la Fiera Letteraria - XII - n. 10 - 10 marzo 1957

Pag. it: Domenica 1O marzo 1957 NARRATORI DELLA ""FIERA LETTERARIA « Mi chiamo Jadran ... >> « Strano \l, « ..... Biancardi. Perchè, strano? Ah, sì: Jad,:,an, in lingua slava, significa Adria. tico. Mia madre era slava, mio padre ila. liano, e di' vec<::hie famiglie di marinai tutti e due ». ,, Ecco perchè lei è un ottimo coman. dante» disse il pilota con enfasi distratta. !C Non direi. Faccio il mio mestiere meccanicament,e )). « Come mai? Pensa ad altro? Faccende d'amore? >> chiese il pilota socchiudendo gli occhi verso il molo Galliera che sul. l'acqua abbacinante ruotava incontro aL la nave. Poco discosto il suo battello af. fumicato, con la grande P sulla bandiera floscia, cuoceva nel vapore esalante da qualche giuntura sgangherata. . « Lei capisce» disse il capitano (< che se non fossi trascinato passivamente dal mestiere a quest'ora, a trentadue anni, dovrei comandare una barca più de. cente ». Non aveva gran Voglia ili chiacchiera. re con quel caldo, alle due del pomerig. gio, e sapeva che la curiosità del pilota era solo il moto nervoso di chi si di. istragga tambrueggiando una palla con– tro il muro; ma la pazienza ormai lo per. meava come una sostanza base del san. gue, « come l'emoglobina 11pensò - ave. va avuto un'educazione scientifica - e sempre più di rado sentiva la ribellione alla propria incapacità d1 villania. « E' una bella nave )> mentì il pilota. « E' sua, vero? )>. « Ancora per poco, temo l). L'uomo massiccio dal volto scuro che sembrava trasudar petrolio immaginò ni. tidamente il dissesto economico, il solo male che potesse smuovere la sua com. passione ottusa. « Lei è una gran brava persona)) di– -chiarò guardando il capitano Biancardi e vedendolo, in fondo, per la prima volta: un giovane basso e quasi tozzo, ma con il viso tanto bello, per quei lineamenti esatti ingentiliti dai capelli biondi, che ,al pilota parve persino effeminato. Di spalle, ora che dalla ringhiera della pas.. GErella guardava le baracche plumbee del molo Paleocapa, per l'ampiezza della schiena e lo spessore delle braccia un po' corte la sua figura dava un'impressione di forza fisica la cui densità era accen. tuata dalla piccolezza. e< E' vero quello che . dicono >) do:rhan. dò il pilota con gioia infantile << che lei torce con le mani una sbarra di ferro?)>. « Bugia assoluta» rise Jadran << sarà invenzione di qualche amico che mi vuol bene». Un ragaz.zo in giacca bfanca rigata dal. l'ombra dei cavi stava portando due taz. zine di caffè. PELLE DI SATANA Dotnande a Brunello J/andano :~:~~ ;~nt~~~~~:lo~rao :::ta~;~:c~~j~ crudeltà si sfrenò come il getto d'una pompa nel chiuso della stiva, ma fu su. bito annientata da una torsione di rifiuto. (e Guardi che beeello! )) cantò quasi il ragazzo sporgendosi verso la passerella, mentre una labile :felicità gli soffondeva. il viso: « il molo si sta avvicinando senza :rumore, gli ormeggiatori impalati sgoc. ciolano al sole, c'è Camastro con la fac. eia stravolta come avesse visto uno spet– tro, è tutto un luccichio di carbone, a si. nìstra un ammasso di chiatte e pontoni e persino la vasca per il lattice di gom. ma, un vecchietto ha fatto una tenda di sacchi e s'è addormentato ma dev'essere disfatto dal sudore. Quello ha fatto il col. po « continuò levitando nella beatitudine>) è un giovanotto che ha rubato un pacco. dev'essere di tabacco in foglia, e i finan. zieri non lo sentono perchè gli voltano le spalle e lui corre a piedi nudi, però se finisce sulle rotaie... ecco! che salto! debbono scottare come la grat.içola della caldaia)>. .