la Fiera Letteraria - XIII - n. 49 - 7 dicembre 1958

Pag. 4 LA FIER~ LETTER~RIA Domenica 7 diccmlire 1958 GALLERIA DEI NAHHATOHI IT ALlANI 1'111.d'AlcHandrla. Era una sllrnza molto vasta. come un"· trifora che dava sul mare. Le pa– reti ricoperte di un damasco stinto ave– vano vetrine in cui ernno disposti i più svariati O,'fgetti: masr:hcre. pHrucche. co– stumi. bambole e ventagli, che, illumi– nati dul busso in nito da forti lampa– dine elettriche, facevano pensare a cose raccapriCOJanti: pelli d'animali, visi spet– trali, feti conservati sotto vetro. Si aveva l'impressione che aprendo gli sportelli e toccando una di quelle vesh di broccato, uno di quei ventagli di antica madreperla. :;ì sarebbero ·visti polverizzare fra le dita. Da comici appese alle pareti si affac– ciavano solenni personaggi con vis i straordinariamente allenti, gli uomini con polsi di trine anicciolate. le donne con iioielli fulgenti alle orecchie e ulla gola. Una giovane mollo bell::i. sedeva davanti all'arpa dominando lu parele dì fronte alla finestra. Sulle pieghe del suo abito di raso giaJlo posava unn luce calda e quieta in cui la mano abbandonata dormiva come in uno scri– gno. Un cagnolino pezzato di macchie fulve le slava ai piedi, diCendendo la graziosa padroncina col suo sguardo geloso. Deserta era la lunga tavola al cen– tro delta sala. mentre le vetrine get– tavano sul pavimento i raggi lunghi delle lampade nascoste, tanto che sem– bravano le stesse maschere e i visi cerei delle bambole, le fantomatiche vesti d'o– ro e d'argento a spargere intorno una loro fosforescenza. Entrando, Emanuele ebbe l'impressio– ne che un quadro più grande e ben più vivo degli altri Cosse stato appog• giato in fondo al salone, proprio davunti alla triplice finestra. In questo quadro quattro personaggi, due uomini e due giovani donne seduti ad un tavolo ro• tondo. illuminato dalle liamme dei can– delabri e graziosamente apparecchiato, erano voltati verso di lui, colti in un gesto dì curiosità sorridente. Gli abiti delle ragazze avevano gli ''TIRO AL BERSAGLIO,, DI PIA D'ALESSANDRIA stessi ritlessi. i loro sorrisi la ste~a smag!iante Immobilità di quelli impri– gionati più In alto, nelle lol'o cornici. Eppure una di quelle fanciulle era pro– prio Bianca: talmente diversa. che la emozione lo fece sussultare: una posata cadde dal piatto che portava e alzò dal pavimento un fracasso che gli par• ve spaventoso. - Sta' attento, sciocco - mormorò Nora, passandogli accanto. Era proprio Bianca: le spalle le sboc– ciavano nude dal celeste del corpetto, la bocca. accesa violentemente di car– minio, sembrava più spessa nel viso pal· lido. Ades~ i commensali si protcncle– vrmo verso di lei in un mormoral'e punteggiato di risa, ment1•e Emanuele aspettaya di essere visto. riconosciuto. Ma gli occhi verdazzurri più che mai avari si nnsconclcvano nell'orbita vasta. e nel loro breve appnrirc scivolavano su lui come su un qualsiasi ogg·etto dello stanza. Finito il Pranzo Carla si avvicinò a un grammofono e Bianca ordinò a Ema– nuele di cambiare le puntine e i di– schi. Cosi Nora ritorno in cucina cd egli rimase nella sola dove le due cop• pie avevano cominciato a ballare. Gli faceva mole, un male nspro. m;,il pro• vato. vedere la ragazza stretta ora dal– l'uno ora dall'altro dei suoi cavalieri. tanto che mentre la musica snodava i suoi motivi languidi o sincopati egli si ostinava a fissare il mare, appoggiato a una deJle colonnine del Cinestrone. Infine