la Fiera Letteraria - XV - n. 45 - 6 novembre 1960

Domenica 6 noveml:ire 1960 ~~ FIERA LETTER~RI~ CLASSICO ·E MODERNO, SILENZIOSO E PRESENTE * Il poeta Saint-John Perse Nobel per la letteratura Uno deì più grandi poe- ;ù c~~;~~o~=n~ol[~rsJop~ la morte di Fort avrebbe– ro voluto eleggerlo « Prin– ce des poètes »), certo il più dotato di registri, di toni, di aperture sul mon– do dello spirito e sugli eipetti della natura: Saint– John Perse, è un poeta quasi sconosciuto. Questo nome dice moltissimo a co– loro che ne conoscono bene l'opera. Dice poco e quelli che l'hanno appena letto o sentito nominare. E' vero ch'egli ha fatto ben poco affinché la sua personalità fosse nota nel senso e cui aspirano tanti letterati e, ciò che è peggio, tanti scrittori di versi. Egli si è affidato quasi esclusiva– mente alla sua poesia, che è senza dubbio una poesie. difficile, ma che, come ogni genere di poesie, viene ca– pita immediatamente non solo da chi ne ama il tono (con tutte le sue variazio– ni), le immagini, la qualità, i significati cosi alti, du– raturi ed impalpabili co– me )'arie che respiriamo, ma sarà capita e amata anche da chi, comprenden– done solo in parte assaj li· mitala il senso, la leggerà a voce alta, solo con se stesso o con esseri in sim– patia con lui. Si troverà costui a respirare in un elemento grande, in un do· minio vastissimo, palpitan– te di una vita piena di felici echi antichi ed at– tuali e colma di fausti pre– sagi. Il tono liturgico della poesia di Perse è quel1o di una stagione indefinibile dell'anima, partecipante dei momenti più elevati di una età senza tempo, innocente ed esperta, forte come la verità, sapiente come la saggezza. Un ricco carnet di testimonianze Non pretendiamo di dare ln poche parole la chiave della poesia di Perse, erede della grande • poesia pu– ra • di Francia, dei Simbo– listi e dei Surrealisti. La complessità della sua ope– ra è troppo vasta perché se ne possa scrivere in breve. Se oggi i più qualificati poeti d'ogni nazione si pro– ponessero di fare l'elogio del miglior poeta vivente, con molta proOObilità qua– si tutti tesserebbero quello di Perse, ciascuno illu– strando gli espetti svariati * di ROillEO LlJCCHESE della sue poliedrica perso· nalità, perché tutti i poeti contemporanei di ogni pae· se gli sono debitori di qualcosa di veramente es– senziale per la vita inte– riore, che è l'unico soste– gno per non morire di noia, di schifo, di orrore e di an– goscia nella fenomenologia proliferante di conati. di nonsensi, di speranze ·vel– leitarie, di prevedibili rovi– ne mescolate e insperate risalite, di quest'epoca. Infatti per Saint - John Perse hanno già testimo– niato tutta le loro ricono– scenza e devozione poeti e cri lici come Gide, Eliot, Fargue, Steiner, Cha'f, Su– pervielle, Guillen, Labeud, Jouve, Cleudel, Breton, Pi– con, de Renéville, Beguin, Ungaretti, Devlin, Zala– mea, Caillos, Mec Leih, Spender, Poggioli, L.-M. Raymond, Kemp, de Rou– gemont, Tate. (Confrontate il quaderno curato da Jean Paulhan: Les cohiers de la Pléiade, estate-e.utunno del '950, Ge.llimard, Parigi). Ciascuno di loro he trovato in lui qualche particolare valore umano oltre elle qualità prettamente lette– rarie. Ad esempio, la capa- cità di dare il senso j:,~ci– so delle linfa che fa pal– pitare di armonil!, le pian– te, le pietre, le acque, i · venti, le terre, i mari. Nes· suno sa ricreare quanto Perse il senso della civiltà arcaica e raffinata a un tempo, di una civiltà lon· tana de ogni freddo acca– demismo e da ogni standar– dizzazione. Nessuno sa am– mirare ed elogiare quan– to lui il regno sublime del– l'Infanzia, le caratteristiche stupende