la Fiera Letteraria - XII - n. 1 - 6 gennaio 1957

,. Domenica 6 gennaio 1957 LA LETTERARIA PROBLEMI DI LETTERATURA CONTEMPORANEA: DAL MONOLOGO Salvatore Quasimodo E' da due anni che il Discorso sulla Poesia di Salvatore Quas.imodo, ora messo a chiusura, quasi chiarimento e giustiti– cazione, della nuova edizione della sua già premiata (a ·Taormina, nel '53) raccol– ta poetica IL falso e vero verde (Monda– dori. Milano, 1956) conti<nua ad essere diffuso in conferenze e in riv.iste senza che nessuno apertamente reagisca. Nessuno de– gli autori, poeti e critici, tirati in ballo con nome e cognome, oppure stuzzicati con punzecchiature; e nessuno aJtresì de– gli adepti, che di solito son :tlieri di la,n– ciarsi nella mischia e far di tutto per ti– •rarla in lungo. Perchè tanto riserbo? Tanta cautela. astensione o rinunzia che sia? Probabilmente dipenderà dalla circo– stanza che in molti punti vi si torna a in– sistere sopra temi ormai risaputi dell'an– nosa polemica contro l'Ermetismo; con la aggravante di riferimenti e allusioni, tanto più inaccettabili se si considera che la partecipazione dello stesso. ~uasimodo allo stesso Ermetismo è stata, fino à Giorno dopo giorno (1947) e a La vita non è sogno (1949), tutt'altro che casuale e irrilevante. E più ancora se si aggiunge che i mutamenti intervenuti in Quasimodo col succedersi degli avvenimenti, dal fa– tale 25 luglio i,n poi, si sono verifilcati an– che in altri poeti, nel diverso modo appro-.' prjato al sentimento di ognuno. D'altron– de è forse da supporre che un tale modo possa trarre maggiore aut.orevolezza. in sede di giudizio estetico, dalla v>istosità delle sue manifestazioni? La cronaca del– lo svolgimento poetico italiano e del suo elaborato adeguarsi al tempo presente vuol essere controllata e registrata in più severi termini. I quali, per quanto complicati dal– le alternative di uno sviluppo tutt'alt-Fo che incontrastato, risaltano già a.bbastan– za chiari da non consentire riconoscimenti di primato nè attribuzioni di privilegio a favore di qualsivogha poeta in quest'-ult,– ma fase della sua produzione. Senza così negare che una più .dura insofferenza e una più decisa consapevolezza sembrino destinate a consentire all'uno meglio che all'altro la conquista di· un'approfondita novità poetica. Tuttavia, quantunque la più aperta e più pronta· « dispo11ibilità • rinnovatrice dell'uno rispett.o all'altro poe– tà costituisca motivo di fiducia, la confer– ma o la smentita non s 'av.rà che domani: nell'attuazione o nel fallimento, in campo letterario, di queHa stessa • disponibilità >. Oggi come oggi si devi: consentire col Quasimodo nell'escludere che la guerra, mutando la vita morale di un popolo e mettendo l'uomo di fronte ad una nuova misura della libertà e della verità, possa lasciare immutata la poesia. E mutamento c'è stato. Ma riconoscerlo e attestarlo non implica il ripudio e il dispregio di tutt<? quel che di diverso è stato fatto Lino a ieri, specialmente da parte di coloro che vi hanno con.tribuito. Se ali'• assenza • e ali'« indHferenza • del poeta, riscontrata e lamentata nella poesia di' iéri (ma non sempre a ragione), si contrappone la. sua «presenza• e la sua e compromissione • nella poesia di oggi; se si prende atto che qua e là la • solitu– dine • ha ceduto (o mostra di voler. ce- Karin Va,n Leyden: Il ge-lato PAROLE FRANtJDE SULLA POESIA D'OGGI * Affinchè la Poesia possa rifare l'uomo occorre