la Fiera Letteraria - XII - n. 27 - 7 luglio 1957

Domenica 7 luglio 1957 CRO 'ACHE DEL PIACEHE * PBOSPErrTI\ A UISENTlllEXTO * di .-tl,l•OHW G,~11'1'(> .r: Il Ca,·allino > di \"enezia pubblicò anni fa. nel 1943. in una cartella con prefazione di Leonardo Sinisgalli. dodici disegni che Scipione dedicò ai dodici mesi dell'anno. Forse nati dall'occasione gior– nalistica. questi disegni che ora mi riguardo hanno in sè tale vita d'immaginazione e d'ironia. tale in– confondibile tratto da farli aggiungere agli esempi maggiori e più illustri dell'intmitabile vena sc::ipio– nesca. Sono bambini paffuti e trombettieri. maschere e guanti (i guanti e flaccidi> di Scipione). famiglie che passeggiano sotto il segno dell'Ariete per l"aria marzolina - oh. ,·cdetcle. la ragazzetta paffutella e marinara! - il puro nudo d'Aprile che donne. una dolce serenata di giugno amorosamente fiorita come un ).Iillet. il bell"assetato che s"inonda della sua sete sotto la c3nicola. rampia romana estiva col suo ventaglietto: immagini ormai familiari del mondo del pittore. E proprie di commozione ritro,·o queste parole di Sinisgalli: " In pochi anni Scipione ha fatto tanto cammino: egli ha guadagnato la gloria, mentre noi abbiamo perduto la giovinezza>. Donghi e tu1 curioso pittore. Dipinge come p2rla, con quella sua aria incredula e pure sensata. con uno stupore che è a volte un miracoloso ebetismo di fronte agli a,·venimenti della vita. con una ca– denza fitta e minuta delle parole che poi gli s·ar– monizzano in un discorso quasi cantato. così come dalle proprie pennellatine smalta la pittura. Al di là dell"arte. le sue opere decantano sempre un mondo di fìgurette pQpOlaresche. colte per conci– sione. per nettezza di piani coloristici. in una pe~– sierosa fissità di paesaggi descritti e diremmo filati in un'estesa ricordanza. Ha scritto Z\Iatisse. parlando del suo disegno: ":'ionost:mte l'assenza di segni incrociati. d'ombre o di mezzetinte. io non m'inibisco il gioco dei ,-a– lori. le modulazioni. Io modulo con il mio segno più o meno fitto, più o meno tenue. e soprattutto con le- superfici che rie ,·engono delimitate sulla carta bianca. Io faccio vivere le dh·ersc campiture della mia cart:i. bianca. senza lavorarci su. ma con accostamenti. Si può vedere ciò molto bene nei di– segni di Rembrandt e di Turner. e genericamente nei disegni dei "coloristi>. Riassumendo. io la,·oro senza teorie. Io ho soltanto coscienza delle mie forze e ,·ado spinto da un'idea ch'io non conosco ,·era– mente che a misura ch'essa si spiega dalla elabora– zione del quadro. Come diceva Chardin: ·· Aggiungo (o tolgo. perchè io gratto molto) sino a che è ne– cessario. Fare un Quadro sembrerà logico come co– struire una casa se si sarà proceduto con buoni principi. Del lato "umano .. non ci si de,·e occu– pare. C'è o non c·è. Quando c·e. colora l'opera no– nostante tutto··. Prima aveva detto: " E' per libe– rare la grazia che io studio tanto prima di fare un disegno a penna. Io non mi faccio mai violenza: al contrario, io sono il ballerino o l'equilibrista che comincia la sua giornata con molte ore di allena– mento, in modo che tutte le parti del suo corpo gli ubbidiscano quando. davanti al suo pubblico. egli ,·uol rendere le sue emozioni con continui movi– menti di danza. lenti o vivi. o con un'elegante pi– roetta. A proposito di prospetth·a: i miei disegni definitivi al tratto hanno sempre il proprio spazio luminoso. gli oggetti ritratti sono nei loro rispetth·i piani. dunque in prospettiva. mn in una prospettiva di. sentimento, in una prospetth·a e,·ocata > LA rtEIIA LET1EHAHIA Jacopo Bassano: « L'adorazione dei Jlagi » ()lostra di Venezia) ~.