la Fiera Letteraria - XII - n. 21 - 26 maggio 1957

Data la sovrabbondanza di scntt1 che cl pervengono con ta esplicita richiesta di giudiz.l particolari. comunlchtamo agll interessati che direttore e redazione della nFiera1) sono asso– lutamente lmpossibiUtali a dar riscontro a aueste richieste. LAFIEIIA LETTER1\RIA. ORi\HIO UELL{\ l{l~UA'-IUf\l~ Il lJ l6-18 Manoscrltll, toto e dlacguJ aoo pubbUcatl ooo si restituiscono ·1L DECl/110 FESTl'l1AL INrl'ERNAZIOilTALE DEL CINE!IIA A CAì~flTES * PALRA ·»'ORO PER flTYLEB A Giulietta Masina il pre1nw per Menzione speciale la al niigliore regia A Cannes i Festival sono in genere turistici e mondani, fioriti di dive e di feste. Anche questo decimo della serie. conclusosi tempo fa, non è sfuggito alla regola. Non mette conto, perciò, farne una esatta cronistoria. Anche in mani– festazioni del genere, però, sia pure'per sbaglio, accade di vedere film degni di nota, film che in definitiva ottengono anche qualche premio (nonostante giu– rìe scarsamente edotte d'arte cinemato– grafica). Il più significativo tra questi è pro– prio quello che, insperatamente, ha ot– tenuto la massima ricompensa della• competizione, Ja e Palma d'Oro>. E' un film di William Wyler, si intitola Friendiy Persuasion. E' la storia di un piacevole dibattito tra quacqueri sul difficile tema della gaerra, ai teni.pi altrettanto difficili della Guerra di Se– cessione. Come è noto ~ tutti, i quacque– ri di più rigida osservanza infatti con– dannano rigorcisamente l'uso delle armi e anche li, in quel piccolo v,illaggio del– l'Indiana c'è chi, pur nel bel mezzo del– la guerra di Secessione, non vorrebbe che si mettesse mano al fucile. Ma il paese è in pericolo perchè torme dì fuori legge lo premono da ogni parte; i giovani fremono, dibattuti oltre a tut– to dal timore che quel loro ossequio ai principii della loro fede possa es– sere anche un po' di paura. Alcuni, cosl, partono, compreso il figlio del protago– nista che deve faticare non poco a fre– z::iare di fronte alla moglie - donna di più rigido spirito quacquero - la gioia per una tale decisiohe. Ma ecco che il ragazzo è in pericolo ed ecco che i1 padre si decide a sua volta ad imbrac– ciare un fucile per andare a cavarlo d'impaccio. Quando sarà nel bel mezzo della battaglia, però, farà tutto quello che serve - e egregiamente - salvo uccidere: i suoi principii, anche se meno rigidi di quelli degli altri, in quel tema ,fondamentale non subiscono varianti. Tutto comunque si conclude lietamente, e i quacqueti tornano alle loro pacifiche abitudini, non senza aver capito, però~ che, in caso di necessità, per difendere l'ordine e la giustizia, l'impiego delle armi può essere anche giustificato·. -- Questa conclusione non vi faccia pen– sate che il film sia saccente o polemico o pedante. Al contrario, WyJer, che è un regista autentico, di grande gusto e di grande abilità, si è fatto guidare in questa storia da un romanzo molto ap– prezzato di una giovane discendente di quacqueri. Jessamyn West, e ha soprat– tutto mirato a raccontarci gli usi e i costumi di questa setta visti tutti. con ironia sempre affettuosa e cordialissi– ma, attraverso i casi umani della fami– glia che è al centro dell'azione: è la ri– gidità di quella moglie, è l'amabile bo– narietà di quel marito, sono quei figli timidi ma pieni di vita che fin-iseano per essere, al di fuori d'ogni polemica, i veri protagonisti del film: e protago– nisti messi sempre a fuoco con intelli– genza, con sensibilità, con intuito. Ad ogni passo, cosi, quante pagine liete e serene, quante