la Fiera Letteraria - XII - n. 21 - 26 maggio 1957

Pag. 4 LA FIERA LETTERARIA Domenica 26 maggio 1957 IL SOGGIORNO NAPOLETANO DI GABRIELE D'ANNUNZIO Il 14 lug!lo 1891. trovandosi a Francavilla dove già da qualche mese il pittore Fran– cesco Paolo Michettl gll dava rUugio da– il'imperversantl uscieri contro la sua casa di Roma, Gabriele D'Annunzio scriveva aL l'editore Treves per comunicargli di aver compiuto un nuovo romanzo. L'innocente; che gli spediva il 5 agosto successivo. Ma nel giro di pochi giorni iJ Treves glie.lo restituiva 'r!Ilutando. come troppo immora– le: ragion per cui il D'Annunzio metteva in valigia il manoscritto. e partiva in piena estate. che l'agosto non era ancora finito, -per dove? Per Napoli. Due anni chiavedel poeta Che cosa dunque. in tale circostanza. lo spingeva. non per esempio a Roma. norma– le sede del suo lavoro. fino al 1888 anche come cronista della «Tribuna-? Ovvero. mettiamo, perchè non a Milano, o Firenze, o Bologna. a cercarvi altro editore presso cui collocare il romanzo? Eran pure queili i centri editoriali cui facevano capo I mag. giori ingegni anche del Sud. 11 Verga fra gli altri. S'inserisce qui la notizia precisata dai biografi (e ve-ramente non confermata da più recenti ricerche), se~ondo cui pro. prio quell'estate, a Fl'ancavi!la. il D'Annun– zio .aveva conosciuto una signora dell'alta aristocrazia napoletana. la contessa Maria Angulssola d1 San Damiano, nata dal prin– cipi Gravina Cruyllas di Rammacca: la cui trionfaJe bellezza, che colpisce ancor oggi dalle fotogra!le. non era passata lnavver. tita al mondano e donnaiolo D'Annunzio: il quale, marlto non mai del tutto disa. morato di un'altra e non meno nobile Ma– ria. dei duchi Hardouin di Galles, da tem– po l'aveva passata in giudicato, teorizzan– dola anche testè. nella prima parte dell'In. nocente, in persona di Giuliana. come colei che è sempre amata in quanto sempre per– dona. Quanto a Barbara Leoni, la prima vittoriosa gran rivale della signora D'All– nunzio: da troppi mesi gli era lontana, lui a Francavilla, lei a Roma o altrove, e da troppi anni durava quel.l'amore un di tra– volgente, perchè anch'ella non fosse matura per trapassare, ne11a superstrlte e condizio. nata tenerezza di Gabriele, sul piano della mog'lle; ·matura a lasciar posto ad altre sulla sempre mutevole scena, ma sempre occup'ata e appassionata. del cuore di lui. Non direi tuttavia chci sarebbe bastato quel primo Interesse per la Gravina, quale potè nascere a Francavilla, a volgere il D'An– nunzio sulla strada di Napoli; non foss'altro perchè assUlante soprattutto gli era in quel– l'epoca il problema di far denari:' sia a causa dei debiti suoi propri, sia per li disse– sto provocato alle sostanze di casa D'An– nunzio dalla disordinata condotta del pa– dre, per quanto poco il poeta partecipasse alle preoccupazioni familiarl. ma certo non poteva egli, nelle proprie difficoltà, sentirsi protetto le spalle da quella parte. resta a buon diritto centrale dell'opera sua. Non per nulla a quel periodo appartiene, e di ambiente borbonico meridionale, la con– cezione e parte della stesura delle Vergini deHe rocce; di cu1 certo la materia si pre– senta nienl'affatto scabrosa come negli altri romanzi: non però per maggiore impegno morale. anzi tutt'il contrario perchè della piattaforma superumana si vale per dis– solvere nel punto stesso che l'adopera la materia psicologica. e in genere ogni modo d'iliventare e dl scrivere secondo i criterl naturalistici della verosimiglianza storica che in nota al T-rionfo della Morte rende– vano fiero il D'Annunzio di poter offrire addirittura il riscontro dei documenti. Dis– solta neJle Vergi,ni delle rocce la materia psicologica e storica in quanto tale. che cosa resta? Resta ciò In cui essa si risol– ve. cioè I meri gesti dei personaggi sullo sfondo di un decorativo paesairnlo, del quale anche I gesti dei personaggi finiscono per essere poco più che un elemento decora– tivo: quasi un moP.o d1 lirica danzata; e in tale senso. appunto, lirica e musica. Nel che. giova appena ricordarlo, trovasi il precedente immediato delle Laudi, e più avanti nel tempo, del Notturno; tant'è vero che la singolarissima prosa delle Vergini deUe rocce contiene spesso ben più che il ElJRIAl.