e avvincenli'della nobiltà atavica. Nessuno sa cantare come lui la digni– tà dell'uomo, dell'individuo L'ultimo canto di Chroniques • • . (.j. RAND àge, nous voici - et nos pas d'hommes vera l'issue. C'est assez d'engranger, il est temps d'éventer et d'honorer notre aire. Demain, les grands orages .ma-rauòeurs, et l'éclair au travail.,. Le caducée du ciel descend marquer la terre de son chiffre. L'alliance est fondée. • Ah ! qu'une élite aussi se lève, de très grands arbres sur la terre, comme tribu de grandes- 'ames et qui nous tiennent en \eur conseil._ Et la séovérité du soir descende, avec l'aveu de sa douceur, sur les chemins de pi erre brulan te édairés de lavande ... Frémissement alors, à la 'plus haute tige engluée d'ambre, de la plus haute feuille mi-déliée sur son onglet d'ivoire. Et nos actes s'éloignent dans leurs vergers d'éclairs ... A d'autres d'édifier, parmi les schistes et les laves. A d 1 autr1s de lever les marbres à la ville. Pour nous chante déjà plus hautaine aventure. Route fray~ de main nouvelle, et feux portés de cime en cime ... Et ce ne sont poi'nt li chansons de toi!e• pour gynécée, ni chan• ,sons de veillée, dites chansons de Reine de Hongriel pour iétréner, le mais rouge au fil rouillé des vìeilles, rapières de d'ainille, Mais chant plus .grave, et d'autre glaive, comme <ehant 1d'honneur et de grand- 3.ge, et ,chant du Maitre. seul au soir .. ,à se· lfrayer aa. 1rouie devant; l'atre .. r ..:. fierte de l'àme .devant l'àme èt fierté d'ame grandissante danll .Jl':pée grande et bleue. Et nos pensées déjà se lèvent 11lansla "1Uit comme, ~ • ., lhcmmHl •de grande ~ente, av!lJlt ,e jour, qui ,marchent au ciel, rouge, iportant '11eur selle sur l'épaule gauche. Voici !es !ieux que nous iaissons. L~s fruits du sol sont sous tilOS murs, !es eaux du ciel dans nos citernes, et les grandes ,meules 1 de poi phyre reposent sur le sable. L'offrande, O nuit, où la porter ? et la louange, la fier ?..• 1Noui. -élevons à bout de bras, sur le plat de nos m"ains, camme couvée d'ailes 1n~issantes, ce cceur enténébré de l'homme où fut Pavide, et fut ,l'ardent, et tant d'amour irrévélé... · Ecoute, O nuit, dans !es préaux ciéserts et sous les arches solita,i.. res, parmi les ruines saintu ~t l'émiettement dés vieilles termìtìèrtS) ile grand pas souverain de rame &ans tanière, Cornme aux salles de bro·ut où ròdf"·~ì .. un fauve. C.omme aux dalle, ,de bronze où ròderait un ~a"ve. Riprodur.ione di una pagina dJ Per.se tratl'a dall'ultimo numero di • Arta a sensibile e ricettivo in mez– zo a una società anchilo– sata, avariata nello spiri– to, annichilita da abitudi– ni meschine. E gli spetta– coli della neture nelle sue sfumature più delicate e nelle !urie più occulte e spaventose. E il segreto delle cose di lungo uso, na· te da profonde necessità, con scopi precisi; degli og– getti tecnici più rerj (og– getti di equitazione, di na– vigazione; quegli oggetti che sono entrati via via· nella sua vita di grande studioso, di botanico, di viaggiatore, di navigatore). Ogni poesia di Perse è un dono prezioso, elabora– to, carico di sapori, odori, colori, significati, analogie, richiami, presenze, assen– ze della vita; frutto d'un lavoro approfondito dello spirito di fronte alle vi– cende umane, e storiche e geologiche; armonia dello alto momento fuggitivo col senso dell'eterno. Ecco per– ché in ogni suo verso echeggia un suono di mi– racolo, di in.i.spettato o di cose note, sì, ma nel più fondo dell'animo bramata. La poesia della solitudine Perse è in ogni sua composizione un elargitore di ricchezze interiori, di paesaggi nuovi. Egli ci do· na parole che paiono neo– logismi e che