Emanuele si voltò a un t'i– chlamo vicino e vide Bianca ondulare lentamente. costringendo a fermarsi an– che Il giovane che la teneva aUacciatn: - Emanuele. Emanuele. - diceva - che guardi sul mal'e? Arriva la nave pirata? -. Di certo. con quelle parole. gli ricordava il •loro• mattino ... Lo assalt una felicità violenta che gli scaldò il sangue, all'improvviso, pure non si staècò dal suo appoggio e di nuovo torse il capo, fissando ostinata• mente l'orizzonte. Dopo pochi secondi lo raggiunse ancora la voce della ra– gazza. ma più lontana, questa ,-olla, e tanto diversa: - Guardate come è comico ..quello ., così fermo accanto al finestrone ... Sem– bra finto, dipinto! Rideva, e tutti le risposero ridendo: - E' vero. Sembra finto, sembra un quadro! - Un quadro con un personaggio così vestito? - schemi uno dei ragazzi, un bel giovane bruno. - La pubblicità di un ristorante, piuttosto! Ci fu un silen7.io in cui il grain– mofono insiste va a c antare con la voce trist.e d'un negro ubriaco, poi qualcuno propose: - Perché non lo mascheriamo? F; i compagni in coro: - St, sì, lo mascheriamo! I ballerini si sciolsero subito l'uno d<Jll'altro e corsero Intorno a Emanuele come del bambini che hnn trovato un nuovo 1doco. E lui a,·rcbbc voluto lanciarsi su queg·Ji uomini e quelle ragazze, stordirli di pugni e poi fug~lrc: invece una di– spernzionc cosi fredda lo invase che si lnsciò prendere, trascinare come un au– toma. I polsi, le tempie gli battevano, teneva gli occhi chiusi e il labbro inie• riore cosi stretto tra I denti che senti sul palato sapor di sangue. Qualcwlo intanto gli loglicva la giacoa e qual– cuno girava per la sala chiedendo: - Lo veslhuno dn donna o eia uomo? Sembra una ragazzina, cosi esile e biondo. Bianca rideva tenendogli ben serrate le braccia mentre lo spogliavano, ed egli sentiva Il contatto della sua pelle att.rover::o In camicia leigera e la for– ma delle sue mani proprio su] petto: - Sentiste, poverino. come gli batte il cuore! Cercò di svincolarsi, ma il suo ge– sto ru accolto da un riso fragoroso: si vide a un tratto con gli occhi degli alti-i. come vedesse un altro: lì. nel centro della sala. tra le maschere. le bambole di cera, i quadri solenni; grot• !esco pupazzo dai calzoni slacciati da cui sbucava il bianco della camicia. Non si mosse più, [u veramente come una statua di pietra. col freddo della pietra, con la pesantezza fin nel cuore. Persino le voci gli arrivavano attraverso uno schermo di pietra con echi gelidi. suoni attutiti. - Gli mettiamo la go1ma di velo ct·oro? E una parrucca bianca? - E un ventaglio in mano. Ecco cosi! - fo gli tingo le labbra col miC' rossetto. - E lo e la~ Jnclprio ... Quel pronome gli cUede un nuovo sesso. Gli uomini infatti gli palpavano 1 boccoli bianchi con dita carezzevoli, gli alzavano la veste Ut 1 lando delusi per i suoi calzini verdi e le grosse scallJ)c. - Mi maschero anch'io... - griidò Bianca a un tratto, battendo le mani. E Carla: - Anch'io: anch'io! Uscite un momento, ragazzi. Ci fu uno sbattere di porte, noi un silenzio rotto dal cigolio degli sportelli di vetro. da parole mormorate in un frusciare di stoffe: - lo metto l'abito di broccato giallo. - lo questo grande scialle giappo- nese. Emanuele riap;·l le palpebre e nel velo delJe lacrime vide Bianca semi– nuda china a raccogliere l'abito afflo• sciato in terra. mentre Carla davanti a uno specchio si drappeggiava in uno scialle nero dai fiori multicolori. Non provava più