« Dio sa che cosa ci vedi di tanto bel. lo)) disse Jadran con finta ottusità, nel SÒspetto che un ragazzo sano non avreb. be avuto quei rapimenti verso tutto ciò che esiste. Uscì nella slavatura d'ombra che una tendina diafana gettava sulla passerella. e dalla banchina un uomo lo colpì a volo con un grido fioco e prosciugato come bucasse uno strato di sabbia: (1 Capitano, il manifesto! 11. La nave diede in sussulti qu8ndo l'elica spalettò all'indietro, poi si adagiò nello sfrigolìo della schiuma e la fiancata mon;icale, siglata dal cerc-hio sbarrato della massima immersione come dal se. gno d'un monatto, oscurò il selciato in. clinàta dalla trazione dei cavi. « ASI,1etti che mandi per J.a pratica)) rispose Jadran dall'alto. Lei crede che il romanzo sia un •genere'» fondamentale? Il -romanzo e secondo me ta più. co1npteta e più Ubera forma d'e– spressione. Esso concede persino di formulare concetti e giudizi filoso– fi,<:i, scientifici, poHtici, storici, psi– cologici ecc. in modo che questi, senza perdere il loro valore d'inda– gine, diventino elementi, poetici, purchè la loro presentazione sia giustificata daUa vicenda; ove essi siano. cioè, parte dello sviluppo dei personaggi e deLra storia racconta– ta, sorgano datl'azione e si trava– sino in azione, non costituiscano di– vagazioni bensì avvenimenti. Quel che invece a mio parere re– sta sempre estraneo e irriducibile al valore poetico è il cosiddetto •messaggio• inteso come propa– g(lnda politica. L'intenzione di ser- . virsi del romanzo per ottenere ri– sultati che valichino il romanzo, fa sì che già al momento d'iniziare la prima parrina H narratore sia in po– sizione antiartistica. - La trama. l'intreccio, è per lei importante? Essenziale. La trama è una for– ma, che può essere, in se, beUCt o brutta. E' inconcepibile un roman- « Vado io» gorgogliò il secondo u.ffi. cile che tentava di scaccjare il sonno im. rnergendo la faccia in una bacinella e sollevandosi restava ipnotizzato dallo sgocciolìri dei capelli. Lo spedizioniere sul molo scalciò rab. biosamente contro l'erba che sprizzava fra le rotaie: (< ma subito. ma tutto insieme, no? Ho anch'io qualche santo in Tribu. nale, non capisce? Ho sparato anch'io le mie· cartucce! )1.Era affogato in molti in. dumenti e tutti slacciati: la giacca aper. ta, fa camicia sbottonata sull'elastico delle mutande, colletto e cravatta allen– tati sulla maglia d'un colore vulnerabile di carne. La fretta che gli deformava · il viso di fatica, e d'avversione a un invi. sibile inseguitore, pareva lo avesse sta. nato di casa d'inverno e non gli avesse più concesso -un istante per mutarsi di abito. « Svelto, il manifesto!)) chiamò Jadran verso l'ombra della sala nautica. Cama. zo senza intreccio, com'è inconce– pibile un edlficio dove la materia non sia racchiusa in linee. In alcu– ni grandi romanzieri, come in Proust, la trama sembra mancare soltanto a un occhio superficiale. Quando veramente manca, o è brntta. o sgangherata, come nel co– siddetto neorealismo, non c'è il ro– manzo; ma soltanto la tranche de vie, e siamo net campo del giorna– lismo. - Qual'è la sua posizione nella annosa polemica tra il racconto che .punta principalmente ai valori for– mali e quello « tutto cose•, dove la forma è sacrificata a'lla materia narrativa? Credo che nel mio cerveUo man– chi ii ganglio atto a capire il per– che di questa discussione. Se uno scrittore sacrifica la forma al con– tenuto, o vicever:m, ciò dipende solo dalla sua impotenza immaginativa. E' co-me discutere se è bene che in ttn organismo l'energia muscolare