la Fiera Letteraria - XV - n. 31 - 31 luglio 1960

Domenica 31 luglio 1960 PICCOLA ANTOLOGIA * Go·ethe Nel comporre questa rnccoha breve di poesie. del Goethe che accanto a liriche gid note altre ne allinea relativamente me– no conosciute, ci siamo la.,ciati guidare da una predilezione particolare per H discorso dimesso, segnato quagi da motiva– zioni occasionali ove tut– tavia su le eleganze set– tecentesche. le reminiscen– ze e i moduli di. poesia ellenistica, tende a pre– valere quel carattere gno. mico che sembra cosi con– naturale al grande di \Vetmor. Pen.sando all'epoca no– stra. gelosa dell'integritd dell'uomo sin quasi a giu– stificarne ali eccessi ed i peccati suoi pitì gravi. pronta a rifiutare come frutto d'una mentalità sor– passata ogni invito alla .sintesi e alla classica mi– sura. ci C sembrato essere l'accostamento al Goethe rìcco di suggerimenti e la nostra lettura non del tttL ro privata. Poiché l'autore del « Faust)> e del « Ta.s– so 1, e ben lungi dall'essere il « poeta olimpico>> che alcune sue opere meno riu– scite e diffusi luoghi co– muni vorrebbero lasciarci credere: egli fu uomo tor– mentatissimo, animato si– no aWuliim.o. in qiiella sua vita di studio e di conti– nuo sperimentare. da una ansia di superamento che accomuna ad un mondo di sofferte passioni le sue pitì armoniose conquiste e fa, in questa totale unitd della esperienza. del linguaggio metaforico della poesia il mezzo insostituibile ad esprimere la sua filosofia. GIANCARLO SCORZA Da una lette,·a Gli dei, infiniti, tutto compiutamente concedono ai loro diletti: le gioie tutte, intiero il cordoglio, gli dei infiniti. Ca,1to nottur110 delvia11da11te Su ogni vetta è quiete, avverti appena un alito su le cime degli alberi. Nel bosco tacciono gli uccelli. Presto riposerai anche tu. Pe,· se11•p1•e Quanto l'uomo nei suoi limiti terreni immagina di suprema felicità e chiama con nomi divini: L'armonia della fedeltà senza incertezze, dell'amicizia libera da ogni dubbio- La luce che induce i saggi a pensieri solitari e i poeti solo a vaghi simulacri - Tutto questo nell'ore mie migliori avevo scoperto e trovato per me in lei. Canto copto Va! Segui il mio cenno, gli anni tuoi più giovani poni a profitto e la prudenza apprendi per tempo. Sulla gran libra della benevola fortuna di rado indugia il segno: salire e scendere devi, prevalere ed acquistare ·o sottostare e perdere, subire o dominare essere incude o martello. TaUsnianr, Due sono i doni mentre tu respiri: il trarre l'aria e liberarsi di lei. Quello preme, sgrava questo; in tal modo è la vita intessuta mirabilmente. Rendi grazia all'Eterno quando ti opprime, ringrazialo allorché ti allevia. Ebb1•0 Ognun dev'esser ebbro! Ebrietà senza vino è giovinezza; per ritornare al tempo giovanile beve il vegliardo, tanto è questa virtù mirabile. A fornir le cure s'adopra amabile la vita, ma a fugarle v'è la vite. Son le parole Son le parole immagine dell'anima - Non una immagine, un'ombra! Esprimono concise, accennano amabili ciò che abbiamo, quanto avevamo. Dov'è quel che avevamo e cosa è mai quel che abbiamo? Nel parlare ghermiamo noi ora rapidi in fuga i beni della vita. Tutte le 11ostre Tutte le nostre più nobili fatiche solo nel momento più segreto si compiono. Come potrebbe fiorire la rosa se la grandiosità del sole intendesse! Dal 11mfre ebbi Ebbi dal padre la figura, il serio contegno del1a vita, dalla madre l'indole lieta e il gusto di favoleggiare. Onorava l'avo le più belle e lo si scorge di tanto in tanto; òro e gioielli amava la nonna, nelle membra questo talvolta s 1 insinua. Se gli elementi dall'insieme non son da separare, cosa può dirsi originale nel pov'eruomo? Disgiu11ye1•e 1101&posso