ch'essa, in una ritrovata unità .. sia l'espressio- ne di una nuova cultura e che questa sia, a sua volta, la quali( icazione di una libera società * ,, dere) alla e compagnia•• il e mornologo > al e dialogo •, la e preghiera • alla « pro– testa•• ,non perciò sarà da Jnfljggere il segno negativo sull'intera (Produzione di ieri, riserbando il positivo per quella di oggi. A consigliare di tenere aperto e di proseguire il « processo alle attese•, cic-è l'esame dei tentativi (lasciando in sospe– so il giudizio sulle eventuali riuscite) è la natura dei testi; cqsi suscetbbili d'infatua– "zione o di denigrazione. Non è esatto, che lo sconquasso ùella guerra abbia lasciato impertuDbato quel– !'« estremo antro fiorentino di fonèrni me– trici • in cui Quasimodo si compiace ad– ditare l'ultimo 'ricettacolo defi'Ermt!tismo. Basta citare Luzi e le sue Primizie del de– serto. Non è esatto che « in Toscana, pur– troppo, c'è ancora qualche Guittone d'Arezzo, che alleva alla sua dottrina preziosa le ultime chimere dei possedimen– ti dell'assenza, dove gira il tornio esisten– ziale >. Basta citare Betocchi e i suoi Tetti toscani. Eppoi che dire del De Li– bero di Banchetto e di Ascolta la Cio– ciarì,a e del Gatto di lTuove poesie? Non– ché di U,n,garetti e fin dello stesso Mon– tale? Di diritto, le loro ultime raccolte appartengono al Dopoguerra, con un jm– pegno la cui pai·tecipazione non è con- 1traddetta dalla rh;pettiv,a singolarità, al– lo stesso modo che il loro tecnicismo non s1rtentisce nè attenua la loro umanità. E. come per essi. lo stesso accade per qual– che altro. La e frattura tra l'uomo e il poeta • è rit.ornello polemico cui, per buon gusto, bisognerebbe ormai rin,unziare. Esistono uomini diversi e di conseguenza, poeU diversi. Ciascuno reca un suo contributo allo conoscenza e alla chiarificazione del tempo presente. Perchè relegare nell'Al'– cadia (in una ridicolà Arcadia di fan– tasi-a) tutti quelli che non lo fanno rea– listicament.e E tacciarli di «formalismo» perché il loro « contenuto » non riesce di gradimento? Non esiste forse anche. un'Arcadia alla 'rovescia, dove si tiànno ritrovo scalmanati e strilloni'? E:l è. per caso. meno noiosa? Distinguere tra Crepuscolari Futuristi Vociani non significa far cr.itica per em– blemi, nè accontentarsi d'una cronaca in– capace di spàrtire la poesia <ialla lettera– tura, nè annullare le singole personaHtà di ENRICO FALQUI Orfeo Tamburi: "Veduta. di Parigi," LO SCRIT'l'ORE E LA SOCitiTÀ * AMBIGUITA'·D~UNA SCELTA * Sono c1uesti i tempi in cu.1 il meslie,·e dellQ sc1•ittore è meno semplice e meno lieve del solito, ed in cui per la strada della ricerca ideale, per stanehezza o per ~ndifìerenza o per toròaconlo, 111olti si 1er1nano ai crocicchi dove il traffico è più intenso e_ i buoni affar-i più facili li-– di, fii lJGLI ELJJIO PETRONI Il mestiere dello scrittor~ è certamente la più am– bigua tra le scelte che un uomo abbia la possibilità di fare, se scegliere poi è la definizione gk1sta, perchè sarebbe più natw·ale che fosse il « mestiere • a sce– gliere i suoi uomini, in questo caso. Ma qual.e migliore scelta per una coscienza se non la situazione umana di ambiguità al fine di cer– care in essa, nei suoi continui trabocchetti, nelle sue eterne lusinghe, nelle facili mdicazioni alle mezze mi– sure buone a tutti i risultati, la forza di lottare, di rinunciare alle comode soluzioni ambivalenti, alle ri– soJ.:i.zioni vantaggiose