la Fiera Letteraria - XI - n. 50 - 16 dicembre 1956

Domenica 16 dicembre 1956 LA FTERA TETTERARTA Pag. 3 "PI.ETA' D'ALTRI OHE 1'1E !fil STRINSE IL * Le "Rimanenze" i "Fuochi fatui,, •di OUOltE,, Sharharo HU~OUR * Eccola,· l'"amarezza,, di Sbarbaro: il disgusto per tutto ciò che, nell'uomo, è disumano, e perciò turpe. Ma per chi riesce a vivere la sua semplice vita con semplicità, oh, dal fondo di quella "amarezza,, il "mazzo di fiori,,! di Se non conoscessimo l'ironica retorica, crepusco– lare per parentela ma tanto più salace e tanto meno ipocrita. che anima i titoli imposti o lasciati impor– re da Canti ilo Sbarbaro alle sue pubblicazioni (« Bol– le di sapone, Sottovoce (1). Tru:cioi!.i, Rimanenze, Fuochi fatui ... E se seguitassi: Scampoli, Bricie7le... Mi denigro o più umile è l'atteggiamento, maggiore la superbia? »), potremmo anche essere indotti a pensare, appunto di fronte a queste Rimanenze e a questi Fuochi fatui, a due raccoltine fallimentari: a « liquidazioni », in versi e in prosa, d'un destino finito, e quindi a due operette condannate per vizio ,rorigine a restarsene ai margini della viva cronaca letteraria: o tuttalpiù ad esergersi su di essa come due preziosi, e inutili. sopramobili. Ma ormai, dopo la ·lezione di Pianissimo e di Trucioli (riapparsi il primo due anni fa, il secondo nel '48), quale vecchio o nuovo lettore di Sbarbare è disposto a lasciarsi incantare dalle civette di. tali titoli, e quindi a confondere (a sfumare) nella la. crima del coccodrillo che ha fatto finta di divorare se stesso l'asciutta moralità che mortifica non solo 1e fabulae di questo Autore, ma gli stessi gesti esterni con cui le presenta e accompagna? Intanto: è proprio lui a presehtarle e ad accom– pagnarle? Benedetto uomo, che in alcun modo ha voluto fare della sua qualità di J?0eta una professione. « Scrittore - si confessa in Fuochi fatui, - la– vorai sempre a intermittenza; senza provare nelle lunghe pause velleità o rimpianti di sorta ... Non mi misi mai di proposito davanti a un foglio bianco; per aver pubblicato, non sentjj mai d'aver contratto impegni, neppure con me stesso ... Se la frase non si prestasse a interpretazioni metafisiche, .direi che scrissi sempre sotto dettatura... Quando una pagi. na mi accontenta, cessa di appartenermi: staccata al punto che posso senza rossore lodarla» E staccata al punto, aggiungiamo, da scordarsela per la strada, come gli è capitato per molte poesie scritte fra il '13 e il '32 (alcune qua e là pubblicate, ma mai raccolte), tanto che se Vanni Scheiwiller è riuscito a indurlo a radunarle :in un volumetto, ec– co che Sbarbare ha dovuto dir mille grazie agli ami– ci che gliele hanno custodite: ad Angelo Barile, a rviario Costanzo, « alla previdenza di Elena Vivante, che gelosamente le conservi!> ». E si trattava di poe- . sie come Lettera daU'osteria, Voze, Versi a Dina ecc., ufficienti da sole a inorgoglire un poeta, e in pri– mo luogo (nonostante quel:la scandalosa dichiarazio. ne di non engagement) a smentire la trita dicel"ia di totale mancanza, nei poeti del nostro novecento, di ogni minima dimensione sociale, e di assoluta indif– ferenza per la realtà in sè e per le altrui ,gi0ie e miserie. Un solo esempio: Voze, che sciacqui ai sole ia miseria delle tue poche case, a:nimonticchiate come pecore contro !'acquazzone; che come stipo di riposti lini sa.i di spigo, di sale come rete; - nell'ombra dei tuoi vichi zampa il gallo presuntuoso; gioca sulla soglia il piccolo, con dietro il buio e i! freddo della cucina dove su. ramaglie una vecchia si china ad