la Fiera Letteraria - XI - n. 49 - 9 dicembre 1956

D~mcnica 9 dicemhrc 1956 LA F I F: RA I Fl l'FRARI Pag. 3 UNA ACUTA E FINE GUIDA ALLA LETTERATURA LEOPARDIANA * Ritorniamo alla poesia Solmi per Leopardi * * ti i GUGLIEIJlUO P E'l'RONI ei due volumi si vuol dimostrare la differenza tra la lirica del grande poeta, vero e proprio respi- ' Ritorniamo alla poesia. Non vorrei illudermi, ma ho l'impressione che dirigendo a me stesso un ri– chiamo come questo ripeta qualche cosa che molti al– tri stanno dicendosi. lo spero che questa mia impres. sione non sia del lutto soggettiva; non spero però che questo sia un grido che strazia l'anima a qual– cuno, ma un semplice richiamo che sale dal profondo deJ,Ja coscien2'8 come uno di quegli stimoli. che, in condizioni patologiche, partano dal mistero della vita per aJifìorare nell'ambito deWaltro mistero più pal– pabile, la coscienza. poesia quale più diretta e spontanea espressione della reversione nel linguaggio \ii quanto urge dirsi gli uni agli altri, quando speranza e paura, fede e miscre– denza si toccano e si mischiano, formando un qualche cosa che è vita bruta e vita spir:ibuale messe a con– tatto per quallche ragione violenta. Ho sempre credulo che il più m,gente modo di manifestarsi, in quel caso, fosse la poesia; perché non è stato cosi? E' mai pos– sibile che abbiamo assistito ad un sommovimento del comportamento umano di fronte a cui i valori a cui siamo abituati non servono più? Noi siamo dentro e non fuori di tutto questo; a noi tocca, per ora, più che giudicare e capire, cercare le ragioni; è tempo che tentiamo di fàrlo ma non mi sembra facile, non mi sembra impresa di uno o di pochi, è invece certa– mente il lavoro di tutti che potrà dare una risposta nella quale finalmente specchiarci e tentare di rico– noscerci. Se, in questo lavoro di rappresentazione del– l'eventuale uomo nuovo, ancora quasi del tutto da fare, vedo aspetti poco riconoscibili nelle consuetudini del passato, mi viene fallo appunto di soffermarmi su questa conolusione alla quale penso siano arrivati tutti: il lavoro di ricerca per la conoscenza dello spi– rito mutato che intuiamo nel mondo moderno non può più spettare, come un tempo, al filosofo o lo ro o moto dell'anima ciolto da ogni pe o lettera1·io, e la ua pro a che cerca invece di include- re sulla propria sintassi spirituale tutti gli elementi di quel mondo che inizialmente è a lui estraneo * di GOFFREDO BELL01VCI Nella letteratura italiana - toria e testi - dell'edito– re Ricciardi le opere di Gia– como Leopardi, in due volumi sono state rivedute e annotale da Sergio Salmi: due volumi e nel secondo troverete una vasta scelta così dello Zi– baldone come dell'Epistola– rio, e in questo primo tutte le poesie e le prose edite e gran parte delle ·inedite, perslno un capitolo del sag– gio giovanile « Sopra gli er– rori popolari degli antichi• Ma la nuova edizfone vi sarà specialmente utile e grata perchè vi guida alla lettura dei lesti in modo diverso dal solito mostrandovi come sia– no nate le diverse specie del– l'arte leopardiana dallo spi– l'ito del ,poeta in certe con· dizioni della cultura e della società italiana. Il Salmi non cerca insomma di condurre a mano a mano tutti gli scritti del Leopa1·di ad una stessa poetica, anzi vuol dimostrar- lui: ed egU deside1'ilv& la gloria specie quella che può venirci da magnanimè azio– ni combattendo e morendo per la ,patria. e credeva an– cora che la natura ci fosse madre benigna veramente divina. Ma studiando gli er– rori popolari degli antichi, le testimonianze cioè di una prodigiosa e mi,1'ilcolosa in– terpretazione del mondo che nella terra e nel cielo mostra la pre en;,a di dei semidei e anima4i mitici