Disgiungere non posso la vita, né quella intima né 1'esteriore 1 a tutti debbo l'intero donare, con voi a me stesso per essere :n armonia. Come sento e intendo ho scritto, così, miei cari, mi divido e sempre son quell'uno. (Trai di Giancarlo Scorza) L~ FIER~ LETTERARI~ Omaggio a Su pervie li e * di !UARIA. LUISA. BELLELI E' uno di quei poeti Supervielle che meglio si conoscono e si amano in– cominciando col coglierli in fallo. La predilezione per i giochi della fanta– sia, una certa intemperan– za verbale, la tendenza a trovar rifugio nella rima. sia che ne risulti una so– luzione di facilità con una improvvisa caduta nel par– lato, sia che ne nasca qual– che trovata W1 po' bislac– ca, son di.(elti appariscenti che si rilevano ad apertu– ra di libro. Supervielle ha potuto immaginare la sto– ria di un giovane che si tramuta in cavallo. per ri– prendere dopo varie vicen– de sembianze umane, e fame un divertissement, certo piacevole. ma fine a se stesso (Le conseguenze di una corsa: lo spettocolo fu montato da Jean-Louis Barrault, che contribui col suo brio ad assicurare il successo sulle scene pari– gine). Ha potuto abbando– narsi a bisticci come que– sti: ... où le siLence d son silence - secrètement se fiance ...; La Terre, terre-à- terre ...; Sans C?tre SU.r,pour sUr, d'avoir raison ... Gli è accaduto anche di conclu– dere una lirica con queste sbrigative parole: Pardon– nez-m.oi, je ne sai.s où j'en su.is - mais ;e su.is fier de ce nouveau soud. Quale sia il momento esatto in cui, a contrap– punto di una disinvolta si– curezza si profila l'inquie– tudine, quale sia lo spazio fra due esercizi di bravu– ra in cui s'incunea la gra– vità, è imprevedibile .(in– ché non ce ne avverta quel suono d'oro puro con cui la poesia ci attesta la sua presenza. Ma, appena udi– to quel suono. ci rendiamo conto che l'aspettavamo. che un segreto tremore ce ne aveva avvertito in an– ticipo. U mondo di Supervielle è come il cielo da lui de– scritto, che vacilla e a for– za d'esser stellato > e che e si vuoterà di stelle come d'ali>. E' un sintomo che questa espressione < a for– za di > ritorni più d'una volta nella sua poesia ed abbia sempre, con intima contraddizione, valore ne– gativo, come là dove si di– ce che nel ricordo gli og– getti formano e deformano la vita < a forza di nascon– dere le loro vere norme>. A questa sete d'irreale si connette l'uso grandissimo che il poeta fa della pa– rola senza: ecco un villag– gio senza st-rade né cam– pa.nile, senza. bandiCTa né panni stesi ad asciuga-re, ecco la terra. quale sarà un gio'mo. simile ad una statua senza braccia né gambe né testa, ecco un universo senza oceani né fiumi. E si veda come nel– la poesia Cuore il paesag– gio della memoria affettiva sia definito per assenze. Nel gran pullulare di cose è compreso il loro sparire. o il rimanerpe a testimonianza una fanto– matica ma intensa presen– za. come quella dell·erba che visse suUa terra e si ostina ancora a crescere. Di qui il senso del mira– colo. La lirica Far posto ci mostra l'eclissarsi mo– mentaneo dell'uomo come necessario alle grandi av– venture del cosmo: Spari.– sci per un attimo, fa posto al paesaggio. - Sard bel– lo il giardino come avanti il diluvio. - Senza uomi– ni il cacto ritorna vegeta– le. Anche più felicemente la lirica Movimento ac– centra un prodigio intorno al gesto improvvisb d'un cavallo. Come s'è già vi– sto da queste note. iJ ca– vallo ha un posto d'elezio– ne nel ricchissimo e bestia– rio> di Supervielle: fra le immagini che lo definisco– no la più estrosa è certo questa: un vento che ni– trisce. Ma non dimentiche– remo la giraffa che lam– bisce te stelle e l'elefante. leagero di proboscide, che finisce col