sia sacrificata a quella seuuale. o iL contrario: si discute in tal caso SIL organismi minoratt: poichè in auelti validi, l'equilibrio e l'inter– dipendenza tra le due forze sono spontanei e perfetti. stro aveva i suoi confidenti in Tribunale, e certo era stato avvertito d'un ordine di sequestro contro la nave; ma se la Capi. taneria avesse restituito le carte di bordo con i visti prima che l'usciere vi fosse arrivato con la notifica, anche questa val. ta l'avrebbero scampata. Pure, si accorse che non il pericolo - « giù quella lan. eia! >) gridò - ma solo una cortesia ve. nata di compassione lo stringeva ad agi. tarsi allo stesso ritmo dello spedizioniere. ((Io non voglio restare senza imbarco>) protestò il secondo ufficiale calandosi nella lancia che aveva già alzata la ban. diera gialla. Il nostromo di coperta, un vecchio minuscolo cui il gran cappello di paglia filtrando il sole ingialliva il volto, gli portò la busta ed elencò sottovoce atto di nazionalità, ruolo equipaggio, certifi. cato di stazza e giornale di bordo. « Quello che mi domando 11 s'indignò amicllevolmente il pilota « è il perchè non la vende. ·Con quel che t:osta al giorno d'oggi anche un pezzo di ferro vecchio, potrebbe restarle di che vivere di ren. dita. Quando riparte? )). (1 Domattina all'alba, se il Tribunale non c'inchioda,, rispose Jadran. (1 Il gra. do di fiducia della nave è mediocrissimo. Siamo nella terza classe del Registro e a vendere adesso. ormai. ci resta in mano un pugno di mosche )). « E' partito il battello? » gridò lo spc. dizioniere dal molo, afferrando a volo il manifesto del carico che gli avevano lan. ciato. « Senta, Quirino » il Capitano lo chia. mò, e tacque. Il momento in cui misu. rava l'avvicinarsi dalla progressiùne del– l'angoscia, approfittando del trambusto gli era arrivato addosso a tradimento. Una metà della sua mente sperava ancora che un evento di gravità definitiva venisse a differirlo, ma intorno il silenzio era totale, persino gli spazi parevano allar. gati quasi gli ormeggiatori, Camastro, i parapetti, le banchine e la diga fossero indietreggiati in attesa della sua do. manda. Chino com'era con gli occhi fissi all'oscuro sciacquio tra la fiancata e il molo, il sole gli bruciava la nuca e il cuore gli pulsava contro la ringhiera: la lancia alle sue spalle si posò sull'acqua con il tocco cauto d'un passo di panto– fola che rispetti il sonno d'un malato. (<Beh?>>chiese Camastro, con le soprac. ciglia inarcate e le pieghe della fronte brillanti di sudore: un arbitro - parve a Jadran - che al colpo di gong si ritiri ai margini del quadrato . « Mi faccia un piacere. Telefoni alla signorina Vanella Bosco; la conosce? ». (1 La conosco. AC,..,ra? n. (e Troverà il numero sull'elenco. Le di. ca che sono arrivato .. ~be le debbo par. .are e che venga giù al molo 11. « Quando? >). ,.Appena può ». <1 No. Quando debbo telefonare>>. -< Subito 1). d Subito? Con quello che ho da fare? Mi ha vinto alla pesca miracolosa, lei?» :e labbra gli tremavano come stesse per piangere, la sua collera si travasava nel– la pietà di se stesso. « Ma non ce la fac. do più, lei lo sa che non ce la faccio? Io mi butto per terra, qui, mi butto. e vi lascio nei guai tutti quanti!». Agitando H documento, la giacca furiosamente slac. ciata, fuggi verso la Qogana con un im. peto da corridore inesperto che lo avreb. be lasciato esausto a metà del percorso. A Jadran il sollievo per quel rifiuto diede un attimo di estasi. Vide la barca con la bandiera gialla fluttuare cigolando verso il casotto del reparto sanitario, l'uf. !iciale spencolato dal bordo raccoglier l'acqua dorata di nafta per bagnarsi il capo, e pensò che a queste pause effi. mere si riduceva la felicità degli adulti: il riposo del cinghiale nella fratta quan– do la muta in caccia ne ha perso momen. taneamente le tracce. BRUNELLO VANDA:.