invece stan– no nella quasi totelità nel Petit Larousse: diamanti purissimi delle miniere del lessico. A tanti paiono pa– role astruse. Sono invece parole logiche, legate tra loro in armonia poetica dalle ampie ellissi che ab– brevisno il oammino della mente e dànno in un bale– no le percezioni essenziall delle cose, dei fatti, del volti, degli atteggiamenti. E' questa una grande con– solazione per il lettore: si riconosce fanciullo, esplo– ratore, sapiente degustato– re dei non rari aspetti fe– lici del vivere terreno a contatto con i grendi mlra– colì della natura, protago– niste di drammi umani pur se prigioniero di tristi le– gami. Quante strade apre nel regno dello spirito il moto della poesia di Perse, am· pia dl respiro, ricca di fer– menti e ricolme di argo– menti, enciclopedica in une parole, Le corrispondenzee le analogie vi sono infinite e il suo dinemismo non te– me stesi. E' una poesia che affronta forme e contenuti ardui con la forza di chi conosce a fondo la mate– ria che tratte. Può sem– bMre numerosa, quantita– tiva, ripetuta. E' varia in· vece come la musica di Bach, su motivi che diffe– renziano di poco, ma pro– !ondamentc. Anzi risulta concisa, se si pensa e1 temi che tretta: Anabase, Exil, Pluies, Neiges, Vents, Amers, Chronique. (Perse mi ha confidato che spesso ciascuno dei poemetti suoi, come appaiono pubblicati, sono un terzo delle loro pri– me stesure. Così, ad esem– pio, Amers che Peulhan voleva far apparire sulle N. R. F. nella prima stesura integrale). Naturalmente, una simi– le poesia dove ogni parola è carica di un significato e contemporaneemente ne desta diversi altri - come ogni cosa e persona (ciò che j Cubisti e gli Astrat– tisti hanno capito e tentato di ricreare in erte) - ogni parola finisce ad avere aspetti polivalenti. Ma è un male questo o è piutto– sto un bene? Cosi i poemi di Perse sono iinmensi di· pinli alla Tintoretto dove tutto un vesto mondo e una lunga storia scorrono tra zone d'ombra e accenti di luce e cose, oggetti, ani– mali rari. Un mondo pron– to sempre a sparire e e ri– nascere fra il tutto ed U nulla. Un mondo dove so!· fia di continuo il panta. rei di Eraclito, che è l'essenza della vita. La novità e la umanità di Perse stanno in ciò. E una nuda, laica religiosità di fronte al Dio senza volto, presente in ogni cosa del creato, vici· ne o lontane, è il lievito della sua poesia. La sua metafisica assoluta è Il cento del veggente, del fan– ciullo, del savio, che par- L'OPERA V.lNGJl.'.I'll,UCE DEL PHJH:~1ll!O Nfi.POLI PER JLfl SlJ.GG.llSTICfl * Jfittorio Lugli e la ''clarté,, In uno dei capitoli della Ripresa, che formano la se– conda parte dell'elegiaca sua raccolta li posto nel mondo (Buratti, Torino, 1930; Bom– piani, Milano, 1947), Vittorio Lugli, lasciandosi anche lui attrarre dalla questione del rapporto, in campo lettera– rio, tra i ., gio\!ani • e gli •anziani•• dichiarò di rite– nere che: • per quanto fonna il Loro dominio - i modi più recenti del pensiero e dell'arte, la nuova poesia - i gio\!ani non chiedono il nostro lume, non han biso– gno della nostra guida o ini– ziazione. Se mai presumono, e non a torto, di poter aiu– tare noi a capire. Cosl ap– punto. Cercano magari la no– stra opinione, curiosi e so– spesi. non per regolare il proprio giudizio, anzi per giudicare noi, la nostra ca– pacità a seguirli nella "i~ tutta aperta e lunga davanu a loro. Possono anche com– piacersi del nostro consenso, valersene come di un':lUto– rità, ma veramenlc non ne hanno bisogno. Certo non pensano che la nostra giu– stizia ci sia costata qualche sforzo, non credono di dover– ne compiere uno eguale per comprendere noi e le nostre