-0 E pur ieri. nel 1890, la nuova edizione del– l'lsaotta sotto il titolo di Isottéo, portava fra le poesie ag'glunte l'Epodo in quattro sonetti a Giovanni Marradi .. in onore della nona rima»; dove trovasl inserito il cele– berrimo credo estetico del D'Annunzio, che batte decisamente l'accento lungi dai con– tenuti in vario modo patetici, movendosl semmai in un gusto parnassiano. « O poeta, divina è la Parola; - ne la pura Bellezza iJ· ciel ripose - ogn1 nostra letizia; e il Verso è tutta ... Sennonchè, proprio del pe– riodo napoletano è fra gli scritti culturali del D'Annunzio il più rivelatore, benchè rimasto meno noto di quelli sul Nietzsche: il più rivelatore e importante, perchè na. sce addirittura nel centro del centri deUa sua coscienza poetica. guale sl è maturata finora e quale fiuttificherà poi sempre nelle Laudi e nelle maggiori tragedie e Infine nelle opere notturne: la coscienza della poe– sia come un aldilà dei contenuti dJ cui è fatta. e perfino come un aldilà del signi– ficato delle parole, dove la formula « Il Verso è tutto» resta valida bensl, ma con La verità è. che da qualche anno si erano t:rasferiti a dirigere il ... Corriere di Napo– li,. due vecchi amici del D'Annunzio, Edoar– do ScartogUo e Matilde Serao: intorno ai quali la vecchia capitaJe del Sud, invero di non mai smesse tradizioni di alta cul– tura. stava attraversando un Prestigioso pe– riodo di richiamo anche per la Cosiddetta letteratura militante, movendo e!!icace con– correnza ai .simili periodici del Nord. Non era solo dovuto all'amicizia se il D'Annun– zio. di assat fine naso In codeste cose, già da anni. pur continuando a risiedere a Ro. ma, era diventato anche lui collaboratore del loro giornale! E certamente lo Scarfo– glio. solito a non aver peli sulla llngua. con la stessa apertura d'animo con cui ave– va accolto fra i primissimi in Roma il gio– vine autore del Primo vere e salutato il Canto novo, era poi diventato impaziente delle cineserie e sensualità dell'Intermezzo di rime: e deJle artiflzlate preziosità del– l'lsaotta Guttadduro cosi crudele canzona– tore. nelle parodie intitolate Risaotto at ~o– mi.dàuro, che la cosa era finita in un duello fra canzonante e canzonato. Sennonchè. lo stesso Scarfoglio. neJ 1889, ,pubblicando stù « Corniere di Napoli,. la lirica del D'An– nunzio in terzi°ie, A i poet_a Andrea SpereL li, poi compresa nella Chimera, co,n altret– tanta cordialità dava credito alle più segre– te ambizioni del romanzo Il pi.acere; 11 cui protagonista Andrea Sperelli gli al?pariva tale che dRlle miserie della carne s1 sente attratto .. verso la vita multipla e multi– forme. vibrante, sonante. trascinante. e verM so la grande. arte rispecchialrice dei feno– meni e delle passioni del mondo». Sem– brerà incredibile infatti ai lettori d1 quel romanzo. tutto (quale appare oggi) nel di– letto della carne involto: ma è indubbio che il D'Annunzio scrivendolo. lungi dall'im– medesimarsi nell'egoista e vizioso Sperelli obbediva all'illusione di offrire in lui .il ritratto del « giovin signore,. di fine secolo. e di farsene egli nientemeno che il nuovo Parini. Più Indietro nel tempo, era l'illu– sione per cui, nell'intento di modulare in discorso il grido Immotivato del Canto no– vo. il D'Annunzio aveva guardato all'esem– pio bodleriano di una poesia, romantica confessione di sè: proprio anche in quel– l'Intermezzo di rime che gli avrebbe valso, ben più che I rimbrotti dello Scarfoglio, 1,J i enunzia come ., poeta porco .. da parte del 3UO primo avallatoi'e presso i lettori italiani. l'acrimonioso Giuseppe Chiarini. A seguito di quella denunzia. si era accesa intorno al libro una polemica, passata alle cronache col titolo .. Alla ricerca della ve– recondia ... sul limiti dell'osceno in arte; di cui !'episodio più inopinato tu la presa di posizione del poeta accanto al suoi detrat.. torl e contro i suoi difensori: appunto in funzione della vocazione moralistica che egli si era datà, come l'unica che. nel parti– colare ambiente italiano di allora. cioè non quello