la Fiera Letteraria - XIII - n. 49 - 7 dicembre 1958

Domenica 7 dicembre 1958 LA FIERA LETTERARIA Pag. 3 Introduzione a ''Delirio" Dl DIEGO J?ABBRI --------------------:,1prima e scorretta edizione delle «Lettere sui bUccheri,. e il librettino antologico, a cura di Bartolomeo Gamba, della Tipografia d'Alvisopa– li, parecchio tempo prima che uscisse l'eccellente an– tologia di Montano, che pia– cerebbe veder ristampato. Ho notato. ad ogni scritto sul Magalotti che mi capi– tava sotto gli occhi e che non trascuravo di leggere, una specie di particolarissi– ma solerzia nel critico: nel– la maggior parte dei casi desideroso. e f o r s e senza rendersene conto, di gareg– giare con lo scrittore che studiava. Questo sia detto a riprova delle qualità d'ecci– tante che ha il Magalotti: zeppo d'eleganze. apprese nella vita di Corte e di mon– do. nel ,gran viaggiare, nelle scelte frequentazioni: e già lo notò Anton Maria Salvi– ni. Con tanti scrittori è pos– sibile cavarsela senza fare una troppo magra figura al loro confronto. E con altri, con i maggion, il critico non si mette aUo stesso loro passo: si contenta di piu o meno felici approssimazi,mi. Il Magalotti. tra i minori, è uno dei più fatti per ren– dere imitativo un critico. Di fronte alle sue geniali novi– tà sintattiche e linguistiche; agli apporti, magari ecces– sivi da lingue straniere; al– le sue garbate finezze; al suo sapere previso e attac– cato al vero, ma quasi sem– pre intriso di venustà; al lessico che talora propende per una stremata, sottilissi– ma eleganza; alle metafore, senza dubbio 6eCelltesche e barocche, quando più s·ac~ calora, misuratissimamente. preso da un entusiasmo che non gli vieta di controllare da padrone il proprio stile; alle !rasi arrotondate o sfu– mate o sbrillantate con un proUuvio di piccoli accorgi_. menti preziosi; alla supre– ma delicatezza e purezza del percepire, cui corrispQnde la sinuosità aderentissima elet– ta dell'espressione, mentre i gusti meno consueti s"af– facciano di sulla pagina, su– perbamente discreti e assai comunicath·i, l'esegeta a vol- Tra quelle mie commedie che potrei chiamare <familiari• (Orbite, Libreria. det sote, Ra.ncore, Incnùsizione, Processo di famir,tia). questo Detirio mi sembra la migliore: sia per unita di ispira– zione. sia per significazione cli personaggi, sia p~r C'0mpattczza teatrale. sia per acC'essibilita di pub– blico. Eppure i critici. salvo poche eccezioni, non sono stati del mio stesso parere. E. in questi casi. si SA. l'autore è solito ritrarsi riconoscendo a loro ma,e,cior precisione di iiudizio. Non io. stavolta almeno. Poiche con tutto il rispetto e, potrei quasi dire, con tutta la sogge– zione che ho sempre avuto verso il parere dei miei giudici. rimango persuaso che. alla fin dei conti. proprio l'autore. ancor meglio del critico. si trovi nella condizione di potere e di saper dare dell'opera propria il giudizio più veriliero. A certe condizioni. si intende: per esempio quella, essen– ziale. di saper superare lo stadio affettivo o addi– rittura polemico che lo può legare. per cento ra– gioni. a quel che ha fatto e togliergli quella libertà e serenità di giudizio che gli si vuole invece rico– nosc-cre. i\la - si obietta - potrà mni l"autore liberarsi da questi legami affettivi o polemici verso !"opera sua? Ne dubitiamo, dicono i cntici: cd e proprio a questi dubbi che ci si rifà per deprezwre il giudizio dell'autore o per ridurlo. nel migliore dei casi, a un contributo utile. ma sempre colla– terale e sospetto alla e critica di se stesso"· Catt:va •disposizione• - cioè parzialità -- quella dell'au– tNi? verso l'opera propria. l\Ja e poi vero che la critica si trova verso l'autore - specie verso un autore impegnato e. a ragione o a torto. particolarmente aualificato come sono io - in una posizione di tale impar– zialità da esimerla da ogni accusa di •affettività> e