\ZIO:'\~ E UJ<~GJO:'\"E * SARDEGNA LETTERARIA * .-t,u•he la c1tlt1wci snrcln clece sci,,e,• 01Je1·are nella ,<,toria . ... 11- 11e1·a11clo il clislacco tra cult,u·n 11c1:ionale e ciiltu.ra 1·eyio11nle * di ENRICO FALQUI e ;~ 1 t~~~:e;;;~:,~~\r:·\i:~i:~ ~e di~l~~~1~ii~~f1a"~~~t3:;: ~~= ~~~~i~~~ f ~te~~te~~Ù 0 ade ~~ f 0 ';i~:niq~~lf.is1~u~f~~bi:~~ a Cagliari. nei giorni scorsi. periore, evitando sia il gret- occhieggiamento politico-so- le esigenze dell;i cultura e ~i~i~itb~tri~g~!.f{;aoseg~:~~ ~~:og~lifi~~~~ J~a s~ 1 t~:t~~ f~al~ich~nff~~t:~\~c:sa~s~~~~~~ ~~~~;;te~c~nf~end!~;itibepnr~~ Oltre al 6olerte Tommaso di riuscirvi senza rinunziare etico.artistica. blemi sociali collettivi (sul Bozza, che lo ha presieduto e olle esigenze e alle caratteri· Per fortuna abbiamo già tipo di quelli drammatica• concluso, e oltre al direttore siiche proprie della Sardegna, avuto migliore occasione di mente registrati, per la Sar– della rivista stessa, Gino facendo 6i che tra cultura na- osservare che negli iscrittori degna più diseredata, _da Ma– Montesanto, che ne ha ll1u· zionale e cultura regionale vi In prosa, non casuali nè mo• ria Giobbe nel suo Diano di strato i termini; e senza tra- sia un reciproco 6Cambio di mentanei, l'uso e l'aiuto e il una maestrina: Lalerza, Ba– scurare alcuni pugnaci mter- Interessi e di valori, senza rinforzo del dialetto, quando ri; o poeticamente narrali da Iocutorit appartenenti in gran che l'una si provincializzi e non è appiccicatamente lessi• Salvatore cambosu in Una parte al gruppo e alla ten- l'altra si cosmopolizzi oltre cale, ma stilistico, tecnico, stagione a Orolai: Istituto di denza della rivista Jchnusa, quel tanto che può invece gio· strutturale, interno, organi· Propaganda libraria, l\1ilano) quattro .sono sta!i gli oratori vare a ciascuna per restar co, non corrisponde mai ad coi patèmi artistici personali. che lo banno decisamente ~li- fedele alla propria origine, uno svolgimento di tipo e po- li problema del distacco tra ment.ato con le loro relaz10- esigenza e mèta, e per non Polaresco •, n è difatti po- cultura nazionale e cultura ni: P1er10a Falchi per la lstru· snaturare, livellare e appiatL trebbe senza corromper.si e regionale va impostato tenen· zione, Giampier'? J?~re per la lire ogni contributo. perde;sl in u n preziosis mo do presente che "la queslio• Letteratur";, ,V1rg1~10 Guzzl Costituirebbe un vantaggio vuoi arcaico vuol gergale: se- ne di fondo - giusta l'osser– per 1~ Arti flgura~ive, Paolo lo sciogliersi e quasi l'annul· gna, al contrarlo, come in vazione del Pigliaru (lchnusa, 1:osc~ per la Musica. E n~l: tarsi, o, meglio, l'inserirsi e un Verga splendidamente, il X) - resta sempre la stessa: 6 1 puo neg~re ch7 quanto piu l'etfondersi della cultura re· raggiungimento dl un più in- il bisogno di sprovincializ• le cifre e 1 n9m1 for:n.avano gionale nella cultura nazio- 1~ ~ocumentaz.1one cu! tn de- nale, sino a non potervi più fmlllva reslavan<? affidate le essere identificata e contrad· "c;~\ ; ~::r~~r: ~~ti~~ 1 . 0 ~~~~~gvg~~~ l~~ p~~t~ 0 r~ ~lf:V~i~ t~n~~r~f~ ~:U:!;~i~:~ ~~~f!