dei ., poètes maudits .. dì Parigi. ma dell'austero e borghese professore Carducci. doveva sembrargll degna. per appiccicata che gli restasse, della non appiccicata idea che della propria arte gli adombrava il suo amore per l'arte. Nascerà ranno dopo dagli stessi motivi l'indignata reazione contro lo editore Sommaruga. quando per favorire lo smerclo del Volume di novelle intito– lato Il libro delle vergini lo mandò fuori avvolto in una copertina licenziosa in luogo di quella voluta dall'autore. disegnata di ver– gini bizantine e crocitlssi: nella quale rea– zione. un'altra volta il D'Annunzio si era trovato accanto lo Scarfoglio. persuaso com– mentatore in pubblico della serietà anch.e morale del libro. SI capisce allora perche. nel 1891. al rifiuto del Treves di pubblicare L'innocente, e alle ragioni del rifiuto, il D'Annunzio si ricordasse subito dello ~car– foglio; infatti il nuovo libro. se al disin– cantato lettore appare voluttuosamente nar. cisistico non meno del Pi.acere, come 9uel romanzo anzi forse tn maniera più esphclta era •condotto sulla falsariga di un severo G1sbcrto 'ceracchlni: "I due fratelli" - Galleria del Vantaggio, Roma rocesso morale contro Il clnismo del pro– iagonista· e molto si sarebbe doluto~il D An– nunzio d1 vedersi respinto un'_altra vo~ta ai marginJ della letteratura seria, quasi nel limiti della pornografia. E' noto che, qu~nto a ciò il viaggio a Napoli consegul in pieno lo sc~po: lo Scarfoglio e la Serao diedero gran giudizio del romanzo. aprendogli. spre– giudicatamente le colonne del loro giorna– le; e a Napoli esso tu pubblicato subito do: po in volume, n_el 18~2, daJJ';drtore Bider:i-, insieme con altri libri del D Annunzio pri– ma che facesse pace col Treves; cosl pure a Napoli, in appendice del glorioso .. Mat– tino.. a cui nel frattempo erano passati gli sèar!ogllo, veniva pubblicato, ter?-o e ultimo del « romanzi .dell~ ~osa"· il Tr~9nf.o deUa Morte, simlle a1 pnm1 due per l ispi– razione sensuale, però di tono p1ù amaro, cioè meglio in chiave c~n l'lntenzio!lale mo– ralismo. Che poi proprio in Napoli, e pro– prio mentre lavorava al T.rionfo deU~ M~r– te, accadesse al D'Annunz10 di scoprire_ Ul– terpretando pro domo sua l'opera del N1etz~ sche e il mito del Superuomo. che gli avrebbe permesso d'ora 1n poi di rifiutare puramente e semplicemente le preoccup~– zioni moraleggianti su cu1 cercava anche m (]Uel romanzo dl modellare l 'indociJe mu– sa, e che a Napoli lo avevano cond~tto quasi in disperato appello col manoscritto dell'Innocente; questo può sembrare un pa. radosso, ma non è la minima ragione p~r cui il '.Periodo napoletano del D'Annunz10 presentimento del tono. tema, cadenze, e quasi alcuni spunti precisi,. di Laus vitae e di Alcione. Ora, già prima della quasi schematica risoluzione della psicologia in musica, at– tuata nelle Vergini delle rocce; !t:a tanto vario lavoro condotto innanzl dal D'Annun– zio nei periodo napoletano. che va dall'ago– sto 1891 al dicembre 1893; il lavoro più frut– tuoso, se non proprio di risultati immedia. tamente valevoli, ma più fruttuoso in vi– sta del prossimo e maggior cammino dello scrittore. direi che non sia quello che ri– salta di più nelle bibliografie di quegli an– ni: per esempio, non l'ultima stesura del Trionfo deUa Morte, naturalistica ancora a dispetto delle pagine wagneriane e nicciane all'ultim'ora intromesse, e nonostante i mo– di decorativi e musicali in cui la grev.e materia cerca riscatto qui e là; tanto natu– ralistico libro, che i soliti ricercatori di plagi poterono accusarlo di aver tratto lo episodio d1 Casalbardin? dal romanz9 Lour– des dello Zola, uscito mvece postenormen,– te· e nemmeno gli scritti, diciamo, culturali, co'ntro lo Zola e in pro' del Wagner e del Nietzsche, che segnano più visibilmente il distacco del D'Annunzio dall'orbita del na• turalismo e l'apertura a .tutt'altri orizzonti. Ma sulla strada della risoluzione in mu_– sica della materia psicologica. conforme \1 processo a cui darà rincalzo e sostegno il teorizzato disinteresse del Superuo~o per tutto quanto sia solamente umano, p1u frut– tuoso ci sembra volgere lo sgu~rdo alla poe– sia in