e forze magi– che, mentre egli svelava gli inganni della fantasia e della mente degli uomini primiti– vi, si inaJ;,ava sulla sua stes– sa ragione a contempl'are lie– tamente quel mondo perduto rlove vedeva errare giganti e pigmei, centauri e ciclopi a· rimaspi e cinocefali, e rina– scer dalle fiamme nel gior. no destinato la fenice, e go– vernar le sorti umane con i loro influssi gli astri e le co– mete. Il Salmi ricorda anche un 01'dine ideale nel mondo, nè un necessario corso della storia, né un progresso, e che Dio medesimo avrebbe potu– Lo creare un mondo diverso, a caso, e non secondo una ragione divina come a ca– so l'uomo, con le sue scoper. te scientifiche. crea la ci– viltà. IJ. Salmi avverte che non bisogna cercare nei pensieri del Leopardi una dialettica, introvabile e inesistente: di ce che il poeta non pose mai quelle esigenze sistematiche che sono inerenti al ricono– scimento filosofico del reaie; nè poteva. aggiungo io, poi· chè tra tante teorie gliene mancava una, fond,am,;01.a;e, perette anche scrivevo: « Nel 1a• mia introduzione alle O– perette anche scrivevo: Nel 1824 quando interruppe lo Zibaldone che riapri.J:à solo rare val te e per farv 1 poche aggiunte. il Leopardi sent; certo che queste sue diverse teorie non si organavano in un sistema, che egli non er~ sistemaLico come creoeva do– POESIE vesse essere un filosofo: ma senti forse anche le iu-ime– diabi!i contraddizioni del suo pensiero. il limi te ae,;a sua speculazione che dal tutto lo riconduceva di continuo al nulla .... più penetrami inda– gatori del vero, diceva, e di Raffaele Carrieri quelli di più vasto colpo d\ POMERIGGIO A CIMIEZ occhio furono esprcò&amente notabili e singo1tlri anche per la facoltà dell'lmmag,– nazione e del cuore, si di– stinsero per una vena e per un genio decisameme poe– tico, ne diedero ancora pro– ve o con gli scritti o con lto azioni; io non ~5noro. ag;– giÌ.tngeva. che i'ultima con· elusione che si ricava dal.a mosofi,a si è che non bisogna filosofare. L'immagin.az.1one: Poco fa col seno in luce Era Semiramide; Poi si mise a tagliuzzare un Jimone E finse di dormire. Avrebbe potuto regnare Su dieci milioni di musulmani: Preferì essere un semplice giocoliere E si trasformò in fiume. P.d ecco le Operette mora:,; il cuore: ecco gli !dii.i•. li Salmi infatti vi mostra ché la sua poesia roppresen la quanto del mondo 01 a.ffet,' e di figure duramente as– soggettalo al potere d1stru'·· tivo delle idee gli e nuscito di salvare e di riconGu1star? · a volta a volta. Da <.:1ònascè LA QUIETE E' UNA RETE La quiete è una rete: Il ragno la mosca la morte. Il ragno lavora e lavora La mosca entra, ~i sied~ E diventa mO'rte. I- acuta deduzione - il con· trasto fl'a la p:enezza v,brau le con cui il sentimento vi NODO SCORSOIO si dispiega e l'audacia e la perentorietà delle Slle figure ironiche e polemicne. e an- Al collo la corda, che il con traslo tra la sua letterarietà palese n~i nume– rosi richiami class!c1 e l'ac– cento di intimità ,rnovo e quasi selvaggio che per il nosh·o sentire di uomini d. oggi conferisce alla sua poe- Il nodo scorsoio: Sopra e sotto Il vuoto. Sono io la forca L'impiccato E il giustiziere. vi la differenza tra la sua li– rica. vero e proprio respiro o moto deli'animo sciolto da ogni peso letterario o sensi– bile, e la sua prosa che cer– ca invece di includere nella propria sintassi spi<rituale tutti gli elementi di quel mondo che inizialmente so– no a lui estranei». Pa•rla chiaro: « ad intendere lo svoigimento e il senso del1a lirica leopar~ana mi pare occorra tener presente que– sto duplice movimento: chè un'alternanza o successione di toni o addirittura di poe– tiche ha indubbiamente· un valore desc'ri ttivo o