pagine tenere, o de1iq1- te, o sommessamente romantiche, quan– to gusto nella descrizione di un'epoca, quanta nobiltà di ·ispirazione e di stile nell'evocare un clima, o un ambiente, o un con'trasto. Tra i pregi nòn va di– menticata l'intepretazione: tanto quella di Gary Cooper, un cordiale puritano in vesti nere che sembra uscito da un di– pinto fiammingo, quanto quella di Do– rothy Mac Guirre, una deliziosa be– ghina in grigi veli. curato di campagna si era dimostrato maestro nell'esteriorizzare i drammi di coscienza, qui eSteriorizza in minime apparenze le cose minime. evocando con minimi accenni attorno al personaggio il clima della prigionE:, la sua vita re– gol~re e monotona, l'andirivieni dei carcerieri (che non si vedono mai in faccia), i suoi lontani o vicini che ritmano le ore o cadenzano la giornata, gli incontri a ritmo obbligato con gli altri prigionieri, ecc. ecc. Tutto in un lento e fluidÒ susseguirsi di immagini che raramente lasciano apparire qual– cosa attorno al protagonista: solo lui, infatti, è al centro di quello che vedia– mo; il resto, attorno, dobbiamo quasi semp'l'e solamente intuirlo. - A lungo andare, però, questo stile così austero, questo ritmo così sobrio, questo linguaggio cosi parco rischiano di af– faticare. Ci si domanda allora, perples– si, se il film sia realmente quel capo– lavoro che è stato definito o se non sia piuttdsto un'opera dalle intenzioni nobilissime, mancata però almeno sul piano dinamico dello spettacolo. E fran– camente, a.nche se a malincuore, siamo portati ad optare per la seconda, so– luzione pur dando atto a Bresson - e nel modo più ampio - che il suo film è certamente un esempio arditissimo (anche se discutibile) di linguaggio ci– nematografico e che resterà sempre ira gli esperimenti più preziosi e intelli– genti (anche se falliti) di ridurre il cinema a un pu.ro ed essenziale rappor- to di immagini. · Queste immagini che, armonizzate tra di loro corne. i colori su di una tela, fanno si che il film, pur nella sua mo– notonia, sia visivamente un tutto unico. senza quasi divisioni di scene: in una atmosfera fatta anche più intensa e concentrata da quel_la quasi generale assenza di visioni d'insieme e da quel– l'incombere costante di visioni partico– lari, angust.e fino al dettaglio, tanto lontane dalla voga attuale degli schermi panoramici. e Del resto - ci diceva Bresson - lo sche,rmo panoramico è l'opposto del cipen;ia: ·:;;e,il cinema fosse statv inventato in cinemascope, la sua scoperta più grande, quella che lo .a<Vrebbe fatto diverpare un'arte, sa– rebbe stata lo ... schermo ·normale>. di dulona e non è difficile che un uomo riesca a farle credere di amarla per potere in realtà tentare più. tardi di uc– ciderla e di depredarla di tutto il suo denaro. Anche dopo un incidente si– mile, la donna non perde la fiducia nella vita e quando in mezzo a quella sua esistenza randagia le si presenterà un altro uomo che le parlerà d'amore e che, di apparenza seria e borghese, le proporrà di sposarla, lei abbocca su– bito e, ansiosa soltanto di evadere dalla sua orrida condizione grazie a un po' d'amore e a un po' d'onestà, pianta tut– , to gioiosa e segue l'uomo che la invita. Anche costui, però, è uno che mira solo al suo denaro e al momento opportuno cerca di sbarazzarsi violentemente di · lei. Ma anche questo volta Cabiria non morrà: fatica un po', è vero, a ritro– vare fiducia in se stessa e negli uomini che la circondano, ma. poi si riprende e anzichè allontanarsi sola e disper1: 1.ta su di una strada solitaiiia (come certi personaggi