versi. che il D.'Annunz10 lavorò ~ra una prosa e l'altra, e che andrà distribuita secondo l'argomento e il metro nelle varie raccolte dell'epoca, Le elegie romane, Poe– ma paradisiaco, Odi, navali, e l'edizione d~– fin1tiva (1894) dell'Intermezzo. Certo, non in codeste raccolte, e \anto meno nella sola parte che risale al giro d'anni al quale cl riferiamo, nasce ex novo la vocazione del D'Annunzio a quel tale modo di musica. Ma abbiamo già accennato. al carattere po– sticcio che hanno le movenze introspettive e bodleriane dell'Intermezzo di rime, intro. dotte per svolgere in qualche modo i! grido lirico che era il primum del Canto novo, e co~testualmente smentite, fra l'altro. dal gusto dell'arabesco elegante. fine a se stes– so· e non è caso che. anche in prosa, già de 1 l P[acere si salvino nella memoria di tut– ti, emergenti isole di un contlnente som– merso. non le psicologie, non ll racconto, ma i bei paesaggi, soprattutto quelli roma– ni, che qui e !à apron~ vere e proprle pause musicali neJl'autoanalisi che costituisce la falsariga del romanzo, sul lontano esempio dell'Education sentimentaie del Flaubert. Più clamoroso indizio di una musa poco disposta a macerarsi in sottigliezze psico– logiche e moralJ, le poesie dell'Isaotta Gut– tadduro; dove il gusto decorativo è condotto agli estremi negli squisiti ri!acimenti dal Poliziano, e parimenti il gusto musicale, con più' spontanea grazia ma senza annul– lare la squisitezza, nelle Romanze e Rondò. più sfumata modulazione della retorica par– nassiana a cui inizialmente appartiene: il Verso. non come ritmo scandito di sillabe, come musica pura. Alludiamo all'articolo pubbllcato sul «Mattino,. del 30-31 dicembre 1892; dove facendo la rassegna delle novità tibrarle dell'anno. il D'Annunzio isola ln gran rilievo le Myricae del Pascoli, benchè nel 1892 fosse già ln seconda edizione; se– gnalando non per la prima volta ai propri lettori quel poeta. tanto più in ombra di \ul, del quale è suo merito aver riconosciuto (ra i primi la freSchissima voce, con una ienerosità invero alquanto insolita, allora e \')Ol. fra concorrenti e colleghi. Ma appunto Qerchè l'articolo è intonatò a cosl evidente \!Onsenso. in un calore di lettura tanto Im– mediato, più sconcertante riesce. ripensan– do al Pascoli, la qualità delle riserve che gli vengono mosse e che. non taciute fra le lodi. si avvalorano reciprocamente di mag. giore autenticità nella reazione del critico. Cosi la maniera troppo « chiara e precisa,» che avrebbe il Pascoli di vedere le cose. quel rappresentarle « nelle loro linee visi– bili», adoperando a tal ùne « parole quasi direi lineari. che disegnano. e pato!e suc– cose che coloriscono», tutt'insieme però. tal– volta. con .. una specie di sorda materia– lità» che non lascia nulla percepibile .. di là dal paesaggio e dalla figura ... In sostan– za, co'nt!nuava il D'Annunzio. nel Pascoli « U fantasma poetico non sorge dalla me– lodia e non ne riceve quasi mal s\gnl!ica– zionl notevoli ..; .. nella sua poesia raramen. te si sente l'indefinito»: cioè "manca il mi– stero (...). quel mistero che soltanto la po– tenza occulta della musica crea intorno ai fantasmi poetici»; e per fare un esempio, « quel mistero che è (...) assai profondo In ceri! sonetti e in certC sestine del Pe• trarca, dove le parole pajono divenire im. materiali e dissolversi nell'Indefinito ... Pensate: negato al Pascoli il senso del mJstero, dell'indefinito e della musica, pro– prio ciò a cui i suoi fedeli sono soliti riconoscerlo! Vero è che il giudizio del D'Annunzio non va letto col testo a fronte del recensito, talchè meno importa sceve– rarvi l'acume di qualche rilievo, per esem– pio la qualità troppo netta e quasi arida della fan 1 asia pascoliana. che non si stan1;a di accumulare nel verso cose su cose, e In questo senso la materialità del suo Hnguag– gio, flno al gusto sgradevolmente mecca– nico deJJe onomatopèe: ma giova leggere li giudlzio dannunziano dall'angolo visuale dello stesso D'Annunzio, occasione di chla. rire in lui per lul il suo ideale di poesia. che prendeva risalto e consapevolezza al confronto con la poesla del Pascoli, proprio