che comportano una mutilazio- · ne delle prop\.ie idee e, perchè no, con tutte le debite precauzioni diciamolo pure, dei propri "ideali»? L'uomo in pace col proprio mondo e con se stesso, il povero di spirito, se esiste, non ha veri problemi di scelta, sarà perciò quello che è, e rimane statico ad attendere la propria sorte; l'uomo att.orniato da tutte le possibili deviazioni, da tutte le più disparate stra– de del compromesso, della semi-onestà, della disone– stà, oppure della rinuneia e della consapevolezza, della libertà o della ricerca spirituale monda dalle lusinghe grossolane che fanno facile l'esistenza, è senz'altro un uomo fortunato e, la sua fortuna, con– siste nell'avere un'esistenza difficile, nell'essere ogni momento nel pericolo di errore o di cedere ad una scelta di ciò che gli serve al posto di dò a c:.ti più crede. Esso ha inoltre un altro privilegio; quello di potere in ogni momento correg;gere se stèsso, di po– ter riconoscere il proprio errore e di poterne rendere atto pubblicamente ogni volta. Suo privilegio è insomma quello di essere stato posto in- mezzo alle cose monè!ane e a quelle dello spiL·jto senza limitazione nella possibilità della scelta; la limitazione o, meglio, la qualificazione della scelta è soltanto opera sua. Altri uomini di altre professionj spesso sono press'a poco nelle stesse sue condizioni, ma la libertà di scelta che essi hanno non è mai pa– ragonabile a quella che ha }o scrittore: un 'uoino politico, per esempio, è in una condizione analoga, ma ogrui suo movimento è legato a fattori esterni che limitano e condizionano la sua .possibilità di scegliere: lo scrittore deve soltanto esprimerle le sue scelte e la rappresentazione stessa delle sue contrad– dizioni non può avere altra conseguenza se non quella di scoprire, a sè e agli altri, le illimitate pos– sibilità intellettuali e le utili lotte interiori per la ricerca di una verità qualsiasi, di una qualsiasi li– bertà della spirito, o una qualsiasi valutazione del meglio o del peggio delle cose. M!i sembra che sia utile ,votare a questo ·punto come una valutazione puramente umana della situa– zione dello scrittore in mezzo agli altri corrjsponda assai felicemente alla vaJ.:itazione stessa della lette– ratura. Anche se volessimo oggi valutare il pP.so del- / ' l'opera letteraria soltanto attraverso le sue qualità formali non dovremmo ugualmente sentirci ti:oppo lontani dall'immagine trattata pjù avanti: infatti, se anche ci soffermassimo sul pw·o valore della pa– rola, esso non è affatto immune da una scelta che non è soltanto « scelta di colore», ma è anche espres– sione ài idea o di <rappresentazione di fatto o cosa il chè, jn definitiva, in arte non differisce troppo. )Y.[a senza ricorrere ad un estremo o all'altro dei ti·a– dizionali modi valutivi, è evidente che ogni opera scritta ha la sua « indicazione » più o meno palese da comunicare al lettore (una volta si diceva un suo contenuto ma le parole sono diventate anch'es_se ter- , ribilmente ambigue al giorno d'oggi) e che la scelta di q:.tella indicazione è s.tata operata nello stesso identico modo e nelle stesse condizioni in cui lo scrittore è cost.retto a operare a vivere e a rappre– sentarsi in mezzo agli altri. L'ambiguità della condit.ione dello scrittore è, dunque purn e semplice polivalenza iniziale delle sue possibilità di operare per sè e ;per gli alti·i; è dun– que situazione ideale per un_ uomo che voglia