socterenza, turbamento. a.more: stroncalo da una morti(icazione più fonda dello stesso istinto. Poi Bianca si rnddrJzz6, gettò la ve– ste azzurra su una poltrona, cercò il costume giallo. vagando da una vctrlna all'altra. continuamente presa e abban– donata d3lla luce radente della sala. Non si accorgevano di lui, non sape• vano che era li. in quella stanza, con i suol occhi d'uomo nascente. O Corse lo sapevano. ma questo non aveva nes– suna Importanza per loro: non era. per loro, né donna né uomo. proprio come il suo ibrido aspetto di maschera: un pupazzo. come rive.vano detto, un ma– nichino. lndletregglò fino alla sedia accostata aJ tavolo rotondo, ché le gambe non lo reggevano; appoggiò il gomito co– perto di garza d'oro su quel tavolo e il viso nella mano, come una di quelle maschere abbandonate che meditano sullo sfondo di certe artefatte pitture. Poi, a un richiamo delle ragaue, la porta si api-I e i due giovani entrarono con esclamazioni di ammirazione e di esagerata ::illegria. Adesso. a turno, cambiavano i dischi al grammofono. invitando le ragazze a ballare: infine si rivolsero a lui e lo trassero a forza in un girotondo che si rompeva capricciosamente o si allungava a cntena. Nascevano cnrezze, parole di Cinta ga– lanteria, contatti lascivi in quel giuoco; ora Bianca, ora Carla, ora i giovani lo cercavano o si cercavano, Cinché tutti insieme !uggirono dalla sala, dan• zarono a suon di battimani nel largo pianerottolo a balconata, si strinsero in rapidi amplessi. si baciarono, sì inse– guirono urlando e ridendo. Sotto i lampadari dalle· tremule la– grime di cristallo le maschere muo– vevano scomposti gli ori, gli argenti, le sete delle vesti: ripulse, richiami e risa Si alzavano moltiplicati dagli echi della scala. Un turbine, una follia im– provvisa, in cui anche ~manuele si smarriva senza più sentimento e pen– siero. Poi vi fu come un gelido risucchio e il silenzio dominò ingigantito dopo tanta gioia e rumore: le maschere fer– me nell'ultimCI gesto, quasi fulminate, i giovani cacciatori dalle giacche di velluto imbalsamati nel riso che si cor.l!ompe in smorfia. Lassù, all'ultimo gradino de-Ha sca– linata, è ferma anche la figura della donna che guarda in silenzio. Non tre– ma il lume nella sua mano sollevata sul capo. Domina tutti dall'alto per un eterno momento: po i. cosi come è ve– nuta. silen:r.iosamentc scompare. PIA 0"ALES.SA1"'DRIA (a chi affidarla?) Non sai S~J\RDEGNA le chiuse notti ritmate dai camio11s ancora scavano tunnels di strade. Questo il muro fra noi. \'asto margine d'acqua che il vento allarga In spazi di cenere. (Un'altra la tua inhmzia, la tua casa serena. * DIRAFFAELE ANDREASSI I F,' improvvisa memoria a suscitarmi i tuoi confini. Mutevoli vanno gJJ anni e più esili sl formano. Cosi tu stai, Sardegna, e alle tirrene onde affido i miei pensieri. Vaghe stagioni, teneri profili. vaste barriere dietro l'orizzonte, lontana a rinnovarti rra gli umori del tempo Jra a me ti portano. Scalpito di lìbeccl, fruscio di rlsacche, chiare piume di nubi e torrenti dal cielo che scendono a scavarti montagne dove ,3'innalza in pietre grige la Gallur;;. Per me torni a memoria nggi e :,er sempre, non appena un flato di vento incrina il tuo pallido cielo. Così m'Incendia nostalgia del giorno r::ippreso e resistente sul Limbara a scoprire ht Corsica turchina e una lunga fila di pastori esagerata dagli echi. Oggi a rievocarti mi perdo (il temµo si sfila in lunghi cieli) e le parole