogliati, si preferisce lo scrittore "non-vero•· cioC improv– visato e casuale: non in quanto si dimostra tale, per originalità e pote'nzia– lita. da spodestare l'altro; bensì, principalmente, per– ché contrapponibile. pur senza costrutto e senza vantaggio. a tutto quanto, per vocazione e per studio, fa dell'altro giustappunto uno scrittore autentico. • on viene ammirato pro– prio perché manca di tut– to ciò? Quasi che l'esserne privo sia garanzia di li– bertà e di novità: e quasi che tale carenza, in luogo d'esser compensata da qualche opposta sovrab– bondanza, non costituisca invece un difetto, un in– conveniente. una debolez– za contro cui il recensore dovrebbe sollevare rimo– stranza. Egli ne esulta, m– vece: e si dichiara fiducio– so, più che tollerante. Tra un "dilettante• e un "pro• fessionista•. dà la palma al dilettante. per poco di– lettoso ch'esso risulti.· 1\1a è dilettante: e nella sua inesperienza, nella sua ìm· provvlsezione. il recen– sore, che non crede più nei valori genuini della letteluratura ma si accon– tenta dei surrogati, trova motivo cli rivalsa e di sod– disfazione. ,\Ile sci ciel pomerigk:iO ~,evamo deci:.o d1 darci nlla produzione te:itrolc, alle dicci rli :.era 11 progr:irnma era fatto e avemm.l perfino l'impudenza di mandare un bre,•c comunicato alla Sl;\mpa con l'annuncio del nuo,•o teatro: tulle av,enne r:1oho rapidamente: andammo da M:irinclli. nella sua casa cii piazza Adriima, e gli chiedemmo di darci una 1..·ommcdia. e Non ho chC' Roi Bombance - ri?>po:.e il capo del futudsmo - _che r-e_ssuno ha mai a,'l:'to il cor:ig: gio di rappresentare m ltaha lii, e Bene - dicemmo noi, con pre:.unzione più unica che rara - ci penserà il 1'e,1- tro tld 2{){}() •· Marinetti, entusiasta come sempre e come <:empre molto aeneroso con i gio\·a!li, ru ~ù~ito d'~ccm:do. Telefonammo allora a Bontempclh: e A\'rc, - c1 disse Massimo - La l!llf'lrdia alla luna che, dal~ una sola sera a Milano dicci anni fa, cadde ignominiosamente: la \'olcte? •· dis~~~1~~~a. le repliche, che furono una d~cina . per <!arei modo di A.licstirc il secondo spettacolo, no1 tutti - diret– tori, registi, attori, attrici, parenti d.egli ui:ii ~ ~egl_ia!~ti .– andavamo in giro con le tasche piene d1 b1ghetli. d 1m 1 1to obbligando amici e conoscenti a • fare da pubbhco •: la sala, infatti, era sempre affollMa, .ma la cassetta andaya a scatafascio: Gallian, che crn amico del federale, \'Cntllò perfino l'idea di una particolare cartolina-precetto con la quale costringere i romani a diventare appassionati del– l'arte drammatica: ma Barbaro, antifascistn d'antica data, ~i oppose. lnlanto La guardia alla luna era già. in_ prova da parecchi giorni e 1utto snrebbe andato benissimo se Marct!llo e io, poco più che ,·cntcnni, non ~vcssimo fatto 1----------------------------------------– i cascamorli ccn le attricette della conipa~ia eh.: porta– ,·amo a spasso, al Pincio, a Villa Borghese, o.I Gianicolo, sottraendole alla disciplina indispensabile in ogni clan: anzi, a un certo momento, ci furono delle violentz scene di gelosia - e non per motivi artistici - [ra due raga.l– zctte del Qnadr.?ro da noi promosse prime attrici giovani: furono interrotte le prove, Bontempelli minacciò di ritirare L'outsider supera, a vol– te, i cavalli di razza? Ma non vince la corsa finale e anzi la perde. Li sor- Certamente, w>r-. potc\'ano esserci dei dubbi: Bontem– pelli, piu cauto eh Marinetti, ci O\\ertì c~e saremmo andali incontro a mclii guai: e Pen:.ate - aggmnse - che, alla prima milanC!