trasformarsi in farfalla per il desiderio di battere le ali, e il furetto tramutato nel legno deUo albero su cui s'arrampica. che si volge a .guardare un cuore chiuso nelle foglie. Prodigi e metamorfosi dunque (Ciascuno ha in sé - di che divenire un al– tro ...) e un animarsi della natura in un modo che è particolare a Supervielle. Non è natura scossa e tra– \'Olta dalla grande ondata romantica, né immobill.zzo– ta in un simbolismo si– stematico. Pur nell'inevi– tabile confronto con l'uo– mo (si veda La casa cir– condata), è natura per sè vivente come nelle miglio– ri favole. spiata con levità. c0n malizia. con improv– visa tenerezza. Questa parola è venuta finalmente per aiutarci a definire il poeta. Un'uma– nissima tenerezza traspare NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE hllcs Supervtdle era nato a Afomevideo (come La/argue e U/.l1trblmont) nd /884, da padre fraucese e madre basca. Aveva otto me.si q11ando i genitori lo porta– rono in Francia; essi moriro,io, quello stesso anno, per aver bevu– to acqua infetta. Nel 1886 uno zio lo ricondusse nell'America del S11d, dove il fut11ro poeta visse im'in– fantia libera e felice. Tornato rn Fra11da a dieci anni, iniziò gli studi secondari In un noto liceo parigino, li prosegui e Ii completò poi con una " licoi:.a in lettere •· Sposò nel /901 Pilar Saavedra., ori– ginaria. arn:h'essa di Montevideo, e ne ebbe sette figli. Visse a. Pa– riti, facendosi conoscue a. poco a. poco per la. sua opera lettuaria.. Si recava però spesso in Umguay~ dove DVe\'G. forti interessi finan– ziari. U., nd 1939, lo sorprese la. guerra. Nel 1946 la. banca Super– vielU era fallita.. Il poeta f11 110- mìnato addetto cid111raleonorario ddl'Urugruzy in Fra.nCUZ. Visse or– mai a. Parigi, circondato di una fama discreta ma sicura, Ebt>e il • PTU du Crltìquu • nd 1949 e il • Grand Prl'< de Uttérature • del– l'Accademfa di Francia. nel 19.55. Nel 1957 divise co11 Camilla Sba.r– baro il • PTemìo Jntenta:iona.le dl P~ia Erna-Taonnì11a. •· In :Segi,i- 10 a.Ila morte di Paul Fort, gli fu attribuito il titolo di • Principe del Poeti •• che il celebre creatore di ballate D\'n'a portato per tanli an– ni. Ciò era atlV.ettulO il 30 aprile di quest'anno. ll n maggio U poe– ta moriva. Ricordiamo: tra le raccolte di poesie: Gra,ita1ions (/925); Le Forçat lnnooent (19.30); Lc:s Amis inconnus (1934}; Poànes (1946}: Oublieuse Mémoirc (19'9); Le Corps traglquc (1959). Per la prosa r.arrativa: Le Vo– leur d'Enfants (19Z!J); Le Suni– vant (1928); L·Enfant dc la Hau- 1C Mcr (1931); L'Arche dc Noé (1938). Per il uarro: la Bcllc-au-Bois (19Jl); Bolivar (19J6); Roblnson (1949}; Shéhéruadc (1949}; Le Vo– leur d'Enfants (1949). dietro l'arabesco delle sue fantasiose creazioni e tem– pera quanto di arbitrarlo esse potrebbero contenere. Un'umanissima tenerezza C anche nel suo senso del divino. Il rapimento, Ja trascendenza non sono di questo poeta. Eppure non si può dire che egli cada in un panteismo vago e fumoso. n Dio che egli rappresenta dice di sè: Io che nessuno sguardo con– trolla... Io che son tutti i mondi insieme ... Io che so– no stle-nzio infinito ... ~ ma è un Dio che, prima di creare l'uomo. se lo figura con una gentile fretta di vederlo, e lo vuole a sè somigliante in un modo che risulterà imprevedibi– le, perché egli lo fermerà per antitesi ai suoi stessi attributi di perfezione (DLO pensa aU'u.om.o). Per anti– tesi e, si direbbe, per stan– chezza di tali attributi. Si fa sentire qui - e il tono volutamente dimesso non perde un attimo di effica– cia - rindistruttibile amo– re per la creatura imper– fetta che è nel c-.tore di Supervielle, per cui ciò che è irrimediabile inferiorità diventa il privilegio