attizzare; su!!e terrazze splende i! granoturco, o rosseggia !a sorba; nei coltivi strappati atl'avarìzia della roccia i muretti s'ingobbano, si sbriciola. !a zo !!a, cresce nano e stort o il fico ' – in te. Voze, m'imbatto ne! bambi.no che fui ... ecc. · Anno di composizione, il 1921. Ma si legga anche Lettera da!!'osieria; che è del '13, o Liguria (del '22), o Scapitozzano gelsi, batton cerchi (pure del '22). Un poeta neorealista d'oggi non avrebbe ra– gione di lisciarsi i baffetti incipienti? Ma avrebbe ragione di lisciarseli, credo, anche ...il non reali-sta (di oggi e di ieri), di fronte a un poemetto come Versi a Dina (1931), tutto composto all'antica ma– niera romanica degli sbozzatori di Mesi e Fi,gura– zioni della Vita, e nel contempo dì cosà. « Jacerante modernità ». Non fosse che per quella finale « per. sana » d'uomo nella vigna, o per que ta perfetta similitudine Oh come poca cosa quei che fu da quello che non fu divide! Meno che !a scia della nave acqua da acqua. Ma non lasciamoci prendere dalla tentazione del– le citazioni; e ciascuno sì rilegga da solo la deliziosa Bambina che va sotto g!i alberi, scolpita in tutto tondo e recante la data più recente che conosciamo a proposito delle poesie sbarbariane: _il '32: . . Il « passo », sì, è sempre il medesimo d1 Pianis– simo (1914), e identico oe è 'l'umore. Ma se le Rimanenze non fanno che aggiungere dei bellissimi erempi in più al giudizio ormai congelatosi sui noti termini della desolazione, rassegnazione, perdizione e via dicendo, è oltre tali ·limiti, divenuti di comodo, che esse ci interessano: è per l'esatto momento psi– cologico (diremmo più volentieri storico) in cui sono apparse raccolte, tale da- far balzare l'intero Sbar. baro, con un piglio quasi monel'lesco, dallo scaffale delle definizioni dov'era ~tata sistemato, per collo– carsi più vivo e attuale che mai nel bel mezzo della nostra disputa d'og,gi, 1956. Lo Sbarbare capace di rispondere, fin dal remoto 1913, alle « istanze» (usia– mo il parolone) d'oggi, mentre i giovani rembrano ritrovare in lui - forse un poco polemicamente, ma certo sazi o insofferenti di tanto divergente simbo– lismo - la guid.i a una poesia il più possibile pro– sastica, e cioè mtenta a nominare le cose più per quello che sono che per quello che po5:>ono supersi– goificare in una metafisica sfern. Proprio seéondo la tipica poetica sbarbariana, nella quale tanto più sor– prende l'altezza del risultato quanto più umdle se11;– bra (d'un'elementarità addirittura commovente) !l mezzo espressivo a disposizione: un endecasillabo d1· noccolato quasi in ciabatte ma per nulla crepusco– lare, che' parrebbe alla portata di tutti e che inyece è talmente inimitabile da far cascar le braccia a chiunque tenti (assumendo subito_ il. tono nasale)_ ?i fargli il verso: essendo una facilita (una fel!c1tà) nascente dal più radicale incendio d'ogni ultimo se. dimento letterario, paragonabile forse soltanto alla operazione ungarettiana de11'A!tegria, anche se _orie~– tata. questa, in altro senso, e verso altn svilup~1. D'altronde, il passaggio dalla prosa alla poes1_a è così poco sensibile in Sbarbare, da non avvertir nemmeno una differenza sostanziale ( e non nel ritmo· ma non sempre: chè certe sue prose conser– vano 'l'andatura caracollante di chi è abituato al ca– vallo cioè al verso) tra molte di queste Rimanenze e i Fuochi fatui, s'intende escludendo i semplici afo– rismi o le rapide annotazioni gnomiche o mnemom– che. ~ostellanti il cielo delle limpide paginette. Se– nonchè la prosa, si sa, offre maggiori possibilità