non saziano. Per Le, rosi lontana (a me Li nega ogni cosa, il colore degli occhi inumiditi dalla pena) rinnegherei la mia vita, il senso che la conduce. Amaramente (lo sai?) impossibile amore riproponi itmerari consueti. (A volte era il mare più lontano ciel cielo e noi dispersi a tutto.) Per questa cara terra rivivremo dolcissime ansie. Spiagge deserte ci aspettano. (0 mai più noi salperemo verso i golft schiariti dal libeccio?) Non lo sai ma in quest"ora Ja mia vita t'appartiene. Io resto In altra parte a consolarmi d'immagini. Alghero, dove di mare a solitudini invita. L'aria festosa iDclta alla GOti,l colonie di delfini. (nel cuore de1la terra) forme di luci inventa, riverberi pr~ziosi. Capo Cacci~ selve d'ombra di salici e d'uliv1. Alghero, dove il vento si confonde in suoni d'arpe. e ancora dolce indugia l'idioma catalano. Tu mi venivi incontro sullu rena che sfiammava del rosso dei gerani: ogni tuo gesto un·ombra, e la turchina pelle del mare che trascolorava Jra le tue dita. Il trantran della vita, trascorrevole tempo. era il tra.vaglio che abbatteva la vela. (I corallai a siesta dormono sulle reti. l pescatori profumati d'anice giocano a carte dietro le tartane e aspettano la luna per salpare.) l\'la altri sogni a consolarti verranno. Qu~ndo la notte s'inebria di chilarl"e e serenate sciolgono i pensieri. lorse a me ripensando, hidugi sul guynclale e d'improvviso avvicini l'orecchio alla conchiglia. Jo soffrivo da sempre. Arrivavo sfinito alla tua gioia. Dietro me altre strade e altri anni. e la pena di doverli rivivere i~ardandoti. Anni del dopoguerra, la fanciullezza invasa. Lungo i muri c'inseguiva il chiaro terrore del cielo. Era l'assillo delle notti. (Lo sento quel rumore di frane: continuerà tutta la vita?) E la sorda cadenza dei soldati. (Nei bar colmi di negri le ragazze fuUite dal paesi si stordivano con sorsate di Jazz.), Era questo l'avvenire per noi\ ill ima - l'inà IIG&t!:ata I mieì compagni più cari ciondolano dagli abeti dondolando ore di neve) Ma tu svanisci nella sabbia e a sfiorare la tua immagine stasera restano fenne in gola inutili parole. No. la tua vita amore, non posso più reclamarla. 8 Ma tornerò. lo sento, a quei pastorì nascosti. r cani inquieti fra i ginepri vanno addentando l'aria. Dispersi {uoehi udono sui· monti, altri falò bruciano. I segnali di fumo rispondono: anche noi. qui. siamo soli: il desiderio ci consuma. immersi in sogni lieti. è.i foglie arroventate, giovani si perdono (Cielo estivo l'autwmo nel tuo grembo ornrnì traspare.) Sarà bene tornare. (Sento i muli sc-alcia1·e le ombre chiare dei paesi) 4 A volle mi riporta alla tua terra un desiderio di quiete. (Le case, qui. s'innalzano a mur::iglia. Le condutture dell'acqua pulsano come vene) Settembre, le tue nubi pregne vanno alte sui tetti verso il mare sardo. A voi m'affldo, m'nggrappo !n quest'ora che in un gioco di luci si conclude. A sollievo non sempre il lavoro del giorno mi concede di contemplarti. Sardegna. Altre cose sfuggono. Il più caro voto, l'istante m'affatica. E rievocarti è inutile e in t-c rivivere. Ora per ora l'oritzonte sì chiude. Altri pensieri sorgono a schermo. e le altre stn ..de, e la gente che aumenta. Nel mio vivere resta chiara dì te la voce dell'addio, quando i facchini di Olbia, cantilenando rochi. la mia nave ttclsero dal molo. IM.FFAELE ANDREASSl Da. L volu.ni ,.ePaesi nel cuore a'.t prontma pub• òl~uiotur presso l'editore CappeUi neUa. collana di· - 11G Gino Tiba!ducci. Quattro domande a Pia D'Alessandria Come prirrtlzla c1e1 nuot.10 Tomo.mo di Pia d'Alessandria, Tiro al bersaglio, di cut è im– m.tn.ente l'uscito nella co1tezion1: '"'Ar,:tusa )1 diretto. da A ma.i.do Bocem, ne pubb ltchin– mo, per cortese con– cesstonc dello editori! Sciasci.O, 1m capftolo. Per L'occasione, abbia– mo rivoUo alcune do· mo.nàe alla nostra scrittrice. 