che ha tale creatura di sentirsi avvolta nella dolcezza del finito. Cosicchè Dio -parla all'essere non ancora mo– dellato dall'alto della sua grandezza. ma con un ac· cento di malinconia per la sua propria solitudine: Io che non solo nella mia favola - più che l'ac,netLo rim-0sto sul monte, - io che non mangio, i.o che non bevo, - voglio vederti. da– vanti a una tczvola - con una donna seduta di fronte. E con un certo struggi– mento doloroso, il sopran– naturale sarà meglio ama– to dal poeta nella tangibi– lità delta creazione: O Dio molto attenuato - dei. pezzi di legno e delle foglie, - Dio tanto piccolo e separato. - ti si calpesta, ti si cogLie ... E' questo l'inizio dì una poesia che porta come ti– tolo le parole del primo verso: vi passa il trasali– mento di chi sente l'eterno mescolato al mute,..--ole, lo immenso compreso in ogni frammento della vita.. La voce è amorevole, ma ve– lata di discrezione. Super– vielle non uscirà da que– sta regola - impennarsi del linguaggiò nei capricci della fantasia. modulazione in sordina per ciò che toc– ca il sentimento - nem– meno cantando la Francia e il suo dolore di esserle Jontano negli anni della guerra e dell'occupazione (Poesie per l.a Francia nel– la sven.tura). Non troverà gli accenti forti di un Eluard o di un Aragon, ma intimamente affettuo– so sarà lo slancio di certi attacchi: O Parigi, città aperta - così come una feri.ta ... (Parigi); Sia.mo lontani dentro noi stessi - con la Francia tra le braccia ... (1940). Umano e onestissimo poeta; in tempi in cui riu– scire oscuri poteva anche essere titolo di nobilità. ha scritto queste corag– giose parole: Personalmen– te sono un paco umiliato i\tARIA LUISA BELLEU (contlnu~ pag. 4) Un'Immagine glo\'an.lic di Supcr\'tcllc (Photo Roger-Violett) La casa circondata Esita il corpo della montagna al mio balcone: e Quando si è un monte, come si potrà dunque (entrare. quando non si è che altezza, con le rocce e i macigni, un pezzo della terra alterato dal cielo? a, li fogliame dei boschi circonda la mia oasa: e Possono i boschi dire anch'essi una parola? Questo nostro ramoso mondo, mondo selvoso, che farà nella stanza dove c'è un letto bianco, vicino al candeliere che erde dalla cime., e davanti a quel fiore col gambo in un blccbiere? Che farà per quell'uomo con il braccio piegato, per la mano che scrive sempre fra quattro mura? Domandiamo un pe.rere alle nostre radici: lui non ci ha visto, cerça nel fondo di se stesso alberi che capiscano il suo proprio Ungueggio a. E dice ancora il fiume: e Io non voglio saperne, per me solo fluisco e gli uomini li ignoro. Non sono mal là <love si crede di troVGnni e sempre nù oltrepasso per non restare indietro. Peggio per chi camnùna sorretto da due gambe, se ne va, poi ritorna ben presto sui suoi passi>. Ma mormora la stella: e Tremo appesa ad un filo, se più a me o·on si pensa, si spegne la mie vita a. (Da e Gli amici sconosciuti•) Movimento Volse il cave.ilo la testa a guardere e ·vide ciò che nessuno ha mai visto, poi si rimise a pascolare, quieto ell'ombra dell'eucalipto. Non era un albero, non era un uomo. nè una cavalla dal bel pelame, e nemmeno un ricordo di vento che persistesse sul fogliame. Era ciò che un altro cavallo, avendo a un tratto volto la testa, ventimila secoU prima vtde nell'ora uguale a questa. Ciò che nessuno può rivedere. uomo cavallo pesce insetto, fino a quando la ten-a non resta come il rudero d'une. statua senza braccia né .gambe né testa. (Da e Gra.vitazioni •) Il vento va dicendo Il vento va dicendo che vorrebbe aver forme perché lo si conosce anche quando sta muto: ape, vorrebbe entrare nel cuore di velluto d'una rosa e che un sogno soavemente ordinato non sia