la Fiera Letteraria - XII - n. 4 - 27 gennaio 1957

Domenica 27 gennaio 19-- LA FTER T.ETTERARTA' Pag. 3 GALLERIA DEGLI SCRITTORI ITALIANI * di A1\ 1 TONIO BALDINI A quando risale la mia amicizia con Bellonci? Bisogna andare indietro per lo meno di due guerre mondiali ed entrare nella orbita di una epoca più modesta, quella di Tripoli e bel suol d'amore•· Dove e da chi gli fossi presentato non saprei ricostruire con esattezza, ma penso che dovesse accadere pel Corso o da Ai,agno per tramite del mio fraterno amico Beniamino de Ritis, il com– pagno di liceo che mi aperse assai per tem– po, la conoscenza di tutto ciò che riguar– dava la vHa letteraria del momento. Penso che anche quel giorno Goffredo tenesse stretti, al solito sotto il braccio sinistro uno o due libri e dovesse pungermi una acuta curiosità di conoscere ài che libri si trattasse: curiosità soddisfatta quando erano libri di letteratura italiana o fran– cese, curiosità rientrata se di storia po– litica o economica, cibi per me, allora e sempre, indigeribili. Ma le più volte erano certe pubblicazioni aggiornate di storia o di critica letteraria, altrimenti non ci avrei tenuto tanto a farmi e con– servarmi amico Bellonci. strada ,poteva semoranni un lusso quasi da Andrea Sperelli: la Roma d'allora essendo molto più vicina al «Piacere• di d'Annun– zio che ai « Racconti romani » di Moravia). (A quel tempo donna Maria, doveva fre– quentare ancora le scuole e1eroentari, for– se ancora l'asilo, con le sue nere treccie per le spalle, ed erano assai lontani i tem– pi d'oro del suo salotto e degli • amici del– la domenica»). Era sempre per me un piacere fare quat– tro passi con Goffredo - lui con le scarpe lucide ed io appannate -, e con l'esca delle novità librarie che mi permetteva di sfogliare cammin facendo e di una conver– sazione sempre sentenziosa ed istruttiva. originata da que!la sua conoscenza ben do_– sata e di continuo aggiornata di studioso e dl giornalista, della quale per tanti anni poteron giovarsi i fedeli lettori del suo giornale. Goffredo si fa spesso un vanto, e con piena ragione, di essere stato il ;primo a far conoscere al pubblico italiano tante inedite promesse delle nuove leve letterarie. E non sarò certo io a con testargli il merito di generoso e giudizioso scopritore di gio– vani, avendo io stesso beneficiato di que– sto suo particolare talento per avermi egli additato ai suoi lettori con estrema bene– V"Olenzafin dai primi miei saggetti sper– duti, in una rivista semiclandestina, che i maligni seduti in pennanenza al Caffè Aragno definivano « organo dei pochi in- Spesso l'incontravo per il Corso Umber· lo, col suo libro bene stretto sotto il brac– sio, e il piede posato sulla cassetta del lu– strascarpe in un tratto di mardapiede verso piazza Sciarra, dove è il « Giornale d'Italia •· Mi acchiappava al volo per un braccio a tenermi fermo quel tanto che ci voleva perchè il lavoratore delJa spaz– zola gli tacesse le scarpe lucide e spec– ch iantl (io ero allora tutto flglio-di-fami– gJJa, e quello di farsi lustrare le scarpe in soddisfatti •· ' ANTONIO BALDINI Ha fatto della lettei·atura una sua 1~agione di • vita Più ancora che una lettura, Goffredo Bellon.d è per me uoa conversazione. Tale conven;azlone s1 iniziò, a lume di cande– la, durante l'occupazione tedesca; soli nei prnni templ, Maria, Goffredo ed io, in se– guito con qua'lche amico. La consuetudine rimase a guerra finita; ed è difficile per me leggere un articolo di Goffredo senza trovarvi elaborati i concetti e i giudizi che gli ho udito esprimere a voce. La let tura e Ja conversazione si confondono i.ti me ; l'una pro1unga l'altra; spesso, anche quan– do leggo, la :ftase scritta scompare, e la voce subentra. Non posso dire questo per altri crjtici, col quali ho pure conversato· che sono avari di se stessi, riservano per la pagine tutti i loro pensieri. Mi sembra di cogliere qui una caratteristica di Goffredo E,ellon– ci anche come scrittore: la generosità, una prontezze. a spendersi, a considerare la propria opere non con !