storico ai fini di pa,rticola,reggiate ana– lisi. ma richiede pur sempre di essere compresa in una sintesi che cerchi di fissare il loro punto di inserzione, la loro continui,tà ove si voglia tentare di qualificare la ve– ra natura di questa ispira– zione•. RAFFAELE CARRIERI ia una sorprendente attua– lità. Il Salmi insomma nelle opere del Leopardi vede da una parte (cito le sue parole) il rilievo tragicamente nega• tivo di una realtà ,mmobi- lizzata nella luce dell'intel– lui la solitudine del Leopar- letto: dall'altl'a la rivolta del cli nel fondo di una l!)rovin- cuol'e, la irriducibi1i:.tà del– eia dello Stato pontificio e la vita come palp1t 0 e slan– in una f»miglia di piccola no- eia alla constatazione anche biltà pa_palina e legittimista, più amara e delusa dell'u– negli anni della restaurazione mano destino. L'ana,,s 1 che dopo lo sconvolgimento napo- questo critico e poeta fa del– Ieonico. la poesia leopardiana nata E' vero: se anche conobbe da un così risoluto impulso le nuove idee della uatura esistenziale è finiss,ma e e della storia prima ma nife- persuasiva: il Leopardi do– state da Bruno e da Campa. veva farci sentire nei suoi nella. approfondite e chiari- versi i moti del suo cuore le dal Vico e ora sistemate e del suo animo ai diverso dalla filosofia tedesca. non risalto che prendevano le co- le partecipò: il fondamento se della Tea1tà nella luce del del suo pensiero fu razionali- suo sentimento: farceie sen- ta, ed egli ebbe famHiari tire nella pausa del verso, l'Helvetius il d'Holbach il nelle r1prese, nei toni, negli Cabanis i4 Desbut de Tracy accenti. Dicevo di recente ad il Say e risalì dal Rousseau uno storico deHa letteratura e dal Montesquieu al Pascal che varianti leopardiane so– al Cartesio al Montaigne. no semp,re ad finem perchè Sentì dunque sempre più vi- il poeta cerca di dare al ver– ve le antitesi tra natui'il e so i moti stessi del cuore. al– ragione, natura e storia, ma- la parola spesso qualificati– teria e spia·i·to che Si affaJti- va e insieme rarppresentati– cò a a-isolvere, ma sempre va (ermo colle. chiaro fiume. invano. Iil Salmi mebte i,n lu- occhi ridenti e fuggitivi) la ce questa sua cultura sen- realtà che le cose hanno nel sista e razionalista che egli suo spirito commos·o. E ci-· dovette poi raffu:ontare allo tavo i primi versi della Sera spirituaJismo del nuovo seco- del dì di festa. Mi rispose lo nel qual.e gli sembrava di che in quei versi il Leopardi vedere il ritorno a'lle menzo- si studia successivamente di gne, alle ;:Uusionl, insomma avvicinarsi alla famosa im– a.i « cari inganni• così pro- magine omerica. Basterà ri– pizi al.Ja vita; ma anche ac- leir!ferli. quei versi di Ome– cenna a un suo impulso es!- ro per accorgersi che anzi il stenziale che si manifesterà Leopardi volle approfondire con evidenza più ta~·di. E il proprio sentimento, la pro– mostra la importanza che eb-1 pria visione di una notte di be dal 1818 al '24, lo ZibaL- luna con un'aere senza ven– done, nei quaderni dél qua- to quando « si discopre ogni le, giorno dopo giorno. scri-1 èima di monti ed ogn,i selva veva i pensieri che le sue ed 0 gni torre ». • Dolce e vicende gli suggerivano. Pos- chiara è la notte» non c'è siamo infatti seguire, nello nel passo di Omero, e nem– ZibaLdone. quel suo continuo meno la prodigiosa magioi di pensare e ripensare i proble- que ti versi « E queta sovra mi della na,tura e della sto- i tetti e in mezzo agli orti ria posti dalla filosofia e dal- - posa la luna. e di lontan la scienza del Sei e del Set- rivela - serena ogni monta– tecento, e i suoi successivi gna • con queH'o di posa in tentativi di dedurre una teo- orincipio di verso che apre ria, se non proprio un siste- l'orizronte e la successione ma, da ogni suo colmo pen- di a e di e che lo rischiarano siero sulla infelicità umana, quanto è largo. Omero e il su1le musioni, sulla natura Monti si sentono nella pri– suJla ragione, sull'amore e su ma stesura della poesia dove Dio: teorie del piacere, della troviamo proprio la parola felici4à, della società, della discopre: « e le montagne si civiltà e altrettali che il Ti!