di e polemica»? Non direi proprio: s'è vero. comli' è vero. che a proposito di questo Velfrio, ideato nel '55 e annunciato fin dalla primavera del ·57, si è scritto che era la commedia delle «elezioni>. come per lnquisizio11e. pronta già nel '47. vincitrice d'un pubblico concorso nel '48 e rappresentata. non certo per colpa mia. soltanto nel '50, si scrisse che era la commedia « dell"anno Santo», allo stesso modo che Veglia d'Armi fu considerata opera di circostanza scritta su com– missione per il centenario di tgnazio di Loyola. Non sono certo queste le disposizioni di ideale serenità per mettere i giudici a un livello più obbiettivo di quello di un autore! F. allora? E alJora lasciamo stare le • dispo– sizioni». che possono essere non esemplari ne da un~ parte né dalra'ltra. e affidiamoci al valore degli argomenti. I quali argomenti non è detto che debbano difettare più all'autore che al critico. Non v'è bugia più grossa di quella che vuole i genitori ignari dei loro figli per il solo fatto di averli messi al mondo. Nessuno. invece. più dei genitori ha la consapevolezza di cio che sono e di ciò che valgono i propri figli: le deviozioni affettive della paternità e della maternità nasco– no proprio eia un bisogno spesso viscerale di sov– vertire o di alterare i termini di un giudizio sui figli quanto mai preciso e chiaro. E' la rivolta (direi l'eresia) degli affetti. non l'annebbiamento, o l'acciecamento del giudizio! Dunque, anche un autore può parlare delle sue creature con le stesse probabilità di veder giusto che ha il critico. Poiché se l'autore rischia di alte– rure il giudizio sulla sua opera giunta a compi– mento e dunque già da lui staccata. con conside– razioni cd emozioni che riguardano la fase miste– riosa del nascimento, fase solo per lui indicibil– mente viva e suggestiva. il critico. per contro. rischia di considerare !"opera più come frutto di una germinazione spontanea che d'un concepimento personale, più come l'apparizione di un fossile me– raviglioso risultato di occulte e annose sedimen– tazioni, che come il germinare d'una realtà umana frutto d'un congiungimento di intelletto. di fan– tasia. di sentimenti, congiungimento raggiunto sotto lo stimolo eccitante di una occasione reale. Se all'autore si può rimproverare di ritrovare in modo troppo facile ed evidente le proprie intenzioni, al critico si può rimproverare di ricercarle troppo st,mcamente e di riconoscerle troppo faticosamente. Il critico. per quel tanto di autore che c'è in lui. non giudica tanto l'opera così com'è, ma come avrebbe voluto che fosse. E' frequente, infatti, leggere anche per opere egrege frasi di quest~ tenore: e dopo il primo atto ci saremmo aspettati che la commedia avesse preso questa o quest'altra direzione. invece ... •· A quale titolo il critico do– vrebbe aspettarsi Qualcosa di diverso da quello che gli propone l'autore? Solo perché non vi può essere critica senza creazfone o almeno senza con– cr~azione, allo stesso modo che non vi può essere creazione consapevole senza adeguata autocritica. Tutto questo discorso per giustificare la legit– timità d"un mio discorso autocritico. Si ritrovano. condensati in Delirio. i motivi prediletti che avevo già acceso, sviluppato. alter– nato. saltuariamente abbandonato e ripreso nelle mie precedenti commedie, specie in quelle di argo– mento e familiare>. Qui. in Delirio, me li sono ritrovati tutti spontaneamente intrecciati e profo1,– c.inmente incarnati nei personaggi. Ho detto spon– taneamente: senza premeditazioni. cioè, senza piani preordinati. Mi hanno chiesto: • quando pensa a una nuova commedia. le nasce prima l'argomento. i perso– naggi o l"intreccio? » e Quando una commedia - ho risposto - mi nasce bene. argomento, perso– naggi principali ed intreccio essenziale nascono iJ1sieme. uno appoggiato ag1i altri. uno inserito negli altri: nascono