\animo del tesau– ri2Xatore, ma dell'uomo cui preme soprat– tutto comunicare, partecipare ad altri i propri pensieri, non sfruttar]j ma condivi– derli. E' l'lndlzio del vero critico,· la cui opera è, o almeno dovrebbe essere, un at– to di generosità verso gli alt-ri, in quanto eg11 si dedica a capi,re, spjegare, diffondere !'opere altrui. Un tale sacrificio è raro; e perciò I grandi crltici sono rari. Umberto Saba mi faceva un giorno osservare che j grnndi poeti sono meno frequenti nella storia dei grandi romanzieri, e i grandi c1itici ancor meno frequenti dei grandi poeti. Non si può che dargli ragione. Uno dei meriti di Goffredo Bellonci è di essere rimasto sempre ed integralmente un cri- Goffredo Belloncl nel 1904 tico E non ho visto mai nessuno che arlli. come lui, la letteratura, facendone. come lui la propria ragione di vita. Alla base di questo (e chi lo conosce lo sa J sta una curiosità instancabile. un amor vitae incontenibile, giovanile, quasi infan– tile. Ogni nuovo libro lo attrae. e quasi lo mette in orgasmo, in quanto è un'espres– sione vitale· e lo attrae proprio per se stesso non già per il bell'articolo che potrà ricav~rne. Lo ath·ae qualunque sia l'età dello scrittore, declinante. maturo o nuo– vo· v'è in Goffredo Bellonci l'incapacità di qu~lsiasi rifiuto preventivo. Gli uomini co– me me, ormai svogliati dalle molte letture. e che si indurrebbero a leggere gran parte delle novità soltanto per dovere professio– nale ne rimangono stupefatti. e riconosco– no 1~ vocazione del critico. Una delle af– fermazioni più abituali di Go_ffretlo Bel– lonci è che il critico deve giudicare con un criterio estetico, non già con il crite– rio restrìttivo di una poetica; ·giacché. quando si associa interamente a una poe– tica ouò essere tutt"al più la punta pole– mica ·e dottrinale di un movimento creati– vo, e Si obbliga perciò a giudizi parziali ? erronei. Criterio estetico, in questo caso, e * inonimo di un profondo, invincibile libe– ralismo dell'intelletto. E pe1meli.e a Bel– lonci di essere altrettanto vicioo ai gio– vani di oggi che ai giovani di ie1;; qua– '1unque sia la loro auto-motivazione e la loro etichetta. Uomo di nessuna rinuncia, Bellonci non è il critico che possa scegliere un settore e dedicarsi ad esso per tutta la vita. Non appena si accinge ad entrare in un argo– mento, sentiamo che già sta adocchiando– ne un altro. Egli è lontano·da una critica di contenuto, perché sa che il redde r11tio– nem di uno scrittore è soltanto il testo, la pagina. Me è altrettanto lontano da una critica che si concentri sul linguaggio !so– landolo dai suoi sfondi. Il suo criterio dominante è che ogni realtà, concepita orlg!nalmente, porta una sintassi nuova, cioè un nuovo modo di legare l'esperienza dentro di noi; questa sintassi è nella cosa prima che nella pagi– na, e solo allora si riflette ln un nuovo lin– guaggio, dove possiamo coglierla e valu– tarla. Tutta le sua critica è dunque un ten– tat.i,vo di trovare il rappo.rto, nell'opera di uno scrittore, tra una sintassi del reale e una sintassi del linguaggio, che reputa in– separabili. Perciò, dall'esame critico è spinto in tutti i campi: politico, religioso, economico ecc. L'affettuoso rimprovero che possi~mo rivolgergli è legato al ri– conoscimento delle sue qualità migliori. La prodigalità spesso in lui rasenta lo sperpero. E" alieno per carattere