>C,io non ebbi, l'~nin'!O di as:.iS\C!"Calla ra~– presentazione e me ne :tnda1 a1 Fi/odra111111at1c1 do,e rec1- 1a,•a una compap:nia comica di grande successo. Ebbene, alla fine d'ogni atto, il pubblico applaudi\ a calorosamente r. io, invece, non udivo che hschi: erano i fis~hi che pro– ,enirnno dall 'all.ro teatro, i fischi per la g11ard1aalla lima». ..Ci pC'oSiamo rioi - lo 1ranquillammo con grande sicu– rezza - non dcvi avere preoccupazioni •· Due commedie non potevano bastare: com'è logico, ogmmo di noi ne avrebbe scritta una in pochi giorni:. cd ceco i nomi, ~e mal non 1amm<•nto: Marcello Galhan, Umberto Barb::11 o, Elio 'falarico. Giovanni Anieri, Orio Vcrgani, •Gian Gaspare Napolitano: per quest\1ltim(?, a~zi, inventammo perfino 11 titolo: a quel tempo, mfatt1, Gian Gaspare faceva vita nollurna e di giorno dormiva sapori• tamentc: sarcbhc s1ato inutile telcfonarpli, non avrebbe rispos10. e Diciamo allora - propose qualcuno - / sonni del giuMo ». Fu cosl che il giorno dopo i giornali pubblicarono il più str.mo cartellone del mondo: intanto non a\·evamo un lo– cale a nostra disposizione, ma questa non era una d.iflì– coltà per genie, çome noi. che aveva letto Antoine: a via Santo Stefano r'el Cacca ag;v~ un teatrino per fanciulli: andammo a parlare col gestore, firmammo cambiali, pre– iammo il proprie1a1io di dare una pulita al suo squalli– dissimo teatrino. Non pas5.arono neppure quindi.:i giorni e arri,·ò la sera dcila « ?rima •. con Re Baldoria di Mari– ncl!i: locali ::C'mpletamente rinnovati, annunciavano Jc locandine, è di rigore l'abito da sera. Alla nostra impresa \'Olevamo dal'\! un car-,itterc piull0!.-tO mondano, oltre che artistico: -e mi sento ancora a disagio se ripenso a Sih io d'Amico, Alberto Cccchi. Luigi Antonelli e Vincenzino Ticri che, in impeccabili frac, non potevano sedersi sulle sgan– gerate sedie del nostro te3:trino pie11:ozeppo di pubblic? elea:ante: circa la metà degh :.pettaton - e delle avvenenti, sciccose spelt:ltrici - rima$ero in piedi durante buona K~~e dc1~1 1 i 0 e s~l~~':.ic~rr~i.chla fn~~~!~~:r~;i fifr~-:::11a d~~~ fu:' se ne toali un paio di attori che ave\'ano gi_à recitato da Braga'}'lia Gio\'anni Petti e Renato Borraccetu, JI res10 era roba racéogliticcia, ragazze di fa!11ialia, •.belle di !]Olle lii all'affanoosa ricerca di un cappuccmo e d1 due bnoches, giovanotti di buone speranze. . . . .. Difficilmente i:-otrebbe imrnaiU1ars1 un insuccesso p1u la sua commedia. Allora Gallian, con incosccnza tipicam~nte giovanile, clccisc di recitare anche lui: era l'unico sistema per non perdere <li vista la sua bella e per starle sempre a1tacca10 alle costole, sulla scena e fuori. Bisogna dire che lo scrit– tore n:cit.iva d,w,•ero egregiamcn1e: perfino Alberto Cecchi fu costretto 3d ammettere che « i tòni malinconici della ,·oce di Gallian lii avevano creato e sottolineato l'atmos{er.1 del dramma. Che- pr.i la malinconia dello scrittore-attore derivasse dalle continue sbronze e dai conflitti. sentimen– tali o no, con le gr-.-7Jose interpreti del teatrino da quat• tro soldi, questo non ha davvero la minima im!)ortanza. Comi;: Dio \'Olle, ,•enne ançhc la sera della Guardia alla luna: stavolta i critici, lasciato nell'armadio il [r.icchc– sci~ssc, rimuginavano pensieri di ,•endetta; ma, invece, l'opera bontempelliana riscosse il pili fervido successo: forse per un miracolo, forse per un impegno maggiore di noi tulli, La. g~ardia alla luna fu rappresentata con una discreta dignit.l: niente di speciale, intendiamoci. però i!li attori non t:rla\ 1 ano più, sapevano finalmente le parti :l memoria, si muovevano e parlavano con una certa disin– vollura, dimenticando in0cssioni dialeltali, smaccati ac· centi da periforia. La critica, quasi concorde, riconobbe che il piccolo Teatro del 2000 a\ 1 eva fatto passi da gi– i!ante: i;: qualcuno - naturalmente un amico - scrisse: • Se domani questi giovani teatranli ci facessero una gros– sa sorpresa, non saremmo noi a meravipliarcenc io. La sorpresa ci fu, di lì a poco: passammo tuttJ. una no11c a fare i conti e ci accorgemmo della disastrosa situazione fì.natiziaria in cui ,•ersava la compagnia: quin– dici o sedicimila lire di debiti, somma - a quell'epoca, e soprattutto per noi - addirittura fa\•olosa. Accuse, pette– golezzi, insinuazioni non mancarono· parie degli incassi, :-.embra, era servita per cene e per cenette, per caramelle, p~r piccoli doni alle attriceuc: e, notate bene, questi in– cassi non superavano le mille lire. Ci spaventammo, un avvocato ci consigliò di ritirarci al piìt presto, non avrem– mo potuto far fronte alle: nostre pesanti responsabilità: :ill'improvviso la compagnia si sciolse, si chiuse il Teatro del 2(1()0 per mancan.la di attori, di direllori, di registi. Dopo tanti anr.! dc,·o confessare che non ho mai saputo çome si svolse I~ difficile faccenda dei quattrini, insomma chi pagò i nostri debiti; ma è ceno che qualcuno li pagò. Coloro che, da noi, si aspettavano una grossa sorpresa, l'ebbero e mastodon1ica: quando, sul più bello, il teatro dei giovani arrabbiati chiuse i battenti. E adesso, a ripen– sarci freddamente, bisogna dire che una funzione - per quanto minim:i - lo sparuto Teatro del 1000 finì con l'aver– la: e che ormai, quel tentativo assurdo, fa parte - bene o male, ,•olenti o nolenti - della storia dell'arte dram· malica itaLiana. Se non altro, dimoStrammo d'avere del coraggio: e, in campo teatrale. non si tratta di una pic– cola vird1: senza fare, con ciò, dei paraaoni che sareb– bero oè.iosi quanto inutili. "'"AU~JRU-,\'JL'JL V .fì\ <Cl> Il?'JB:I~ 18: PH!ll'\JIE * Peverin.i e Secc,11•ecci,~ Non è detto che uno scrit– tore non possa essere anche un agrario e magari con tan– to di laurea, a patto che tra lo scriuore e l'agrario ci sia una forza mcdia1rice che tra– sformi l'agrario in narratore piuttosto che lo scrittore non resti l'agrario. Questa forza mediatrice deve essere la poesia. E mi sembra che Luigi Peverini, laureato in agra1ia e scritlore di un pri– mo libro di narrativa in1i– tola10 Millepecore - Carucci, Roma - abbia sentito la vo– cazione della poesia, come lestimonia la costruzione di questo libro di racconti. di cui, il più lungo che dà il titolo a tutta la raccolta, po– trebbe essere anche un soli– do romanzo breve, l'elabora– zione di quel materiale che egli a\'eva sottomano: la sua esperienza di maremma, la sua stessa vita di figlio di fattore. Ma questa elabora· zione è stata una oecessìtà senza scelta,. o pure di pro– posito il giovane scrittore ha voluto descrivere la propria esperienza nella certezza che il suo mondo, essendogli più \"icino, si sarebbe, diciamo, scri110 da sé? Nel primo ca– so, ad esito lirico negativo, la mancanza di fantasia sa• rebbe evidente e, poiché fan– tasia e sentimento non van– no mai staccati, anche di sentimento, ossia deficienza di un qualche cosa da dire; nel secondo caso ci sarebbe una convinzione di poetica, la sicurezza cioè che l'unica risoluzione dell'arte è la vita stessa e che l'arte non è al– tro che una tranche de vie, la fetta della propria csisten• * di UMBEH l'O _UAUVAlfDI za dh·cntata parola, discorso, descrizione. Ma non narra– zione, se quelle parole, gucl discorso, queUa descrizione, non si sono trasformate in poesia, restando irrilevante fatto empirico, squallida, perché vera, fetta d'esistenza. Questa ideologia poi compor– ta tutta una serie di consi– derazioni dal punto di vista dell'analisi critica che, nei confronti dello scrillore ri– sultano conseguenze della sua concezione dell'arte nella rea• lizzazione esprcssh•a e