la Fiera Letteraria - XII - n. 42 - 20 ottobre 1957

_P_•_:?•_r,_- _ ____________________________ D~W:__P_• TE R W DE 'T'T'E lf 'A' lf T'lì_'_______________________ n_·o_menìra 20 ottoh~ 1<J_.;_7_ CULTURA E TRADIZIONE NELLA PITTURA ITALIANA 2 - Da Caravaggio agli Impressionisti. Per giungere al punto del risveglio e della nuova affermazione degli autentici valori della trQdi.zione, dobbiamo muovere incontro a Caravaggio. proprio al Cara· vaggio che. a delta dei miei amici pittori. di cut dissi all'Inizio, oggi dovrebbe fare le spese del ou.sto; quei Caravaggio grande quanto volete, ma e fuori e lontano• mi si disse e dal gusto e dal linguaggio figu– ralivo di oggi•. Innanzituuo \-Orremmo osservare che la pretesa di Isolare Caravaggio nell'ambito di un 6UO particolare momento o periodo di gusto, è una pretesa che taglia senza 1roppl complimenti lutti I ponti tra l'oggi e l'ieri, esclude ogni continuità nei fatti dell'arte, ignora il senso e il valore propri della tradizione, sicchè Caravaggio. come gli altri grandi di ieri verrebbe ad essere considerato un nume lontano. una specie di gloria spenta o, peggio, il documentato· re di un tempo che non ci interessa, un morto che rivive solo nel ricordo delle tele che furono sue. come oggetti personali e inerti. • Quanto codesti concetti siano gratutiti !u provato se vogliamo proprio dalla sue· citata mostra di Caravaggio che, parlando un linguaggio ancora vivo. segnò oltretutto, un primato notevole di visitatori attenti e ammirati. Fu. infatti, la rassegna milanese una documentazione abbastanza precisa di quanto vitale si dimostri ancor oggi, dopo tre secoli, la rivoluzione della • pit• tura naturale •• con la quale Michelangelo Merisi, continuando la più autentica tra– dizione italiana, a quella medesima tradi· zlone aprì quegli orizzonti, quelle prospet– tive per cui ancor oggi egli viene ad essere considerato il primo pittore moderno. Piovuto a Roma nel cuore di una so· cietà raffinata e artific:~a, in urla Roma dove i modi di linguaggio e vorremmo dire il gusto erano rivolti verso la cortigianeria, la raffinatezza. l'ammanierato e verso i ri– gori della Controriforma. insomma verso tutti quegli abbandoni che maggiormente rifuggono dal ~naturale». il Caravaggio non si lasciò vincere dalrinerzia e dal conformismo. neppure quando accettò. e non poteva essere altrimenti. cli portare nelle sue opere quei soggetti - o sacri. o mitologici, o storici - che erano i più graditi ai committenti di allora. Ma quei soggetti egli non trattò con la indifferenza di chi sottostava- alle regole di giuoco della società del te:npo. Egli e av– verò subito l'impossibilità di un recupero archeologico dei soggetti tradizionali • (6) f àq~~ !~tg~:~!':~!r::a~~ :~:~r~~ 1 t 1 : ~~t:~ strade, nelle osterie, neUe stamberghe fu– mose, negli ambienti modesti e spogli. In tal modo, i soggetti così cari alla società colta dei committenti del tempo subivano un primo rinnovamento nel linguaggio e nel gusto, nello stesso istante che l'uomo cessava di essere, nell'opere del Caravag– gio, ancora un simulacro convenzionale, una specie dì Inerte, Sublime manichino, mhso li a rappresentare la sua parte, vuot di divinità cristiana o pagana. vuoi di per· sonaggio mitologico, erolco, ecc.; ma ritor– nava col suo peso fisico, con la profondità chiaroscurale, a rivivere umanamente il suo ruolo di personaggio nell'opera d'arte, e ritornava al suo aHo colloquio con gli altri personaggi nello scarno ambiente se· gnato in tutta la sua potenza dal dramma– tico giuoco di luci e ombre. RHoma~·a an– cora a qualificarsi nell'arditezza della im– postazione, negli e spazi • che