perchè tanto simile e tanto diversa. Si tratta giustappunto della poesia còme «indefinito ... come .. mistero .. e come « musica .... ; dove la differenza fra Jl D'Annunzio e il Pasco– li è quantitativa e non qualitativa, sta cioè ln un di più o un di meno della sfuma– tura, oggi si direbbe dissolvenza, con cui i1 giuoco è condotto; indefinito, mistero, muM * Dls liti I C TI I~'I~ I S sica, tre parole slmboHste, al cui lume anche sl rischiara la lunga Influenza eser– citata sul primo D'Annunzio dal dolcissimo e liquefatto Verlaine, lettura di Tullio e Giuliana ancor Ieri nell'Innocente. cioè lo autore deJJ·an poeti.ca contenuta nel ripe– tutissimo verso, ,, De la mnslque avant. tou– te chose "· Talchè infine non meraviglia che a questo stesso periodo napoletano ri– salga un altro incontro letterario del D'An– nunzio. destinato sembrerebbe a meno ra. dicali conseguenz~ che non l'Incontro col Nietzsche, e tuttavia In questa particola.re temperie più formativo di dentro. sugge_nto e convalidato all'arte di lui dalla m~ggiore consapevolezza raggiunta della propri.a qua: lità di musica; diciamo l'!ncon.tr.o coi modi in ogni senso musicali e smbollc1 della poe– sia di colui che nel tardi anni il D'Annun. zio definirà il .... melenso» Maeterllnck. E. codesta scoperta della poesia come mu– sica l'avventura capitale per cui il tumul– tuoso periodo napoletano va ricordato nella storia del D'Annunzio. scolorando al para– gone I pettegolezzi biografici di cui sovrab– bondano le cronache di quel periodo, nel carosello di donne da cu1 il travolgente D'Annunzio. anche lul come il solito, in ciò certamente non avaro ma generoso. si lascia travolgere: nello sfondo la moglie, più vi– cina l'amante di ieri. Barbara Leoni. che ha subodorato il tradimento, ma lui si osti– na a non volerla lasciare. in primo plano la contessa Anguissola, Maria Gravina: e cosl vagante. per distrazione. fra le tre, qualche tresca in margine, come si ha noUM zia nel giugno 1892 con una donna sposata, per di più già amante dello Scar!ogllo, una certa Moricicca, insieme alla quale fu sorpreso dal marito della medesima. Quan– to alla Gravina, nel gennaio 1893 ella gli dava una figlia. con immaginabile scandilo di tutta Napoli aristocratica, ambiente di lei, e susseguente processo per adulterio in– tentato e vinto contro i due amanti dal con– te Anguissola; talch'è in un certo senso non meraviglia che, nove m•?si prima, uscendo In volume L'innocente nell'aprile 1892. pro– prio la Gravina finisse per essere la dedi– cataria di quel romanzo, il cui primo spunto derivò al D'Annunzio dalle sue relazioni con la moglie, ma che nella figura di Giuliana vagheggiò, a confessione di lui, tante grazie di Barbara. Aggiungete le difficoltà tinan. ziarie. che iJ D'Annunzio non aveva mai conosciuto cosl gravi come ora che aveva assunto di vivere more u..xorìo con la Gra– vina, e con i figli di lei e del conte An– guissola per non darle il dispiacere di separarsene. e la neonata crea.tura; morto nel giugno 1893 il padre di lui. portando al colmo il di:Ssesto dei D'Annunzio a Pe– scara: talchè letteralmente in certi giorni mancavano al poeta i soJdi e il credito per far colazione e per affrancare le lettere, e gli uscieri, non tacitati a Roma, venivano per debiti antichi e nuovi a operare nuovi sequestri nelle sue successive e quasi tràn. sfughe cnse di Napoli·. Ma tanto più ardua, e straordinaria davvero in mezzo a tanto tumulto, la profonda zona in cui egli con– tinuava, meglio e più che a leggere Nietz– sche e PascoU e Maeterlinck facendone arM ticolL per il ...Mattino... a svolgere in sé per sé il filo della sua arte, proprio non altrimenti che un anacoreta nel deserto; come guidato nel buio da una luce che vedeva soltanto lui. e di fronte alla qua. le. perdere importanza tutto il resto potrà essere assurdo e magari mostruoso per chi considera l'uomo, ma diventa l'unJco possi– bile angolo visuale per chi considera ciò che di quel tumulto è rimasto in opere concrete. , Anzitutto, naturalmente. ne è rimasto ac– cresciuto il senso della mortale voluttà, ar– gomento del Trionfo deLla Morte, non ultima spinta a cui si deve