esplicative (didascaliche), e allora ecco che un~ chiavetta d'oro (un sesamo), proprio i Fuochi fa_tui ce la porgono, appunto per lasciar scappare alfme quella consacrata « idea » d'uno Sbarbare «amaro», da troppi anni rimasta chiusa negli ambulacri della nostra pigrizia mentale. (« Amaro?,, risponde pronto lo stesso Sbarbare. • ella radice. semmai: la radice contorta che per– •mette aB'albero di essere all'aria un mazzo di fiori»). * GIORGIO (;A PRONI E invero. quanta umana co1n.J1rensìone (se non proprio dolcezza), e quanto trattenuto struggimento, nell'amore un po' brusco dì Sbai,baro per i suoi personaggi preferiti (i raumiliatì, gli off-esì: i liche– ni umani, sorprendenti se visti col mlÌcroscopio, o ron l'occhio della poesia), che pullulano concreti e vivi nella concreta e viva Liguria di queste pagine: la Benedetta, i ragazzini di Corniglia, Tito Alessan– drini, Angelo Ravà. la Tulipa Silvestris (giacehè an– che le piante vivono, e hanno un nome e un co– gnome), o i bravi della San Marco, o la pio=ola Marta rimasta sotto le macerie della proprio casupola, o rAngiolina (la sfumata figurina della mamma, vista un'unica volta), personaggì colti tutti e rappresen– tati in un loro gesto umano, o impallinati (ma non uccisi, anzi resi più vivi che mai) in un loro difetto o in un loro vizio, come il letteratino militante e petulante, o il terribile (e quasi osceno) uomo avo-sodo a pag. 29: «caricature». qrueste ultime, che sono fulminee e fulminanti condanne morali, e che per direttissima scaraventano i malcapitati nell'inferno dell'umano disprezzo. Eccola. l'« amarezza,, di Sbarbare: il disgusto per tutto ciò ohe, nell'uomo, è disumano. e perciò turpe: per la boria come per la falsa umiltà, per la ferocia come per la bigotteria. Ma per chi riesce a vivere la sua semplice vita con semplicità, db, dal fondo di quella «amarezza» (dalla « radice contorta») il « mazzo di fiorì »! I due mazzi di fiori, anzi, sboc– ciati andhe per smentire (se occorresse) il'imma– gine dura dì questo poeta, offrendocene un'altra i_nfi– nìtamente più vera sotto il segno d'una superiore - pur se un poco scontrosa, quasi di chi esita a credere nel bene ch'è in lui - pietà: O strada fra le case benedetta, dove !a prima volta nella vita E qui fa punto la nostra semplice notizia, si ca- pietà d'altri che me mi strinse i! cuore._ pisce lasciando intatta e sottintesa :l'enorme rmpor– tanza che Sbarbare ha avuto (e oggi ha ,più forte che mai). non soltanto nell'ambito della Poesia, ma anche per la lezione di vita (di stile) che c1 offre: l'unica lezione possibile, forse, per il diseredato ~ « vedovo » cittadino del nostro secolo privo di lumi, e senza più torri. GIORGIO CAPRONI (1) Titoli originali di Resine e di Pianissimo. U~A Rl(;OSTRUZIONE (;O~JPLETA. * L'ultima hio~rafia di Gabriele d'Annunzio * Il rapporto creatosi col personaggio seguito dal Gatti, nonostante tutti gli ele- menti acquisiti sull'uomo d'Annunzio, diventerà un puro ricordo romanzesco * fii GIA(;f~rl'O SPAGNOLE1.'1.'I La recentissima pubMica- ne a .meno?, a tanto enbu- 2;ione di una Vita di Gabrie- siasmo viba•le cr•istai1'lizzato Le d'Annunzio a cura di Gu- nellrre sue opere - e la si gliEilino Gabti (San ani edito- contra,µpone allia sfiducia re, Firenze) semb1·a quasi ri- prog.ressilWI neJtJa parola ,. proporci il problema de 1 l•a nelJJ.a viJta. che dopo di Ju,i, popolariità abbuale del poe- e quasi sfiorandolo fi.nchè ta. Anche o~, m un tempo v'isse, p1·ese fot'me sempre più ce1,tamente molte, diverso da av-veiitibilli in ogni nostro quello che .1ìu suo. it! pubbli- soni•btore. 