- discopron da ]unge». I>l Leopardi letto con que– sta intelligentissima guida vi sembrerà più vivo, non per i richiami alle sue vicende e alle sue esperi~nze quotidia– ne ma proprio per il diverso ris'alto che in questa analisi hanno i pensieri scritti quasi ogni giorno per lunghi anni nello Ziba!do11e per meglio conoscere la vita e il mondo nella loro realtà profonda. filosofica, e per i Canti e le Operette quando, chiusi or– mai quei ouaderni, si stac– cano dallo Zibaldone e quasi ad esso si conbt'ilppongono con rivendicatrice coscienza esistenziale. Anni fa in un saggio inbroduttivo alle Ope~ rette morali io mi studiai di mostra1·e lo svolgimento del pensiero leopardiano d a quando il poeta incominciò a meditare sulle semllianze e le pervenze del mondo al– largando dal suo gorgo sel– vaggio lo spazio della natu– r-a e della storia sino a risa– lire con nuova ansia umana ai primi abitatori della terra che la leggenda e le favol~ ricordino. e sino a inalzars1 con ansia cosmica alle vie del cielo aperte dagli astro– nomi. Il giovinetto che nei giuochi puerHi mostrava. una singolare virilità guerne:a, cercava nei Jiibri della bibho– teca paterna la risposta alle sue domande sulla vita sul– l'anima su Dio. iI µroblemi che da due secoli affatica– vano i filosofi erano ouelli che affa.l i cavano il suo in!!e– smo sin dall'adolescenza del– la ragione umana. Le illu– sioni che poi chiamerà «ca– ri inganni • erano vive in gher si provò di riassumere L'intet'Pretazione dunque in un acutissimo libretto nel della poesia leopardiana è in quale mise in luce il dispe- questo volume persuasiva e rato desiderio del Leopardi sempre acuta e fine come di ordinare a sistema le sue mostrano anche le note alle idee e anche l'audacia di quei diverse liriche. Più comples– suoi pensieri che anticipano sa è l'analisi delle Operette di un secolo le ,nostre più morali scritte quasi tutte ca– recenti filosofie relativiste me il Solmi ric01'<ia nei ed esistenzialiste. quattro ann; più aridi de 1 Credeva per esempio che ooeta. dal '24 al '28 al termi– tutto essendo relativo e nulla ne dPi quali nrornppe da lui vero o falso in assoluto. non la lirica del Risorgimento. ci potesse essere mai stato Ed egli ci dice che m que- ste ru:ose il rpoeta non vuole zo; e o:icorda agli scritlori più 1·iassumei:e la realtà nei antichi e moderni che il Leo– moti del suo animo, ma p1ut- pardi potè con iderare suoi tosto ten lare una sempre più affini in quegli annl. Jd Se– «vasta ricognizione• (cito le nofonle o da Luciano al Voi– sue parole) dell"uomo e del- taire. Ma non ba ,~rooto di la natura. della società e definire il tono di questa della storia; ma, soggiungo nuova prosa, raramente sar– io. e come del resto ;J Salmi ca.stico, sempre però ironico. riconosce con tutt'aitro ani- di un'ironia che mi parve mo da quello filosofico che comparabile solo al so1Tiso gli fu guida a scrivere i pen- fermo sulle labbra degli eroi sieri dello Zibaldone. hlgli scol,pili sul ~rontone del lem– stesso, . il poeta, ci d,chia,·a pio di Egina in atto di com– di aver voluto trasfiguarare battere ferocemente un o fantasticamente quei pens,e- contro l'altro: il sorriso egi– ri in « sogni poetici, inven- netico che sembra esprimere zioni e capricci maiincon!c1 •· un distacco metafisico da Av•remmo dunque voluto che quella azione nella quale i il Salmi ci mostrasse come guerrieri partecipano come frasi e sentenze dello Zibal- se, mentre combattono con done siano a volte trascritte furore. comprendessero h nelle Operette in ben altro fugacità e quasi la var.ità registro. in ben diverso lo- della loro vita tumultuosd e no, in una prosa del tuLto d!