e crescono insieme. come fra– telli gemelli ». Anzitutto il tema dell'amore. Dove c'è l'amore. c'è. non dico la verità, ma l'occasione prossima di salvarsi, la speranza di per– venile alla luce. Dove c'è l'amore c·e l'atmosfera propizia all'inquetudine cristiana. quell'inquetudine che provoca sempre. prima o poi. lo scoppio del tuono o il lingueggiar della folgore cristiana, vale a dire il miracolo. Dove invece non c·c l'amore, possono esserci gli emblemi. le effigi della cristia– nità. non c·c. però. non ci può essere ne l'inqu~– tudine. né il tuono e tanto meno la folgore Cl'J– stiana: l'evento. il miracolo. non accade; le mon– tagne rimangono dove sono. E' solo l"amo~e che fi111sce sempre per smuovere le montagne; l ~ssen– za di amore alza soltanto qualche nuvola d1 sab– bia che acquista. talora. sembianza di montagna, ma è soltanto mira~gio. Poi raltro motivo: del nostro bisogno di com– pagnia e della nostra condanna a!la s~litud_ine. Poiché l'amore e. si. desiderio degh ?ltn, spmt~ verso gli altri: è. si. desiderio di sviluppo e d1 ccimpiment_o di noi ste~si n~gli a.Itri e atll?vcrso gli altri, e dono di 1101agli altn e acco~l1ment<? degli altri in noi. ma in q1;1~sto proc_esso d, osmosi vitale noi e 1?li altri ci dontamo parz1alment~ anc!"e quando crediamo di amarci !nt~ra~ent?, rn:nama_– mo cioè parzialmente sconose1ut1 gli ui:11agli. altri. Dal fervore deffamorz, dalla delusione d1 una conosce11Za personale sempre Ìl~completa. n~sce la sete di speranza assolut:1 ~ _di as_s~luta ~1.spera– zione. Ed e un altro dei m1e1 mot1v1. n p1u gra– tuito, qualcuna ha detto. Forse. ma come so_no gratuite tutte le dicisioni finali, estreme: grat~1te proprio perché esplodono nella zona profonda e miste• riosa del nostro essere. Il grido della speranza o J"urlo della disperazione na.scono cl~ una .scelt~ fatt3 al limite dell'umano, la dov~ 11.m~rgme d1 reticenza, di possibilità di rinvio, di d1laz1on~ sono C)rmai annullati; nascono come la percossa melut- labile o di un'oscura grazia o di un·oscura male– dh;ione. E' il mistero del fine ultimo, dell'ultima scelta;, è il mistero della responsabilità della sal– vezza o della perdizione finale. La speranza è rimanere con gli altri. nonostante tutto; la dispe– razione è votarsi all'i;,;olamento. contro gli altri e contro se stessi. Mi è parso che incarnare questi motivi in per– so112ggi in certo qual modo eccezionali (preti, professori. artisti) come avevo fatto in Orbi.te, Rancore, 111.quisizionc. fosse un restringerne la por-. tata dal momento che li considero i termini di una problematica comune a tutti, o ai più. anche se vissuta più o meno consapevolmente: voglio dire, non riservata a una Cli.te: insomma, una pro– blematica popolare. Per questo i personaggi di DcHrio sono personaggi ordinari, facilmente iden– tificabili, presi tra quelli della media bbrghesia italiana: e, in questo senso, personaggi rappre– sentativi. Henato. il protagonista. Non a caso si tratta di un dottore in chimica industriale. Questa ma– teria e questa attività cominciarono a prender Diego Fabbri piede, da noi. tra il '30 e il '35. La cosiddetta • C'h11nica industriale», più che la fisica e la chi– mica pura, incominciò in quegli anni ad attrarre i .giovani universitari della borghesia italiana, lon– tani dalla pura speculazione filosofica e dagli alti studi scjenti!ici, ma sensibili ai vantaggi di questa disciplina nuova che li avrebbe impegnati in un settore redditizio.di applicazioni scientifiche. mec– caniche e chimiche. Così. sorse e crebbe con sor– prendente rapidità la schiera dei • chimici indu,– striali•· In religione e in filosofia furono degli agnostici o dei distratti. in politica dei moderati conformisti, socialmente si crearono subito e con facilità una buona posizione impegnando studio e talento su attività ben determinate e assoluta– mente concrete. Renato. quarantacinquenne. è il rappresentante di questa categoria di .