la conclusione del ro. manzo. da vari anni interrotto: e anche nella poesia in versi, s'intende che tornando al vecchio IntermeZzo di rime per l'edizione deflnltiva 1894, ne risaltasse al D'Annunzio anzitutto l'antico carattere sensualmente amaro: bodleriano e romantico carattere di confessione morale; come si ricava da una lettera al Michetti del dicembre 1893, che del libro mette in rilievo il « significato di tristezza quasi biblico C...J. E' la gere– miade del giovine su cui pesa la fatalità dell'amore distruttivo. - è l'imprecazione della vittima che si dibatte invano sul rogo della concupiscenza ... Parimenti. si continua neL periodo napoletano l'ispirazione psico– logica delle Elegie romane, onde altre poe– sie di quel metro e tlpo completeranno il volume da Napoli. per avventura le plù belle: alle quali. se continuerà a fornire argomento l'inesprimibile animo del poeta !ra pietà e disamore, sarà soltanto una ma. lizlosa curiosità del biografo sottolineare che l'Eletta si chiami ora Maria Gravina anzichè Barbara, e colei a cui si volge l'inu– tile rimpianto, Barbara anzichè Maria di Gallese. E certamente. in modo anche itroppo scoperto, quelle Elegie di .metro barbaro. poste sotto l'insegna goefhiana e con mo– venze qui e là dello Shelley o del Car– ducci, attuano il loro tema nieut'affatto goethiano nè carducclano nè scelleiano in un eccesso di struggimento che gronda ·mu. sica e miele; tanto che. com'è noto, una del 1889 conserva rla una primitiva reda– zione a rondò le rimalmezzo nel corpo dei versi barbari. Ma della risoluzione musica– le, centro e acme di codesti anni, meglio ci sembrano significative le poesie del Poe– ma paradisiaco: perchè •il pretesto introspet– tivo resta in esse un minimo. un dato, dove ciò che conta è il sospiro a cui dà luogo, e la stessa dulcedine in cui il pre– testo si stempera concorre a evaporarlo come tale, larva e musica di se stesso. E' noto che anche i'esperienza che nel 1893 prenderà nome dal Poema paradUliaco co- ;~~1~1doci~po~:t~ 1 ~~;e c~~\~~fi ;~et:J~ 1 ~~~nf~ con tre sestine del 1890. Suspiria de pro– fundis; dove la vecchia forma metrica è usata bensl (secondo scriveva il Carducci della sestlna) a rendere .. l'errar del pensie– ro per un cerchio quasl incantato. nel qua– le gli oggetti fantastici e i reali. e le per– cezionl e i sen!Jmentl e le visJoni si pre– sentano e ripresentano alla mente con sue. cessioni di parvenze dl!fcrenti ma sempre gli stessi .... Sennonchè, per il D'Annunzio, in tale cerchio incantato, le visioni e i sen– timenti e le stesse parole contano meno dell'incantesimo che le porta via: in questo senso, prive della sorda materlalltà rimpro– verala al Pasco!J, ,. indefinite.. come nel IJ:etrarca. Nelle sestine del Poema paradi– siaco l'effetto della raflinatissima forma me. trka. come dl una nota che torna sopra di sé a rarsi eco da sé, viene moltiplicato dal tema sempre eguale. enunciato subito in apertura di ciascuna: la brama del sonno. un rumore che riga il silenzio, l'ardenza arida della febbre: con qualcosa che finisce per diventare addirittura sonnambolico. co. me tanti anni dipoi negl'immobili giuochi metrici del Palazzeschi. Nello stesso modo. I brevi periodetti interiettivi allineati a !or– mare il verso. recano al verso una continua frattura, la cui vera continuità è data. non dallo scandimento metrico su cui è possi– bile ricostituirla. ma dal sospiro che fra pausa e pausa s'introduce. caldo e umido fiato che parla a due bocche vicine prima del1e parole: "Dunque è vero? E' cosl? Questo romore - è supplizio a me solo? ... E' il sospiro che sdllinquisce altresl le ripe. tizioni enfatiche nel giro di un verso. modo di sospiro che si ripete in vari versi a distanza. con effetti dall'uno all'allro tanto più sonnambollci: « tu non potrai, tu non potrai dormire ... « non mi darà, non mi darà mai pace ... e simili. Certamente. re- sta alla forma della sestina qualcosa di troppo chiuso, di troppo architettato, che poco si attaglia. in genere al D'Annunzio, e in particolare all'invertebrato ritmo di cui si giova in questo giro d'esperienze. Sennonchè. già il Gautier aveva avvicina– to