cose, che sono le più ,,ecchie, perché di ieri •· sa~'bt~b~~~avf:ro~~tu~~i r:~ plkare, senza ombra di jat– tanza, che molti di quei co– siddetti gio\!ani a quella guida e a quella iniziazione ave\fano, il più delle ,·alte, dovuto rinunciare con rincre– scimento, perché inesistenti o inefficienti. e non ci si erano rassegnati che dopo avere sperimentato l'inanità dei reiterati tentativi di ac– a,5tamenio. A che pro insi- stere? E come regolare il proprio giudizio sopra una opinione reputata inidonea e ingiusta? Un riconoscimento sarebbe stato avallo effica– cissimo. Un incoraggiamento non sareboc risultalo ,,ano. Ma che cosa ottennero? 'é d'altronde riuscivano a per– suadersi d'aver fino a tal punto demeritato. I giovani... Era da decenni che lamenta– vano l'incomprensione o l'av– versione degli anziani. E i gio, 1 ani di ieri sono gli adulti di oggi. Ma oggi le cose son cambiate, in meglio, con re– ciproco vantaggio. In realtà sarebbe stato ~iu– sto distinguere che il dissidio non era tanto tra l'una e l'altra età bensl tra l'una e l'altra mentalità, pur ammet– tendo che ai giovani risulta più facile comprendere gli anziani, di quanto non rie– sca agli anziani il compren– dere i giovani. E come tra i giovani, in certi casi di dissenso, possono trovarsi schierati anche uomini di cinquanta o sessant'anni, cosi tra gli anziani può tro,•arsi a militare qualche giovane ma già accademico, già re– trivo. Di fronte a certe ma– nifestazioni dì ostilità o di sordità, non lesinate, fino a ieri, verso la letteratura con– temporanea, quale • giusti– zia a avrebbe'° mai dovuto, i gio"ani, sforzarsi di ugua– gliare? Dal dissenso all'ironia, alla negazione, al diJeggio, la strada era sempre la stessa: e a percorrerla erano di -s,re– ferenza gli anziani. Dispetto, in\!idia difesa dt!gli an1iani • verso' quelli che vengono dietro• e sospingono, solle– ci1ano? Urgenza dei ~io\!ani nel • rifa.re • per propnc con– to tutte le tappe, tutte le esçerienze? Ma l'invito ngli * di ENRICO FALQUI uni perché accogliessero co– me • \!Ì\•o e operoso• un più ampio periodo del passato, non sarebbe dovuto valere anche per gli altri affinché ing1andissero e prolungassero il loro presente? Senza sna– turarsi, s'intende; senza ri– nunziare, consentendo o dis– sentendo, alle ragioni della propria generazione. Ma sl... Dieci anni fa, il 16 aprile 1950, Pietro Pan– crazi, a proposito del com– mento apposto alle riprodu– zioni di quadri della Pittura italiana del Rinascimento in un lussuoso calendario della ::ha S~r~bl~~~ dci 1 s~r~~~~~ viri più stizziti e saputi con– tro • l'infimo impiego di uno stile critico che con altra coerenza, in ben altre mani, può aver fatto e fece belle e utili prove•· Sal"o errore, il riferimento poteva essere ricollegato, co– me esempio idoneo, più allo stile della critica artistica di un Roberto Longhi che non di un Adolfo Venturi. E per quanto al Pancrazi non sfug– gisse che quelli da lui bia– simati erano • soltanto gli echi, i lacerti, i relitti • di uno stile tutt'altro che spre– gevole ed anzi encomiabile, nel ritrovarselo sotto gli oc- ~~tttn~~ttdat \J:1~ft~~rJo 0 7>e:! simo. E dall'esempio art1sti- ri~. P;:!