di Charlot) si incammina di * A Robert Bresson Dassin il premio per la suscita discussioni L'ultinio tra le più mobili e riccJ)e che mai ci abbia o!ferto la pantomima al cinema: tutto è evidente solo attraverso i suoi occhi, tutto è visto, sentito, sofferto, solo nel suo viso, nella sua mimica, nelle sue variatissime reazioni. Certamente il film, pur ricco di valo– ri umani e stilistici •. pur ispirato e non di rado poetico, risente di qualche ec– cesso, denuncia fastidiose insistenze, iterazioni, errori di gusto (il baccan'ale urlante delle Prostitute nei pressi della Passeggiata Archeologica, ad esempio, o le convulsioni esagitate al santuario del Divino Amore, 1 o la troppa vacua se– quenza dell'Uomo e del Sacco o quella simbolica nel teatrino di varietà ...) ma sono difetti che qualora Fellini volesse accettarli come tali e generosamente sapesse e tagliarli>, ci restituirebbero, dopo, un film di compatta bellezza· .e di seria impostazione narrativa. Non dimenticheremo, però, tra gli altri film anche T<anai, di produzione p0lacca. il cuo argomento, livido e atro- Dorothy Mac Guire e Gary Coopcr nel film: " Fricndly persuasion '' di Willlam Wyler pittorica di ogni sua immagine. E' però quanto mai deprimente: l'azione infatti non si separa un solo istante, come cornice, dalle cloache e dalle fogne e. a, parte il fatto che nella storia del cinema ha già un precedente pili o meno analogo - La tragedia netta mi– ni.era di ~abst -, da un punto· di vista storico è abbastanza singolare (se non addirittura sinistro) vederla trat– tata dai polacchi sovietizzati unicamen– te in polemica con i tedeschi: quando lo studiano ormai 'anche i bambini a scuola che durante quei 60 giorni in cui i nazisti massacravano i patrioti polac– clii nelle fogne, i e liberatori> sovietici se ne stavano pacificamente accampati alle porte di Varsavia aspettando che tutti fossero morti e sepolti per non aver noie dopo, una vo'lta instaurata tra le rovine la nuova e libertà> marxista. Il regista del film, comunque, (ve lo diciamo perché oltre a tutto è stato pre– miato) sì chiama Andrzej Wajda e la fotografia, bellissima, è di Jerzy Lipman. con il pretesto puramente inventato che fra di loro ci sono dei malati di colera: i poveracci si accampano, allora, alle porte del villaggio, ma presto la fame e l'estrema miseria cominciano a deci– mare le loro fila. Ai loro guai. ovvia– mente, si impietosiscono proprio quegli abitanti del villaggio cui poco tempo prima sono state affidate le parti di Gesù e dei principali apostoli. 11 pasto– re. anzi. che dovrà essere GesU, arriva fino a fare un discorso in piazza a fa– vore dei perseguitati rivelando a tutti che la faccenda del colera era stata in– ventata dal pope e dagli .anziani per paura dei turchi: da qui, come è ovvio. nasce uno scandalo: il pope scomunica il pastore, il villaggio si divide in due e gli amici del pastore, quelli che erano stati scelti per -ccitare le parti d~gli Apostoli. si schierano con il pastore 2 abbandonano il villagg,v ;,er 'lndare a dar man forte a~ perseguitati sempre accampati in aperta campagna. 