Indicavano nuovi modi della e realtà >. Ecco dove Ca– ravaggio si innesta alla tradizione iniziata da Giotto in modo tale che anche con lui l 'iConografia corrente subisce nuove scos· se; tanto che non v'ha nulla di più umano, e, potremmo azzardare, di più popolare del Cristo, dei Santi, di Maria, di Gesù pargolo dipinti da Caravaggio. Per Questo i committenti di allora, por– tati fuori dalle acque del tempo, dai gusti correnti, dalle abitudini, temevano !ino a disapprovare, a volte clamorosamenie, la rivoluzione del Merisi; ne erano urtati come da cosa volgare e spesso blasfema. Ma proprio in ciò era il significato pill autentico della riv.:>luzione di Caravaggio: una rivoluzione davvero singolare, che, per muovere contro il gusto contemporaneo, si riallacciava ai valori più alti e per molti aspetti più dimenticati della tradizione, cioè a quanto di meno contingente e di meno esteriore possa essere nell'arte, a un gusto che non è propriamente gusto nella accezione comune. cioè misura accidentale e transitoria, ma specchio dell'autentica vita popalare del tempo, a un gusto, vor– remmo aggiung~re, fuori delle stagioni, eppure di ogni stagione. D'altro canto una siffatta rivoluzione con l'aggaòcio ai concetti più tipicamente tradizionali dell'arte, non limitò il perso· nate contributo dell'artista a quel concetto più proprio di tradizione, che. oltretutto è concetto di potenziamento e di rinnova· mentO, di volta in volta condizionato e de• terminato anche dai mutamenti sociali in atto, ovvero dalle conquiste scientifiche. La rivoluzione di Caravaggio non si limitò a rendere e naturali> e presenti e quel suo personale modo t soggetti convenzionali del tempo; la sua rivoluzione investi addi– rittura i contenuti: Il fanciullo che monda la pera, 11 fanciullo morso dal ramarro, J bari, cioè tutti quei temi tipicamente caravaggeschi che narrano comuni episodi di vita popalare senza nessuna delle sug– gestioni dei miti e delle finzioni simboliche o allegoriche pur tanto care ai committenti colti, quel tempi, dicevamo. propongono per la prima volta in pittura e in maniera precisa e esemplare l'epi:;odio corrente, l'aneddoto, dimostrando che anche del più ovvio e semplice di esso si può fare mate– ria e contenuto d'arte, ove siavl un rinno· vato interesse per l'uomo. cioè ove Puomo vi sia impegnato con i suoi vivi sentimenti e ove ciò sia espresso nei modi e nei ter– mini adeguati al nuovo concetto dell'uomo. In tal modo il Caravaggio allargava la base degli interessi deJla pittura e per la pittura, portandovi der.tro_ un mond(! Po~ polare, vale a dire i modi. l costumi. gh episodi più correnti e diremmo ovvii di una parte della società ancora considerat~. come al tempo di Aristide Tebano, perti– nente al mondo delle e cose basse•. nello stesso istante che ne rinnovava il linguag– gio e gli e spazi •. Tale era l'atto di fede di Caravaggio nel e naturale>: atto addirittura polemico in momenti di raffinate evasioni: era la fidu· c1a nell'uomo senza artifici, e una specie cii rivalutazione cli siUatto uomo con tutti i caratt~ri grossolani, con la sua stessa abi– tudine alla rozzezza. addirittura con al– cuni suol vizi, com'è, per esempio. Il giuo– car. disonesto. Perciò. per quanti volessero oggi riportare l'uomo e I moli umani al centro del problema delle arti. o volessero più semplicemente riprendere a narrare per gli uomini lo storia degli uomini v'è sempre aperta la possibilità di aggancio ideale con l'opera di Caravaggio, v'è un esempio ammaestrante cui far capo e in cui studiare 11 modo. la risoluzione dei nessi tra arte e vita popolare. al di Ià e al di sopra delle