dal capi– talizzare, in un tempo ln cui tut~i capita– lizziamo le briciole. Un interesse m lui na– -sce dall'a,l tro, un saggio ed un articolo di giornale da'll'altro. Chi li _s~_e e. paria con lui sa che in quelle nuglirua d1 arti– coli e di saggi sono rinchiusi gli elementi di una storia- completa della nostra lette– ratura tale da fare invidia a molti pro– fessori' universitari. Si trovano ad ogni tratto vedute originali, intuizioni profon– de. Bellonci fu per esempio tra i primi che seppe stabilire una continuità fra il Tre– cento e il Rinascimento, eliminando qual– che ti·oppo facile antitesi, e non per giu– dizi sommari, ma per la conos_cenza accu– rata dei testi Le sue indagini sul baroc– co. la parte più acuta della sua opera. so– no anche acute in assoluto. Egli configurò il barocco come un pre-romanticismo. mosso da un desiderio di trasformarsi, di– ,·enire natura e materia di metamorfosi; desiderio che si scorge in fondo anche alle metafore sh·ambe ed alla volontà di meravigliare. Per toccare un ultimo pun– to. scorse la differenza tra un certo reali– smo d'arte, come si vede nei toscani, e il realismo effettivo della letteratura set– tentrionale, per esempio nel Bandella. Questa intuizione ebbe influenza sulla rea cente critica non solamente letteraria, ma anche figurativa. Molto di ciò che scrisse Goffredo BellonCi si sciolse infatti nella critica altrui e si presentò, più tardi, come scoperta di persone più attente nell'ammi– nistrarsi. Alle quali non faccio colpa ; in– fatti capita anche a me di considerare miei, senza avvedermene, concetti che Gof– fredo Bellonci ha sparso in conversazioni ed in articoli. con quella sua costante volontà di comunicare. condividere e per- suadere. . Penso che un'intera giustizia per Gof– fredo Bellonci si avrà soltanto quando la sua opera sarà raccolta, e non dubito che lo sarà un giorno. Si constaterà allora quanto egli ha visto, intuito, previsto. E come, appunto perché prodigo, abbia adempiuto alla sua funzione di critica, dif– fondendo concetti utili a noi, opponendosi alle negazioni ed alle esclusioni che impo– veriscono la vita, contribuendo a mante· nere viva.. una civiltà di tutti. GUIDO PIOVEJ\'E * MI PORTAVA lt.POLSO DEL MONDO * cl i E .\' R I CO PE I Carissime Festa non è la consuetudine di lavorare. era Pietro Pancrazi, chè, compito mio dire di GoHre- Allora incominciava per me consuetudinario s_altava o~i do Bellonci crtticc• ~ scritto- un altro ragguaglio di noli- anno per pochi .'(1orni a V1a– re. chè. don"<'i possedere doti zie. e un libero sfogo. Perchè, reggio. Ma, per tutto sett n!– diver. da quelle <.'heho. per il primo. m'era_ venuto dR br,', la più_ !unila. ve,:idemm1a poterlo fare compiutamente. G. B. Ang1olett1 che pur , romana, d1 ,:iohz~c tiranne e Ma comunque per a,vermi ogni anno, arr(vava. dllll'cste- di speranze 1deall. <:ra quella invitato. in q 11 sta occasione, ro, nel mese d1 luglto. Slgno~ d1 Goffredo Bellone,.. , ad esprimergli anche un mio rilmentc prudente con, p;h E _la _ lette1:3tura, m quei saluto ti sono moltissimo strani ri, dai q~rnli acqu1st,!l- nostri d1scor~1, era messa da grato.' va fiducia. E so_ttilc inda,gnto- parte, chè più rovente, urge- Ho di Goffredo Bellone( re di fatti sociali, G. B. An- va al nostro cuore la !1bertà. anco 1: vivo il ricordo (e so~ gioletti, serenamente poteva Ca!·o resta, questo r1c,orda– passuti molti anni) di quan- ria umere gli umori che cor- re, t, ~1ca. con quale piacer~ do m, s. nt 1 11 , ,, ; revano fuori di casa, in m_e- metto il. mio nome,, tra q;iel11 bus , rito al regime. Mi pcrtava che oggi sulla •Fiera>, con pubblica delle lettere. Abita- perciò il polso del mondo, in- competenza_ ,onorano Goff;<?