1) Come è nato il suo nuovo 'Tomo n.w '"'T iro al bersaglio», e quo.te ne è stata l'ispirazi one? 11 Come per altnil miei la– vori - e soprattutto per il romanzo Autunno con le ra.gaue - questo mio ul– timo Ubro, Tiro al be.,.,a– glio, è nato dalll'lncontro di una data realtà con un mio st.ato, direi. di aspetta• z.ione, di partlcdla-re com– prensione. Quando sento ohe un fatto, un ambiente, un'esperienza di vit.a o semplicemente alcuni per– son a g,g i rappresentano qualcosa che io, appunto, ho kttuito, meditato e de– siderato dl esprimere, si accende quella prima emo- 7.1.oneohe ,poi l.wo1'8 in me a lungo, e col tempo in– foltisce di nuovd. motivi. Per Tiro al bersaglio que– sto Incontro ha ~uto .Uo– go in une W4-lasimile a tante a1,ta-e, d~nte una vacanza shnlle a tante al– tre, che però ml fece a-v– vicinare del pel'SOrlaggi completamente lontani dal mlo ambiente e che io os– servai colpita soprattutto d-a una loro peli\de inno– cenza o innocente perfidia. Personaggi molto attuali, simili a quelli che speGSo ci presenta la società di oggi: ragazze audaci e cor– rotte, giovani hl.Wi, uomi– ni plgri e viziosi, Rdicatl tutta.via In una l'oro an~ cestralc 60fferenza, nell'or– gotJ,lo ormai vano di una antica casata che si va esaw-endo. In seguito queste figure toma1·ono spesso 8<Hamia memoria con ~ loro segre– ti appena intuiti. Quando poi, un certo ,giorno, sco– persi il oastelfo Jn cui si svolge la vtcemla di Tiro o.l beNaglfo, quando co– nobbi -al-cuni episodi della sua storia (che mJ -raccon– tò un uomo del iuogo con poche semplici parole), senti.I che vi era una cu– riosa Q113-}ogia trn quella storia compiu~ e antica çome una leggenda e que– <;Ut vora, modernissima che ospettava - sospesa - una sua mumtnQz.ione e ccnclusione. Proprio allo– ra decisi che in questa cornice dovevano rivive– re cd esprimersi i persa– na.ggi di cui da tempo vo– levo parlare. E' stato sorHto tempo !a su un setUmanale che mi ero innamorata di un ca– stello; infatti, assomiglia al pungente interesse ohe precede l'-amore quell'im– primermi nella memorio ogni linea, ogni colore del– la massiccia costruzione trovala nella roht-udine della campagna romana e il riandare dell'immagine alla più dremmatioa deUe Vl!cende di oui eN1no state testimoni quelle' mura or– mai abbandonate, e che me ne ricordava un'altira, os– sessionante. Per questo la vecohiQ dimora si animò di personaggi attuali, le scaic si ernpi•rono di sus– SUl'r.i, d'eohi, di riohiami. Come una ,invisibile padro– na di casa che osserva i suoi ospiti ho seguito mi– nuto per minuto l'esistenza della strana Io-miglia, le 90e brevtl, drammatiche giornate. Ed è nato Tiro al bersaglio». 