convenzionalità usuali, delle $OYrastrutture troppo contingenti. che i miei amici pittori, di cui si disse più indietro, chiamano semplicemente e disio· voltamente gusto. E v'è per fortuna anche l'esempio limite per chiunque fraintendesse o avvilisse l~nsegnamento caravaggesco. dacché lo scadimento jell'alta misura del i\lerlsi a formule più correnti e spicciole è, tuttavia. già segnato nell'opera di quei pittori di vita popolare operanti dopo il 1630 e chiamati "bamboccianti>, che pos· sono veramente considerarsi la parafrasi popolaresca di Caravaggio e. quindi. lo scendere alla tradi:ione caravaggesca a termini descrittivi. cronachistici, documen– taristici. Non si vuole con questo avallare il giU· cnzio che dei e bamboccianti • diede la spietata critica classicista seicentesca, la quale invocava per sè, ai fini di bollare i seguaci del Bamboccio. e un tuono per voce, un fulmine per lingua• (7). Anzi, H piglio persecutorio della ufficialità di al· lora verso costoro e }a qualifica di e plttu· ra inferiore• ~Ila loro pittura, che ripeteva un concetto implidto nella definizione che già aveva bollat,:i i e; pittori delle cose * ,li basse • e che nella soggettistica riprendeva i medesimi interessi, ci disporrebbero, se mai, a simpatia verso tali pittori. Tuttavia non si può negare che l'arte dei e bamboc· cianti >, pure se legata a una soggettistica molto prossima a quella che interessa la 1rodi:lone, fosse un'arte minore. molto prossima al folklore. fosse illustrazione spicciola, visione e rappresentazione cor· rente; in definitiva veramente un modo di rappresentare personaggi e più nudi di perfezione che di papni • (8), cioè un anno· tare nel taccuino di cronisti. con un taglio dell'annotazione più che usaule e, in più.· la preoccupazione di ricavarne una morale precisa. La indignazione dei classicisti fu, ripetiamolo. sproporzionata e malevola, ma non dobbiamo meravigliarcene, dal momento che la malevolenza. non risparmiò lo stesso Caravaggio, accusato di essere e troppo naturale>. In ogni modo un più sereno giudizio, riportando il fenomeno e bamboccianti• elle sue pz:oporzioni reali. bene ci avverte, come dicevamo. dei rischi che comporta un malinteso concetto di realismo e. aggiungeremmo. di tradizione. Se in Caravaggio la tradizione iniziata da Giotto trova un punto di profonda rot– tura con quella che, seguendo una indica· zione non dettata da noi, abbiamo chia– mato cultura, e se Caravaggio segna uno dei momenti più avanzati di quell'aspetto dell'arte. che per noi indica la tradizione, dopo Caravaggio, ecco, col Settecento, accentuarsi, invece, quelli che sono i fe– nomeni non dinamici, non strutturali, ma eccentrici, epperò meno positivi e sostan– ziali della pittura; ed ecco l'arte polariz· zarsi di nuovo intorno a quegli interessi ,,..di ordine formale, inlellettualistico, ecc., Piero della Fraocesca: ì\lorte di Adamo (part.) 1•1.:lllFICATt> che c:1ratterlzzano la cultura della specie di quella anzidetta. Si compiace ancora l'arte di rispecctliare e ripetere supina– mente I motivi cari al gusto inerte della società dominante e solo qua e là accenna a quelli di essi improntati a una più sin– cera visione. a una realtà più schietta, o addirittura a una realtà popolare. Ma è come dire che qualcosa si' salva dallo squisito disfacimento: Giambattista Tie· polo che raccoglie, in extremis. i dispersi fili della consuetudine italiana, e riesce a creare ancora. anche se non sempre, dei personaggi non contaminati da retorica gentilezza o d,1 enfatica superficialità; in parte, un altro Tiepolo. Giandomenico. con il suo interesse per le scene di vita popo· lare, anche se