modificato. (Da e I pesci rosai •J Traduzione di Mari6 Luisa Belleli 1L TRAVAGLIO DI UNA GENERAZIONE * Simone de Beauvoir nella cultura francese Non deve essere stata pura e semplice coincidenza la contemporanea pubblicazione in Francia, qualche anno fa. della e Lélia a di Georgc Sand, romantiche confessioni di una figlia del secolo. e delle e Mémoires,. di Simo– ne Dc Beauvoir, ricordi esi– stenziali che o,ra l'editore Ei- dWi~e hitafl~_n\~toQ~~i ~t~ libri infatti si racchiude tutta la simbologia di una para– bola nella quale ogni uomo di cultura moderno potreb– be ritrovarsi, quella cioé che dal romanticismo ha condot– to all'esistenzialismo: se nel libro della Sand .intradu– cibile in termini di realtà contemporanea, son rintrac– ciabili i momenti iniziali di tutta una cuJtura proiettata– si poi fino ai nostri giorni. in un clima di sot1aciu1e confessioni, nelle e Memorie di una ragaz::za per bene a della De Beauvoir c'è invece l'aperta testimonianza, sen– za reticenze o sottintesi, di un intero arco di emancipa– zione umana, oltre che lette– raria, nella compiaciuta di– vulgazione di una denuncia che urge e brucia nel cuore. \ nef1ro~fJ'8~limo u~~°;g~;~~ 10 ad un contrasto dialetti– co, che si riduceva poi a co– munione sentimentale, tale da estraniarli dalla realtà umana, nell'attimo tipica– mente romantico della su- ~f~~~i~n~O~ d~W~~~'~;~: to; l'esistenzialismo. nell'in- :~\~a ~~~~o )~e~?a~~ riducendo l'amore stesso ad * di WALTER !IIAlJRO una presa di cosciem:a del– l'individuo di fronte alla vi– ta e alla società. Ebbene, nel– l'autobiografia-romanzo della De Beauvoir, sono lucida– mente percettibili appunto i momenti cruciali, nella sto– ria della cultura francese, e non solo di quella, del pro– gressivo affrancamento tra l'uomo e la donna e di am– bedue di fronte alla società. E' vero che già nelle sue ope- ~ic~r~!~~n;~~:ota wi~~ la storia ideale di una tale presa di coscienza, da e L'in– vitée • del 1943,al e Sang des autres a, a e Tous !es hom– rnes sont mortels a, a e I.es mandarins a ,il suo romanzo più compiuto, ai due grossi ,·olumi del e Deu.~éme se– ,::ea: ma in queste e Memo– rie a tutte le altre opere han– no la loro integrazione più costruita e completa, pciché qui risulta più che altrove percct tibile l'urto, la deter– minazione di tradurre in ter– mini intellettuali una storia e privata a, nella quale si identificano la crisi e il tra– vaglio di tutta una generazio– ne: e Nous décrirons du point de vue des femmes a, ha af– fennato programmaticamen– te la scrittrice, e le monde tel qu'il leur est proposé; et nous pourrons comprendre à quelles difficuJtés eUes se heurtent au moment où, es– sayant de s'evader de la spher qui leur a été iu– squ'à présent assignée, elles prétendent participer au mitsein humain •· Storia let– teraria, quindi, e umana: ma ~r-;~~if~ar,~r~esJi~~ sono narrate con bruciante penetrazione psicologica, con un appiglio sempre presente alla realtà di una formazio– ne intellettuale e morale. Dal mondo della sua infanzia, il mondo, lustro e ordinato in superficie, dell'alta borghe– sia francese conservatrice, e classe pri,;Jegiata a per na– turale investitura. Simone comincia lentamente a pro– iettarsi nel clima teso della adolescenza, e intravvede i pregiudizi meschini, l'avidi– tà, le ipocrisie, gli egoismi ben celati tra le pieghe di una società abituat·a a con– siderarsi come I'unica depo– sitaria del Vero e del Bene: e Non misi mai seriamente in dubbio l'autorità. Il compor– tamento degli adulti non mi ~~fl:ri~1~srntt~i a~~tl~~= l'equivoco della mia condi– zione infantile: era contro questa, in realtà, che mi ri– bclla,•o. Ma accettavo senza la minima riserva i dogmi e i valori che mi ,,enivano pro– posti. Le due categorie prin– cipali secondo le quali si or– dinava il mio unh·erso erano il Bene e il Male. Io abitavo la regione del Bene ,in cui regna,rano indissolubilmente unite la felicità e la virtù a. Comincia cosl la lotta inte– riore per liberarsi dai vincoli !