1)ubta !"opera dan– ce ha bisogno dn conoscere da nunziana ci a,ppa~·e non solo vici,no d'Ainn,unz,io? Non è remc,~a nel tem,po. ma ad– d,unq ue fi!Ili<to ill suo mito. 1J,a doo:wttu,ra con bJ,aria a,! suo e s-ua le"bte,-.a~Utra non è passa,tla, ad nostro tempo: un'immensa non è sbaita rin·dhiJusa neJ!fteregg.i,a, 01m'a!i d,i:salbLtalba, che u[!fume paigÌll1e dell1~a storia asp'9tti quall!che cumioso visi– l1eUterao,;1a? Peridhè si ris•bam- tlaitore, tll,a nosta[tgiiCO e dn– Pa d' Ainrn,unztio.perch'è an-co- sincan,tato, pronrt'O a:d apprez– ra si ra,ppresen'banQ i suoi d1-.ammi? Qual,i initeressi lo colilegano a•liliaparte più va– sta e perciò più genuina del nostro pubb1i'co? Sono domande, a'~le quali si ouò rispondere solo tenen– do presente ili perohè noi ce le poniamo. Forse che abbia– mo paura dli questo pevpe– tuarsi della pc,poia,iiiJtà dì J,ui? Ln un cer<to senso è vero. Un poeta che rie:,---oaa resi:stere tanto a lungo nel[a memoo•i,a dei suoi letrt:ori reca sempre imiplicitamente uina imm•aigi– ne dtUbitto a del gusto lette- ra rio corrente, quasi un se– gno ohe, rinunciando a ri:. cLurre le proporzioni del fe- •· nomenc,. si vo~ia 1'imaner- ne solifocati. viJtitime consa- ' pevoli di qualcosa ohe non ,, iu puro. E' come se d'Ainnun- zio rappresentasse la c>a-utì- va cosc1enz,a di un cerito pub- blico ita!liano. "\v chi si è accinto ad un lavo– ro di tal. fa Lba - di tutto oiò che fino ad oggi è sta,to S'OI"ittc, sul Poeta e suJ Co– maindan-te ... In modo pai,t,ico- 1lian:eho OUil'aito i rn,ppor<tli tlm la V'ita e. la produ,zione a<11tica del Poeta ... E' super– fil\ro aggiungere che nella mia • viJta » mi sono sforzato di conreggere su!l•la sconta spe– ci,alhmente di nuovi caoiteggi pubbHciJtani. o. se incdlìbi. da me consullrta,ti, tutrt:i g,hl e11rc,– l1inei q,uaH sono ca!dlt.li1Ji i pre– ced>ell'tì bi o g 1· a .fi, ed io Sùesso •· Il proposito ha una certa In primo I uogo - come è ,, chia,ro - bisC\gnereb'be che questo gi,udicasse id suo at- L. teggiamento di fronhe al [ a letterart,wra. Ll ca,ta,logo dei li- Il D'Annunzio franco-ita:Jiano del 1905 bri dannunziani, in 01'dine dti nascita - 0 , peggio, in ordì- 1Ja,1me i pair<ticolltaa'Ì e a nega– ne di e gener.i » - è là, pronto re d'i 1 nsieme. a raccontare la ve1,a storia Denltlro questa !l'eggia, in cui di queltJa prepotente e falsa per tanti anni, dilvinatore del solleruni.tà sacerdota 1le ohe pre- senso, 1IDas'dinando afila sen– siedeva a d og,ni SUQ atto let- sualliirt:à. Vii$se e dllllPeJ:Ò, dia un teraoiio. L'e11en.codei libri non pezze, mettono piede i bio– ooritti dal poeta. cer.to. al- g,rafi. i coll~eziiooisti e i bi– trettanto. Quel sen o di c om- lj}/jogiriafi. E' gilusito, bisogna piacì,u'ba ricchezza, di super ~gare tanta fame .dtan– Viigore fisico, oggi dovrebbe nll.llWiana che ancora C'lll'cofa mellterci a1meno in guaTdìa. in Iitallia. Ohè quasi nessuna opera - Quesba biografia cLi Gugliel– tranne nel g~ro di un,a mede- mo G'lltmi merilta un'attenzio– sima poesia - può conside- ne par<tìco}aTe. DOtPo all.cuni ralI'Sì « com,pletamen;te • scrit- studi, ohe a'Vev<ano ev.i!dlente– ta. Vi sen,ti•amQ Pim~egno mente UJil ca!iaJUtere,prapeldeu– ori,ginarìo, non la defin~tiva t;i-co (Le downe neUa vita e stesura. Perohè ci fosse que- n,el.l.'a,rte di Gabriele d' An· S1Ja,fa<rse, occanrevia una qua- nu.nzio, ~to neil. 1951 dia liltà, ohe non si pai}esa ma'i, Guanida: Alessandra di Ru- o quasi mai nelfa natllrr-a dti • d'Annunzio: il senso del lii- dinì e Gabriele d'Annunzio, mite. (La priima