sco– prire intera la pro~ria co~c1enza. ed as~umere via via che sia necessano gll rmpe,gru che s1 aspettano da uno che può servire come guida ad altri. E' evidente che esistono tempi in cui le scelte sono più semplici, che si identificàno con gli aspetti tra_– dizionali del costume e, in quel caso, a volte 11 des1. derio di rottura d'un temperamento non confor– mista legittima anche certi eccezionali strappi di fantasia. Ma vi sono anche tempi in cui tutto è ri– proposto, in cui, si usa d_ire ché. le idei: e gli ideali sono in crisi, ed in cui gll aspetti. traruz1onall del co. stume non significano proprio più nulla; ed è in questi 'tempi che anche gli <1: strappi di fantasia > ser– vono a poco, che le scelte debbono essere dettate dalla necessità- di trovare nuovi equilibrii morali, che l'impegno è nel su.perare la ci;isi e ritrovare la pace, tra gli uomini e la pace nelle coscienze; sono questi i tempi in cui il mestiere dello scrittore è meno selJ}– pUce e meno lieve del solito, ed in cui per la_ s~·ada della ricerca ideale, per stanchezza o per md~e– renza o per tornaconto, molti si fermano ai crocic– chi dove il traffico è più :intenso e i buoni affari pi\! facili (quanti affari vediamo oggi c<;mcludere attorno a noi in nome della letteratura) è il superamento di quei crocicchi che le ri_n1;ll1ciesi as~~mmano se~– pre più onerose e spesso f1111scono add1r11?-1ra per in– vestire le esigenze più elementari dell'esistenza quo– t-idiana, è attraverso questi passaggi obbligati che la selezione degli uomini si fa più severa e più dolo– rosa percl.è non di rado comporta perfino l'onerosa accettazione di non essere più intesi per lungo tempo o per tutta una vita. GUGLIELMO PETRONI poetiche. Tanto poco, in effetti anche la critica più formalistica ha potere di sot– trarre il poeta al suo dovere ed obbligo e destino di libertà e di verità, che pro– prio un tale impegno trova sostanziale riscontro in quel tipo di poeta che par– rebbe dovesse tenersene maggiormente discosto per la sa;vaguardia della pro– pria autonomia. La storia delle forme come storia della parola può ben corri– spondere alla storia dei poeti, in sede di giudizio estetico, sempre che in quelle forme e in quella parola si sappia cumu– lare il peso di cui necessitano per la consistenza del proprio valore. La voce di un poeta corrisponde al suo contenuto fino ad esserne regolata. nel momento stesso in cui se ne fa tramite per l'espressione. Altrimenti a cbe cosa si ridurrebbe qu.ella voce? Non è essa a sottrarre dall'indistinto e dall'anonimo i segreti, sentimenti e pensieri, del poeta, e a sollevarli dal buio verso la luce, estendendoli dal singolo aJl'universale? Cosi la poesia è l'uomo. Ma il poeta è un uomo. che s'avvale coscientemente della forma per -esprimere e propugnare le sue idee. E alla forma si affida senza peraltro ridursi a puro teorico, o tecnico, od esteta. Percorrerebbe poca· strada se non fosse che un « pellegrino osservante operazioni di stile>, e se queste per giunta convergessero su e categorie let– terarie spente». Af[in~hè la poesia pos– sa rifare l'uomo occorre ch'essa, nella sintesi di una ritrovata unità, sia la espressione di una nuova cultura e che questa sia a sua volta la qualificazione di una ,nuova e più libera società. Quasimodo è nel giusto quando avver– te che «dal sorgere d'una nuova conce– zione del mondo aspettiamo ricerche più battute dalla ptesenza dell'uomo > E quando