~le~i~~:l~ ~iri:.f~:St! per tanti anni soggiogata, prende corpo insomma tutto un processo di affrancamen– to che si compie a pl"CD..O di dolorose lacerazioni, di frat– ture dello spirito, ma anche di una revisione sentimenta– le, di un ridimensionamento degli affetti che iniziatosi nell'età precoce, va a con– cludersi nelle ;rnle della Sor– bona e della Normale. E' la cultura bof$hese di Francia che improvv1samente si trova come aggredita dall'iote11i– gen7,a laica, aborrita come sentina di vizi intellettuali e morali, e dall'urto nasce la consape\'olezza della libera critica, del l'emancipazione dell'ingegno. Ormai adulta, Simone, nell'ultima parte del libro, narra dei suoi incon– tri con le più note figure della cultura francese d'oggi, Simone Weil, Raymond Aron, ~forleau-Ponty, Rogcr Vail– land, Politzer, fino all'evento decisivo, l'incontro con Sar– tre, che rappresenta il mo– mento di saldatura della e jeune fillc rangée a con la scrittrice: « Paragonando la sua generazione con quella che l'aveva preceduta, Sartre conclude"a: e Noi siamo più infelici, ma più simpatici •· Quest'ultima frase mi ave– va fatta ridere; ma parlan– done con lui intravvidi la ricchezza di quella ch'egli cbiama,,a la sua e teoria del– la contingenza a, e in cui si trova\'ano già in aenne le sue idee sull'essere. sull'esi– stenza, sulla necessità, sulla libertà. ti.i fu evidente che un giorno egli avrebbe scritto un'opera filosofica d'impor– tanza. Certo, non si facili– tava l'impresa, ché non ave– va alcuna intenzione di com– porre un trattato teorico secondo le regole tradizio– nali. Per lui la Contingenza non era una nozione astrat– ta ma una dimensione reale del mondo: bisognava utiliz– zare tutte te risorse dell'arte per rendere sensibile al cuo– re questa segreta debolena ch'egli scorveva nell'uomo e nelle cose. Il tentativo a quell'epoca era assai insoli– to; impossibile ispirarsi ad alcuna moda, ad alcun mo– dello. Tanto mi colpiva il pensiero di Sartre per la sua maturità ,tanto mi sconcer– ta\.-a la goffaggine dei saggi in cui l'esprimeva a, Ma pa– re che in questo brano, co– me nel magistero stesso di Sartre. siano riconoscibili tutte le contraddizioni di una cultura, quella francese, al– la quale tunavia va ricono– sciuto il grande merito di non aver mai, per il passato, rinunciato all'uomo. E non credo azzardato concludere ~tiniPfJ~~~ tef=. che naturalmente le favoriva, abbiano provocato quella tal fuia dal romanzo. quelle di– missioni dell'c uomo a, che caratterizzano certa narra– tiva d'o~gi. di Butor, di Robbe-Gnllet, della Sarrau– te, teorica dei " Tropismi a, WALTER ~t~URO (continua~ paa:, 5) Pa11:.3 Programmi scolastici odella contraddizio * Gli epigoni di una generazione eroica stanno sterminando i primirampollidella democrazia * cli l'LAIJIJIIRO CA,IOLI Non sanno più so1frire. Con questa frase, la gene– razione alla quale appar– tengo crede di poter bollare d'infamia 1 tigli e I nipoti. Nessuno dlce che essi non 60tfrano, che sarebbe come dichiararli estranei alla condizione 1.Dllana.Si affer– ma che •non sanno soffri– re., ossia atfrootare volon– tariamente e superare la soUerenz.a. L'accusa ricor– re di continuo. E' sulle lab– bra del capipopolo, che si accorgono di non poter con– tare su Spartaco né su Ga– vroche; è nei resoconti del giornalisti che .seguono il Ciro d'Italia o il Tour de France; è nella relazione fi– nale di molti