all'effetto della sestina itaJiana l'effetto a cui mirava il Baudelaire, In certe Fleurs du mal, quando riprendeva da strofe a stro– fe suggestivamente un medesimo verso. Or. bene, è in analoga direzione che negli anni napoletani viene !ruttando al D'Annunzio l'esercizio delle sestine lavorate nel 1890: cioè, abbandonato il metro della sestina, ma cercando di conseguire con accorgimenti più snodati e Hberi il medesimo effetto musi– calmente sonnambolico. E vorrà essere qui troppo minuto studio specificare gli accor– gimenti tecnici usati dal D'Annunzio allo scopo; talora. ripetendo in rima le stesse parole, magari in diverso significato; talora, con eguale rima insistita nei versi centraJi di una strofe, cui incorniciano due che chiudono sulla stessa parola; taJora. ripe– tendo addirittura un verso, o più versi, in tutte le strofe di un componimento. quasi a gul~a di .ril?rnello, ma incorporato alJ·an. ?amento ritmico della strofe. quasi sciolto u:i essa; talora infine, ripe"tendo appena va– nato un verso dalla chiusa di una strofe all'apertura della seguente. modo tipico del Baudelaire. Sarà appena necessario ricorda– re che appunto quest'ultimo è il modo usa– to nella. cele_berrima Passeggi,ata, scritta per la Gravrna rn quell'aprile 1892 che veniva edito L'i.nnocente dedicato a lei; celeberri. ma poesia per quanto è faJsa e dolciastra; dove pe~ò anche la contestuaJe insincerità del . sentimento che vi si esprime negan– dosi, come chi per conseguire il suo scopo pone cura di nasconderlo (.. Voi non mi amate ed io non vi amo,., ecc.) anche quell'insincerità collabora per parte' sua al– l'effetto d'arte cui guardava il poeta sten– d~ndo in cotali modi la seduttrice poesia, cioè J'e[fetto di rendere più sfumato il con. tenuto sentimentale. Trattata a codesto mo– do. perfino un~ poesia come Pamphila, in sostanza una f1gura di donna eroticamente esagitata Cl}me di tempo in tempo salgono pesanti di 'ingombro carnale dalla vita aJla fantasia del D'Annunzio, ora si dissolve in larva sognata: sia in virtù dell'ampio giro che conduce elusivamente le strofe. -sia va– ghe_ggiando in immagine lo stesso procedi– mento adoperato anzichè badare alla figura d1 donna che se ne forma: « Oggi il potere occulto del mio sogno - evoca pel disgusto mio supremo». ecc. E se un'altra fra le celeberrime poesie della raccolta. Consola. zione. rivolta alla madre (" Non pianger niù. Torna il diletto figlio - alla tua casa. E' stanco di mentire», ecc.), risale al gen– naio 1891. cioè prima dello stretto periodo napoletano, anzi già parafrasata in prosa nell'Innocente per vagheggiare quel mixtu.m co711pOsitu.m di moglie, amante, sorella che vi figura Giuliana; non a caso lo stesso tema. l'anno poi, sarà ripreso e tirato in lungo in due altre poesia, n buon messag– gio, e N11.ovomessaggio. che nella raccolta costituiscono l'annunzio deJl'altra. e in real. tà ne prolungano a ,distanza l'eco: per la necessità magari pratica di scrivere dei ver– si purchessia da fornire al giornale. ma sempre nel gusto di mantrugiare e dissol– vere lo sfatto tema in sempre nuovi sospiri. Bi,ogna tenere presente tale eUetto pre– sente al poeta. per rendersi ragione della mollezza evanescente, materia del libro: la. crimose beltà che contemplano il loro amo– re defunto: e per accentuare la tristezza senza speranza dell'abbandono in cui sono lasciate, inventato già ora, prima assai che sull'orizzonte amoroso del poeta si sostitui– sca alla splendente Gravina la Duse sotto specie della Foscarina del Fuoco, il tema delle beltà dis!iorite; t6cche dal male d'au– tunno; e qui e là larve di personaggi che pronunziano sottovoce assorte parole. come svanili nel ricordo che forse è soltanto so. Riccardo Fra.ncalancia: "La. stalla.'' - Galleria del Grattacielo, Milano gno di qualcosa che mai non fu: e giardini chiusi dove vegliano pallide statue. di cui resta il vago pallore. si dissolve il peso statuario; gesti languidi imprecisati e sug– gestivi, non si sa di che cosa. ma all'e!!etto voluto giova appunto non saper di che cosa. All'evanescenza dei contenuti. rispon– de la flaccidità deUa forma; a cominciare dalle iterazioni, quasi