~: !ais~aamst:t~~k~~ a casa sua per farsi un'idea del suo pregio. Ho da zie al !me _di diradare alcuni sclenti!ico al campa artistico· lui riveduti e ben altrimenti apprezzati dei quadri ~;vJiH•udn1~,~~!i~~~toctili~~!f~ ~;tt~~f[~ritne:. ~~~d~~ige7; ~:Ot~,-~~rpi~~~t~l a;u;I~:=~d~ Sh;at~~:t;::~a~f ~~~~a.: nazionale in. rapporto alla cultura regionale deve, nelle e pieno di ingenue bellezze: i suoi alberi sono su- re;~!p~~ 11 f ct'~~~~~l~~~;a:odna~~~r:.~\:!n!~ti!~~~:i~cl:i~~~ perbi. Gli ho accennato a quanto de,·o fare per lo tano_ p 1 u ~elle astratt~zze nel senso chiuso ed ostile che "Orfeo". !\l'ha detto di tirare a,·anti. fidandomi Ji teor_1che e aiutano .a sa.gç1~r- di solito s'attrlbulsce al ter· ciò che avverrà: e cosi che egli fa la maggior parte ne m concreto la poss1b1htà, mine. Al contrario. La salva- delle ,·olte. ~on ammette che si possano fare belle se non_del tutto la cei:tezza ~l guardia della distinzione re· cose dandosi infinita pena. Tiziano. Raffaello. Ru- attuauone. La Falchi, al. r1: gionale non implica l'obbll· bens. ecc., hanno fatto con facilità. E.:;si non e:-ano guardo. ha espost~ numerica gatoriil cad\.lta. nella schiavitù nel ,·ero che quando Cace,·ano ciò che sapevano f!lènte 4ua.nt_o è g,à .sta~o rea.- provinciale. Nulla vieta ad bene: solamente il loro bagaglio era più complesso l!zzato (~. e .n~olt':), rispetto un artista di attingere il mag· ~~riu:~o e~:1~l~i:.lt~O~~!tl~:i;oq:~~::n:~CÌ)~i~aft1a~ ~~13i~~~f~~l~~t ~~;!~~~t:z/~; ~i°Ji fétl~~j~;!c~~~~~re~t~ voro è sempre indispensabile. Corot s'affatica molto ~~r!!ba~ido~~-~1fzz~~fon~~ en~l ~~:;far~~te~~Ìl~~~;f~~ 5 J~i! su un oggetto. Le idee gli \"engono ed egli le ela- campo della 1struz1one: dalla propria terra. Gli esempi 60 . bora lavorando: è la maniera buona•· Su quest'ul· ele~ent~re. (sopratt 1 utto) 3:lla no sulle labbra di tutti. Chi, tima affermazione credo che si sia tutti d'accordo: um,·e~1tana. Nè e è mot1v_o Ieri, più sardo della Deled• un punto fermo del la,·oro dei veri art.isti. anche di dub1t~re che, se hf:n gu1- da? Eppure ch1 più europeo? se non e una ,·erità concorde delle estetiche. dato e hbe.ralmente, 11 pro· E. oggi, chi si sentirebbe di ALFONSO GATIO gres~o _contmuerà. ad appro: relegare un Giuseppe Dessi '---------------------' (ond1rs1 e ,slargarsi nel ,setto nella cerchia più 0 meno fol• cloristica e inesperta degli e .scrittori provinciali >? Non certo quelli che lo conoscono e lo apprez:zano al giusto: da quando nel ·39 esordì con il romanzo di San Silvano alla recente raccolta novellistica Isola dell'angelo (con la qua– le ha avuto felice inizio la collana letteraria Aretu.sa, di– retta dal Bocelll ed edita dal– lo Sciascia). Similmente la naturale tendenza rapsodica e aedica di alcuni poeti sar– di, dal Satta al Silanus. dal Masala al Cossu, dal Cossù al Frau. non già Li relega nel proprio borgo, bensì li ricollega con una corrente poetica reperibile anche in lontani paesi. (Cfr. il nume– ro unico del Convegno, in data: novembre 1950). Jacopo Bassano: « Ragano che soffia sul tiuone • (Mostra. di Venezia) Comunque non ,sarà mai timo possesso e, nello stesso z3re una cultura, ma di spro– per meschine ragioni di con• tempo, di un piò poetico fio- vlncializzarla non attraverso tenuto che un artista rimar• rire della materia: quasi un una semplice negazione di rà "pro,•incial.e • ,bensì per premio. una liberazione. Col· contenuto, piuttosto attraver– sacrosanti motivi di spirito e l'eliminare impacci