• dirigenti > cui e richiesto una certa intuitività e perfino una certa creatività. Una •categoria> la cui forma ment.is e le cui caratteristiche umane e sociali vanno estendendosi. grazie alla divulgazione scien– tifica. anche alle classi inferiori fin quasi a diven– tare un fatto di costume. Se il letterato. il filo– sofo. il e l'eligioso > sono in crisi come categorie, non v'è dubbio che il medico. l'ingegnere. il chi– mico industriale siano in assoluta ascesa: tanto che in America sono questi e non più quelli ad essere chiamati. comprensivamente. •intellettuali,. Renato è. dunque. uno di questi intellettuali cii nuova estrazione e di origine spuria. In fondo Renato r insensibile al fatto religioso come è stato insensibile all'amore. Quando l'amore lo coglie a tradimento, egli non sa fronteggiarlo perchC non sa cosa sia. e ne rimane tanto più ferito e pri– gioniero quanto più crede, inconsapevolmente, di poterlo situare al livello della sua attività di e chimico industriale». Deve in(atti averlo consi– derato aH'inizio come una specie di chimica dei sentimenti, sorprendente e talvolta esplosiva co– me sono. appunto. le re:izioni delle sospanze a cui dedica la sua fatica giornaliera: reazioni, però. che si µossono padroneggi!ire e contenere entro certi schemi. Quando s'avvede che l'amore è altro. ne rimane sbigottito. quasi impaurito. Si è rimproverato a questo personaggio una certa sommarietà nei passaggi psicologici, specie là dove dalla disperazione omicida e, forse. suicida passa alla speranza generatrict? del miracolo. La verità è che due possono essere le strade per rac– contare e giustificare, a teatro. le posizioni suc– cessive di un personaggio: quella psicologica e quella dei fatti. Non v'è dubbio che la più gran parte del teatro moderno ha indugiato fino alla voluttà nello psicologismo ritardando la tradiz~o– nale dinamica teatrale in un ritmo confidenziale ove la confessione interiore. con I~ sue rivelazioni di sentimenti, di pensieri. di segreti è rimasto il solo elemento di azione. Con Delirio ho cercato di reagire a questa tendenza e ho preferito che i personaggi si svelassero anzitutto e soprattutto attraverso i loro gesti, le loro azioni. A dei per– sonaggi che sono quel che dicono. ho preferit~ dei personaggi che sono quel che fanno. Se ti teatro psicologico sembra dire al pubblico: • ora che conoscete gli stati d'animo del personaggio non vi sarà difficile intuire quale sarà il sllo com– portamento pratico», io ho preferito dire. almen'? ii~ Delirio: e non vi sarà difficile intuire da quah se1;1timenti elementari sono stati mossi questi per– sonaggi che avete visto agire così e cosi>. A un teatro di complicazioni psicologiche ho preferito un teatro di sentimenti elementari; a un teatro di posizioni accennate o sottaciute ho preferito un teatro di fatti concreti, evidenti e straordinari; a un teatro neo - naturalistico (com'è il moderno teatro psicologico) ho preferito un teatro dove 1:i realtà e sommossa e lievitata dalla fantasia fino a diventare occasione di un prodigio. Il rac– conto di una realtà che rimane uguale a se stessà fino alla fine e estremamente noioso e mortifi– cante qualunque sia stato l'itinerario serpeggiante che ci ha riportati al punto di partenza. La vi– cencla di una piccola casa borghese. com 'è, all'ini– zio, questa di Delirio, che per virtù d'amore e di morte mette le ali e viene un po' assunta in cielo, e senza dubbio qualcosa di più• interessante. t miracoli non lasciano mai le cose al loro posto anche se· sembrano rimettere le cose al posto di prima: quando passa il soffio di un miracolo non solo le anime. i cuori. i corpi mutano, ma per– fino la vegetazione cambia forma e colore! Ma Jl personaggio del miracolo non e Renato, anche se ò lui che è andato materialmente ad impetrarlo senza