comu– nicativa a rendere quella certa ideologia, la quale, poi, non è nata per caso, ma come congenialità da un tem– peramento che nel processo lirico non· ha avuto la forza di trasformarsi in poesia. Esemplifico per essere, se possibile, u1ile al giovane scriuorc: • Quella ragazza per me è quel periodo. Bion– da come una signora, era piu bella della figlia del duca. Quando parla\•a mi incanta\·a con quel suo dialetto. Quel• la scmbra\·a che baciasse le parole prima di farle uscire dalla bocca e mi accarezza– vano i timpani lii {p. 144).Con– seguenza ideologica del veri– smo, comunque si camuffi o si chiami, sia pure neoreali– smo, è che i personaggi par· lino secondo il loro grado di s\"iluppo psicologico. Un but– tero, dunque, dovrà parlare da buucro. Ma il bu11ero conosce soltanto il suo dia– letto che è il suo linguaggio, sl, ma non la sua liogua. li poeta deve im·cce domare la sua lingua a .!jU0 lina:uagg10 scnla snaturarla in dialetto; poiché, esteticamente, essen– do la parola un mezzo espres– Si\·o, ossia in sé indifferente in quanto mezzo, non sarà la parola a determinare il per– sonaggio, ma csauamente il contrario, per cui, essendo il potere lirico d'immmaaine a fare la parola e il discorso, non c'è proprio bisogno che un buttero lirico parli come un buttero empirico. E allora la scia11eria della prosa riba– dita con la sua fastidiosa ri• petizione di parola, con quel• l'abbozzo d'esigenza lirica evi– dente nell'immagine ..sembra– rn che baciasse le parole lii esigenza distrulla dalla irre~ latezza finale che si sarebbe facilmcnle evitata con un • che lii al pos10 dell'errata congiunzione •e>, quell'ab– bondanza di sciatteria sin– tattica che non arricchisce certo il discorso narrativo ma lo depaupera anzi e lo bana– !izza,. ~ sempre dubbio, per 11 cnuco, se sia voluta o sub\ta da uno scrittore alla ~ua opera prima. Poiché, di ~ue.ste fiorellature è gremito Il hbro; come, poco più giù nella stessa pagina: e Quell~ sera avrei voluto fare come quel 11po della Bibbia. avrei fermato la lw1a per fermare il tempo •· Che il laureato in agraria non sappia che quel• llpo è Giosuè e che a suo tempo non fermò la luna ma il sole, questa volta è indubitabile; però, lo scrit- tare ha voluto far rile\'arc, per una raaione psicolo11ica che è rifle~sionc di poeuca, che il buttero, essendo un ignorante. rende cosi un'im– precisa orecchiatura biblica, caratterizzante la figura del buttero. Il che non aggiunge niente all'immagine del pro– taaonista, poiché l'immagine, con un tale procedimento, si ~tacca, per cosi dire, dal rac– conto, resta quasi un epi– sodio a sé, ma un fatto p1u \crbale che non configurati– \'O, assolutamente irrile,•ante nell'economia del racconto e per l'intuizione del buuero in quanto personaaa:io. Poi– ché, se la parola non ha , a– lare per sé, neanche l'imma· gine lo ha, essendo sempre in funzione del sen1imen10· cosi che se il fatto verbale ~ani– f~t"!- una tale estemità, ap– p1cc1cata dal di fuori, dimo– stra che non solo la parola ma anche l'immagine non e nata, col sentimento, da una necessità lirica, ma è sta– ta 1olta in1ellcttualis1icamen– tc dalla vita empirica come tranche de vie, Ed è questa la non poesia di oani verismo che è qui sulla sera di un or– mai scontato neorealismo. E con questa esiaenza stona l'altra, che è la vera voca– zione del Peverini, quella au– tenticamente lirica. Poiché. la tendenza all'immaaine pun- i~ua~~e~~:er:c~~l~~f: ;tf:S~~~ monia della qualità di una fantasia che spesso tenta l'au- 1onomia. Ma lo scrittore ne ha paura, teme di non essere abbastanza neorealista e al– lora la deforma, la empiriz· {continua a paa. 4)

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