~0 (dal romllnzo di prossima pubblicazione) « Com'è una bugia può darsi » aggiunse « che io sia tanto una brava persona » vergognandosi di parlare con il timbro arti~icioso e petulante di chi guida una conversazione secondo le proprie mapie. iPer nascondere il calore al viso entrò nella sala nautica, fresca e sfiorata da un fremito ora che il piroscafo accostava doppiando il Molo Ve<::chio, dimessa e fa. miliare si da avvolgerlo d'indulgenza con il giaciglio di tela cerata qua e là sfon. da~o dalle molle, la scala dei carichi ap. pesa alla parete e i. docum~ti gu.µciti sul tavolo per carteggiare, e seduto con gli occhi àtoni, le mani tra le ginocchia, Tammentò per quanto tempo e con quan. ta goffaggine s'era intestardito a fingere, pochi anni prima, d'essere un malvagio. Vedeva nel vetro che copriva il ritratto di suo padre - un volto pessimista dagli occhi gonfi come avesse allora finito di piangere - i propri capelli già radi, pen. sando d'esser troppo vecchio per non ras. segnarsi alla sua mitezza. « Con una spe. · cie di compiacimento» riconobbe, e di nuovo s'infuocò di fastidio. Detestava tut– to ciò ch'era dramma. UNO MONTA LA LUNA « Il caffè, comandante? )>. E avrebbe pure concesso al dramma una sua funzione, quindi una decenza, se ,la vita fosse stata intrisa di divinità; ma se era, com'era, una catena di leggi indifferenti, se ogni destino era pari a quello della sua hàVé, che per dislocare duemilacinquecento tonnellate e per tra. sport.arne solo millequattrocento, per de. dicar la bellez.za di zero trecentoquara!lta cavalli a ogni tonnellata di carico, per raggiungere soltanto dieci nodi, lo stava portando alla rovina; se cosi era, darle un significato mediante il dramma era pue. rile come curar con bevande amare il ò;a. bete di Michele. « Che hai mangiato, oggi? >) L'ansia improvvisa non eliminava le altre ango. sce. A sedici anni Michele era così alto che il cielo della saletta fermava i suoi ca. pelli, tanto leggeri da agitarsi alla tor. pida corrente d'aria mentre ai più labili pensieri mutava d'espressione il suo viso delicato. ((Dopo l'antipasto, Comandante, un gi. gantesco piatto di pastasciutta, poi fagia. no arrosto e contorni assortiti ma soprat. tutto il dolce, Comandante, a forma di grattacielo. e il tutto servito come si con. viene al mio blasone. Estasi e colpevolez. za )) annunciò il ragazzo atteggiandosi da attore a una felicità alata, quindi corru.. ganda le sopracciglia e lasciando vacil. lar le pupille per un terrore intimo. « Non ne dubito, baronetto»; bevendo il caffè, Jadran stette al giuoco. « Avan. 'ti, stupidello: quanti grammi? )>. « Cinquanta di pasta come al solito, pesati accuratamente dal signor cuoco. Paterna severltà ,,. Adattando abilmente gli occhi malinconici a una saggia incrol. labilità, poggiò la mano sopra un'imma– ginaria testa di bambino. « L'iniezione, l'hai fatta?