fede, bensì Irene. poiché è Irene il personaggio dell'amore. dunque della speranza. Questo personaggio, sensibilissimo. ma privo asso– lutamente di consapevolezza. dunque di calcoli, che ubbidisce alle sollecitazioni dei sentimenti e degli istinti d'amore, è il personaggio che ha bat– tuto alle porte del miracolo non per sé. ma per ramato. Irene è un personaggio come io vorrei che fossero tutti quelli di un nuovo teatro popo– lare, spogli, cioè. di consapevolezze intellettuali– stiche. Se Irene e il personaggio del miracolo, Orsolina - e l'ambiente che rappresenta - e il perso– naggio dell'anti-miracolo. Tutto può accadere con Orsolina trnnne i miracoli. Eppure Orsolina e tutt'altro che un personaggio chiuso, cieco. bigotto. è tutt'altro che ipocrita e formalista, è tutt'altro che una caricatura! Orsolina potrebbe perfino es– sere un personaggio sintomatico di un dramma quanto mai vasto anche se ancor latente: i1 dram– ma di un mondo cattoHco organizzato che, tutto proteso a estendere J'are:i delle buone opere. ha rinunciato a sperare nei miracoli; un mondo che si consacra più a una certa forma geometrica di giustizia che alla carità; un mondo che opta per un bene mediocre. certo e senza rischi invece che per una eroica impresa di salvezza accettando i rischi di eventuali errori .. E' il dramma di chi, indotto a elaborare un programma cristiano acces– sibile ed estendibile a molti, è sempre più con– sapevole di tarpare progressivamente le ali ai grandi voli di una imprevedibile cristianità vera– mente ·trionfante! E dire che in questa commedia cosi scopertamente polemica si è voluto ravvisare una commedia con[onnista. Giuseppe l\Janoli: • Paolo Stoppa.• I "NETTUNO D' RO,, a Sto11pa, Anna Proclemer; Luchino Visconti, Diego Fabbl'i Il 18 novembre scorso a. Bologna. ha avuto luogo, con la partecipazione delle autorità cittadine e di. nu– merose personatitd del ·mondo cutturale, una solenne cerimonia per la consegna dei premi • Nettuno d'oro» ai vincitori dell'• VIII Festival deUa Prosa» svoltosi in primavera al Teatro Comunale di quella città. La giuria, composta da spettaori scelti. per mezzo di sorteggio, a.veva. indicato i mig!io-ri interpreti, il miglior regista e il migliore scenogTa.fo in Paolo Stop– pa, Anna Proclemer, Luchino VJscon.ti e M3!iO Ga:r:bu: glia. Ad essi venivano così attributt.i le rtpT"oduzioni in oro del e Nettuno» del Giambologna. Accanto a questi premi, l'Università e il • Lyon Club » di Bologna. ne m.ettevan-0 in palio altri due per H miglior costumista. e per il migliore autore dram– matico, aggiudicandoli T"ispettlva.mente a Luchino Vi– sconti e a Diego Fabbri. Riconosco che Giovanna è risultato il perso– naggio meno persuasivo. non perche più povero degli altri. ma perchC impegnato su linee dram~ maliche contrastanti che hanno finito per neu– tralizzarsi. Prese una per una le sue e scene> mi soddisfano: nel loro insieme, però. finiscono per tratteggiare un personaggio enigmatico e, peg– gio. incoerente. Avrei voluto fame un personaggio esemplare (poiché Giovanna non C Orsolina): n'è risultato un personaggio poco più che interlocu– torio. Per questo la sua ultima scena col marito manca di vera emozione e non aiuta certo a pre– parare Renato alla trasformazione finale. Tra per– sonag,l?i che si man\festano • a fatti». questo di Giovanna è il solo a rimanere impigliato nello psicologismo. L'unico gesto che compie C quello di affrontare Irene in una scena che è unanime– mente piaciuta. 