- mortale innanzi agli immor– versa da quella: del 1·esto tali e impassibili dei. E il egli stesso ci dà gli elementi Leopardi crea per questo uno per provare questa test con i stile e una lingua nuova. continui diligentissimi ri- Il Salmi è dunque uua gui– scontri, nelle note, delle 0- da ad una più attenta •et– pe1:ette _e_dello Zi,baldone. La tura del Leopardi anticipato– « 1·1cognizt0ne intJellettuale• re dell'irranazionalismo di così ,precisamente deiin:ta da -Nietzsche «incapace ài ,upe– lui è dunque fatta per sod- rare con il pensiero 1 1 punto disfare un sentimento ca- deHa negatività•. ma risolto priccioso e sognante ma sem- ad aprp,rofondire la sua co– pre sconsolato. Il Salmi ac- scienza di esistere, a cerca:e cenna al pathos deìla nega- e trovare nella poesla 11 ri– tivi!à «soti1'lltto alla c:elcora- scatto di un impeto es1,u,n– zione elegiaca» e animato so- ziale. Ritorniamo, diciamo, perché non v'è dubbio che il culto della poesia s'è rarefatto in modo impressio– nante durante i pochi anni dei quali siamo potuti essere spettatori diretti. E non parlo dei tempi in cui il poeta era «laureato• a voce di popolo a figurava nella iconografia delle case dei contadini e dei pro– fessori di scuole medie, parlo dell'amore alla poesia che abbiamo conosciuto soltanto venti o trenta anni or sono quando eravamo ragazzi. Non vorrei che fa– cesse velo il fatto che a quel tempo anche noi scrivem– mo dei versi; potrebbe essere; ma a pensarci bene è assai improbabile, la poesia inlfatt.i ha perduto, non dico il credito antico, ma quello di ieri limitato ma profondo, circoscritto ma sofferto. Bacchelli, Alvaro, Papini, Palazzeschi, Pea, Moretbi, Betti... con gli agiùi passi della giovinezza percorsero la via del verso, del canto, della Poesia. Non dobbiamo essere più sicuri e perentori di quanto discrezione e dubbio ci con– entono, ma quant.i, della più recente, generazione, latista, a•l poeta o lo psicologo; esso sarà invece un lavoro in comune, di gruppo, come si usa dke. Una risposta possibile riusciamo soltanto a vederla se si pensa al poeta, il filosofo, il fisico e anche il tecnico che coordineranno la loro «analisi•· hanno po lo il piede su quella strada sia pur per avviat'Si dove vogliono? Che significa tutto ciò? Ecco un'altra domanda alla quale non mi sentirei di ri– spondere se non assumendo una dubbia saccenteria. So soprattutto, però, che la melanconia procuratami da una considerazione del genere è simile a quella che provano tanti altri. Doman'Clarsi che cosa mai sarà successo sarebbè d'una ingenuità e di un candore senza limiti; le cose che sono successe in questi venti o trenta anni sono state tali da rj,propor.1-e quasi gl'i scopi stessi della nostra esistenza. Elppure, proprio perché sappiamo che cosa è successo ci rimane difficile capire lo sca– dimertlto delQ'amore a.Jla poesia. Ho sempre creduto, e mi pare che le esperienze pas ate lo conBermino, che l'angoscia dell'uomo delle comunità o dell;intera so– cietà umana, conducessero ad un avvicinamento alla Questa non è certo una conclusione nuova, ma è l'aspetto nuovo della collaborazione tra gli uomini, è lavoro di poesia come si può intendere con spirito del tutto rivoluzionario; di poesia percbè la poesia fu sempre e sarà sempre senz'altro lavoro di collabo– razione, vale a dire reciproca conver ione