e resi- so un decisivo superamento di stile. stenze. dà ed accresce pre- delle forme tradizionali, o di Ove il folclore non venga cisione; col condurre e te• alcune forme tradizionali in adoperato in esclusiva e doz• ner fermi ad una natività cui ancora si esprime la vita zinale e appariscente funzio- non soltanto idiomatica, della cultura sarda. La quale ne di "elemento pittoresco>, scioglie e libera la fantasia. fondamentalmente. è co~ba~• ma sia per contro esteso !i· E dovremo tornare a ripe• tuta tra d~e ~tremi. ~estinat1, no ad includerE: e riesprime• tere che uno dei contributi com~ tu\h gl,1 esren:11, a. toc• r~ una determinata "eone:-- più valorosi all'arte narrati• cars1 p1_u d ~a ,olta. d_a z1one del mondo e della v1• va del Novecento è stato for• un lato tl, regio":allsmo ret~– ta >. anche il folclore può nì:o con esemplare genero- v_o e da~ 3:1tro 11 cosmopoh: cont:i~uire ad arricchire. di· sità • e sicura Originalità. da h~mo arllf1~ioso: , e du<:: modi vers1f1candol_a. e comple~ando· taluni nostri scrittori, muo- dt e~sere d1. un 1 ,denh~?. at– ta_. la t~admone n_a~10nale. ventisi. per così dire. sopra tegg1amento. mtel ettuahstica• D1pendera dallo spirito col un piano provinciale? Non ment~ evasivo rispetto alla quale un artista vi ricorrerà: c'è illustre meridiano che non eff~tt1,•a -realtà e responsa– daUa _tor:za, dalla necessit~. possa passare attraverso la b1h~~ ?ella cl!lt°:ra •. Respon– d~lla _1!1d1pendenza, dalla ori- cruna d"ago del più minu- sab1lita c~e s1 riassume e nel gma!1ta con la q.uale saprà scolo campanile di paese. A dovere d1. ope_rare nella st~• serv1r~e. E al r1gua:do sa- sapervela far rivivere, l'Ita• 1 ria>, affmch~ n~nc~e m rebbe mteressante nsoffer• lia fiorisce in ogni regione: Sardegna suss1~ta 11 distacco marsi sul rapporto tra lingua è come un tappeto di tanti tra cul_tura nazionale e c1:1-1tu– e dialetto e sugli inOussi e colori. Perchè volerla unifor- ra _regionale e non. contmui, ~~flip~;;~ciogegi~~f!~~c~~~~ mare? • 'è la mod?rni~à è ma~ ~~gi~;~:;e~~e11o"ir~vac~U~~~ mati ad assistere come ad uno st ata un appannaggio degh progredita e cultura arretra• spettacolo promettenté.. men- scritto~ me~ropolitani e ba• ta, tra _cultura aperta e cui• tre nei casi più vistosi tutto sta. Disgraziatamente l'erro• tura chiusa. Jacopo Bassano: • L'adorazione dei pastori> (pari.) ()[ ostra. di Venezia} si limita a furbesche mani• re in cui molto spesso s'in· EXRICO FALQUI Pa,z. 3 CODICE SICILL\XO DI TEFAXO V-ARRIGO * PIU' CHE VERSI • • • 1•ittate 1mo1ag·101 * di <;LORGIO CAPRO;",L Un altro pesciolino d'oro è capita~ nella nostra rete. in questa "orribile> calura surreale crestate è appena co• minciata) che ci obbliga a scrlvere a piedi scalzi. vestiti quel tanto che basta alla decenza: un p~ciolino proveniente dai ribollenti mari del Sud. ma per fortuna nostra non di superficie e per– ciò freschissimo al tatto. tale comunque che a tenerlo sul palmo della mano (senza strizzarlo troppo per non soffo– carlo. dal momento che. se non è il solito sgombro già sott'oJio. non è nem– meno un'anguilla o una murena: e per di più non è ancora "individuo adulto>) è come se ci tenessimo una monetina metallica. fredda d'estate - chi non lo sa - e calda d'inverno. (E chissà che domani non diventi la machadiana mo– netina dell'anima. che si perde se non si dà). Nome del pesciolino. secondo il no– stro Linneo. Codice siciliano; scopritore (editore) Scheiwiller: habitat, lo stretto fra Scilla e Cariddi. e precisamente dalla parte di Cariddi, essendo il D"Ar– rigo nato a :\Iessina (anzi nell"araba Ali :\Iarina in prov. di !