1--------------------• 1te s'adegua ai modi maga– Ora. poiché sto facendo dell'autocritica ad alta voce. devo ammettere che è invece proprio que– sta scena fra le due donne a squilibrare il lavoro, ad alterarne di tono e il livello, a equivocarne la vicenda. Arrivo a dir'.? che è una scena che non ci voleva. Doveva essere. nei .miei piani. il trampolino drammatico perché l'atmosfora dell'im– minente miracolo fosse toccata non solo con accenti lirici e commemorativi. ma con sllbite vibrazioni drammatiche: invece, alla prova dei fatti. e risul– tata una scena che affonda in un umano denso di acri egoismi femminili perfino un po· pettegoli e rende cosi più faticoso. quasi falso Pavvio del rncconto di Renato. I due personaggi femminili ne escono un po' abbassati proprio là dove avrei voluto che il loro piedeslallo. da cui Renato do– veva spiccare il volo, si fosse sollevato. AnzichC introdurci al miracolo questa scena ne svia l'im– minenza. Tanto che non appena Renato viene ad annunciarlo si pensa ad un colpo di scena archi– tettato dalla scaltrezza dell'autore. Non era. in– vece. nelle miei intenzioni, benché senta sempre più. la necessità di ridare al teatro. con tutti i mezzi, perciò anche attraverso i colpi di scena. la dinamica che scaturisce dal sorprendente, dal me– raviglioso, dal prodigioso, dinamica che ha sempre ;wuto in ogni età di spontanea e autentica gran– dezza. Comunque se colpo di scena e, riguarda la struttura della commedia non l'itinerario umano di Renato com'è stato, erroneamente. a mio pa– rere, osservato. Renato. prima di decidersi all"im– pl'esa straordinaria, è stato quel che la sua edu– cazione e la sua coerenza umana gli comandavano di essere: messo di fronte al dramma del suo amore sceglie la soluzione, a suo modo eroica, della di– struzione, della morte di Irene. Fermato in extremis, il suo personaggio, quale è stato fino a questo momento. si svuota irrimediabilmente di ogni pos– sibilità di ulteriori azioni.' Per continuare ad agire deve rinascere uomo-nuovo, deve sa.persi aprire ad altre imprese. Ci rieSce. poiché è mosso non dall'amore di sé, ma di altri: anzi, semplicemente dall'amore che, quando e autentico, non è mai. oollam1ente. né di sé ne di altri. ma è come una entità nuova e attiva che muove sé e gli altri verso un fine sempre misterioso e straordinario. Non v'è salto. dunque. nell'itinerario drammatico di Renato. c'è solo progressione, c·e solo, a un certo momento, superamento dello stadio di dispe– razione e tuffo disperato nel mare per lui oscuro di una ondeggiante speranza. Pare che, a sentir l'avviso di qualcuno, non so quale criterio di eleganza di fantasia e di Magalotti * pudore costruttivo avrebbe dovuto farmi scartare 1a soluzione del miracolo autentico; soluzione, è sembrato, pesante e, in definitiva, ingombrante. Ho invece proprio voluto andar contro a quella eleganza e a quel pudore, e caricarmi di questa pesantezza anche se ingombrante: ho voluto pro– prio affrontare a viso aperto uno di quegli eventi' che si osa appena raccontare in tono dubitativo nelle cronache di qualche giornale e che riman– gono ad impreziosire la fede, le speranze, le cer– tezze operru1ti del popolo autentico e sofferente; quegli eventi di cui è intessuta tutta la grande drammatica greca e medievale. inglese e spagnola, e solo i vari illuminismi hanno. poi. tentato di allontanare dalle forme •colte» dell"arte col risul– tato di staccare l'arte da) popol0 che tie è stato sempre e deve ritornare ad esserne l'espressione prima e la destinazione vera. Qualche tempo fa un intervistatore straniero mi ha rivolto una serie di domande quanto mai imbarazzanti sulla mia origine e sulla mia attività di scrittore: domande tanto ardue che a un certo momento ho dovuto dirgli con assoluta sincerità: • Io non so proprio se sono quel che si dice uno scrittore; forse. a pensarci bene. non lo sono affatto; credo di essere soltanto un uomo che vive e che manifest:1 il senso della sua varia esperienza della vita scrivendo. Tutto qui. Mi si rimprovera una grande, perfino mostruosa abilità nella costruzione delle mie commedie, un raffina– tissimo, scaltrissimo mestiere; eppure anche su questo punto le dirò che non dai libri ho impa– rato a ricostruire e a svelare i fatti e i