>). e< Non ancora. Storicismo» disse solle. vando con fierezza il mento e specchian. dosi nel vetro del ritratto finchè non eb– be trovato l'espressione giusta. « Stoicismo 1, corresse il capitano. « Cor. ri a farla. Mi fido di te)> lo fissò abbas. sando la voce, come fosse persuaso che al ragazw la fiducia del comandante stesse a cuore più della stessa vita. Ma la vibrazione che dalla plancia si estese alle sue ossa, la pellicola di freddo che improvvisamente lo isolò dall'aria infuo. cata del pomeriggio, gli annunziarono uno dei suoi piccoli, mostruosi esperimen. ti. Immaginò senza potersene difendere, il proprio p_asso sulle scalette metaliiche mentre di notte, in pieno oceano, scende nello sgabuzzino della farmacia; il cigo. lio dello sportello bianco quando ne asport;i l'intera provvista d 1 insulina, i tonfi delicati dei flaconcini gettati nel. l'acqua, poi l'interminabile coma di Mi. « Dio, nost-ro Signore, ha creato l'uomo e gli ha messo il cuore ... )>. · « Io, don Fulgenzio, sono una cristiana, e a messa ci vado », rispose la figiia di Rafeie. « Ma io -ricordo il piatto di mac– cheroni che mio padre procurava )>. « Non bestemmiare» disse don Fu.lgen. zio. Tirò fuori datla ~sca un pomodoro, e disse: « Il mondo, figlia, e una camminata. E qUando tu devi fare qualche viaggio che du-ra a lungo, in un paese nuovo, Clnche se è sereno e i raggi del sole b'TtL-– ciano, portati l'ombretlo. Se piove ttL lo apri., e se non piove che fa che ti sei portato quell'ombrello? l). . . « Avete 1agion.e, don Fulgenzto i) disse la figlia di Rafèle con la cattiveria negU occhi>). Ma papà. mio non teneva om· brello, e anche se t'avesse avuto con!e poteva ripararsi da quel vaso? proprio in testa a hd doveva andare a cadere, e adesso non ho i soldi nemmeno per i funerali)>. Io lo vidi, Rafele, steso stttla coperta plisse, con gli occhi stralunati, perciò adesso avrei. voluto gridare: (< Stai accorta, mani.ma, e preparati. bene)>. C'è chi riceve un vaso, chi deve fare un figlio. Aspettiamo un figlio, incominciò a dire mio padre. Ma perche le donne debbono ... « .•. figriare, si dice», g-ridò Davide. e< Ti rompo il muso se lo ripeti ,1, disst. Stavamo sul marciapiede presso il di. stributore di. benzina, e Davide arrestò la palla sttl ventre e disse: (( E' vero che tua mad-re deve figliare? ». Lo presi pe-r i capeHi e to trascinai contro il mu-ro. Due colpi con la' testa contro il muro, e poi i pugni su.gli occlii e sul naso. << Non lo dico più)> gridò Davide. «Mai pi.-ùl>. . << Vado a prendere il coltello e ti uc. cido )), dissi. n Ma che sta succedendo. ragazzi?.>), intervenne Cesare, il Pittore. « Ha insultato mia. madre )), dissi. 1< Ho detto solo che deve figliare ,l. pw. gn-ucolò Davide. <1 Va bene. adesso basta. Filate>) disse Cesare. e si mi.se a ridere. Uno monta za luna. due il bue e Le asine figliano, le cagne figtiano, le coni.glie figliano. « Davide, un giorno o rattto t'ammazzo con il coltello )), gLi gridai dietro_. quando' Cesare se ne fu andato. E tu.i rispose: « Farò giocare a palla tutti quanti, P tu dovrai stare a guardare,,. « E chi se ne importa?)), gridai. « Tutti quanti, lo giuro>). dlsse Lui. e gettò la palla tra i piedi di mi mucchio di -ragazzini. <i Mettici su l'olio Massimo. C'è una pagnotta f-resca nella credenza i>, mia madre disse, e la sua voce arrivava di!· bole att-raverso i muri. Non c'era neanche i.I fuoco nella cucina e il vento se ne stava sopra il tetto, po. tevo sentirlo, gonfiando la cappa del ca. mino e smuovendo la tenda. « Ma', non ho fame ». « C'e -rimasta ancora dell(l marmel– lata)), disse. « Prendi.ti qualcosa, non farmi alzare )). Ma la fame mi era passata, e andai nella camera grande. C'era un braciere vicino al letto, e tutt'intorno erano am~ mucchiati i. pannolini. <( Vieni qua, siediti.. Perche non ti sei tagliato il pane? >>. • <( Non mi va. E' lo stesso)), dissi.. E gua-r– davo ansioso come spiccicava Le parole. Aveva sempre quel pancione di lato, ma La testa la teneva ben ritta in mezzo ai cuscini. Di tanto in tanto apriva gli occhi per fissare il soffitto, o la finestra sull'orto che tremava sotto il vtnto. « Non to-rnare -i.n bottega», disse. « Met. ti.ti a letto 1,. « C'e motto lavoro il sabato sera)), obiettai. << Ma che t'importa? Forse che ti pagano?