ordinate secondo I suggeri– menti di un gusto già artefatto; Magnasco, con i suoi frati agitati. coi commedianti. straccioni, e zingari storpiati e soldati di ventura. che sono denunzia di un mondo• immiserito dalla guerra e ossessionato dal furore religioso: Giuseppe Maria Crespi con la sua pittura che narra tra le altr,:: cose di famiglie òi contadini e fiere pae· sane, ininutamente d~crltte con interesse affettuoso; e altri ancora, pittori propria· mente detti e di genere>, che, in maggior misura conservano i caratteri regionali, sparsi un po' per tutta Italia, i quali, al– meno in .intenzione, furono occupati ad osservare e rappresentare I molteplici aspetti della vita popolare; e, infine, caso a parte. e caso veramente singolare e sor– prendente, quel Giacomo Ceruti, brescia· no, narratore efficace, sobrio, puntuale e un po' accorato di povere donne operose. di vagabondi, di vecchi, di monelli, di dise• redati. .. Dopo di che l'eloquenza tronfia ed en- fatica, la pittura e di storia•, o Il mondo inerte e scenografico dei paesisti, dei e prospettici•. ovvero quelle perle di ra!· finata eleganza che furono le opere di Pietro e Alessandro Loghi, di Rosalba Carriera, e cosi via, slcchè è fuor di dub· bio che. all'epoca dell'Arcadia e delle par• rucchè, la cultura è ancora la particolare cutura, orientata nel senso che, secondo l'antinomia ammessa in principio, è quella dell 'anti tradizione. Dei caratteri regionali poco restava In piedi: qualche !imldo e sporadico segno, più o meno a(fàtturato o contaminato di arcadiche dolcezze; ma, generalizzato nei paesi di più viva attività artistica, il gu– sto dell'artificlc,, della squisitezza e della raffit'latezza, fine a se stessa. Cosi, anche in Francia, anzi, principal– mente in Francia, dove l'arte dava già i segni di una vitalità, che si sarebbe poi imposta a tutto il mondo, tino a togliere all'Italia quel compito di guida, che, per tanto tempo, era stato suo appannaggio, cosi in Francia. la pittura u!ficiale si ille– giadriva nelle frivole eleganze di un Wat– teau, nella manierata mitologia di Bou· cher, per fare due nomi più in vista: que– sti erano infatti i campioni della raffi– natezza francese, dell'alta scuola del gusto, o quanto meno, i· più cor.soni allo spirito della cultura. del tempo. E non è senza significato cht:, ove un residuo, un segno di quelle qualità che noi chiamiamo tradi· zione si manifesta in maniera palese, è, anche qui, nel campo che potremmo dire opposto, cioè nel campo della cultura non ufficiale, o, per lo meno nel campo di una cultura e di un gusto che hanno salvato e conservato una certa naturale e spontanea autenticità di modi. E in Francia allora tale genuinità e fran· chezza fu il pregio di un artista di poca cultura, di un uomo rozzo, potTemmo dire di un artigiano, figlio di. quella modesta borghesia, che era rimasta ancora la mi– gliore custode dell'antico retaggio di uma– nità e di semplicità· lo Chardin. La parola saggia di Chardin non era quella che annunciava Ja scoperta di nuovi mondi: era la voce di un rozzo, sfuggito alle seduzioni di una società decadente, una voce semplice e antica. che si perdeva nel tempo, come ! segni di una tradizione che è nel sangue. Cosi, anche in Francia, qualcuno, 6enza bisogno di seguire u n programma teorico bellamente elabora.lo, ma obbedendo a una sincera necessità int eriore, e riprendendo sempre a modello la sua semplice realtà quotidiana. operava ancora nel senso del– la 1radizione. Anche partendo dall'impegno di parlare della cultura e della tradizione esclusi· vamente nei momen(t che interessano l'arte italiana, abbiamo visto il discorso