– )'" n E~ ttn . inçiustrin~dom) torno alle faccende d:rtal_ia, do Bellonc1: E n~n sono m- 1n vari me t1erl, fuori dai s~c~ndo le vedevano .'(h -s!1a- ti_-uso,se m1 giustif~c? CO!' la contatti letterari. in un mon- n1er1. E un altro onesto ila- riconoscenza al critico illu– do di la,·oro pràtico. per vi- liana. con il quale in quegli stre, e all'amico di provato vere. E idealmente imbran- anni potevo confessarmi, lo affetto. cato coi diseredati come me. ricordo qui a cara memoria, aspettando la riv<Jlta che fa- E TRICO PEA Critica di idee le sua, è venuta anche esercitandosi su scrittori e movimenti di tutta la nostra storia. anzi di tutta la nostra civiltà * di FRA~CESCO FLORA Ho sempre desideralo e proposto che le pal(ine cri– tiche di Goffredo Bellonci quali apparvero fin dai suoi anni più giovani. spe– cie sul Giornale d'Italia. commentarii attentissimi alle vicende delle nostre lettere o meglio della no– stra cultura. in una prosa di lucida e civilissima fat– tura, fossero raccolte in volume. Ed è noto che egli è sempre stato ritroso a ri– pubblicare in un libro le pagine scl"itte per il 'gior– nale, chi eccettui poche co– se di un unico tema o di temi affini. Son certo si possa sem– pre provvedere a quella raccolta. sebbene l'incon– tentabilità dell'autore che fu certamente la causa pri– ma di quella ritrosia debba esser piuttosto cresciuta che diminuita: chi non ha pubblicato in volume certe pagine di giornale alla loro data giusta, deve avere un gran coraggio per farsi un animo storico verso se me– desimo. nel leggersi dopo tante mutazioni di gusto e di costume. e deve avere un coraggio anche maggio– re a pretendere lettori che sappiano con animo sto– rico vagliare il positivo va– lore di una critica remota. Eppure, chi scrisse con una sincerà adesione al vero che era possibile cogliere s e n z a dono di profezia, potrà sentire anche in pa– gine giovanili. dettale qua– si sull'impeto di alcune impressioni letterarie (ma il Bellonci fu sempre as– sai sorvegliato), l'ufficio necessario a intendere e magari preparare il pre– sente gusto e il presente costume. Sono egu!llmente certo che B,ellonci ha tutto da guadagnare nell'offrirci il documento della sua par– tecipazione ed assistenza alla letteratura italiana: non fosse altro per il do– no della scrittura che sempre per se stesso e una guert'a illustre contro il tempo•· Anche se in que– sto o quel punto il Bel– lonci possa non più ritro- arsi e sia pronto a rive– dere q u a le h e giudizio o constatare che una previ– sione fu troppo generosa o non abbastanza fiduciosa, un rapido commento dello autore riuscirebbe a stabi- lire l'equilibrio. dandoci. per cosi dire, in uno scor-– cio storico le ragioni del mutamento. che talora si svelerà soltanto ali'parente. .Ma nella condizione pre– sente, anche a me che, so– prattutto quando vivevo a Napoli e Roma. ho potuto seguire con una certa assi– duità la critica del Bel– lonci sul Gi.orn11le d"lt11lia, tocca parlar di lui sul filo dei ricordi, piuttosto che sul!a vi,·a pagina presente: parlare in certo modo di un Bellonci socratico, il cui discorso, consegnato al giornale, è poi ricordato al pari di una conversazione ornle (e in tale conversa– zione il Bellonci non è me– no efficace che in quella scritta). quando il quoti– diano, terribilmente satur– nio, è già sostituito dal fo– ll'lio di un nuovo giornale, di altre ventiquattr'ore. L'opera del Bellonci va di pari passo con lo svol– gimento di quella originale iniziativa g1ornallstica di Alberto Bergamini che è del primissimo Novecento e si chiamò la terza pagi– na. Già nell'ultimo tren– tennio dell'Ottocento, mol– ti l(iornali s'erano valsi dell opera di veri scrittori. Costoro