>). Richiuse gli occhi come per addormen. tarsi, e quasi sospirò: <( Non te ne andare, Massimo. Non la– sciarmi sola )). Nel movimento brusco Ci.no pianse nel sonno, e ta fece sobbalzare. Gino aveva capelli biondi, e stava accanto a lei, daUa parte del pancione. « l"{on ti.ra- rcalci 1>, disse Francesca Niro. E aggiunse: « Mettiti a letto, Massimo e ~f;~aN~~fa;i t~~~tech~~S: l~ibof;a ~u~:tj stanza)). Sergio dormiva ne::l Lettino accanto alla finestra e -ronfa.va con la bocca aperta, con la gola chiusa. Un tempo diceva sem. pre mia madre ad EnTico Niro: « Questo figlio, Enrico, bisogna farlo visitare. Deve averci qualcosa nella gola. perche ha il -respiro affannoso e Ia bocca aperta i1. Venne anche it -medico Rinaldi e disse: « Ho visto, e c•e rimedio. Non e grave per niente. Cose normali. Ma per tTan. quil.lità. bisogne-rebbe portarlo a Campo– basso. e farlo operare>), « Dio, Dio! i> fece mta mad-re. « Calma, ho detto che -non e grave. Ma grave potrebbe diventare ii. « Dunque. se non e gra.ve. .. ii, fece mio padre. << Portiamolo a Campobasso, dotto-re l>, insistette mi.a madre. Allora mio, pad-re alzò la voce: « Non hai. sentito che non è grave? Tonsi.Htte, e che è? lo non le ho fatte ta. gli.are, tu 110n le hai fatte taglia-re, mezza Casacalenda parla e ride con le tonsille nella gola. Sta-remnio freschi se dovessi. mo andare a Campobasso per tutte le operazioni che i dotto-ri ci dicono di fare )>. (( Enrico, il bambino soffre))_ « Gl'i. passerà. Oggi~ per un'operazione, bisogna vendersi la casa)), disse mio padre. E Sergiò seguitò a dormi.re con la gola chiusa e la bocca aperta. (e Fagliela chiudere, Massimo, senza svegliO.rlo )l, disse Francesca Ni-ro. (( Va bene. Ora ci provo ,1, dissi, e deli– catamente, con la mano aperta, gli rich.ittsi la bocca. Ma guardavo lei.. Temevo che partorisse da un momento all'altro, di nuovo davanti a me, con me completamente solo. E mi venne· il tre• mito alle mani, alte gambe, leggero e caldo, come una febbre. Tornai a sede-re accanto al letto. « Forse è il caldo del braciere », pensai. « Adesso vado ad aprire la finestra>>. Nella mente, le solite nozioni elementari:- ossido di car. bonio, asfissia. Si può morire anche di asfissia. « Ma qui c'è lo zucchero e la buccia d'arancio », pensai. « La buccia di arancio disperde, anzi neutralizza le esa. razioni. Un giorno lo disse proprio Ce– sare, il pittore. u Ora però vado ad aprire la finestra )1. A Roma, disse Cesare, i pit- Domande a GioseRimanelli D. - Cosa ne pensa della lettera– tura italiana contemporanea? R. - E' più seria di quanto non si voglia ammettere. D. - Quale dei suoi romanzi le ha dato maggiore soddisfazione? R. - QueUo che me ne ha dato di meno. e cioè «Peccato Originate». D. - Perchè? R. - Mi ha dato la misura di co– me io non sia affatto uno scrittore sperimentale. D. - Questi suoi lib.ri sono stati tradotti? R. - Sì, in atto ,Paesi. Proprio in questi giorni H mio traduttore ame– ricano. Ben Johnson. ha rispedito le bozze del mio ultimo tibro che uscirà contemporaneament.e in In– ghilterra, in America e· in Canad/1 con H titolo "' Originai Sin». D. - Dopo « Tiro al piccione• e « Peccato Originale• ha scritto altro? R. - Le esperienze di un viaggio lunghissimo e indimenticabiie tra emigranti ed esquimesi. Lo vedrò presto in libreria. D. - Dì