qu-aftità che a cwra d€illl'ia,u<tore,Rom a, sì augurerebbe a uno scritto- 1951), id Ga>bti ha volJUto, in re di ogni tempo). modo egregio . .mantenere il Non è solo l'ultteriore svi- suo pi·QPosi.to più ampio: l'in– lup-pc, delila poesia iitaiiana a tero rìcostmuzione delllla v.iita dair,g1Mtorto. Si carpisce ohe d€11 poeta. Un collll)el1l<.!Jodi ad un !i.mille ben ohìairo di 460 pagg .. seg;u:i,to da un cen– esµressione, ad un ritorcersi no bibllio~co opportuno e periflno, come è accaduto nei da un'a,w>encLiJce er\J.Ld•ilba di mig)!ioiri poeti del no sta: o note. L'opera. su:dld.irvdJsa in terr:upo. dtelll,a stessa vOliontà diecli caipiitoli - a[Jbrett;anti esp,ressil\la verso !•e più p•ùc- p•eriodi d€11,laviit,a dianmtnzla– cole ragioni um-ane d,i essa, na - po"b1'€il:me8 /JlPat niire, a d'Annunzio patev>a glor.iaa-si pr,ima vista suiper ,fll.ua . dopo dò. contra.wori-e, dta so1o, l'ill- 1ia mode enOll'me di stud li ge– lusione dò. un'Ì4'1fulirt>apossl- nernM e pa,rz,ia'liiohe s'era ao– billità esp,ressil\la. crumuila~, e di cui id nuovo Quel che egli scrisse una bìog,raifo rend.e brevem-enite vdlta (« Io sono una eroica ragione Ì!l1 una premessa. Ma. vdlontà d1 invenzione e dti ascol!Jbìamo 1ui: espressiOl!le ») sta a md1car- « L a vita di G. d'A. che io Ci ili grado di questa i.JIJJusi o-og.gi pi-.esento agli studia.i ne e al tempo stessQ !l suo uba!l itand- egUJ sClrive - è, oarattere voloruta,ristlco: . un i:nnanzi llttitto .m rlassunito - cLìohiarn~o gesto cLi sfida con- c!he 1ittenigo co1T11Pieto e fede– tiro rutto un secolo che sem- !:e, nei limiiti deille possitbiJ!i– bro,v,a esau;rito. Ma ecco, se tà umane, e con le aittenuanti si bada, e come si può ~r- che si debbono con~dere a serJétà, iJndrulblbiamenrt;e. A qutimhe c0111re2Jron!i e add•iM– fn.1111a -a QtU'3!1llte l1itVell.azionìnon an1dn:àitn.conmrouna v,iba come qu-ellla dli d'Anill.unzio, marut e– nulta su un pilaJno dì leg.ge ,n– da, per ban:bì aDJO:i r.iiv estilba dti ~oni e di. denrtiro dli millil.e po– sticci ri,camli. 6lJil)posiZionì, in– flen:llioni, ecc. non sorra dia ohi ill poeta -cono'b'.be. ma soprat– tultito da ohi credetbe cono– scemlo? E possiamo àaTe at– to al Ga,bti di al\ler !11-antenu– to. ne1 ccorso dl'!ll suo 1i'.bo:o. ili suo dil1iigen,t,e propooilto, an– che se esso qua e là sembra inor.i1mursì per un eccesso dù caru'1le1ae di mdsberioso riser– bo. 'In più d'i un luogo del– la biogl!1adìla, ,per esemipio, J'au– too.~ si ttra i!Ddietro, e chie– de scusa di non poter diìre ciò ohe sa. Ln p8!l1ticoQaire, Ci sa~ieb,be piacliut<f conoscere detbag,li meno provvisoni o nebullosì d'i que11.i che Ci so– no Olflferi!Ji, sul rappoobì fra Ga!brlel:e e la fumi,gUJa. sul oaa·atflteree le ionip;rese del padil~ quiaindo intJe.rivtlene neil.– la vi/ba d€11f!J,,"lbio. Meno ci in– teressa, si capisce, iQ mistero intorno a qualche aJVl\l'eilJiluira gaJJan.te. di fironte ai seg,ni a'Llltentlcli. positivi o negaiilV'i, delila serusibilLità umana del poeta. A dlia:e !,a ncis"bna im– pressione per in<bero, non ci pa,re che rubba la cura ei,u– dtilba del Ga.bbì sia sbaita messa a,l profiltto d '.i un rtilbra itroo com– p]etamen te snebb.ia.to e pre– ciso dellll\to roo. E n on sQllo. bisogna concludere manoa un llenibativo sìffatltQ su!! prota– gonis'ba, manoa sp&'So un suf– ficiente rilievo, nel libro, a mol!Jbi personaggi o oreaiturE che egli coinl\lolse ne'llla sua v,ita. a continciare dalla mo– g,lie. per fini,re aille amanti, a•g,li amici. ai compa,g,ni di lotta, ecc. Sembra che stia– no là come ombre mansuete e uni.formi a guardia di un enorme destino; mentre, quando p31'.lano attraversc lettere e dooumenti, minac– oiano di ~arsi viV'i e commo– veniti1 ognuao con un'ial'divi– dluaiLiità swaordhllaria. Non sa– ~ebbe sllaito meno i,nteressan– be che conoscere a fondo id ccu·so degl];i eventi diaruiu,n- zi,anà, pero!