2) COSa ra.ppresento. questo nu.ovo libro nel complesso deUa. sua opera di scrittrice? Quali motivi Le sono pa.rtico1o.rmente c(l– rl, e perchi? '"'Per me questo li-bro è una Mione, ohe mi au– guro felice, tra òue diver– se tendenze deU-amia sen– sibildtà: una lirica, che spontaneamente usa fascia– re le cose di un'aura vaga– mente favolosa (come. ap• punto, in Fa.vola proibita, uscito nel '49), e )'Elitra, più attuale, attenta alfa real· tà, a-1 costume d'oggi, ai problemi, ai piaceri e aUe sofferenze della nostra so– cietà («ime in Autunno con le raga.zu e in a-looni racoonb l del ree-ente In– ganno dello notte). In Tiro al r,er:,aglio fa Immaginazione alimenta una realtà vista <:on oc– ch.io pe.rs.lno crt1dele. E' il lavor o perciò che ho pen– sato e scritto con maggior ptacere. L"unica cosa che ml ha lJsclata fino aH'ultlmo dubbiosa è stata la scelta dc.I tito lo. Ho preferito l 'attua.le per sottolineare del due moUvi dell'tspira· zione quello realistico; l'al– tro. La perfida. innocenza. poteva sembrare prezioso e decadente ma rappre– sentave, come ho detto, il carattere ·particolare di questo picrolo gruppo di esiliaU volontari, apparte· nenti a una nobiltà deca· duta. Si impone tra loro la natura popolana del pro– tagonista che viene a com· p1ere una sua Cunz.ione vendi<:atrice e catartica. non gl3 per un mio atteg• g\amento polenuco o ~ ma ide,olog}C()ma soltanto per l'intnna dialettica del personaggio e de.I mondo .stesso ctie lo circonda •· 3) Cosa. Pet'-'a che possa rappreHnta.N? questo wo la.uoro neU'ott1&Glemomen– to lettera.rio? '"'Che cosa &i. questo li– bro nell'attuale momento letterario potrà dJrio \a crillca. Per me, appunto. è stato un tentativo di fon– dere due tendenze che so– no anche nella narrauva d'ogg1, lontane e spesso op– poste•· 4) Qucmdo e dove ha scritto , Tiro al bersa– glio »? Lo slenc.t'Odi Q'V-$10 hbro è stota l11ng9 e- la– bonoso? e La prima «tes~ d1 questo breve l'OID8nao l'bo fattà (come è avveoulo quasi sempre per i miei la– vori). neMa pace di F~ durante le cosiddette 6\a· gioni morte. Ed è stata una e-reazione rapida. QUaSl febbrile; una ecroittura con~ tinua come se fosstoro i personaggi e i fatti a. te– nermi legata a tavolino. In ~lo, pen), ,il i:aYOrO di re-visione. di con:t'Zione è stato molto lungo. e an– che più meticoloso delle altre volte, ehè. oenl tant<>.J mettevo da parte il mano- scritto - anche per lun– ghi mesi - per poi rilec– gerlo con dishtcc:o e tornare a Tielaborarlo •· E.. F. A. LA PROVINCIA è più soladi un tempo? * ,U GlJGLIELlllO JJETBO!l'I Alcuni ricorderanno quante volle, a più riprese. su queste pagine mi sia acca– duto di rammentare quanto poco. la cul– tura letteraria italiana. sì occupi di ciò che succede neUa provincia. nelle citta medie italiane, quanto p0CO si sia abituati a tener conto che. per uno scrittore che si trasferisce dalla cosiddetta provincia e ,si stabilisce negli ambienti. diciamo così, militant.i. esiste tutta una quantità dì piccole società, di gruppi. di persone isolate, spesso tutti qualificatissimi. civili ed in(ormaii e particolarmente discreti nelle loro aspirazioni. Ogni volta che mi sono occupato in varie occasioni di questo aspetto troppo poco considerato, ho sempre ricevuto uno quantità di lettere. a volte in numero tale da non consentire risposta dato che. come tutti sanno, le nostre possibilità. la nostra disponibilità di tempo, se vogliamo riuscire almeno a vivacchiare, sono estre· mamente limitate. L'epoca attuale ha dato al termine provincia e vita di provincia un signifi– cato assai diverso da quello che aveva un tempoj la distanza che una volta se– parava i due o tre centri in cui esiste una qualche vita intellettuale dalle altre città. in &ran parte è stata riempita. l'iso– lamento non è più quello di una volta o almeno è di tJpo del tutto diverso. perchè le occasioni di comunical'e si