contro i cosiddetti e gazzettieri > e contro le •gazzette• (tanto vitupe– rati nel primo Ottocento, da un Leopardi come da molti altri letterati, specie se moralisti o semplice– mente puristi) rivendica– rono la dignità della stam– pa quotidiana e periodica, Basterebbe citare direttori di giornali come De Sanc– tis e Martini, Scnrfoglio. Matilde Serao: collabora– tori q u l\ 1 i D'Annunzio, Bracco, Di Giacomo: invia– ti speciali come De Amicis. M:i la terza pagina seppe diventare specificamente la pagina della cultura. tis, e per la purezza stessa in cui poneva !"intuizione lirica e cosmica stabiliva il legame dell'arte au,tonoma con tutte le fo1me della vita, e stringeva sempre più saldamente quell'unità nel punto di farla senti re come ritmo in cui di volta in volta ciascuna delle for– me ordinava sotto la sua specie le al tre. il Bellonci avvertiva a ne h e quanto poteva rimanere unilatera– le in una critica sprovvi– sta di quel fondamento speculativo che la scuola carducciana non avrebbe potuto fornirgli. Cosi un metodo •estetico nel quale agiva l' insegnan1ento del Croce ha potuto unificare le impressioni e le sem– plici annotazioni in un chiaro discorso critico. sen– zn la cui sintesi non si fa sto r i a letteraria e forse nenuneno cronaca. Cosl potè egli sfuggire a quel positivismo letterario, del quale gli venivano sug– gerimenti anche dalla scuola bolognese. come da– gli ultimi discepoli del De Sanctis che per la cosid– detta critica storica (che era aneddotica e biografi– ca) ripudiavano la sola critica che essendo esteti– ca riusciva alla storia to– tale. Oggi la parola e posi– tivismo > può' esser pro– nunzif/,ta con oggettività. senza alcuna punta pole– micR. giacchè quanto quel moto rappresentava di fal– lace è caduto, e ciò che nei singoli autori esso sel'– bava di concreto e origi– nale, sfugge alla qualifica della scuola. Ma i pericoli di sviarsi dal fatto poetico e mentale per cercare la cronaca p r i va t a di uno scdttorc erano tuttora grandi: poteva ancora av– venire che conoscendo lutti i particolari della giorna– ta di un poeta o narratore, i suoi debiti, i suoi vizi. le sue debolezze. le sue abitudini viscerali. le stim– mate degenerative. le fol– lie, fossero dimenticate le sue opere, e cioè il docu– mento concreto per il qua– le egli era scrittore. Direi che egli potè concilia re, per intenderci (come del resto, a suo modo, faceva il Croce medesimo), la Critica e il Giornale sto– rico. cesse più giusta la società di cui ero scontento. E' un pun– to della mia esistenza che non posso dimenticare: per– duta anche la fede bestem– miando, adesso la riacqui– sta,•o a fatica d'autodidatta. La sua presenza Assai spesso avveniva n mc, come ad altri lettori di aspirazione umanistica, di ritagliare articoli di ter– za pagina: e in questa rac– colta entrarono di frequen– te le colonne del Bellonci. E ora io sarei in grado di confermare su molte sue pagine la mia testimonian– za, se l'ultima guerra, tra incendi e dispersioni di molti miei libri e carte, non mi avesse collocato nella stessa condizione di quanti non possiedono una raccolta, sia pure somma– ria, di scritti del Bellonci. Nella figura a,ritica del Bellonci, quale io disegno su questa memoria socrati– ca, si avve'rtono in un fe– lice equiliqrio l'educazione che deve dirsi di tradizione carducciana e quella che nasce dalla scuola crocia– na. Ho detto felice equi– librio, per toglier subito l' idea di una meccanica provenienza. E quanto egli serbasse libero il suo giu– dizio innanzi alle singole opere di poesia, e prova il suo atteggiamento di fron– te alla poesia del Pascoli, che in certo modo era una pietra di paragone, verfO la scuola carducciana e verso