d'intelletto. reciproco conforto e comprensione delle angoscie e delle felicità comuni. Chiedere il ritorno alla poesia non credo sia co– statazione o denuncia delQa sua assen2'a, es a sussiste nel cuore e nella mente degli uomini anche quando il canto è mortificato, basta saperne avvertire la presenza come il rabdomante sente l'acqua nascosta nelle viscere della terra; è semmai un appello spon– taneo che nasce in noi e che non è male diffondere. se si può. GUGLIELMO PETRONI lo dall'ironia e dallo scher- GOFFREDO BELLONCI i---------------- 1 " IL DOLORE E' EL TUO OCCHIO TIMIDO * NEL COMPLEANNO DELLA C PANNA I DIAN arà stato l'uccellino del freddo, udito all'alba attraverso i vetri appannali della mia stariza eia letto, mentre mi alzavo per andarmene a scuola? Stt!!a terra indttrita che conduce Al solitario r!lrovo saltella L'1,cce!!ino che chiamano d,eL freddo ... Ohi lo sa se sarà stato proprio lui, con quel suo gridolino che sa tanto -di ruggine nel suono e nel colore. Ma tant'è, lungo li viale dei Quattro Venti tutto spappolato di novembrini e premattutini vapori, dove ,;'impigliavano le ultime pruine notturne, qncora ero tutto preso dalla voglia che m'era venuta alzandomi di rileggere qual– che poesia della Capanna i11dia11a, la cui econda edizione usci - giusto di questi tempi - un anno fa, alla vigilia della gran nevic-ata. Gentile e spontaneo modo, certo, di fe– steggiare il compleanno d'un libro, il qua– le nato ventisett'anni or sono col pungente nome di Siria, nel tempo è andato svilup– pandosi come una luna crescente (ma tut– to acce o di luce propria, in un cielo dove già plendeva abbag,liato il sole Idi Mon– tale). per brillare nza interruzione sul nostro Cl\PO, anche se que lo, ahimè, non empre ha potuto restar alzato a goderselo. · A ventisett'anni, si sa, un libro di poesia è ancora bambino. Ma sono sttflìcienti, ventisett'anni, per mettere alla prova la vitabilità, e per dire con sicurezza che es– so. se ha resistito, è nato per essere, e non per consumarsi nel proprio medesimo av– venimento materiale. Specie se tali anni, com'è accaduto da allora a oggi, sono stati cosi folti di umiliaµti ed esaltanti <e san– guinanti) fatti. Quale miglior prova di resistenza, in– vero, della mia umile e spontanea voglia, spuntata proprio su.I cacumine di quei ventisett'anni, anche da me vissuti in tut– ta la loro tremenda pienezza? Nell'aula avevano acceso per la pr1ma volta (26 novembre) i caloriferi, e io ero stato abbastanza scaltro da arrivarvi pri– ma che . vi jrrompessero gli scolari. E aperta a caso La capa.nna indiana che avevo portato con me, che breve ma in– tensa festa, tra me e quelle pagine, in attesa dei miei ventitre bambini. IL dolore è nel tuo occhio timido Nella mano infa11tlle che saluta [senza grazia, I! dolore dei giorni che verranno Già pesa sulla tua ossatura fragile ... L'ho detto: a·vevano per la prima volta aperto i caloriferi, e io aspettavo i bam– bini. E certo un mesto ma gentile Nume mi aveva guidato la mano nell"à,prire, così alla cieca, il libro proprio in quel punto li. n libro rimastomi l'intero giorno nell'orec– chio, e inesistibilmente ripreso la sera in ·cucina dove, mancando il termosifone, la mia famiglia ~i riscalda alla marg,herita del gas. (C'est Le retoii,r d'la ptuie dtt feu d'bois qui frissonne un bon Livre, du vin chaud....) Più che di Trenet, c'è qualcosa di pa– scoliano in tutto questo, chi ne dubita. Ma non diamone la responsaJbilità a Ber– tolucci, a proposito del quale, se di una remotissima eco pascoliana si può parlare (per certa vaporosità della parola, che riesce- ad assumere e a conservare sulla pagina , l'ora del tempo... e la stagione » in cui è sorta: dico proprio il clima