scivolare 6UI terreno dell'arte francese. E· troppo chiara la ragione che et ha guidati fuori del seminato strettamente nazionale: mano a mano che I valori dell'arte italiana vanno decadendo e 'perdendo vitalità e in– teresse, mentre. al contrario, la Francia. già così legata alla cultur.a e alla vita delle arti ùgurative italiane, si incammina verso una evidente posizione di guida, è fatale che chiunque vada in cerca dei mo– tivi particolari che formano l'arte di quel momento storico debba spostare il campo dell'indagine proprio là dove quei motivi ìli O ST RE D'ARTE IN ITALIA * La Biennale Triveneta * t·na l11101t« scelt« ,lelle migUo,•i {liovuni e•w••flie clw 011m•,u10 11elle J.!e11e:ie, in 11Utflflio,•,u1:a con ,ut l'il•lti"mo ull'or,li11e ,to,10 tante 11olem,iclw s11esso ste,•ili cli * GIUSEPPE s e I o n 'I' I N o &ono più palesi. Per~iò non sembri fuor di luogo quando ormai, come nel secolo XIX, la F~cia può vantare un sicuro primato nel campo delle arti figurative, non sembri ruor di luogo rivolghsi alle cose dell'arte francese per la nostra indagine sui vari momenti della cuaura e della tradizione. Roberto Longhi, nel voler indicare un rapporto di continuità tra Caravaggio e i p,ttori moderni. getta dei ponti ideali tra Caravaggio e queli artisti francesi i quali possono considerarsi gli inziatori clell'art~ moderna. Courbet e Manet (9). Per chi guardi alla continuita di quella tradizione che muove da Giotto, il ponte Caravagg10- Courbet è sommamente indicativo e signi– ficativo, congiungendo due potenti perso· naiità artistiche, le quali, pure ke a distan· za di secoli e in momenti storicamente diversi, operano partendo da motivi, da in· teressi polemici. da slanci e impulsi di tem_ peramenti inverosimilmente amni. Slanci, interessi polemici, :mpulsi di natura niente affatto culturale ovvero culluralistica, e che perciò interessano e appartengono alla società, e alla sto ria della socletà in– tera, e non alle èli.us e ai particolari gusti e predilezioni di e sse; appartengono alla umanità tutta e non ai rappresentanti di una particolare cu'tura, manipolata secon– do i termini di quei gusti e di quelle pre· dilezionL Nel ponte da Caravaggio a Cour· bel, si congiungono, in eltrl termini, i mo· menti, tra ess.i lontani. di una tradizione ininterrotta (che è la vita, la realtà stessa degli uomini). C06ì, dunque, in un'epoca in cui l'arte ufficiale era rivolta a combattere come volgari le forme e naturali •• in un clima artistico In cui classici e romantici si in– contravano nella condanna di tali presunte • volgarità, Courbet, quest'altro rozzo della storia della pittura, questo contadmo del Doubs, poteva dare il suo augura 1e saluto alla tradizione che con lui si rinnovava in terra di Francia. Irriverenza e disprezzo, i medesimi che furono riservati a Courbet dal neo·pom· peiani del Secondo Impero toccarono poco' più tardi da parte dei conservatori acca· demici a colui che abbiamo visto indicato come altro termine del ponte ideale anzi· detto: il Manet (e con il Manet pos6iamo intendere tutta la schiera degli impreuio– ni.sti, anch'essi impegnati nella polemica violenta che H esponeva agli assalti e at'.o scherno della uf!icialità accademica). E' opinione dlffusa oggi che agh impre.s· sioni.sti spetti il merito di aver continuato nel secolo XIX quella che fu la tradizione della pittura italiana. Una tale opinione, ormai generalizzata quasi Quanto un luogo comune, merita pertanto una messa a punto. che. finalmente. la affranchi dalla indeterminatezza e dalla genericità cui troppo facilmente è a.Wdata. Quando si dice, infatti, che l'impressionismo francese continua