Presidenti alla maturità classica o scien– tifica. Ma se immaginiamo che l giovani raccolgano l'accusa, ci par di sentirli rispondere che non im,;– diano i risultati raggiunti da chi sapeva soffrire. A torto od a ragione, si va tacendo strada la certezza che gli ideali, liberati del ciarpame retorico ,non sian quei mostri che esi,gono sempre vittime umane. Di fatto, è impossibile far con– cordare la consapevolezza scientifica e la 6emplicità controllata, con gli slanci tenebrosi del sentimento, che tuttora dovrebbero col– mare le lacune dei preven– tivi sbagliati. Nel suo svi– luppo normale, U popolo de! giovani aspira a tutte quel– le libertà e sicurezze che escludono, programmatica– mente, la sofferenze. Non sa più soMrire: appunto ! per– ché gli avevamo promesso che non avrebbe soUerto mài più. Si parla molto della du– rezza dei programmi d'esa– me. Gli anziani ridono. Du– ri, oggi? Ma avete un'idea di quello che fu l'esame– Gentile nei primi tempi della sua istituzione? La durata di ogni 6ingola inter– rogazione, e 1 programmi comprendenU la materia di tutti gli anni di studio liceale; gli esaminandi che partivano dalla provincia, con cinquanta libri e un panino imbottito, per af– !ron tare nel capoluogo una autentica deliberazione del Giudizio univer631e_ Chi se ne ricorda, alzi la mano; ma senza far contusione tra nostalgia e fierez:ze. Erava– mo tanto diversi, noi esa– minandi, da coloro che oggi esaminiamo? Più intelli– genti o, come &i dice, me– glio selez.ionati? Per parte mia son certo che U test mentale di uno come me. promosso a luglio, non sa– rebbe 5tato più lusinghiero di quello del figlio di un amico mio, oggi respinto in tutte le materie; con questo d"lncomprensibile, dle lo esame a me fu fatto, e. dir ,>OCO, impietosamente; a lui, con tutti gli aecorgim!nti e le scappatoie che potesse– ro permettergli di cavar– sela: e non se l'è cavata. E allora ? Dicono: voi non avevate le distrazioni che hanno oggi i nostri figli. Non queste, è vero. Me i miei compagni di scuola, che uscivano con me dalle lezioni, con me correvano al campo sportivo, poi al clnematografo, qualcuno vi ag-giungeva la festicciuola danzante, 1 più progrediti la passeggiate amorosa. Quando studiavano? Non l~ho mai sapuÌOy né ricordo quando studiassi io. So in– vece che a 6C\1ola andavo volentieri, ascoltavo la le– zione, mi appassionavo, d:– scutevo, né più né meno che i miei compagni, che facevano tutti come me, tranne i ,pochi, s'intende, che neppur noi emmirava– mo. E se a casa lavoravamo dieci minuti, un'ora o paco più, cl mettevamo lo 6tesso impegno che nel far me– renda, perché lo studio ci pareva un masticar biada quel tanto che bastasse a farci fare, nella competi– z.ione scolastica. la figura del cavallo e non dello asino. Non credo che ciò dipen– desse da un miglior 6enti– mento della dignità. perso– ne.le ; è certo invece che avevamo, senza merito no– stro, una diversa concezio– ne della vita Concezione è dir troppo, per ragazzi di quell'età? Diciamo allora, intuizione, idea vaghissima. e speranze e propositi ade– guati. Credevamo nella scuola. Non ci capitava di ascoltare a tavola d!scorsl 6prez.zantl 6Ull'avvenire dot- L'ultima puntata del « Giornale 1943 » di R. Doni è rinviata per ragioni di spazio al prouimo numero torale e sui titoli di studio: questJ e quello, un tradl– menlo più tardi, ma quando potevamo inveire contro glt etfeiti, non rinnegare le speranze che ci avevano animati. E non vedevamo intorno e noi tante occa– sioni di giungere alla dolce vita med!ante colpi di for– tuna, buoni premio e in– contri vari. Io dunque non andrò cianciando di aver saputo soffrire; e son certo che i miei alunni soffrono invece di non poter