~fi~~~eJ~mt,;~~i~e1;t provazione ogni frase e ogni giudizio che di primo acchito non gli risultassero chiari e pacifici. Innegabilmente il momen– taneo prevalere d'un certo sofisticato e pretenzioso an– dazzo critico era. alloriil ba- stante a far quasi giustificare, anche in un tipo come Pan– crazi, una simile pre\!enuta awersione. E, fallo forte dal– l'applauso che sempre si ri– scuote quando si manifestano dissensi e rimproveri del ge– nere, Pancrazi profetizzò che, tra tutti gli stm sperimen– tati, quello sarebbe stato • il più duro a morire: è troppo facile, è tanto comodo. Forse siamo appena al principio•: e forse a\!rebbe durato fino a darci modo di ritrovarlo utilizzato • nelle insegne delle botteghe, nelle liste delle vi– vande, nelle etichette delle botliglie, nei biglietti del tram, nelle ricette del me– dico• e magari sulle nostre stesse pietre tombali. Ma Pancrazi, tutto preso neUa polemica contro quel dolce stil nuo\!o, non a\!eva messo in conto l'effetto di reagente e il "alore di cor• rettivo che la guerra, con la sua ro,•inosa sorte, non avrebbe mancato di palesare e di imporre anche nel set– tore leuerario, determinando mutamenti e rivolgimenti di pensiero e di gusto e orien– tandoli in una direzione me– no fumosa, una \!Olta rimosso l'intrillcio di tanti enigmi e superato il nebbione di tante allusioni. Eppure nel 'SO qualche cambiamento era già in atto, qualche differenza di slile era già riscontrabile. E non in peggio. Altrimenti, co– me si spiegherebbe che, a meno di dieci anni di di– stanza, un altro crilico aman– te della chiarezza e della semplicità, ma non fino al punto da di\!enirnc schia\!O e neppur propugnatore ad ogni costo: come si spiegherebbe, domandiamo, il fatto che un Vittorio Lugli, saggista tra i più sottili nel campo della critica letteraria francese, si sente in dov.!re di confessare che la sua odierna disposi– zione contro ogni atteggia– mento ermetico o decadente è mutata, ed è mutata nel senso di • una minore insof– ferenza•? Con il passare degli anni, il proseguire degli studi e l'aumento delle esperienze, anche al Lugli, come al suo collega e coetaneo Emile Henriot, • principe dei cor– rieris1i letterari di Francia •· è successo di non potersi sottrarre a • un più acuto bisogno di essere giusto•• nel timore di irrigidirsi in una .. intransigenza conset'\!a– trice • e di negarsi alla com– prensione di scrittori e di artisti ben degni in\!ecc di essere studiati e apprezzati. Deliberatamente, infatti. con i delicati fili di tanto insolita confessione. il Lugli ha intes– suto lo scritto introduttivo della sua nuo"a egregia rac– colta saggistica: Bovary ita– liane, apparsa di recente nel– la collana Aretusa (Sciascia, Caltanisseua) e proprio l'al– tro giorno premiata a Napoli in una gara di saggistica. Ed è istruttivo consta1are. come ciò abbia indotto il Lugli a mettersi il problema della clarté in termini di as– soluta franchezza: a u tor i • insoliti, oscuri, di cui ab– biamo diffidato tanti anni fa, ora o sono dimenticati, can– cellati dal tempo, o vivono ancora nell'opera, sempre di– scussa magari, e {)erò dob– biamo rifare i conu con que– sti ultimi, ché potremmo averli sbagliati •· Né il significato della con– fessione risulta diminuito dalla circostanza che il Lugli non manifestò mai un iiu– dizio negativo sull'arte e sul– la poesia cosiddetta ermetica e quando non capl preJerl tacere, senza irridere e sen- i:r r.:~a~~it~~t1~n~uJ::rsdet~ la clarté. Le lodi elargite ai critici retrogradi e reazionari non sono mai state di sua spettanza e se gli è capilato di essere elogiato come • semplice e perspicuo• è, s\. stato perché ad essere e a dimostrarsi tale lo ha natu– ralmente portato la sua in– dole, ma anche perch6 si è ritrovato • già un po' fuori tempo all'inizio, già stagio– nato•• meritando di conse– guenza il riconoscimento di un carattere, che oggi s'ac– corda con la sua età. D'altronde, da • ~uclla che han chiamato la pahnodla del principe dei critici difficili•• quale è appunto • la franca confe!"