ò, da,re un'oOOhia– ta meno soonmarJa ali caratte– re d1 Doonia Maria Hairdoi,n ciò. GallJJese,di Ba•nbw-a Leoni, di Emtaio T.r'eves, dì Eleono– ra Duse. per fa~·e i pnmi nomi importanti del grande e mosso quadiro. ]nolbre. si sarebbe deside– ,,aito dalJl'autore una sori'ttu– ra critica più adegualtia, in u!litima anaJ.isi. ad un vero riibra1ito psi-cc,logi'Co. Ecco un p,a o di u,rua quiasi ta-cillone- 1ii!a a,v;v-ouaJtesca: « Gaibriele d\~nnuinizio .lìu UtD uomo ecce– ZIÌOO!afie oh.e con sua poesia e co'.I.suo eroismo ha la!S'ciato 01,me inldellebilli nellla nost.ra sto1ia: ma tu un u omo. E poichè "butti gili. uomini han– no i l'Oro lia"bineg,artHvi,ane'he eg\]i ebbe i suoj, e l'egolismo ne fo uno. Sairebbe inutile negarlo, o nasoondei:ilo, tan– to più C!he I suoj as.petti po– siiti,vi sono infinitamente mag– g;iori ». N~l muover d.i questi ap– pumi, ohne'<l'.iamo .forse un po' broppo ail =ailtere del li– bro. oh.e voll'eva ~ere e ri - mane. quelilo di un accura– to com-pen<ctio. Cionostante. gia'C'-Ohè l'opera eni stata im– postata su una rigdd a fede! - tà a,J!ìa storia e ai dc,cu– menti d·annJUJn:mtani. q a a I e m 1a,ggior sdlil'ievo p·er 1,l let– tore sen!tit7:il•a nim<ata e ar– ii'CO/liat,a su un l'aiten::de, e non meno im!J)ortante. impe– gno di approfondimento psi– cdlogi,co! Peccato. Non sarà certa imprnba– bille. comunque, che una b,o– grafia tanto onesta debba stimolare ùi pubb,lico anco- 1,a a11a le it tura deli'opera dlaninun7:iooia. L'esperimento s'i a•nm.m"Ci,aì.ruteres:s,mte. E g,ià passioamo i1nibraive:derne quia!'Clheconseg,uen,ru. Id 1,ap– ponito creatasi via Vlia col personaggio seg.uìto dal Gat– ti, nonostante tutti' glti eile• menti acquisiti ormai sul– l'uomo d'Annun7.io, d~vente-– ra un puro ,iro,<do romi>n– zesco. AJ,l'uomo irnronne e av venhuroso finirà per sovrap– porsi la splelldido personai,, gio che raccor,ta e descrivP. se stesso m~l!h maniera ,-}}, tutti sanno. Così l'operazione dd. seguiirio sui doppi binar-i del[a vita e de'.l!l,aletteratu– ra già in in~tenza è destìnia– ta ad es·aurirs,. D·A1munzio non ammette sce1i'e: o ere· dere a tutto quelilo che Lu ha scritto o con.=r!Cl a f~n– do per qu~llo ,:,he ero. EgJ,1 non possedev·a urra nozione precisa de, d:istaoco necessa– rio dell'opera d'airte òal:19 viJta. Cred~v" ad un ;,rol·.m– gamento di questa :n quel– la. E giacchè si er,a inven– liaita que!La 1Jita. inventando butto se stesso, ne fece una GIACINTO SPAGNOLETTI (Continua. a. pa.i;. ~ Nuove versioni da Emily Dickinson * .AVVERr.11 E~ ZA Emity Dickinson non ebbe mai i! pro– posito di pubblicare i suoi versi. Gran pa.rte deLl.a sua poesia è uno sfogo del– l'anima, puro e semplice: quindi, essen– zialmente autobiografica; occorre t e n· e 1 conto di ciò per la interpretazione, spesso non facile. Finora !a critica o non ha rile– vato questo fatto di capitale importanza, o vi ha dato eccessivo rilievo. E' certo che molte liriche male s'intendono, senza ri· ferirle a persone o ad eventi; ma persone di afflato universale. Abbiamo allora, Le sue liriche più grandi. Comu.nqv.e sia, soltanto sette liriche appan-vero, e non col consenso di Emi!y, anonime, durante la sua vita. Non conosco altro poeta cui sia toccata simile sorte: se sorte può chiamarsi !'asserzione di una !i· bera volontà, non mai allentatasi fino a!!a morte. Che questa lirica, tra !e più b el!e di Lingua inglese, si sia conservata., e, come vedremo, un evento che ha de! mi– racolo. Per comprendere questo atteggiamento di Emi!y, dobbiamo tener presente !'est,re– ma esigenza de! suo giudizio artistico, specie <'le rivolto su di sé, e i! timore, che sempre ebbe vivissimo, di non esser ccnn– presa: « It tempo ti è broppo vicino pe, !a fama» è i! suo modo d'esprimere que- • sto ti-mare. Emily Dickinson ed eventi si perdOTlcO orma.i nei temp~ e i! mistero in cui pvacque a Emi!y di av– voLger la sua vita, e che fu perpetuato da.LI.afamiglia e dagli amici con strana venacia, rende la ricerca difficile e !'ha spesso fatta forviare, esacerba~do la esc~– gitazione dei motivi. La Dtckinsan. si !i– bera d'a,/,trcmde assai spesso dai senti– menti e dagli stati d'animo a-cu,tamente personali, per Levarsi a idee ed emoziom 1 Leggiera s 'aivan.zò una stella d'oro Verso sua eccelsa sede, E la rrW1aslegò i,J. ca,ppellQ argenteo DaD. viso suo llrustr-aile. Poi la sera s'accese mollemente Come run'aula astrsl'e. Io dissi al Cielo: « Padre, sei -puntua1e! •· 2 Io non sono nessuno! e tu chi sei? Nessuno pure tu? Allora siamo in due, ma non lo dire! Potrebbero bandi-1x:i, e tu la sai. Che grande noia, essere qualcuno! Quanto volgare, essere aa rana Che canta tutto il giorno il nome suo All'ahtonita pa!]ude! 3 ~ppena [,ubriacone vede un sughero, Glli se1n1 bra di sognare; E -così io, dhe incooltrai un.a mosca Iin queste, gi0<I100 freddo di gennaio. M'inel:>i-iola memoria D'esoticlle estati - A,prile disdegna Il parco bevitore. Nella fiasca c·è '11D poco d'elisire, Mollo più nel tr~pudio che ti dà; Il gran conosci tare Con'S'l.llta l'ape per il suo liquore. 4 Un valito senz'amore e senza g•'azia, AlrcìgnQ, duro, sod!disfartrt:o,un v~lto Con oui faTebbe subito amidzia, Come sì conoscessero dia anni, La pietra che gili fosse ' Scag,li'ata contro per la prima volta. s E. un triiveHo quel suo becco, Ed il suo capo è Tutto frangia e bei.,retto. Si prQva con !fa'tica ad ogni albero - La sua più ,ampia pr'E!da è un vermiciattolo. 6 Ero sola e in circo.s1tanze Che non 1\/ogùioraccon~re, Quando un ragno, risoluito, Su'hla mia reticenza sì a<t'l'iso'hiò. Tanto più di me siouro Si sentì dopo 'Lll1 istante, Ch'io ,pen ai d'esser l'mtnusa Ed in diretlta me ne arrdai. Ma in -casa poi tmma,ta, Dei m1ei ti:toli munita, Mi trovai dispossessata ---; Come d'o e una palestn•a, Vi Gi erano !i:nstalllati, Iin dimora permanente, Lo perpetua eredità, Senza canone né frtrt:o, GllJi itDquill.iJO.i d,ai soffi.1Jto. Se mi ba<btono per Sibrada, Posso daire J,a pariglliia; Se mi prendon la mia !'Oba Io fa legge ha ,per me. Ma ohe azione posso avere Contro u,n tol'to che nelll'ln-la Sta ospeso, e quindi è privo Di leg,all coiu.·ispettitvo? Contro il irag,no dhe mi ruba Vita ed anima, che fare? Da più otJ'bre precisa1ie TI buon Dio preservi. me. 7 La sua casa ne!i,J.Q tagno La ranocchia ha abband011ato. 01·a sa,Je sop."l! un ceppo, E ci parla, perentoria. L'ascoùrt:ano due mondi, Senza contaire me. Questo stèntore, in aPirhle, Ha ia voce un poco rauca. Po1,ba ai ,piedi i mezzi guanti. Dove sono le sue maru? Bctltle diaria, l'eloquenza, Come que1le della gloria. Appla,u'<ii!te, e poi scopi·1te, Con un gN.n rinorescimento, Ohe Demostene è sparito In~ fori. s Io non te lo so dire - e tu neppure Sai dililo a me. I S'a'Il.ffi. stilllle a~xlesie scoloriite Con J.a matita scidl,gonQ ill mistero • Dopo la morte di Emi.1.y (1886), La soreUa Lavim.ia affidi> !'incarico