quella crociana, in un tempo in cui Il gusto carducciano che domina– va in Italia e al quale ade– riva con intima e genuina simpatia il Croce, doveva rimaner perplesso dinanzi al linguaggio pascoliano, cosi realistico e cosi im– pressionistico a un tempo, così preciso e così musi– calmente arcano. Ancora di recente il Bellonci par– lava dei e timbri • pasco– liani, e in genere della mu– sicalità del Pascoli col più persuasivo accento. E qui l'educazione carducciana, che agiva ad acuire la ri– cerca tecnica della poesia, si risolveva infine proprio contro il dominante gusto carducciano, che poteva as– sorbire il D'Annunzio ma era inquieto verso il Pa– scoli. Pur con certo amore per alcune parole riassuntive, quali positivismo. ideali– smo,. materialismo. ecc .• che ci fan correre il ri– schio di dispensarci dal pensare le situazioni con– crete, Il Bellonci n6n se ne è fatto vittim:i. Non s'è chiesto se chi esprimeva un'idea fosse positivista o idealista, ma se l'idea fos– se giusta o fallace. Non ha ammesso il ripudio pre– concetto, nemmeno contro coloro che si presentavano come eversori di tutti que– gli ordini e valori senza i quali la poesia perde il senso e la ragione che le derivano dalla continuità storica. Ha seguito passo passo, come aveva fatto per il Pascoli e per il D'Annunzio novecentesclù e per Orsini, De Bosis e gli altri poeti immediata– .mente postcarducciani. tut- * Fu allora che Goffredo Bel– lonci, uno dei primi, udì la mia piccola voce, (il volu– :netto :i c~ti alludo, lo ebbe dal giovanissimo Giuseppe Ungaretti, che a tutti dispen– sava dal'Egitto, quella mode– sta operetta, che fu l'inizio di una vocazione) e con l'au– torità che gli veniva dalle colonne di un grande giorna– le, dette l'avvio al mio la– voro di scrittore. di ~UGLJF.lLlUO PF.lTRONI La conoscenza personale ha più recente data. Ma, tutta– via, c'è passato sopra il fa– scismo e la guerra. Venti an– ni di dìalogh i interrotti alla fine di settembre di ciascun anno. E °""Ili anno ripresi al– lo scadere di agosto: all'inizio della stagione educata, quan– do Viareggio si spopolava, e nell'aria marina si facevano miti i bagliori dell'estate. Goffredo Bellonci. a questa data. ,appariva verso il mezzo– dì con la sua garbatissima sposa: crine morato sulle bian– che spalle. al caffè dove avevo Ben,chè appartenga ad una generazione 11v11nti la nostra, p o s s o annoverare Goffredo Bellonci tra le vecchie amicizie acquistate in v11rianni di consuetudi– ne letteraria; una vecchia amicizia, perchè BeUonci è uno dei pochi più anziani dì noi che abbiamo trova– to sempre presenti ai pro– blemi culturali che si sono avvicendati in queste de– cine di anni, spesso tanto drammaticamente. E' infatti la caratteristi– ca maggiore di Goffredo Bello-nei, quella di non aver mai abbandonato il mili– tantismo letterario e di es– sersi trovato sempre pre– sente ai problemi del no– stro tempo: egli non ha mai tirato i remi in barca, lo spirito dei giovani gli è naturale; e non è cosa da poco in ogni tempo, ma particolarmente non è cosa trascurabile or,gi che lo evolversi, l'aggiornarsi, per tante ragioni, non è sol– tanto un fatto dì assiduitd letteraria. ma un conti- 11 uo adeguamento ad un panorama più. vasto e J?iù impegnativo, in çui gli in– teressi completi della per– sona sono totalmente messi in giuoco. E' sotto questo aspetto di amico v iv a e e e sollecito che a me piace ricordare Belloncì · in una occasione come questa. Altri megLio di me ne potrà mettere a punto la sua attivìtd di mi– lit111ite nella cultura it111ia- 11a. magari con l'accento polemico che si confà al suo carattere. Potrà mu– stràre la passione c1ie in tante occasioni egli ha ge– nerosamente messo nel