come lo intende la meteorologia), piuttosto sa– rebbe più giusto cercare un ascendente nostrano in.certo Carducci, per quel sotti– le realismo, non supersignificante, con cui ono restituiti gli oggetti dei nostri più intimi sentimenti e cari affetti. Ma la verità è che difificilmente, anche di * GIOII GJ O se si e insistito forse più del necessario su certa vena (il lagbismo) anglosassone, i riescono a u_dire immediate a cendenze letterarie (qui111e scoperte o coperte) nel tessuto limpido e tutto nativo del li,1guag– gio di questo poeta, J'.rutlo senza dubbio, oltre che del sentimento, d'un'educazione diventala essa medesima sentimento e in– telligenza, e parola spontanea. Ché se c'è da noi un poeta v ramente civile in ogni senso, compreso quello <ii riuscire a far diventar natura, e di identificarli con que– sta, gli stessi apprendimenti che un tem– peramento pronto ma non passivamente ricettivo sa cavar dal vivere con ociato, questi è proprio lui, Bertolucci. Di tale sua educazione fattasi gesto na– turale. è un segno anche la costante cre– scita, ma non clamorosa, della Capan11a i.ndia11a, la cui ultima sezione (appunto La. capa1111a indiana e, nell'edizione IJ, il gruppo In u11 tenipo incerto) avrebbe po– tuto benissimo formare un altro libro per l'al\argamenlo del discoi·so e dei temi. Un libro già prorompente (vedi le ultime poe– sie sparse sulle varie riviste) oltre il nu– mero delle nuove pagine raccolte, e che avrebbe pur potuto giustificarsi a parte come un secondo libro, se il miracolo poe– tico di Bertolucci non consistesse proprio nel perenne progresso di Sirio: cioè del suo unico (mai deviante) toork in progress. I treni arrivano, E' domenica, è nata,le? Pit). non scende lieve Stilla terra la ne ve. E' Bertolucci ancora poco più che ra- gazzo (1929). Coglierò per te L'ultima rosa de! giardino, La rosa bia11ca clie fi,orlsce Nell e prim e 11ebbie. Le avi.de api L'hanno visitata Si110 a ie ri, Ma è ancora cosi do!ce CA P Il ON t·--. , .. r.he fa tremare. ,, , E ' ttn ritrauo cli te a trr,/}'cpv 1, Un po' smemorata, come tu sarai [alldra. Ed è il Bertoluccl già ventenne. Ma voltiamo, voltiamo ,pure le pagine, fino al– le poe ie dal '50 ad oggi, cioè fino alle poesie di dopo il diluvio. Voltiamole ma non prima d'aver letto intera, almeno, la dolcissima poesia Alla madre, sufficiente a indicarci in quale alone di affetti do– mestici si muova Bertolucci. Troveremo Fine stagione (« Il mio,dolore è quieto - Sta con me, non va via, - ,Mi fa com– pagnia - Il suo caro segreto .•. », La 11eve <«...L'inverno è la stagione più cara ... », quasi il verso di « Aprii is the cruel!est month »), Due stagioni a Parma, E viene un tempo («E viene un tempo che la tua persona - Si fa maturando più dolce, si screzia - Il tuo volto di bruna come l fiori - Che ami, i garofani e i gerani - Dell'umida primavera di qui ... »); e poi, inter'a, La capanna indiana. dove la misu– ra « cameristica», ampliatasi nel concerto, non vien per riulla rarefatta o « alLungata » dalla maggior dimensione compositiva; e poi ancora tutte le prove di Un tempo in– certo, fra le quali, bellissimo, Il riposo tttrbato: delicata e perfetta rappresenta– zione del turbamento d'un'anima, quella del pievano che, sorpreso dal « tempo del– la cicala e del sonno di frodo», svegliatosi d'impro\>viso vede la porta della chiesa chiusa (forse a causa d'un soffio di vento) e si cruccia per il passeggero il quale, forse, di fronte a quella porta tentata in– vano per trovar refrigerio nel fl'esco delle navate, mestamente pensa « a un'altra se– de vacante», e il suo cammln ripiglia « più stanco del vivere e del viaggio - Nel col– mo dell'estate, affaticato e solo n. E voltiamo, voltiamo