caratteri degli uomini. ma dalla vita, solo dalla vita, vi– vendoci dentro: e pagando sempre di persona ho imparato così a vedere come si snodano. come si avviluppano, come si attorcigliano i sentimenti umàni e come su di essi germoglino talvolta fatti meravigliosi talaltra fatti putridi; e solo la vit:i, l'osservazione degli uomini. le cose viste e vissute che mi hanno insegnato la costruzione, l'architet– tura dei dialoghi. delle scene, degli atti di quel mondo più o meno grande che è sempre un'opera di teatro>. Al che il mio interlocutore, con un sorriso lievemente ironico, guardandomi come qual– cuno che non vuol farsi raggirare, ha ribadito sicuro del fatto suo: « Vede che non mi sono sba– gliato: lei è invece proprio uno scrittore: non sarà un letterato. ma uno scrittore, sì. lo è». Chissà che non abbia ragione lui: uno scrittore che vive abbastanza solitario in un mondo di letterati. DIEGO FABBRI lottiani. E puo succedere che, con accurate e quasi in– consapevoli scimmiottature, dia l'impressione d'aver ten– tato un esperimento molto pericoloso. Altri prescinderà da siffatto desiderio o istin– to imitativo: e potrà sca– dere a rozzezze che mal si addicono a chi del Maga– lotti scriva o disserti, stu– diandone le peculiarità di sensazioni e di linguaggio, oltre che di sentimento, e mettendole a paragone con quelle d'altri: contemporanei o, se sì può dire, seguaci. Walter Moretti non e di coteste specie. Si accontenta, e fa benissimo, di una ste– sura linda e a volte lieve– mente colorita; ma, per lo più, si tiene a un livello di prosa media; sarei per dire, a sua lode grande, che dal punto di vista dello stile ch'egli s'è fatto, il Magalot– ti è come non lo avesse mai incontrato: e lo conosce a menadito ed ha la citazione esatta; oltre che da critico, anche da savio e misurato filologo. Questa sua prosa dimostrativa tutta certezza: questo suo indagare da sto– rico della letteratura che ha per mèta suprema l'intendi– mento assoluto del linguag– gio di Wl artista; .questa persuasiva cultura. questo pronto gioco di sicuri rife– rimenti, vorrebbero uno stu– dio adeguato: e qui posso unicamente segnalare uno che, per me. e critico da tener d'occhio. In realtà, credo succeda spesso ai fedeli del Maga– lotti. che ne deve avere un certo numero anche tra i semplici lettori, di doman– darsi il perche della loro predilezione. E da quando il Momigliano scrisse il bre– ve articolo cui ho accennato. e tt chi ebbe a conoscerlo deve ScrI Ore ~~~red~iùd~t~i:ainco:::t gliano finiva col dire che a ben poco si riducono le gra- zie più rivelatrici e le bel– di AL.DO CAMERìNO lezze più nuove nella prosa del Magalotti. E preferiva ad ogni altro scritto quello sulla e Palma >: sobrio. sem- Chi m'avesse detto. un to e non prima. E noi po- galotti e il suo secolo"· si galotti, tratta del barocco ~~c~ar~~~~~~~i ~~fav~~~ mese fa. che avrei tratto la ve~i d~avolacci: .che siam.o i~titola que~to a~1p10 stu- e di 9u~ll'Arcadia .ai cui sti e anzi m~strati con la prima ldea di questo arti- ab1tuat1 a legge1e per sm1- dio; e vorrei vemsse stam- membn 11 Magalotti poeta più invidiabile concinnità colo da!J~ Jett1:1ra_di un !un- nuzzare ad altri q1:1ello che palo. a parte. e d)ffuso e doveva piacere. Poeta? ver- Era abbastanza? · go saggio, d1 circa ~ento apprendemmo; e I ora r:ug- meglto conosciuto d1 quanto seggiatore. La poca ma so- Io parlo più che mai da pag~ne in ~tta1:10, pubblicato ge e 11 r~mbo delle g1or- non po~sa esserlo nella sede sta~zi~le liricità de~. Maga- vecchio 1:ttore: e sono' di– dall Olsc)1k1 ~1 Fu·enz? ne- n~t': che. nent~ano n~l caos sua prima. . . . lotti e nelle sue pm belle sposto persino a dimenticare gli « Att! del_!Accademia to- c1 mtont1sc~ 1orecchio ep- . \Valte.r l\loret~t e uomo di prose. . . . . tutto della varia e anche ~.cana d1 sc1en~e ,,e lettere pure non c1. ~paventa. . 