!sione,o sconfessione•· operata da Carlo Bo nei suoi • discorsi della Stampa •• non può non trarre motivo di soddisfazione per la confer– ma che ne deriva alla giu– s1ezza d'indirizzo di tulio un equilibrato lavorio critico cui da anni ,•iene recando il pro– prio contributo con fermezza di giudizio pari alla finezza. Il rifiuto e l'abbandono quasi generale del • dilettan– tismo ermetico •• il supera– mento di quello che altri, ~!~si9!~an~gg1 ~~~e lib;~r\ momento d'ineffabile narcisi– smo nella storia della criti– ca•• autorizzano il Lugli a sperare che l'esercizio della critica letteraria. avvalendosi di uno • spirito maturato nella battaglia morale e ci– vile•· sia proseguito • con più sicura coscienza •· St. John Perse nel suo studio a Washington lano in coro e a turno in– vasi dall'empito della poe– sie, che è sempre, sotto ogn1 velame, apparenza o immagine, una· grande an· sia d'armonia col divino. La poesie di Perse è la poesia della solitudine nelle grandez.ze morale. Mai astratta, essa si affi- da all'universo delle paro– le che concretizzano in im– magini i pensieri, le idee, i sentimenti, gli stati d'ani– mo: m0teriale antico mal scaduto e materiale nuovo non deperibile perché ri· spondente e necessità inte– riori. Perse non è d'accordo col Inedito da J!en/ts II ... Più lungi, più in alto, ove vanno gli uomini sottili sulla loro sella; più lungi, più in alto, ove stanno le bocche sottili, a labbra chiuse. La faccia all'Ovest per gran tempo. In un altissimo tumulto di terre in marcia verso Ovest In uno spiegarsi infinito di altipiani immobili: E non si può più, alle nostre spalle, nell'oc– chio occulto che ci segue, veder salire l'alta ancona del mare come il gran Muro di pietra dei Tragici. E c'era quell'anno, alle vostre porte di corno, tutto quell'odore pungente di bestie grevi, a muso basso, sulle divinazioni erranti della terra e il rumore crescente delle conche sotterranee. L'Inverno crespo come Caino, creando parole cli ferro, regna sulle distese blu vestite di scaglie immortali. E la terra all'apogeo, portando tributo di Stati nuovi, raduna, di area in area, i suoi grandi quartieri di bronzo verde dove si iscrivono le nostre leggi. E da quella parte c'è il Vento! .., Erri alle pure lontananze brinate dalla polvere dello spirito; Ognid9ve l'albero Juniper aguzza la sua fiam– ma di sale nero, ognidove l'uomo senza misura pensa ad alzare pietra nuova; In luoghi cosparsi di lance e di spole d'osso, in luoghi cosparsi di resti di zoccoli e di avan• zi d'ali; Fino alle alte scogliere di querce e di aceri, custodite dai cavalli cli frisia degli abeti morti, Fino alle grevi barriere congelate, dove l'An– no che passa, l'altro autunno, teneva ancora sì alta scuola di declamazione; Sugli spalti e sulle rampe e su ogni grande versante offerto al vento che passa come un apparato di lance in resta, Su tutto questo ergersi di ferro contro le cavallerie del suolo e questo bando cli forze ur– lanti l'adunata, su tutta codesta grande cronaca d'armi da quella parte E queste grandi prose invernali, che sono per le .lane del Vecchio Mondo l'equipaggio per la caccia al lupo del Nuovo Mondo ... Grandi opere a cottimo, grancli opere con fatica si compongono negli antri dell'Anno nuovo? E l'Inverno sotto la tettoia si crea la sua chiave di grazia? e ... Inverno villoso come un bisonte, Inverno aggrinzito come il muschio di crine bianco 1 Inverno dai pozzi d'arsenico rosso, con le tasche d'olio e di bitume, Inverno odorante di skunk e di càrabo e del fumo di legno di càrya, Inverno dai prismi e cristalli ai crocicchi di diamante nero, Inverno senza tirsi né fiaccole, inverno senza rose né piscine, Inverno! Inverno! i tuoi frutti di cedro come cli vecchio ferro! i tuoi frutti cli pietra! i tuoi insetti di rame! Tanti vermi bianchi d'onice, e unghie forti; e tamburi di corno in cui vive la piovra del sapere, Inverno senza carne e senza mucosa, per chi sente che ogni freschezza è nel corpo della donna ... ». Per gentile concessione dell'Editore Led.ci presso cui è in corso di pubblicazione il I volume delle • Poesie complet~ • di Saint-John Perse nella traduzione di ROMEO LUCCHESE. Paii;. 