\lessina) il 18 ot– tobre 1919. Quando D'Arrigo. l'altr'anno. timida– mente e senza virtù da parte nostra (forse fiducinso nellà nostra " cordia– lità>: giacchè ci interessano di più gli uomini. destinati a non morire. che i libri: morituri. te salutant: e per questo non siamo affatto cordiali, e oppor– remo sempre un muro di silenzio - magari contesto di mattoni di mille scuse - ai libri non sbagliati ma bu– giardi. i cuì autori non sono uomini ma fondazioni pseudo culturali: quelle che reggono il mondo): quando C'Arrigo ci fece capire che stava cercando qualcu– no che lo presentasse su Letteratura, così scrivemmo: Ci pare che D·Arrigo non abbia bi• sogno che ci vestiamo da ,·alletto per annunciare, sulla porta del salone. e en– tra il poeta>. Senza far questione di grandezza (nessuno di noi è grande). egli si presenta cosi- naturalmente en poete da render superflua. anche se ri– mane d'obbligo in questa sede. la for– malìtà. Tanto viva balza dai suoi versi. con uno slancio perfino eccessivo. la natura poetica dell'uomo. la quale non va davvero cercata col lanternino nella rete d'una tecnica che forse deve an– cora snodarsi e articolarsi negli anni. per rompere certa contenuta staticità attuale. Più che versi, dicevamo in quella no– tizia. quelli di D'Arrigo ci sembrano immagini dipinte, colorate, anzi pittate su un buon legno d'antica scuola sici– liana, tanto per dire in qualche modo il fondo arcaico - di cultura radicata a una terra e a una storia, e per ciò risentita.mente pcpobresca - di questo nostro giovane amìco: barocco senza dubbio nell'espressione. ma d'un barocco (passi l'anacronismo) che però va in– teso soltanto nel senso migliore. per quel misto - per quella unificazione - di qualità pittoriche e scultoree insieme, che le sue immagini in legno conser– vano sempre. Ci siamo provati (ci eravamo pro- • vati già allora, sempre in quella noti– zia) a far l'inventario degli\ oggetti no– minati in una o due poesie soltanto: l'oro. la madre, i figli, il miele. il fiele. le locuste, i lenzuoli, lo sciroppo, i pa– ladini, le chiome (non i capelli). la co– razza, lo scorpione. il guanciale. la fame la sete ecc~tera. tutte parole d'un co– dice prettamente siciliano. sì. ma anche eterne quanto la Bibbia e ogni altro testo sacro (poemi cavallereschi e canti popolari compresi), che D'Arrigo uon si limita a trascrivere ma sa Sentire e inventare fino a fnrle rivivere e circo– lare tra noi, cariche - o ricaricate, dopo che le mani dei troppi esteti Je avevano consunte - delle loro infinite vibrazioni alla radice del nostro sangue italiano: giacche è una Sicilia della can– zone jtaliana (arabo-normanno-sveva: medievale, in una parola), più che del mito greco, quella che il nostro amico ci offre. Una Sicilia che ha radici lun– ghe fino al palazzo di Federigo II, e forse anche più indietro, più addentro ancora. Fino a risoffrire, nell'esilio ro– mano ( < lui d'una Tazza dai. lobi forati - per le SILe fedi, lui arabo e lui svevo:,,) il grande cuore del suo lbn Hamdis, cacciato non di nido ma "di paradiso• dai Nonnanni (e non ci n1ole molto a capire quali fatti e chi pos– sano essere stati " i normanni• per il Qostro amico). Oh e•à dell'oro. po:::ne e locus'.a. 1a madre sulla tua mai;pa è donna mora e viene a noi con la meual\ll a. ,•eliero colmo di chiome e di gra:10. :'.