aggiunge che • i nuovi contenuti pesano, ma il contenuto è condizionato al corso della storia >. Senonchè ciò non deve trascinarci a stimar validi soltanto i contenuti realistici e sociali, con esclu– sione e dispregio degli altri. a cominciar dai lirici. Tra il ribadire che • la posizio– ne del poeta non può essere passiva nel– la società • e l'esigere. in particolari pe– riodi come il nostro, che il poeta s'adden– tri in un attivismo addirittura politico, il passo è 'breve. E assai di rado e la poesia FUOCHIFATUl - SCHEDARIO * SPILLE DI P_OESIA nel segreto di pochepagine * di ELIO FILIPPO ACCROCCA « u 01,ba~·-io è per me più quafuvoiJ,ta ne a,vver.tiiamo il che aQ~ro ,un'a'Ccolrta di ri- b"isogno. coo·dii: >di pàssegg'i-ate futte, <iii Irn que!lll'erba.rio-dind.aroto tuog,hi ov.e fui u,na ,vol'ta; sono o:accolliti i ;lirammen"tli di evocaziì'O!lli d!i ~er,re che non U!ll waivoro poetico imdispensa- · vedlrò, dli ò.1m:onilmi, dii vi~. [iJ bi!lli.,ccm cui si cosflmlliscon~ mio idlbro più COll'tlliia!le a,rio- •imma,gini e Ticord~ fissati so, chli potesse ~eg,gei.wicome suB:J.aèa, rba come ta,n,te nega– io vi leggo » scrisse una volta tiive dhe IPOSSramosvi,Luppare Sbar-baro in una di quelle e dn®rarndi,re a n<>'Sbropjace– pa,gtirnette ,i,accoq1tesdtito id ti- re e quam,d'o lo 1,i,teniamo op– tolo Fuochi fatui, pagine che portuno . p01·ò lhanno i1Jpoter,e di eve- Quallcosa di di•verso e di più l~H·e - cc,me g,ià quel!lie di dh-e -un diario. A sor.i,vere Tl"ucio!i - 11I.g,i,uoco segreto queste ,p•e non è l'uomo della sua anima, e di racchiu- che vuc,1 dooumenta,re se dere àQ mii!Stei"\io-so1,arppor,to stesso nell~a cronaca, ma i!l che ,pa:ssa tra la cOO'lifMS'ione poeta dhe non v;uoJ.e gM S'!'ug– •n porosa e iQ verso. g>a ['ildea dli mano, o l'ilillue U<0 erba,rio del genere, un mioo~io-ne dell penSiero che tempo "ba!nto di modia, credo scaiva mitag1]da se.,omenta !la sia ,in,ctispenoobfile per ogn.i rea!IJtà di un momento che è poeta, e oh-i nan l'aibbiiia doa poi !la dlra2Jio-n:e dell'eterno. vo:à fPtl'OCU!ra<11Selo c me un V.i si ,cteposiroa ~rad,ualmen– og,g.etJto da consuma~'Si nel- te l'an:Ìl!no del poet~. Come l'uso domesti'Co e i-ipotvi, su un parn'1ìulrm:ine 4a scarica come in un dmd(J/)·oto, le mo- ellebbnica, ohe però ncm viene n:ete ,sonanti (non ca~1bacee), dùSpersa e 1·esa in.'1ooua ma sp,il<:oiolle,di a~·gen;to, il'<lme, va 1lortizzata ·e pronta a sca•t– n,i.'Cihelo a:cmon!i1ta.l (ùQ vaJore tare, silenziosamente e sen- non è nell memi!!Qo), c,apaci ELI8 F. ACCROCCA però dii ~·ùpetere 1Qeuooo ogini (Contln;;;.;: pag, 4) Libero Bigiaretti Pag. 3 AL DlALOGO si trasforma in etica, proprio per la resa di bellezza•; ben altra essendo la resa che si pretende e si ottiene allora dalla poesia Quanti sono i casi in cui la re– sponsabilità di una poesia viene a tro– varsi e in diretto rapport.o con la sua perfezione»? :/, . . Ma nel Discorso di Quasimodo ricorrono anche osservazioni ricavate da sintomi odierni come se fossero altrettante au– tentiche prove con valore di presagio per il futuro. E non sono da respingere. Più o meno altrettali, è capitato anche a noi di formularle e documentarle, giusto in un repertorio a beneficio della e giovane poesia•· Esse confermano che sta elabo– ·ran<losi il lessico di una nuova poesia, nelle cui « rese sintattiche • si riscontra– no « movimenti larghi di ritmo e di for– me. Forse esametri sbagliati. che rispon– dono a una