sono molti– plicate 1111'infinJtoj ma è proprio quèsta moltiplicazione di rapporti che. nel caso . specifico. se pur assolve tanti altri com– piti. c1 sembra incidere del tutto negati– vamente in quelli che possono essere i legami con In vita intellettuale dei piccoli centri. lntatti quali sono gli ele· ment.l che. a volte con tenacia e capacnà massicce cercano d1 « utilizzere )> le per– sone ed i gruppi più culturalmente avan– zati della provincia? Sono le organizza– zioni di partito. sono le varie e spesso lodevoli iniziative di educazione e di pro· paganda culturale, e gli elementi che hanno accorciato le distanze sono ì mezzi di comunìcaUone moltiplicatisi. ecc. ecc. Ma tutto ciò non colma a(Jatto la distanza che esiste. particolarmente forte tra i piccoli ambienti di ispirazione letteraria e quelli che sono i cosiddetti centri in cui si svolge il lavoro letterario ed in cui esistono. o si presuppone che esistono, gli ambienti intellettuali di maggiore parlata . Sarebbe certo assurdo poter pensare che un qualsiasi lavoro organizzalivo, anche il più qualificato, possa avere un significato in questo senso; la letteratura e la poesia non si organizzano. La possi– bilità di comunicazione nel caso che ci interessa è affidata solo ad un fatto di costume che. malgrado il progredire dei rapporti organizzati. ed anzi proprio per questo, invece di consolidarsi ha perduto col tempo alcune caratteristiche che ren– devano vivo il rapporto con le persone ed i gruppi della provincia. Un fatto di costume che si può definire con pache considerazioni: noi sappiamo bene che, ven~i o. trent11 anni or sono. ogni poeta ogni scnlltore che aveva una funzione nel campo della letterab.lra militante. aveva personalmente una corrispondenza che nasceva nutrita e spontanea con quasi tutta la provinefa; aveva una 5erie di rapporti personali che via via si rinno– vavano e che rappresentavano da soli la circolazione delle idee. lo scambio delle solidarietà che rompevano l'isolamento di molte persone e di molti piccoli ambienti. Domandiamoci oggi se ciò esiste ancora come costume. come consuetudine, do– mandiamoci se la particolare fatica di sopravvivere. il moltiplicarsi degli inte– ressi. specifici. se l'indurirsi di quel tipo d1 dtSmteresse che una volta era vivo in quasi tutti, consentono ancora quel caldo e familiare rapporto di cui da ra– gazzi godemmo. pur rimanendo chiusi in un piccolo paese dove potevamo formarcì p:op1:io grazie alla possibilik-\ di parte– cipazione che cf veniva calorosamente orcerta, e dovremo risponderci che si ba l'impressione che oggi non esiste quasi più nulla di tutto questo. Ed è solo per tale ragione che anche solamente doman– ?andoc1 che cosa sta succedendo, anche 11 solo cercar di capire come stanno le cose. quale è la nuova situazione in que· sto caso particolare. il. solo rammentare costumi ormai In disuso. può già essere u~ contributo. può contenere una specie d1 appello. modesto ma In qualche modo efficace quando contenga almeno anche una carica ef!ettiva, contenga il vero ra mmarico della decadenza di alcuni modi di esse.re e di sentire. di alcuni compor– ta menti che un tempo rappresentavano una ~Po~tanea circolazfone di rapporti umani, d1 atti di buone volontà. di più calda comprensione delle realtà che oggi sono puramente formalizzate dall'organiz– z~zt0ne o dalla stereotipia dell'informa– z1one moderna. GUGLlELI\1O PETRONl

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