11 pope. allora, e gli anziani, come Caifa e i fa– risei ricorsero ai romani, ricorrono ai turchi per- essere aiutati a sbarazzarsi di quei pericolosi nemici della pace: il governatore turco reagisce come Pilato, ma nella lotta che comunque ne nasce. quello che doveva recitare la parte di Giuda finisce p~r uccidere il pastore che rappresenta Gesù e tra simbolo. finzione e realtà il tutto ha fine. Altro film molto degno, il francese Un condammé d mort s'est échappé, di– retto da Robert Bresson. Presentato tempo fa a Parigi, tutti i critici lo han– no definito un capolavoro: ma con ri– spetto, più che con entusiasmo. Il film, infatti, .suscita più rispetto e stima che non altro: profonda stima, anzi, come ha scritto qualcuno. . Altretta•nto impegno e altrettante am– bizioni estetiche nel film con cui. l'Italia era uHicialmente rapprese1,1tata al Fe– stival, Le notti di Cabiria di Federico Fellini. Il film affronta degnamente un personaggio quanto mai difficile e in– grato: quello di una prostituta. Ma non una prostituta da romanzo russo. sofisticata, polemica, piena di complessi letterari: Rrostituta romana, invece, na– ta e vissut'a nella miseria, costretta dal suo tristo mestiere a battere i luoghi Più miserandi della sua professione, la Passeggiata Archeologica, il Colosseo e via dicendo. Quello che fa non l'ha né incattivita, né tanto meno degradata: Una scena del film "Un condamné a mort s'est échappé" di Robcrt Brcsson Da ricordare, infine, non foss'altro per le dispute che ha suscitato, un film francese di J ules Dassin, Cetui qui doit mourir, tratto da un romanzo di Nikos · Kazantzaki, Le Christ récrucifié. Si am– bienta in un villaggio greco, dominato daj Turchi, in cui ogni sette anni ha luogo una sacra rappresentazione ispi– rata alla Passione di Gesù Cristo cui prendono parte, naturalmente, i vari abitanti ciascuno in un ruolo stab"ilito in anticipo dal consi'glio degli anzianì. Spesso questo o quello si' immedesima nel ruolo a lui affidato con le conse– guenze ben note a tanta lett.er~ tura; lo "Stesso avviene nel villaggio di Licovris– si in cui, anzi, le vicende della Passio– ne .simbolicamente si riproducono, se– condo l'autore del romanzo, anche al di là dei semplici personaggi della rap– presentazione: ecco infatti che arrivano da molto lontano dei 12overi perseguita– ti, vittime delle repressioni turche: vor– r.ebbero installarsi al villaggio, ma que– sto potrebbe attirare su tutti l'odio dei turchi: i ricchi del paese. così, ed il pope mettono al bando i nuovi venuti J ules Dassin, che finora abbiamo visto alle prese solo con film polizieschi, ha cercato di cavarsi d'impaccio il meglio possibile in mezzo a tutte queste gre– che allegorie; noi non sapremmo din·i, però, quanto vi sia realmente riuscito: non potremo comunque negargli molto impeto soprattutto nella descrizione del– la miseria dei perseguitati, del loro dramma di vita· e di morte, della loro disperata lotta per sopravvivere. Il re– sto ha quasi sempre il tono rievocativo dei film in cui realtà, allegoria e fin– zione si mescolano fra loro sotto il se– gno di qualche sacra rappresentazione (ricordate Mad.datena? Ricordate il Ci.uda?) e non riesce semp1e a convin– cere soprattutto perchè questa storia greco-moderna scritta da un romanziere greco che vive in Costa Azzurra ha per interpreti attori francesi di inelimina– bile atteggiamento parigino: e come credere così a un pope che è Fernand Ledoux. o a un pastore-Gesù che è Pierre Vaneck, o a un altro pope che è Jean Servais. ecc. ecc.? Gunlca o-reca è _la bella Melina Mercuri: ma in °quel clima sembra prnprio una francese. La vicenda è semplicissima: è la sto– r:a di un ufficiale francese condannato a morte dai nazisti durante l'occupa– zione ed evaso di prigione dopo qualche tempo. L'azione consiste unicamente in questa evasione: nei suoi preparativi meticolosi e poi nella sua altrettanto meticolosa attuazione. Ma non crediaite fahesi1v:ii;e 0 deJtefi~imd~S:e~\~~i~~• i if;~: no la normale tensione di una vicenda