la tradizione della pittura italia· na, credo che si pensi subito agli aspetti formali cioè esteriori di tale tradizio-ne, e non a quelli che abbiamo detti umani, so· ciali e etici, e che direi 60stanziali. Ne è prova il fatto che troppo spesso e troppo genericamente si parla di pittura italiana e del modi di essa, portati in Spagna dal Greco, dal Tiepo!o, assimUat! anche diret· tamente in Italia dal Goya e. infine, tra– sferiti in terra di Francia come una merce da esportazione nelle manf di quei vivaci e commissionari • che sarebbero stati gli impressionisti; i quali, da ultimo, avreb· bero manipolato a modo loro quella merce. Questa è la versione più accreditata ne!ie sue linee elementari, semplicistiche quasi quanto una favola per bambini. Tale \·er– sione dice, in altri termini. che la nostra. tradizione (una troppo generica tradizione, in verità.) !u presa ed assunta nei suoi aspetti esteriori, !n certe sue risoluzioni tecniche, nei modi formali, e così via, cioè in tutta la sua "w-esteapparente. e non fa cenno ad alcuno degli impegni umani dei profondi sentimenti, del motivi di una <realtà, viva e continua che sono la fisio– n.omia più solida, la sostanza, la materia più durevole, a mio avviso, 6U cui poggia la continuità di una trodi.zione. Si disse, e si dice, che negli impreuionisEi e continua la luce veneziana•: per chi ponga 11signi– ficato della rivoluzione impressionista tutta ed esclusivamente nella riconquista della luce, il prob 1ema si presenta di or· dine eminentemente tecnko e scientifico, e si esaurisce in tali termini. Ma questi, che pure sono aspetti interessanti e vivi della questione. che sono forse pure i più suggestivi, 5000 anche, Indubbiamente. i meno profondi e non investono, pertanto, la sostaza della cosa. · Un aspetto interessante della continuità di determinati motivi della tradizione ita· liana in terra di Francia nella seconda metà del secolo XIX, una interpretazione non più formale, perché -altrimenti moti· vata e soprattutto di più solido sapore, è, invece, que 1la per cui Roberto Longhi ar– riva a definire il Caravaggio medesimo e in nuce un impressionista• (10): Cara– vaggio proloimpreuioni.3ta, in quanto crea· tore del e lume particolare •, che pane le cose e i personaggi rappresentati nella luce in cui appaiono più naturali, indican– do così quale pittura e naturale• quella che fissa l'apparenza e le impressioni che Cidànno le cose. Posto in questi termini i1 problema su– pera invero le condizioni piattamente for– mali che si dicevano poco fa, per entrare nel merito di impegni più solidi. i quali riguardano non già la pura tecnica, ma la sostanza viva del problema. vale a dire la verità stessa della rappresentazione; sicché, se far e naturale • vuol dire fissare l'apparenza e l'impressione che ci dànno le cose, quali che siano i mezzi, le soluzioni tecniche, bisogna riconoscere che ciò era esattamente nel propositi degli impres– sionisti. Nondimeno, volendo indicare il punto dove gli impreuioni.slt potrebbero consi· derarsi con più fondatezza i continuatori dì una tradizione cosiddetta italiana. è pro– prio sul piano dell'impegno umano che quel punto può essere ricercato. Va cioè ricercato in quello che potè essere. I'impe– gno a rappresentare i personaggi del tem– po. a documentare la realtà del tempo a rappresentare la società contempora~ea più viva e attiva o a giudicare, ove occorra quella società. ' La critica formalista ha fm qui preferito non addentrarsi in una indagine di tal genere, fermandosi invece più volentieri DOM"'E~ICO PURIFICA'NJ (Continua a pac. 7)

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