credere nelle cose in cui noialtri credevamo. Peggio: !e pro– messe contenute nei pro– grammi di st.udio, ai nostri figli appaiono il farnetico di ,padri decedut!. che par– lano in una maniera e agi– scono nella inaniera oppo– sta. Perché dunque non cambiare i programmi. e non soltanto quantitativa– mente, ma in rapporto alle promesse ed alle garanzie da o(frire ai giovani che hanno bisogno di credere? E via le favole del sacrifi– cio, delle veglie penose, de– gli eroismi scolastici. Chi pena, non studia. Oli stu– dia volendo e sapendo stu– diare, ha soltanto gioia del– la scuola. Se invece è con– vinto che non servano il tempo passato In aula né quello dedicato ai libri, non studia. E tu, che li cono– sci, tu insegnante che ll osservi, vi sarete accorti che quegli occhi non son pieni di fantasmi né scien– tifici né umanistici, ma tor– bidi di di-ff.idenza o di de– sideri che non riguardano allatto le mete scolastiche. Di noi, i ragazzi pensano che siamo del fallitl. Biso– gna far loro intendere che, del fallimento, non c'impor– ta gran che. Siamo stati educati a capire la falla– cia del sapere e la volubi– lità della storia. Ci è an– data male, come a tante al– tre generazioni prima della nostra. Importa invece che la nostra giovinezza sia 6tata felice a scuola e fe– lice a casa, felice per la strada, nei cinema, negli stadi, nelle stradine solita– rie e nelle feste affollate: tutte cose pagate care po!, d'accordo. Ma i nostri figli non cominciano a pagare troppo presto? E non ot– terremo nulla di buono, al· leggerendo e facilitando per loro, quei programmi scola– stici che erano tanto più difficili per noi. Bisogna cambiarli radicalmente, adattarli, non dirò alle nuo– ve mete, che potrebbero manifestarsi sbagliale come le nostre, ma alle nuove .speranze, che non son mai sbagliate se promuovono lo interesse e l'impegno del giovani. I quali non voglio• no affatto che ìe cose sia– no facili, perché sono i pri• mi a disprezzare la facilo– néria e ad amare il com– battimento. ma vogliono che sian cose possibili, in un mondo reale, che non pare scaturito dai program– mi che seguimmo noi. La fatica, che è ben diversa dalla 6otferenza, se voglia– mo Includerla in una buo– na pèdagogia e in un'onesta didattica, sia resa accetta– bile dalle promesse conte– nute nei nuwi programmi. Quali? Non tocca a noi, in questa sede. proporne ll disegno e il contenuto. n programma rappresenterà il momento ultimo dj una convergenza psicologica col– lettive., ma sarà dettato da specialisti particoleri. A questa conver,genza ci 5en– t:amo vicini. Si veda nel solito Tocqueville, quale possa essere, in democra– z.ia, lo spirito dei program– mi scolastici. EgU scriveva: cVolete innalzare lo spirito umano in modo che guardi con generosità le cose dl questo mondo? Volete ispi– rare agli uomini il disprez– zo delle cose materiali ? Desidera te far conoscere o mantenere negli uomini convinzioni profonde e pre– pararli a grandi slanci ? Volete migliorare i costumi, educare i modi, far risplen– dere le arti ? Volete la poe– sia, la fama o la gloria ?... non scegliete il governo de-– mocmtico. Ma se Vi sem– bra utile rivolgere l'attività intellettuale e morale dello uomo sulle necessità mate– riali, impiegandola a pro– durre il benessere._ se U vostro scopo non è di crea– re virtù, ma abitudini pa– cifiche, se preferite vedere viz.i piuttosto che crimini, e vedere meno grandi azio– ni, ma anche meno misfat– ti; se in luogo di agire in una società brillante vi ba– sta vivere in una società prospera; se finalmente lo oggetto del governo non 6la, secondo voi, nel dare VLADL,llRO CAJOU (continua a P8i• 5)

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