che a suo tema ha una situazione av– venturosa. No, tutto è chiuso, intimo, raccolto, anche i gesti esteriori. Bresson, che già nel suo celebre Diario di un Cabiria, infatti, è rimasta una donnina semplice, ingenua, oseremmo dire addi– rittura candida; oltre a tutto è una ere- Jean Servais e Pierre Vaneck nel film di Jules Dassin; "Celui qui doit mourir" nuovo per le vie del mondo in mezzo a uomini e donne che per il solo fatto di averle mostrato un po' di solidarietà e un po' di comprensione (per il solo fatto. cioè, di averle dimostrato che non è e sola >) riescono· a salvarla. Per raccontarci questa storia e per arrivare. perciò, alla sua abituale po– lemica sulla solitudine umana vinta dalla carità e dalla solidarietà degli al– tri, Fellini ha pescato a piene mani nel e male> che dilania il mondo: da un certo punto di vista, anzi, non poteva andare a cercarlo più in basso perché cosa c'è di peggio nella scala sociale, dell'ambiente miserando delle prostitu– te e dei loro sfruttatori? Ma è stato scendendo fino a quegli infimi gradini che il regista ha voluto ancora una vol– ta dimostrarci la sua fiducia nel e be– ne> dato che egli riesce a farcelo appa– rire proprio attraverso la descrizione di quanto al mondo c'è di più degradante e di più triste (e nonostante tutto questo). A Cannes per questa scelta e per que– sta ispirazione lirica, si è parlato per– sino di Baudelaire: il corlfronto forse C un po' audace. ma è certo che questi Fiori del Maie che Fellini viene ormai evocando da anni sullo schermo comin– ciano ad avere un rilievo drarnmat.ico, _un impeto, una evidenza molto vicini 1 alla autentica poesia. Proprio per la · levità con cui il suo stile si approfon– disce, e per l'impegno con cui le sue descrizioni. anche le più orride, si fanno trasparenti e delicate, costruite quasi sempre per via indiretta, tutte allusio– ni e sfumature: c'è una scena, ad esem– pio, in un tabo.rin di lusso che arriva ad esprimere, senza un solo accenno di– retto, la nausea per quei climi e la tri– stezza mortale di quegli ambienti. E così Cabiria, la figura centrale, cui Giulietta Masina presta una maschera ce, si rifà a quei tremendi giorni del 1944 in cui gli ultimi difensori' di Var– savia scesero fin nelle fogne per resi– stere ai nazisti e furono tutti uccisi, uno dopo l'altro, o nel buio dei canali sotterra'nei o ai loro sbocchi, appena riuscivano a mettere fuori la testa. Il racconto è tutt'altro che mal fatto, esat– to nei suoi dettagli psicologici, preciso nelle sue cadenze narrative, prezioso nel suo stile figurativo e nell'armonia Una. inquadratura del film polacco: "Kànal" Cinque film, dunque, per un Festival che è durato 15 giorni con una media superiore ai due film al giorno. Bilan– cio magro, perciò, ne. a rinsanguarlo. varrebbe le citazioni solo fugaci di film come l'americano Bacltelor·s Party, di Delbert Mann: come il sovietico H q·ua– ra.ntunesimo, di Grigori Tchoukrai; co– me lo spagnolo Fau.stina, di Saenz de Heredia: o come rii)glese Yangste Inci– dent, di Michael Anderson. Nessuno di questi che pur citiamo era degno cli un festival, nessuno di que\li che lasciamo nell'ombra era degno di una sala di prima visione. La colpa, però, non è di Cannes che. per fini propri, accetta tutti i film che si presentano (con il loro utile stuolo di produttori e di finanziamenti alle spalle ...). La colpa è solo di chi crede che esista una sola manifestazione di vera arte cinematografica al di fuori della Mostra dì Venezia. GIAN LUIGI RONDI

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