presunzione di genere lette– rario •· E dappoi che questa poesia • aspi– ra al dialogo più che al monologo-.. essa e è già una domanda di poesia dramma– tica, una elementare forma di teatro •· Talcbè « drammatica o epica ( in• senso moderno) forse potrà essere la nuova poesia. Non gnomica o sociologica •· E non ricuserà l'eloquenza, « anche se il suo tono è basso familiare •, come quello di chi discorre « col mondo raccolto in un presagio ristretto (la sua terra) •· Nè in– fatti la ricusano molti e uomini del Sud; della Lucania, degli Abruzzi. delle Pu– glie, delle isole. ma anche del Piemonte, del Veneto, che, avuta una eredità terra– gna e feudale. aprono i loro dialoghi dritti e netti sulla loro sorte •· Li cono– sciamo. A parte i già noti, gli altri si identificano con alcuni tra i più promet– tenti poeti di cui al>biamo recentemente rintracciat.o, trascelto e offerto una prima documentazione. Ma sono molti gli ese– gèti che. pur essendo tenuti alla disami– na, ~ ne sono accorti e ne hanno dato atto, superando vecchie posizioni e spin– gendo l'occhio innanzi? In quanto ad Oreste Macri: ha ritenuto di dover insi– stere (Nuovo corriere, 4 Jugiio 1956) nel– l'opporre un fin de non -recevoir, a favore Paul Kell: "Composizione" (part.) delle « generazioni poetiche • precedentL Noi non sottoscriveremo. con Quasirno– do. che tutta la poesia italiana, e dopo il 1 45, è di natura corale >, ma larga par– te, sì, crediamo c)le lo sia. E la vediamo anche noi scorrere « per larghi ritmi: parla del mondo reale con parole comuni; tal– volta presume all'epica•· Il che peraltro non costit-uisce la negazione della pre– sunta e falsa tradizione italiana•· a me– no di falsificare polemicamente la tradi– zione stessa per poi aver buon gioco nel • nega.rla, una volta ridotta ogni sua vita– lità alll'! esercitazioni di un'< Arcadia pe– renne ,, alle « modulazioni astratte del sentimento •. Guardiamo dunque dal trascendere nella polemica e rinnoviamo l'invito a prender conoscenza della poesia nuova Quasimodo ci avverte ch'essa è <entrata, da poco, nel dominio letterario dell'uo– mo europeo fino a ieri difeso da mura di silenzio >. Qualche traduzione, quaiche saggio, qualche numero unico di rivista. pur sempre da contare sulle dita d'una mano. lo lascia sperare. Ma non esageria– mo. C'è forse un eccesso di ottimismo nel conclamare che, e dopo quarant'anni di silenzio critico intorno alla poesia italia– na, l'Europa ha ricominciatq a leggere le nostre carte poetiche•; e più che otti– mismo dev'esserci nel 'precisare che que– ste carte « non sono le ermetiche, di scuo– la ma quelle che rispondono o pongono domande agli uomini; sono ipo-esie del '43. del '44. del '45, e ancora più vic.ìb.o a noi>. Vero è che il silenzio critico dell'Euro– pa intorno alla poesia italiana del Nove– cento non durava da quarant'anni, e, per esempio, la Vie d'un homme di Un– garetti ha cominciato' ad essere stampata in Francia (per tacere delle traduzioni in altri paesi )fin dal 1939. Ed è ugual– mente vero che non tutta la critica ita– liana ha innalzato e opposto un muro d,i malevolo e ottuso silenzio contro la poe- ia del Dopoguerra. Il « processo alle at– tese • dà segno di volersi prolungare, ma tratteniamoci dal ritenerlo già concluso con, un-a sentenza di condanna ed augu– riamoci che si possa invece arrivare ad ' una giusta sanatòri11. ENRICO FALQUI

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