solito gli scrittori hanno un metodo d! lavoro. Lei ne ha uno? R. - Sì. ma. non si può assoluta– mente chiamare metodo Per me e rabbia. Se-rivo sempre di getto, e posso stare inchiodato at tavoli?io per deUe settimane intere senza mai alzare gli occhi E' il periodo degli odi e degli scoppi di pianto. Poi vado a cura-rmi l'esaurimento. Pe1' fortuna tutto ciò mi capita una volta ogni due o tre anni. Questa è anche la -ragione perchè scrivo cosi poco. D. - Sta preparando un nuovi) libro? R. - Forse. Ma in q1iesto momen to m'interessa il teatro. D. Cosa ne pensa del teatro? R. Non bisogna farlo attendere. D. - In qu.lle orìtico lei ha più confidenza? R. - Me stesso. · D. - Ultima domanda: qual'è, se– condo lei, la virtù fondamentale di .no S<'rittore? R. - Non hrnamorarsì de! suc– cesso tori non mu.oiono mai di asfissìa: hanno la buccia d'arancio. Ne fanno raccolta durante l'estate. L'estate con te bucce di arancio e le finestre sopra i vicoli. « Chi.udi la finestra. Massimo )1. << Ma se è chiusa!)>. « Metti allora gti stracci nelle fessure. H vento ent-ra dent-ro, non lo senti?_. e io provo tamo freddo )l, disse Francesca Niro. Poi aggi.unse, cambiando tono: « Non hai visto tuo padre? n. « Non l'ho visto. staseTa. Non e venuto al Salone )). « Chissà dove sarà andato! Eppure sa. peva che stavo in queste condizioni. Massimo... ». <, Sì, ma')). «Senti». Corsi da lei, in ginocchio a capo del letto. « Se ti dico di uscire, più tardi, quando te lo dirò, mi andrni a chiamare Assunta Donato? 1>. « Se vuoi ci vado anche subito ». « No, adesso e passato. Ma più ta-rdi -ritorna. Mi dai quella pezza calda? i>. Presi lo straccio che stava a scald-are al braciere, sulla guarnizione a cupola. e lei se lo stese sulla fronte. « Fa tanto freddo>,, ripete. Pot. come Liberata dai pensieri, -rigirò la testa contro il muro, e chiuse le pesanti palpebre nere. Disse: « Sono proprio nell'autobus». Un gi.orno Assunta Donato andò a Roma dove non era mai stata, per vedere tl Papa e San Pietro. Salvatore il cognato, che lavorava alla Previdenza Sociale e diceva ch'era pratico di tutto, la portava a spasso con l'autobus. Ma scese a una certa fennata. e si perse nella gente. « Salvatore, Salvatore)), gridò Assunta Donato da dentro l'aurobus. e si senti sola e disperata. in Quel viaggio che non sa– peva dove sarebbe finito. « Sono rimasta soia sutl'autobus ,,. rac– contò, « e Salvatore era sceso alla fermata>). Era sceso alla fermata anche mio padre, e quel viaggio Francesca Niro lo stava facendo da sola. con mtro il vento di fuori • e la sua disperazione. La disperazione che mi pono anch'io, s-tase-ra, perchè non st.a aspettando che di parto-ri-re. E rividi Rafèle. Stava così Rafele. la pezza in Lesta a nascondergli il sangue. E dalla bocca aperta saHvano Verso l'atto anelli e anelli di fu.mo. Ma il fumo lo creava Gaetano lo stagnino. nascosto ai piedi del letto. a cavano della cassa di zinco. Una cassa di zinco che s'incastra dentro la cassa di 110oe, perche quando la cassa di noce si macera resta questa camicia dt zinco buona ancora per qualche anno. contro i vermi e le tatpe e l'acqua, tutta I ncQua che si raccogLie sotto terra. Una cassa di zinco che costa quanto una cassa di noce. E Gaetanino ne chiude tutte le aperture per tener :fttori anche l'aria.. e fa colare il liquido dal bastone di fuoco n poC'Cf'come lac-rime di mercurio. « Ho i! piombo neg/1 occhi 11v11 posso vedere», gridò a un tratto Francesca Niro. balzando a sedere sul letto. E I.a GIOSE RlMANELLI (Conttnu;--;- p,a.g. I)

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