3 senso d'angoscia che muo– ve troppa letterature con– temporanea. Ha un senti· mento profondo di speran– za nelle qualità più pure dell'uomo, quelle che, de– rivando dalle fonti dello spirito. vanno oltre ogni evoluzione della scienza. Egli vede non la distruzio– ne de] mondo, ma la tra– sformazione e l'empliamen– to dell'universo umano . Misterioso Perse, eppure cosl chiaro, se eppena uno coltiva qualcosa di spiri– tuale in sé, se appena uno ama e osserva con atten– zione e sa nominare con precisione - con tutto U senso che hanno - le crea– ture della natura e le creQ– zioni dell'Ingegno umano nel caleidoscopio della sto– ria e della vita. Interrogato di recente in un referendum sul perché egli scrive, Perse he rispo– sto: e Per vivere meglio •· Ed é vero, perché quando il poeta scrive si libera dl ogni male, palpita di una vita più e.lta, più luminosa, ed emana attrave~o le sue parole uno stato di .felicità. ROMEO LUCCHESE Sul Nobel (Contlnua~a pag. 1) lismo. gli odi. e le invidie na– zionali si scatenano. La scelta di Saint-John Perse ha evitato le bagarres, per quest'anno. e forse l ve– nuta opportuna. utile anch.e a Quasimodo. seppure Perse sin quasi il suo opposto. ari– .s~ocratico .solitario. domici• hato. su u11'Uolo di poe!lio. tropicale non registrata 11u nessuna corta, contro ta pre– senza umano prima ancora che artistico. la carica pole– ffl.icO:. la t-errestrità sia pure rarefatta det poeta .siciliano. * Perse in questo momento sionifl.ca la Francia che non crede in De Gaulle e nello .su~ polit.ica, la Francia ge– nuinamente repubblicana che ha &celta l'e:iilio volontario nel nuovo mondo: il ricono– scimento svedese ~ dunque .simbolico, ai di id del valore tor.se di Perse poeta, ed e– stremamente attuale nel .suo significato. Ma .seandiamo a vedere in fondo. rAccademia più con– s~rvatrice Cl apparird quasi. rivoluzionaria sempre con e– strema dignitd ed eleganza Infatti: Pa.nernak slmboleg: giò tra.sparentemente la libe– ra Ru.ssla. irreduciblle: Qua– simodo rappresentò, l'anno scor.so. l'Italia non uQic,ale; almeno per l'Accademia, ma non .soltanto; ogigi Per.se è la .. Francia non ufficiale, e.s1hata. Questa Accademia eh.e vogliono o vorrebbero i~durre al rango di muni– Jic~ ~largitrlce di lauri. uf– fictah, dimostra allo attento osservatore di voler es.sere una accona distributrice di. ricono.sci'menti simbolici, allu– siv! ~ei casi più. pacifici, e vahdt per chi cerchi, nell'ar– te, la vita farnia e segreta del tempo. E Que.sto vale anche .se Per• se debba e.s.sere considerato il poeta per antonoma.sia di una concezione della poesia, d'una civiltd, d'uno .stile di vi– ta lontani atmeno due gene• ;f:!on;,,:a~l:gg~::a, c~!ù a~:; t'ealtd. Tant'è vero eh.e pochi io cono.scono, parttamo ora dell'Itaha, e i giornali anche più seri se la Sono cavata con poche magre considera– rev~li.. ma sempre poche ec• cez1om. Per.se è per molti un Nome, e quasi un Nume ma nullo più. ' L'Accademia ha con tul premiato il pas.sato, nel pun– to fn cui deve essere ricor– dato per contra.sto col pre.sen~ te, con gli effetti .simbohci e ammonitori ché ne po.ssono .scaturire, soprattutto per la Francia, ma non .solo per essa. PIETRO CIMATTl

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