di– f enàere il p11trimonio ar– ti.stico e culturale italiano, così costantem.ente minac– ci11to ieri ed oggi d11!l'in– crimpre11sio11e e !" indiffe- Goffredo e Maria Bellonci con Pea a Viareggio renz11 di gran parte della classe dirigente. L11 sua presenz11 o g n i qualvo!ta sia ìn discussione o comunque in causa la letteratura e l'arte italiana, lo ha sempre portato a fianco dei più battaglieri e dei più giovani e, quest11 testimonianza, è forse quel– la che può rendere mag– giormente atto a Bellonci del suo operato continuo, di una sotlecìtudine che si è anche concret11ta, con la intelligente collaborazione della moglie Maria, nel BO– daLizio che d11 tanti anni riunisce e sollecita tutta la più valida letter11tura ita– liana e ne dethmina una manife stazione di cui, in 11.na società come quella odi erna sorda ai propri va– lori spirituali. ha a v u t o una funzione di molt11 im– portanza. Penso che anche per temperamenti più specifi– catamente critici sia assai difficile oggi, mettere a punto la molteplice attivi– tà svolta da Bellonci; egli stesso non si è mai curato di procurare le pezze d'ap– poggio necessarie. Mi è sempre sembrato che 111 s-ua maggiore preoccupa– zione sia quella di operare nel problema più presen– te, immettendovi la vasta esperienza e la sottile co– noscenza della nostra cul– tura, che i suoi amici ben conoscono attraverso la sua viv11ce capacità di discute– re, di ricordare e di col– legare; dote quest'ultima quasi sconosciuta anche nei più svegli settori della let– teratura italiana che, per la prima volta, ogni tanto accenna a qualche aspetto dì ~ convivenza • nel salot– to ormai a tutti noto e da molti freq1Lentato. GUGLIELMO PETRONI Alla scuola del Carducci, dunque, una scuola uni– versitaria tra le più illu– stri e fertili (e per certi riguardi la più illustre del– l'Italia moderna, chi pen– si quanti scrittori e studio– si le appartennero, dal Pa– scoli e da Severino a Ma– nara Yalgimigli, a Mazzo– ni e Straccali e tanti e tan– ti altri), il Bellonci deve l'amore del particolare let– terario. l'amore-stesso del– le larghe letture, e infine l'attenzione a 11 a propria scrittura, vigilata senza pedanteria, raccolta senza eccessi di voluta concen– trazione, sobria senza ava– rizia. Ma aperto alla cultura nuova che sorgeva in !ta– lia col Croce, la quale ob– bligava tra l'altro a legge– re e rivalutare il De Sane- te le correnti letterarie italiane, e per naturale di– scorso quelle straniere: correnti effimere o dura– ture. Direi che di nessuna sia sfuggita al Bellonci la linea: e che di molte egli abbia visto fin dal loro primo ./lpparire il destino; dai crepuscolari ai futuri– sti, dai vociani ai rondisti, dagli ermetici ai neoreali– sti, ecc. Critica di idee la sua, è venuta anche esercitando– si su scrittori e movimenti di tutta la nostra storia letteraria, anzi di tutta la nostra civiltà, sul richiamo della pubblicazione di clas– sici e di saggi critici o sto– rici che studiosi italiani e stranieri dedicarono a 11 e nostre lettere e alle nostre arti. E anche questa ric– chezza di interessi dà la misura di una critica che seppe oltrepassare i peri– coli dello impressionismo puramente descrittivo o informativo. PE;r _un solo esempio, considero un notevole con– tributo alla storia del Ba– rocco e del Romanticismo, le molte pagine che ai loro aspetti Bellonci ha dedica– to. Pur dove si possa dis– sentire nelle opinioni, si consente al dial ogo che egli apre. E ques.ta è del resto la sola premessa che per ogni critica abbia valore: suscitare il di a I o go nel quale tra adesioni e con– trasti si svolge un tema per un aperto giudizio. FRANCESCO FLORA

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