\la noi. noi tu virili qui Ci ,·oli, batfu:i come tuoi paladini in oro e g:rumi di sangue wlle pale. -pi:ta:.i un giorno che suoniamo v:~: e co.--no. ,·inti da se~e e da fame Coo:ro :a :-ue \corana di z~chi, ,o, età cupa dell'oro. locusta C'hef:llo al cuore qui dep:-edi e ere.se: questa mia razza dal lobi ! ora:i per le mie fedi. io arabo e lo svevo. parole ·e f'Umì qui in S!.cllia levo. Fortuna di chi ha una terra. dentro. da ricordare e da esprimere. Ed è con questa < grammatica elementare delle cose e dei demoni>. come ebbe ad espri· mersi Oreste ì\lacrì a proposito d·un al– tro poeta del Sud: è con questo e umor nero della patria:,, (id.) che D'Arrigo. da ur. capo a!raltro delle sue pagine, :ntarsia nel legno n discorso. Un di– scorso che non e mai privato ma. in privatissima persona. d'un'intera gente. e sempre con la profonda e quasi te– starda memoria (presenza) dei fatti più remoti. propria di tutte le terre d'Eu– ropa do,·e paS'Saro t Mori (come fonda– tori d'una nostalgia più che come sem– plici e terrificanti scorritori e conquista– tori). lasciando un fiore più forte dello stesso " orribile > ricordo del primo ap– prodo. capace ancor oggi da noi (e D'Arrigo riesce a dimostrarlo) di dar frutto "italiano>. In una nazione letteraria come la no– stra. dove necessariamente e mancato un Garcia Lorca. questo primo risultato di D'Arrigo nella direzione d'un legame stretto con il patrimonio oroginario e originale d'una nostra terra (quella che ci ha dato la lingua, e sia pure chier– cuta: ma che pur ha tenuto conto di quel .sicilia.no, arabo-nonnanno-sve,·o) ci pare già un tentativo (dal momento che D"Arrigo non riesce ad approfittar– sene letterariamente: come i falsi pro– feti della < denuncia sociale >, o come un poco se ne approfittò lo stesso I.orca. coi suoi espressionismi e surrealismi e ~imbolismi "europei>: ma Lorca fu un mulino tale da macinare e da restituire in farina spagnola. e perciò veramente europea. non soltanto Parigi. ma la stessa Xew York e la stessa spagnolesca Ro– ma) degno d'attenzione. e proprio per i risultati che dà e che potrà dare (che potrà dargli. appunto) nel senso di un concreto rinnovamento, dalle radici. della nostra poesia: quella che trafela– tamente e supinamente. oggi. ,·a cer– cando i suoi letterari riscatti (letterari e perciò negatl\"i) in un astratto illusorio cosmorama culturale. dimenticando che la cultura vera rimane e rimarrà sem– pre la lingua (sia pure chiercuta co– me la nostra lingua lingua siculo-t06Ca– cana) di ciascuna gente. Lingua forte– mente abbronzata (morata) in D'Arri– go. ma che già con sufficiente esattezza riflette il suo volto di arabo-italiano co– me lo aHebbe scolpito il Bernini: anzi. di arabo all'italiana. Giust1ppunto di ).loro. ).[a il lettore legga per proprio conto. dopo tutte queste parole, almeno Per un fanciullo ingaggiato come angelo du– rante una sacra rappresentazione in Si– cilia, o In una lingua che non .st pud dire (" Nessuno più mi chiama in una lingua che mia madre fa bionda. az– zurra e sveva>) od Oh care, oh nere anime, o. soprattutto i Versi per la ma– dre e per la quaglia, antichi quanto la poesia e perciò modernissimi. che an· drebbero citati interi ~r la loro forza e la loro gentilezza. nientre dobbiamo contentarci di qualche stralcip: Tu madre batti presaga !e c:g:ta pc.r una quaglia che entra nell'isola. ti \ ~a al.l°alba rosa ne..Ue braccia dall 'A.tr =.ca anoora fresca d1 luna. Coo,e sta ai patti (tu d:.cevi, madre) que6ta cre-a:ura: in mano. qUi, si pos.a la sua vita brt'!