deUa pubblica– zione a. du,e amici: Mabe! Locnnis Todd e Thomas W. Higginson. Dei manoscritti tro– vati da Lavinia, nessuno deUa famiglia aveva. mai sospettato !'esistenza. Alcuni cpntenevano liriche rivedute e ricopiate àa Emi!y, che le aveva poi legate insieme in picco!.i fascicoli: aLtri contenevano li– riche non ritoccate dopo !a prima stesura, quasi tutte scritte a lapis, su pezzetti di carta, taLvotta sui margini di brutte copie di lettere, su vecchie ricevute o fatture, sul rovescio di buste usate, per– fino sui mOJTginiritagliati di qualche gior– nale. Anche nei manoscr itti riuniti in fa– scicol.i manca qual.sia.si ordinamento; !a struttura ritmic a e sopra ttutto la punteg– giatura sono confusamente indicate; fre– quentissimo l'uso di lineette, a preferenza di altri segni ortografici; in molti fogli Emi!y ha notato in margine o tra le righe parole, frasi, interi versi da sostituire, senza farne La scelta definitiva, !imitan– dosi a indicare con una crocetta d o v e quella scelta doveva inserirsi, raramente sottolineando !e espressioni e i vocaboii forse preferiti. Di questo g!oo:no nostro e dell'aprile. E' più dolce di carole intrec-ciate Su prati dove il verde va morendo! Più 1-aipido di cariche lanciate Sui margini del sogno! Con il volto velata, umilmente, Inoltmi.amoci - sembra che gli Arcangeli Così ivadan 1eggiad!Ii incontro a Dio. A me non sta paTilarne, è -tu certo vorrai dire A qualche grande dama del bel mondo. « Che incantevole giorno de~l'aprile! ». Adunanze migliori son quelle Che tiene Piet in cielo: A più alta propedeutica I bimbi della terra vi s'allenano! 9 \ Dimenticare! Posso imparare? Dicon ch'è tac· e Quando sì sa. Cuori insensibili Ne ono morti, E)ppur la scienza All mondo d'oggi E' i!l sacrificio Che !Piace ai più. Son stata a scuola - Nessun profitta, Né mappamondct, é logaritmo. Dimenticare? Qualche filosofo Non· c'è per dirmi Quanto emrdita Io debba. cres,cere, Finché saprò? M'indichi il libro, Lo CQIIIl:Prerò. Se c'è un pianeta, Oovunqu~ sia, Il te}escl};>io Lo scoverà. S'è un'invenzione I>l suo brevetta In qua'l.ohe arctnvic Esser dovrà. O gran Dotto:e Delle Scritture. Perché llO!l dir,ni Ohe ne sai tu? 10 Come Uomini e Donne ombre vanno Quest'ow oamminando su peì colli Molto profondi im:lhin.i esse lfanno Con giran:de ceriimonia, qua e là, Ad amici ohe im:ontrano per via: Né uzzolo le prende D'accor,gersì di oi e del Villaggio Ohe abitiamo - ,più umhle paesaggio. 11 Si addensano le nubi, mentre il vento Preme da'l nord; ga,Joppano paurose Le fore,,--te, fìnchè cadono; Così lesti i lampi balzano, Che sembran sorci; 1 1 1 "buono crolla con tremendo peso. Dolce i!1 sonno e sicuro nelle tombe, Che questa ira n<:m può mai raggiungere Né ,può mai violare la vend'etta! 12 Quand'ero bi.mba cerito m'acc0r<gevo Che molti s·compairiva·no - pen.,-avo: Saranno andati a visiitar lontano Od a fondare bonghi né desemì. Ora io so: visitavano lontano E fondavano bonghi nei deserti, Ma so anche perché: erano monti, , Un :l!atto che ai bamb,i!!li non i dice. ·13 Noi che rilnasti siamo A!l dì qua deffila morte, La moot:e fa nosta,Jgì>C!i- Ma nu!hl'albro sappiamo Se non Clhe se n'è andata, Defil~ mie oure i!gnar1 Come se ella mai non fosse nata. Per tutti i luoghi andi,amo Da lei ,conosciuti - Così quelLi vanno Cui a!Mlronon resta Ohe a:i'brovare B-eni perduti. EM.ILY DICKINSON Le presenti fanno parte deLLa raccolta curata da Guido E rrante, che U$CÌràpros– simamente pres.so Mondadori netta Col– tana « Lo S pecchio •·

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