1ciee chiare. e d1 be1_1 soppe• Imposs1b1le se g u t.re 9w travagliata esistenza del si- La Colombaria :t, temo Quante riviste zeppe d1 sata dottrma. Scrive con punto per punto la d1samma gnor conte Loren . eh _ m'avrebb.e troyato incredu- scritti po1~de_rati e pazienti: Ll:n~chiar~zz9: che troppi cri: convincente del Moretti; che re tanto. e in O z~i e i~~. lo. li g,ornahsta. che per e durevolt. 111 una sala d1 ttc1, v~gh1 d1 bellurie e d1 ha anche il gran merito di influì sul suo st~ r-g d gli stessi argoment_i di_ Ct_li consultazi~ne. Ogni volta, mi syago nel _trattare argomen- interessars~ sopra ogni co- il mio primo incon~"ro- 1~ 0: 11 ~ tratta ha tutta l'aria d1 v1- succede di guardarle e pas• lt letteran. hanno. nel no- sa dello stile dello scrittore; novità vera che f ' · vere alla giorn~ta, ha s~- s~rne qualc_he p~gina. Noi~ stro te rn .Po, abbandonato; d~11€;origini, ossia d~i « Sag• che pur leggevo : 0 J'ie:m:;; vente la nostalgrn delle b1- s1 tratta d1 veri e propn Non e ne un pedante. ne g1 dt naturali espenenze > e i secentisti e so b!ioteche. E suc:cede t:he, paradisi; ma è certo che, un improvvisatore. Cita e dalle osservazioni e referti sa di essi' la pra ogni. c°: se ent!·a ~n. una. sala ~i let- per chi f~ il nostro mestie_- n~o.stra, sceglie e addita, c?n sulla: ~Palma.»• ~te., alle tifica, da Quella P 5 r:: esct~~– tura, mv1d1a gli altn e se re. sono m effetto perduti. smgolare prontezza studio- prez1os1tà deglt ultimi anni: si direi augusta in tal q •– stesso. comJ?iange. Ecco ~ma Addio lett.ur ~ agi~ta e con- sa. lncom~!1ci_a con l'e_sam!- se!1za nulla trascurare, pur velazioni, e a mom~~~e :;_ quantità d1 gente. placida, tenta: addio 11lummato com- nare le piu importanti op1- misurandosi lo spazio (se guta d' Galileo a· • . serena, che nulla conturba. prendere da trasformare in nioni dei critici ciel Nove- cosi posso dire): ossi.i, sen- ai ~inimi la 's 1 mtt 0 \\ ~ T~tti se ne st.anno ~ompo- opinio~1i a lun?o ripe,~sate. cento: da Stefan~ Fermi al za concedersi lungaggini o Magalotti.' E P~~~J al'i:– st1 a sedere e 11frusc10 del- A noi tutto :mprovv1sare. povero Montano, dal Pan- fuor d'opera. Ogni punto di pression dure 1 d. 1 t le pagine sfogliate e il bas- Potrei andare avanti per craz:ì al Cecchi, al Falqui. questo studio è importante. tore val ebene vo e 1 un ~ - so continuo che accompagna tutto un articolo, su questo Approva. disapprova. Nel E le lodi al Flora, che die- di un altro· q~anti que. a l'attenzione e l'interesse per tono. Invece, voglio ringra- complesso non accetta uno de la debita importanza al assai semplì~e~ec~ a mta, un testo. Ne.ssuno che .abbia ziare. w.ait~r Moretti (non d~g!i ultimi_ a:ticoli di .At- Mag.alotti nei confronti di Dagli scrittì pr?mei.a uel– la mente rivolta a nassu- so c!J1 sia, 11 s~o nome non tiglio Mom1gliano: dec~sa- Damello B~rtoli, considera- li della maturità . 1 l\( _ mere, e, purtr~pp~, non scn- trovo nel « Chi è?•: ~erto n~ente avverso all'amm1r8:- to per secoli il maggior pro- lotti erfezionò i': . ~a– za pressapoch1sm1, q u e 11o un professore): perche ho z1one novecentesca per 11satore del Seicent'), trave- dì· epinserì n 11 P opn ° che )la imparato. Gente che occupato piacevolmente due Magalotti. E poi, definita la ranno consezienti tutti i let- qu'el tanto d'~ ~ ~1;1aprf~a si fa una cultura: disinteres- delle mie giornate a legge- scrittura del Seicento tosca- tori. che do va u O 1 o~r~. 1 co satanwnte: o la metterà .i re il suo s~ggio. pubblicato no, dal grande Galilei ai Da tanti anni frequento il ve ' per co st /re• profilto. :;en1a mai premura, negli «Atti> cui accennai suoi scola'ri, a quel Redi che M.agalotti; ed ebbi il volu- ALDO CAMERINO quando scocchera il momen- incominciando. eLorenzo Ma- più d'altri somiglia al Ma- metto del Silvestri, con la (oontlnua. a par S)

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