ancora, oltre l'ul– tima pagina dell'indice, fino ai fogli per ora ancora sparsi su Officino, u Paragone, altrove. Ohe co a troveremo di mutato, nel:a continua appanz1one di stagioni, di ore, di campagne, di violette, di gaggie, di 1·agaae brune, di affetti e sentimenti con– trèt1 èccetera, tra il primo e il uccessivo <e progressivo) Bertolucci? Nulla che in– dichi un pentimento, uno smarrimento, un ritorno, una deviazione. un tentati,·o la– sciato, un ricominciamento. Ma soltanto l'immagine d'un medesimo vollo preciso che, pur crescendo e maturandosi in sag– gezza negli anni, conserva sviluppati i li– neamenti C'he aveva già da bimbo: i linea– menti del viso ma. anché, del carattere. Certo, a rileggere '« A Bologna, alla -Fontanina, - Un cameriere furbo e liso - Senza parlare, con un sorriso, - Aprì per noi una porticina,,, si può anche pen– sare (per il ritmo, per· il p,iglio) a Mari– zibitt. Ma la collisione resta momentanea e fugacissima (forse cercata dallo stesso Bertolucci). e invero se, arrampicandoci sugli specchi, un « modello» vogliamo per forza trovarlo (ma con estrema cautela), questo non ci è offerto propriamente da un poeta in versi, ma da Marce! Proust: quello delle pagine, chiamandole così dei biancospini, o del proprio amore per Al– bertine, amata e resa amabile - ricorda– te? - perfino nei suoi raffreddori. Ma è ginnastica inutile, ripeto. Ché sem– mai. meglio ohe di ascendenze, sarebbe lecito parlare, a proposito dell'autore di Siria e di Fuochi in novembre, di discen– denze. Di certe sue· pieghe della frase poetica (secondo l'inclinazione d'un'ora, d'un giorno, o nel senso d'un gesto spon– taneo, o d'un qualsiasi altro movimento del tempo e nel tempo) che inavvertita– mente <e sarei tentato di documentarlo) hanno formato ,un gusto riconoscibilissi– mo, oltre la stessa piccola bottega par– mense: con quel più ·di grazia (d'inevita– bile manierismo) che sempre fa più gar– bato - più elegante, « più bello» - il gesto imitalo a petto dell'originale, per forza più rustico (meno « corretto ») ap- punto perchè inventato dal cuore e non da.Jla cultura e dal gusto. Ma il compleanno d'un libro non si fe'llteggia con la mutria dell'esaminatore. Specie se quel libro ha passato già tanti esami più autorevoli del nostro, e sem– pre a pieni voti. Ma si festeggia. semmai, cercando di giustificare l'amore che a quel libro ha volto spontanèo l'animo, amore ingiustificabile com'è lo s te s so amore che fa amare l'aperta scena del mondo, non per le turpi rappresenta– zioni che ospita, ma per le care figure che la animano, e i dolci affetti che quelle figure rendono umane. Una sce– na, in Bertolucci, dove una persona che se oe va, una strada che svolta, una violenta bruna o una bruna ragazza che appare e scompare, una amata abitudine che vien meno, si incidono così profon– damente n~I cuore, da restarvi per sem– pre. A.Bche se non soltanto questi labili moti dell'aria e del sentimento (profon– dissimamente umani) sa cogliere Berto– lucci, il quale (vedi anche l'ultima sua poesia su Pa·ragon.e) appare sempre di più risoluto a comporre, senza rinun– ciare alla propria coròialità di discorso, piccole ma intense « comedie » dell'anima. Questo dono di rappresentarci (di re– stituirci) la nostra vita· domestica nella sua pro p ria « grandezza naturale». al massimo lo possiede La capanna ilidiana. E forse è prima di tutto per questo che il libro è riuscito da sè ad entrare, oltre che nel cielo della poesia, in quello dei nostri più freschi « pensieri del matti– no» (1). GIORGIO CAPRONI (I) ATTJUO BERTOLUOOI. La capanna indiana, 1I edizione, Biblioteca di !Paragone. • Firenze. I

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