solo per disarmata sincerità di dettato. e invece per compia– ciuta adesione allo struggimento di dentro; e in vari modi la fittizia prosasticità de.i versi. spesso spezzati a singulto. e sempre dissolti uno nell'altro. donde nasce l'msi– st_ere de11' enjambement nel Poema para– disiaco, come non mai aJtrove nel D'An– nunzio poeta. Trattasi di singolari enjam– bements, non come nei poeti in cui è molto !orte il senso del verso. che l'adoprano per conferire rilievo alla frase ed energia al disegno metrico per quello stesso sfor. zarlo oltre l~ normale misura. Questi no, servono tutt'il contrario a fare scivolare la frase da verso a verso sfumandola oltre i) ~ilievo delle cadenze: ragion per cui 1 enJ ambement cade per esempio in cesura dell'avverbio a fine verso (.. vera - men– te .. in rima con .. era ... ecc.). ovvero sepa– rando a fine verso l'articolo daJ nome (.. da la - parete,. in rima con .. esala .., ecc.>. E aiutati dall'enjambemem. subito parodia– bili a buon diritto non meno dell'arcaico Isaotta. certi giri vaporosamente enfatici. che negano un enfatico maggiorativo a! so. lo scopo di maggiore indugio sÙU'avvolgi– mento sintattico. da cui finisce per essere annullata l'immagine che contiene: ... ?-.ii guardò, mi sorrise. E i suoi capelli - era– no cosl candidi che vera - m"ente nulla più candido intorno era ... Oppure, in una altra famosa poesia: ...nulla. veramen.e. nul– la è più - triste de l'ombra che le ciglia immote - fanno talvolta a sommo delle gote .....:.. quando la bocca non sorride più ... Dove si vede disfarsi senza residuo in fluttuante ombra. malinconia e paesaggio. il volto regale e statuario della Gravina. Cosl altrove altre ombre nel senso di eva– nescenza. incubi sfumati. angoscie sfuma– te, e sfumato pe.rsino il senso dell'io di chi dice io: ., Io non odo i miei passi. lo sono come - un'ombra: il mio dolore è come un'ombra: - è tutta la mia ,-Ha come un'ombra - vaga. incerta, indistinta. senza nome ... Se altrove mai, sono soluzioni che si riportano a quella poetica dell'indefi– nito, del mistero e della musica, tratteggia– ta dal D'Annunzio scrivendo del Pascoli: talora, e non meraviglia. con lontani in– flussi del bodleriano Poe. non tanto per qualche singolo tema. quanto pe'r }'.. inde– finito,. del procedimento, vaghe fantasie, vago stato d'animo d'irreparabile angoscia' che l'uno non già prende corpo ma nau~ !~aga nelle altre; e su tutto, come nell'ul– timo esempio citato. l'ossessivo insistere di s~ngole frasi melodiche, nel Poe di più cupa nsonanza, nel D'Annunzio sempre intese alla condizione del so_s1;1iro.S'incontrano perciò nel Poema paradtsiaco, per la prima volta i~ verso,. le in!erpretazioni di qualche pa. gma ~usicate. frequentissime in prosa fin dal Piacere: meno che mai con l'intento di chiarire in t':!rmini psicologici la composi– zione .melodica a cui si riferiscono, invece con l'mtento di creare nuovi modi di elu– siva suggestività: come masse d'angoscia. o aneliti, o laghi di estasi. che inondano il subconscio nel buio imminente del sonno. « Voglio un amore doloroso. lento. - che lento sia come una lenta morte ..; cosl co– mincia un sonetto nato sopra una pagina del Grieg: ripetendo ancora' tre volte. allo inizio delle strofe seguenti. quell'iniziale «voglio ..; il quale, ben è chiaro, non dice nessuna volontà tesa a nessuna mèta pre– cisa. ma porge soltanto avvlo aJla fantasti– c~eria _disancorata che a strane plaghe na- ;~~!~. r~~~ri;:~~int~o~e t·~:i;ta v:r~:ni et~; conducono le vaghe immaginazioni. presen. te, futuro, passato remoto, non dicono nes– suna certezza di verità accaduta o da accaM dere, ma soltanto indulgono alla movenza a cui rilassato cede a occhi chiusi il poeta. Squisitamente musicali. infine. come gli strappi di note che propongono e suggella– no ex abrupto il tema all'orchestra. gli ini– zi o le chiuse interrogativi o esclamativi di talune poJesie: per esempio. in una òi quelle che un po' riecheggiano il Maeter– linck, la chiusa in dissolvenza: ...Ma perchè quest'imagine t'assale, - Anima? Che tri- EURIALQ DE MICHELIS (Continua a pag. 6)

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