\·e e vaca. il ,uo ,·f";.o Come muore per noi. come si .. tocca. carità di o:o, m~ na ehe si scioglie in bocca per ammansire la fame. E non ci danca il suo grido d'addio. !l suo ,·en.o di morte: appena un soffio !:a le fog!.ie. è la traccia del nu.'.la_ Spatrlato di là. o1tre lo Scilla - e ~i Xord è nella tua l)U:Pilla dove un lupo va.gola in ne"\·e e sangue per le ~er.e ora son lo le qu3.glia che pigola. madre. alla soglia di calce rosa an'.ica. in una diversa caccia, si dolce. minaccia lie"lt-e, seherma,;l!a di !u,zhe; ora 600 lo la quaclia -p;ù rit.rOG1 one vola ootto le tue ciglia e m~-e nel tuo sonno liscie le sue ali. 1.--erso la tua voce vOJ;ata deDe az:z:urre ru~e 'di giove.n:ù. E U mio cuore c:-esce. tuo boccone. sul labbro che lo chiama. perohè a Sud oh come ~•ama cupo cup,,:> tuo ftgilo ohe muo:e per la tua Carne Quanta tenerezza (<con sguardi e con parole, con l'aurea I semplicità di un poeta che si. chiama I Saba, di cosi. estra– nea indole I all'araba tua e mia. ma ui· ci.na I a questo terribile cuore, in fama I d i risuonare sempre con amore:,,). Quanta verità. con la poesia. E. con la poesia. quale denuncia in profondo (que– sta volta sì), in una situazione colta nel cuore degli affetti stessi: nella realtà d'una madre (d'una gente) per cui la quaglia che arriva stracca dall"Africa (col suo e intrepido cuoricino, un cuore I solo nell'immensità col suo desio / di farsi un nido di pietd nel suo / destino• J è per Agata Miracolo. vedo,·a O'Arriito. "salvatrice I d'estate e d'autunno dei suoi figli•· Ma ahime che ci siamo commossi. e quasi stavamo per invitare Stefano, alla maniera cortese della poesia. non a ri· portarci ai suoi neri < iempi d'oro:,, al ro– vescio. bensì se mai gli capitasse di tor– nare in Sicilia. di fare un passo là nel camposanto di SanrOrsola a Palermo. dove sotto le Madooie e sul fiume Lo– reto (tra rocce color di sole e di miele. mentre il palpito d'una motopompa con· tro la siccità non cessa di scandire notte e giorno il tempo eterno), le due tombe dei livornesi Anna Picchi e Attilio Ca– proni attendono una viva lacrima. Di fare un passo fin là e di deµorvi. come un fiore, questo suo canto d'amor filiale. mostrando a quelle tombe la dolcezza del suo mite volto di 11oro (uno dei Quattro ).lori incatenati), perché Anna e Attilio. fra i Mori, non temano p:ù. e si sentano meno soli. E chi è commos· so. come può più giudicare? Paoe. r..s:oro: d:.ee infine ehi sa I~ere in froa te una ::..iga e di re da siepe a s:epe le strote:te d'oro per quel!e ani~ di Purga~or'.o. Pace. t1.storo: Loie a mente c.~ sa dare un nome a un -profi"'.odi ::;,ipe, alito all'ar:e. sospiro a un n;en·e Versi che Stefano D'tyrìgo ha scritto. si. per i cani ( < Latrano, oh care. oh nere anime i.n pena .., Latrano, e sono fa– miliari anime, I i cani che ci fiutarlo nel sonno, I dall'aldilà ci guardano con oc· chi / di tiz=oni raspando alla soglia ... >). :\la versi che Stefano ci offre anche per loro. )Ientre noi... Xoi ci siamo commossi. ,·ergogna. Noi che dovevamo im·ece (,·ergogna da,,.-e– rol concludere una recensione. GIORGIO CAPRONI

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